Codice identificativo monumento: 12475
Gaio Cilnio Mecenate, amico e consigliere di Augusto, si occupa della bonifica della necropoli esquilina (probabilmente un colossale interro) per realizzare nell'area la sua villa suburbana (Horti Maecenatis).
Dinanzi il portone del palazzo Field in via Merulana, è stato esplorato un pozzuolo quadrato, lungo e largo met. 1,50 profondo met. 2,10, scavato nel suolo vergine. Conteneva n. 23 pezzi di fregi fittili elegantissimi, che si ricompongono in n. 7 tavole; n. 23 pesi fittili, che si dicono da tessitore; un cilindro di argilla con scanalatura nel centro; 3 tazze di argilla bianca; 2 tazze di argilla colorata; un vaso grezzo di forma detta preistorica, e n. 7 fibule di bronzo.
Negli scavi di fondazione, che si eseguiscono sul lato occidentale della piazza Vittorio Emmanuele, continuano ad apparire sepolcri arcaici, scavati nel cappellaccio, rivestiti e coperti a capanna con pietre appena squadrate.
La ricca suppellettile funebre di queste tombe comprende: fibule di bronzo ornate di ambra, lame di spade con fodero di lamina di bronzo, punte di freccia in pietra, con l’asticciuola fasciata di filo di metallo, punte di aste in ferro, collane con globuli di argilla, e talvolta di ambra, vasellame formato a mano e rozzamente graffito.
La suppellettile di ciascun avello, è stata ed è diligentemente catalogata, descritta e ordinata nei magazzini del Museo Capitolino.
Rodolfo Lanciani
Nel lato occidentale della piazza Vittorio Emanuele, è stato ritrovato uno dei consueti vetustissimi sepolcri, con le sponde e con la copertura di pietre grezze, incassato nel terreno vergine alla profondità di m. 3,50 incirca, sotto l'antica piano.
Conteneva uno scheletro, il cranio del quale è perfettamente conservato ad eccezione della mascella inferiore; un elegantissimo unguentario in forma di anforetta, di vetro variegato a tinta gialla ed azzurra, alto mill. 90; uno specchio di metallo con ornati graffiti; un'ansa di vaso di bronzo; una lucerna di terracotta, baccellata, con vernice nera iridata, e col foro centrale protetto da un coperchietto a battente; un'anforetta a due anse, baccellata, a vernice nera iridata; una piccola coppa, di uguale materia, con suo coperchio.
La scoperta, importante sotto ogni aspetto, sarà prossimamente illustrata dal cav. M. S. de Rossi.
Rodolfo Lanciani.
Nell'isolato che forma angolo tra la piazza Vittorio Emmanuele e la via Napoleone III, è stato scoperto un gruppo di tombe arcaiche, importante per la varietà di questi avelli: Tomba a capanna, composta di tre lastroni per parte; Tomba rettangola scavata nel terreno vergine, con un lastrone solo per copertura; Tomba rettangola, con le pareti e col fondo rivestiti di lastroni; Sarcofago o cassa d’un solo pezzo di pietra tufacea, coperta con lastrone. Una sola tomba conteneva frantumi di bronzo: le altre erano vuote.
Rodolfo Lanciani.
Presso la tribuna della chiesa di S. Eusebio, sono stati ritrovati alcuni cinerarî di terra cotta, collocati nel suolo vergine, in forma di semplici olle, alte met. 0,32. Uno di essi conteneva un cilindro di piombo, col coperchio saldato. Dentro il cilindro sono state ritrovate ossa combuste, ed un anellino d’oro.
Rodolfo Lanciani.
Nell'isola, posta fra la piazza Vittorio Emanuele e le vie Carlo Alberto e dello Statuto, è stato ritrovato nel suolo vergine un cassettone di terra cotta quadrato, alto m. 0,90, largo m. 0,55, e formato di due soli pezzi che si commettono a battente. La fronte del cassettone è ornata alla maniera etrusca, con una greca bellissima a color nero e rosso in campo giallastro. È il quarto sepolcro di questo tipo (benchè di misura e di forma diverse), ritrovato nell’arcaico sepolereto dell'Esquilino.
Nel lato est dell’istessa piazza Vittorio Emanuele, entro una tomba a capanna assai profonda, sono stati scoperti due lekythoi elegantissimi a ornati rossastri sul fondo d'argilla, un'anfora con ornato di squame, e alcuni globuli di collana d'argilla.
Rodolfo Lanciani.
Sulla via Napoleone III, è stata scoperta un'arca di pietra gabina, con coperchio a piovente e con piedi, simile alle più semplici urne etrusche usate nei sepolcri a cremazione nel territorio di Perugia, di Chiusi e di Volterra. Vi si trovò dentro un pugno di ceneri e di ossami bruciati.
Nel punto dove la via Napoleone III sbocca sulla piazza Vittorio Emanuele, presso la chiesa di S. Eusebio, alla profondità di 3 metri è stata scoperta porzione di una antica area o piazza, lastricata con tavoloni di travertino bene squadrati e bene commessi. La superficie scavata misura m. 7,00 X 5,00. Si ha memoria in questi luoghi di una area Marianorum Monumentorum.
Ho fatto cenno in una delle relazioni antecedenti, della scoperta di alcune olle cinerarie di terracotta, collocate nel nudo terreno, ossia nel vivo degli strati vergini, presso la chiesa di s. Eusebio. Una delle olle (che sono alte 30 cent. e chiuse da coperchio) conteneva ossa combuste: una seconda conteneva scheggie di ossa e ceneri, rinchiuse in una teca di piombo.
Il contenuto di una terza è più importante. Nella teca di piombo posta nell’olla, oltre agli ossami, è stato ritrovato un cerchiellino d’oro, di 4 mill. di spessezza, ed un ramoscello di bronzo a foglie d'ulivo, con globuli dorati che rappresentano le bacche.
Questa singolare specie di. cinerarî, così stranamente confitta nel suolo vergine, costituisce un tipo affatto nuovo pel sepolcreto esquilino.
Rodolfo Lanciani.
Presso la piazza Vittorio Emmanuele sono venuti in luce i seguenti oggetti: busto muliebre acefalo di buona fattura; tre arule fittili, proprie dell'arcaico sepolcreto dell'Esquilino, con rilievi di maschere sceniche e di Geni alati; alcuni rocchi di colonna di breccia d'Egitto.
Rodolfo Lanciani.
In via dello Statuto, presso S. Martino ai Monti, sono state scoperte talune tombe arcaiche, piene di vasellame italo-greco, monocromo nella maggior parte dei casi. Due balsamarì elegantissimi hanno zone di animali in corsa, rossi in campo giallo.
In vari punti del quartiere sono stati ritrovati frammenti epigrafici.
Sui confini fra la quarta e la quinta regione, tra la via Merulana e la chiesa di S. Martino ai Monti, sterrandosi per il prolungamento della via dello Statuto, è stato scoperto un sepolcro arcaico (intramuraneo) formato da lastroni di cappellaccio.
Conteneva una bella e ricca serie di vasellame fittile di rozza maniera, e due oggetti di bronzo, i frammenti dei quali si stanno ora ricomponendo. Sembra che si tratti di un elmo liscio, e di uno scudo lavorato a sbalzo. Vi sono altri frammenti di ferro, la natura dei quali non è stata per anco riconosciuta.
Spurgandosi uno speco di cloaca presso questo sepolcro, sono stati trovati nel fango alcuni globuli di collana di pasta, altra volta dorata, ed un elegante anello d'oro, assai ben conservato. È composto di un cerchiellino' piegato a semicerchio. con la concavitìi rivolta all'esteruo. Sulla coucavità è saldata una reticella di iilo d'oro, a maglio abbastanza larghe.
Rodolfo Lanciani.
Costruendosi la fogna lungo la via dello Statuto, nel tratto compreso fra la via Merulana e la chiesa di s. Martino ai Monti, sono stati messi in luce tre sepolcri arcaici, incassati nel suolo vergine, con le sponde e la copertura composte di informi scaglioni di cappellaccio cinereo.
Il primo avello conteneva, oltre a poche traccie d’ossami, una grossa fibula di bronzo con tre anelli infilati nell’ardiglione; una tazza ad un manico ed un cerchiellino di rame, rotto in tre pezzi. Il secondo aveva tre vasi rozzi, ed un cerchiellino. Il terzo una fibula, un vaso ad un manico, ed un altro a due.
Non molto lontano dal gruppo descritto, e sempre nello strato vergine, sono state ritrovate due olle a due anse, alte m. 0,40, contenenti ossicini di fanciulli, e minuti frammenti di metallo. La bocca di una di queste olle era coperta con una tazza rovesciata.
Rodolfo Lanciani.
Ad occidente della piazza Vittorio Emanuele, scavandosi per una fogna presso lo sbocco della via Principe Eugenio, è stata scoperta una delle solite tombe dell'antichissima necropoli esquilina
Costruendosi un piccolo muro a fianco del palazzo Brancaccio, sull'angolo delle vie Lanza e Sette Sale, si è scoperta, a pochi centimetri di profondità sotto il piano «stradale, una delle solite tombe dell'arcaica necropoli Esquilina, cavata nel terreno vergine e circondata di pietre. La tomba però era tutta sconvolta ed interrata.
Fra le terre in essa accumulate si raccolsero parecchi minuti frammenti di vasi, un verticchio, ed una tazza ad un manico, della solita argilla nerastra detta bucchero laziale. Questa tazza è alta m. 0,06, ed ha alcune prominenze nella massima espansione del ventre, la quale è di m. 0,11.
Fu raccolta inoltre una grossa fibula in bronzo, rotta e mancante di alcuni pezzi, con tre anelli piani infilati.
Giuseppe Gatti.
Nella villa Brancaccio, posta fra la via Merulana e la via delle Sette sale, facendosi alcuni movimenti di terra, sono avvenute scoperte di antichità riferibili all'antichissima necropoli esquilina, intorno alle quali il ch. sig. Giovanni Pinza, per incarico avutone dal proprietario della villa duca D. Marcantonio Bran- caccio, ha mandato la relazione che segue. Nell'interesse delle coltivazioni esistenti nel giardino attiguo alla parte più antica del palazzo Brancaccio, essendo stata quivi aperta una fossa si notò sino alla profondità di m. 4,50 un terreno di scarico ricco di cocci romani ed un muro di rozza fattura e di epoca tarda, normale alla fronte del palazzo verso la villa, muro fondato in un incavo praticato nel sottostante terreno vergine.
A poca distanza da questo muro si ritrovò una buca incavata pur essa nel vergine e profonda circa m. 1. Nel fondo giaceva un grosso vaso ovoidale munito originariamente di due anse orizzontali ad anello, rotte e mancanti; questo vaso giaceva su di un fianco, era calzato all'intorno con pezzi di cappellaccio giallastro e chiuso alla bocca con un recipiente a calice, il cui piede penetrava entro il vaso stesso, mentre le pareti aderivano alla sua bocca. Il calice è fatto a mano, ma il vaso più grande fu eseguito al tornio e fu cotto a fuoco libero in alcuni punti infatti la frattura rivela una cottura quasi completa, in altri invece è appena superficiale.
Questo vaso era ripieno di terra di infiltrazione, in mezzo alla quale ho raccolto lo scheletro di un bambino quivi umato. A nord-est di questa buca e a m. 1,30 di distanza, si rinvenne una grande tomba a fossa, identica a quelle ritrovate nel 1884-85 nell'adiacente via Giovanni Lanza. La forma dell'incavo non si potè esaminare direttamente nel taglio delle terre, essendo quelle di riempimento col tempo e con la pressione subìta dall'alto identiche ed ugualmente compatte al terreno vergine in cui la fossa stessa era stata incavata. La sua forma rettangolare si dedusse però dai pezzi di cappellaccio cinereo che originariamente costituivano i fianchi e la volta, i quali si ritrovarono accumulati al disopra della deposizione in uno spazio appunto rettangolare di m. 1,20 X 2.50, che indica con precisione la pianta della fossa il cui fondo si rinvenne a m. 1,80 dalla superficie del terreno vergine.
anto ad una estremità della fossa, verso nord-est, questi pezzi di cappellaccio | costituivano ancora una rozza volta ad aggetto al di sopra del fondo dell'incavo; altrove la volta era crollata ed i cappellacci schiacciavano la terra infiltrata originariamente sotto la volta e giacevano confusamente ammassati. Ma i pezzi disposti intorno ai fianchi del sepolcro posavano a circa m. 0,12 al disopra del fondo della fossa, onde appariva evidente che scavata questa sino a m. 1,68 all'incirca di profondità, si incavò | ‘maggiormente il tratto centrale destinato a contenere la deposizione, lasciando all'intorno nel terreno vergine una risega, sulla quale si disposero i pezzi di cappellaccio destinati a sostenere la rozza volta ad aggetto.
Tolti i cappellacci ho scavato colle mie mani il terreno sottoposto; nel tratto i Verso sud-ovest grattando leggermente il tenue strato di terre accumulate sul fondo, DE ho ritrovato i resti delle ossa lunghe del braccio destro disposte parallelamente al lato lungo della fossa, cioè da sud-ovest a nord-est, ed una parte della clavicola. Questi avanzi umani disorganizzati e schiacciati dal peso sovrapposto erano ridotti ad uno straterello dello spessore di circa un millimetro e si presentavano sotto l'aspetto di un tessuto spugnoso color tabacco chiaro, che al minimo contatto si riduceva in po polvere. Non potei osservare altre tracce dello scheletro e soltanto verso la estremità nord-est dell’incavo rinvenni una falange del piede in discreto stato di conservazione, dovuto al fatto che quivi la volta di cappellaccio era conservata per un piccolo tratto mi è la deposizione perciò non ne era rimasta schiacciata.
Vicino alle ossa si notò ovunque uno straterello di terriccio nero dovuto alla _ decomposizione dei tessuti, ed ovunque fu possibile osservare le tracce sia di questo terriccio nero, sia delle ossa, notai che queste giacevano direttamente sul terreno vergine, cioè sul fondo dell’incavo sepolcrale, il quale saliva leggermente, quasi capezzale, nella estremità sud-ovest occupata dal capo.
Poprio sulla clavicola si rinvenne una grande fibula in bronzo ad arco ingrosA sato, come quella da me riprodotta nel Bu//ettino della Commissione archeologica comunale del 1898 alla tav. IX, fig. 1, ma priva di anelli e fortemente ossidata ; lo spillo poi, rotto in più pezzi, non si potè ricuperare intero. Vicino alla fibula insieme a frammenti informi di bronzo ossidato si ritrovò una fuseruola di terracotta wi equirdi alquanto più verso i piedi, ma sempre sulla linea segnata dai resti delle ossa del braccio destro, un cerchiellino di bronzo o di rame. Ai piedi sotto la volta DE dei cappellacci che quivi aveva resistito ed in mezzo ad un ammasso di terra filtrata sd dall'alto, fra la quale in specie vicino alla deposizione si notarono abbondanti avanzi di sostanze organiche ridotte allo stato di terriccio nero, si rinvenne il vasellame di corredo ripieno pur esso di terra, la quale aveva mantenuto al loro posto i pezzi screpolati dei vasi, i quali pertanto al momento della scoperta conservavano intatte le loro forme e si ruppero soltanto nell'atto di distaccarli dal loro posto, e ciò malgrado le infinite cure poste in questa operazione. Lo scavo di questo gruppo essendo proceduto dalla destra, rispetto al cadavere, verso la sinistra, descriverò gli oggetti nell'ordine in cui si rinvennero.
Primo ad apparire fu un vasetto ad immediato contatto coi cappellacci, rotto anticamente, che non è stato ancora ricostruito, non posso quindi descriverne le forme poi si ritrovò un grosso vaso, entro al quale giaceva una tazzetta con ansa a ponticello ornato alla sommità con due cornetti. Verso l'estremità della fossa e più in alto, si ritrovarono l'uno vicino all' altro deposti di fianco due vasetti: appresso al vaso grande già descritto se ne trovò infine un altro. Tutti questi vasi, come del resto quelli della necropoli preistorica esquilina, sono eseguiti a mano con terriccio argilloso impuro, mal cotto e di aspetto nerastro; soltanto i due tegamini sono meglio cotti ed il colore tende al rosso.
Benchè il principe don Carlo ed il duca don Marcantonio Brancaccio con una liberalità veramente degna di encomio abbiano messo a mia disposizione i mezzi necessarî per trarre il maggior profitto scientifico da questa scoperta casuale, le condizioni del luogo non permisero di seguire un metodo regolare di scavo. Non potendosi aprir la tomba dall'alto, dovetti far scavare una galleria lungo il fianco destro della fossa, e da questa galleria feci togliere al disopra della deposizione i pezzi di cappellaccio che la schiacciavano, aprendo così sopra di essa una larga nicchia che rese possibili ed anzi facili le osservazioni su esposte ed il ricupero del materiale.
I massi di cappellaccio però erano talmente cementati dalla terra argillosa che si era insinuata tra di essi, che fu necessario l'uso della caravina per rimuoverli: ed avvenne che nell' estrarre al di sopra del gruppo dei vasi grossi blocchi di cappellaccio, ritrovai fra le terre cadute insieme a questi ultimi un pezzo di un elegante vasetto protocorinzio con ornati geometrici; ma benchè le terre estratte dalla galleria fossero accuratamente vagliate alla superficie del suolo, non fu possibile ricuperare gli altri pezzi, onde la forma del vaso è del tutto incerta.
Inoltre si intravide la esistenza del sepolcro, solo quando alcuni colpi di caravina già avevano intaccato i cappellacci che guarnivano la fossa nel lato corto corrispondente alla testa del cadavere, ed in specie nell'angolo verso il lato destro della fossa. Nelle terre estratte da quello scavo vagliate alla superficie si rinvenne un rocchetto (cilindro a doppia capocchia) in terracotta con foro trasversale, ed un disco di osso forato nel mezzo, evidente avanzo di una fibula ad arco rivestito appunto con quella materia. Lo scavo procedeva allora in pieno terreno vergine; gli oggetti in questione debbono quindi provenire o da questa fossa sepolcrale, o dalla tomba del bambino che era stata già scoperta ed esplorata.
Ma quest'ultimo sepolcro è stato scavato alla mia presenza ed è da escludersi con certezza che da esso provengano gli oggetti in questione, sia perchè non si ritrovarono nelle terre infiltrate entro il vaso che conteneva la deposizione, sia perchè è impossibile che facesse parte dei corredi di un bambino una fibula così grande come è quella cui accenna il disco di osso sopra descritto. Questi oggetti adunque provengono dal grande sepolcro a fossa, e dovevano giacere all'angolo tra la testa e la spalla destra del cadavere, unica parte del sepolcro sino allora intaccata; e del resto corrispondono benissimo cronologicamente all' altro materiale, che io con ogni cautela ho raccolto nel sepolcro medesimo.
Per l'assieme del materiale questa tomba trova perfetti riscontri in quello delle altre sepolture della necropoli esquilina che da qualche tempo sto studiando e come queste spetta al secondo periodo laziale, che corrisponde alla fase più recente del periodo di influenze ionico-fenicie. Questo ritrovamento è poi importante poichè dimostra all'evidenza che la necropoli rinvenuta tra S. Martino e via Merulana si estendeva entro l'attuale Villa Brancaccio; onde è certo che altre tombe inesplorate giacciono sia nella via delle Sette Sale, sia nel terreno interposto tra questa e la Villa Brancaccio.
Nel chiudere questa relazione ringrazio in nome della scienza che coltivo il principe don Carlo ed il duca don Marcantonio Brancaccio per le cure intelligenti rivolte ad assicurare alla scienza i risultati di queste nuove ed importanti scoperte e per la fiducia in me riposta; e termino esprimendo il voto, che dal Comune di Roma sia esplorato quel piccolo tratto di terreno che è interposto tra la Villa Brancaccio e la via delle Sette Sale, dove si celano certamente delle tombe preistoriche, le quali potrebbero non solo accrescere considerevolmente le raccolte preistoriche del Museo capitolino, ma aumentare anche il valore del materiale ivi già conservato e proveniente appunto da questa parte della necropoli esquilina, che, a giudizio di molti, non fu scavata con quelle cautele e con quei metodi che sono richiesti dai moderni intendimenti della scienza.
La sua frequentazione risale dalla seconda metà dell'VIII secolo a.C. (cessazione d'uso della necropoli del Foro), fino alla seconda metà del I secolo a.C. e si concluse con la bonifica del sito tra il 42 ed il 38 a.C. (probabilmente un colossale interro) da parte di Gaio Cilnio Mecenate.