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San Paolo fuori le mura

Il complesso della Basilica di San Paolo presso la via Ostiense

Una delle quattro basiliche papali di Roma, la seconda più grande dopo San Pietro in Vaticano. Il complesso sorge sulla Via Ostiense, luogo che la tradizione indica come quello della sepoltura dell'apostolo Paolo (a circa 3 km dall'area delle Tre Fontane dove subì il martirio per decapitazione).

L'area era occupata da un vasto cimitero a cielo aperto, in uso costante dal I secolo a.C. al III secolo d.C. ma sporadicamente riutilizzato, soprattutto per la costruzione di mausolei, fino alla tarda antichità. Una tradizione vuole che una matrona Lucina, mise a disposizione una tomba per seppellire i resti dell'apostolo. Come per il sepolcro di Pietro anche quello di Paolo divenne immediatamente oggetto di venerazione per la nutrita comunità cristiana di Roma e che eressero sulla tomba, un primo monumento funerario.

Il luogo, meta di pellegrinaggi ininterrotti dal I secolo, venne monumentalizzato dall'imperatore Costantino con la creazione di una prima piccola basilica, di cui si conserva solo la curva dell'abside, visibile nei pressi dell'altare centrale.

Consacrata il 18 novembre 324 durante il pontificato di Silvestro I, era la seconda fondazione costantiniana in ordine di tempo, dopo la cattedrale del Santo Salvatore (l'attuale San Giovanni in Laterano) e doveva trattarsi di un piccolo edificio probabilmente a tre navate.

Venne quindi ricostruita completamente sotto il regno congiunto degli imperatori Teodosio I, Graziano e Valentiniano II, e tale struttura rimarrà intatta fino al disastroso incendio del 1823. Un ulteriore modifica sotto il pontificato di papa Gregorio Magno, quando venne rialzando livello pavimentale per realizzare l'altare direttamente sopra la tomba di Paolo.

La notte del 15 luglio 1823, a causa della negligenza di uno stagnaio, si sviluppò purtroppo un incendio che distrusse gran parte della Basilica Paleocristina, risparmiando il chiostro e l'abazia. La ricostruzione fu voluta da Leone XII, che il 25 gennaio 1825 emanò l'enciclica Ad plurimas nella quale invitava i vescovi ad una raccolta di offerte presso i fedeli per la ricostruzione. All'appello rispose buona parte del mondo cristiano, con offerte generose tra le quali quelle del Re di Sardegna, della Francia, delle Due Sicilie, dei sovrani dei Paesi Bassi, dello zar Nicola I (che offrì i blocchi di malachite dei due altari laterali del transetto) e del viceré d'Egitto (che inviò le colonne d'alabastro). I lavori, diretti dall'architetto Pasquale Belli (su un progetto iniziale di Giuseppe Valadier) poterono iniziare l'anno successivo.

Il corpo della basilica è preceduto dal cortile quadriporticato realizzato tra il 1890 e il 1928 da Guglielmo Calderini su progetto iniziale di Luigi Poletti.

La facciata presso il quadriporticato è decorata con dei mosaici eseguiti fra il 1854 e il 1874 su cartoni di Filippo Agricola e Giulio Consoni che si ispirarono per quanto possibili a quello originale del X secolo, raffigurante Cristo benedicente posto in mezzo a San Paolo e San Pietro; nella fascia centrale l'Agnello divino sul monte del paradiso, da cui sgorgano i quattro fiumi simboleggianti i Vangeli, nei quali si dissetano dodici agnelli simboleggianti gli apostoli. Nel quadro inferiore, alternati alle finestre i quattro profeti dell'Antico Testamento: Isaia, Daniele, Geremia ed Ezechiele.

La porta di destra, chiamata porta Bizantina, risalente all'XI secolo è divisa in 54 pannelli nei quali sono incise scene di vita di Gesù e dei suoi apostoli, fungeva da ingresso principale fino al 1967 quando è stata invece scelta per chiudere la Porta Santa.

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