Fa impressione pensare che un testo scritto 130 anni fa possa ancora parlare al contemporaneo, possa raccontare delle questioni che appartengono al nostro vissuto. Può sembrare una banalità, ma è davvero proprio questa la forza dei classici, testi che attraversano il tempo e restano sempre attuali. Miseria e Nobiltà può tranquillamente essere annoverato tra i grandi classici del teatro italiano senza nessun rischio di smentite.
Per questa versione 2.0 partiremo dalla drammaturgia originale di Scarpetta senza farci influenzare dalla versione cinematografica di Totò che essendo una trasposizione si prende delle libertà necessarie al diverso linguaggio scenico a cui è destinata. Il testo di Scarpetta, di suo, è un contenitore pieno zeppo di possibilità, a rileggerlo si trovano dentro cose che erano sfuggite, anche perché – in verità – per alcuni testi classici vince il macrotesto venuto fuori dalle varie messinscena succedutesi nel tempo. Nel rispetto più totale, proveremo a non ispirarci, né tantomeno farci influenzare dalle numerose edizioni di grandi successo di questo meraviglioso testo, per tentare di dare una lettura tutta nostra che sia figlia di un monito Eduardiano cui tenderà il nostro lavoro: «Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra».
Miseria e Nobiltà è senza dubbio un testo brillante, ma a leggerci tra le righe ci si trova dentro una grande violenza, forti sentimenti e la crudeltà di situazioni e persone. C’è la fame, che oltre al significato reale, oggi assume un bulimico desiderio di avere sempre un po’ di più di quello che si ha, così tartassati e condizionati dai media che ci indicano la strada (sbagliata) per vivere una vita dignitosa.
C’è la miseria, quella che costringe due famiglie di classe sociale media a convivere in uno stesso appartamento con tutto il carico di tensioni e insopportazioni che ne deriva. C’è il rapporto padre – figlio, quello tra Felice e Peppeniello, ma anche quello tra Semmolone e Luigino o addirittura quello tra i nobili Eugenio e Ottavio Favetti. Un conflitto eterno che la storia della famiglia Scarpetta conosce molto bene. E poi ci sono gli arricchiti, quelli che hanno avuto fortuna, quelli che credono di far parte di un élite che invece non li vuole. Ed è questa la vera farsa della società moderna, fatta di futili apparenze, di castelli montati in aria e di sogni a occhi aperti. Personaggi creduloni, bizzarri e facilmente raggirabili che non riescono a guardare più lontano della punta del proprio naso.
In questa rilettura non aspettatevi il buonismo cui spesso ci hanno abituato, perché proveremo a spostare i confini morali cercando di far affiorare un’umanità feroce, ambigua, dolente, e la sfida sarà quella di far tutto ciò riuscendo a mantenere intatta la macchina comica costruita da Scarpetta. Perché, oggi più che mai, la miseria è vera ma la nobiltà è sempre più una farsa.
dal martedì al sabato, ore 21.00 domenica ore 17.00 lunedì riposo
miseria-e-nobilta
di Edoardo Scarpetta
con Francesco Procopio e Antonio Grosso
riscrittura e regia Giuseppe Miale Di Mauro