Codice identificativo monumento: 12551
Nello eseguire alcuni restauri nella chiesa cattedrale di Palestrina, avvennero alcune scoperte degne di essere ricordate. Questa cattedrale occupa in parte il sito di un antico edificio, chiamato basilica dai più accreditati scrittori.
I resti più considerevoli di tale basilica si conservano nella navata di mezzo, le cui pareti sono di eccellente opera quadrata. La parete verso l'abside fu distrutta, allorchè fu costruita la cattedrale nel secolo XI.
Nella nave minore, a cornu epistolae, in fondo vicino all’abside, fu rimesso a luce sul finire di aprile un tratto di strada antica, selciato a poligoni, la quale non conosciuta dai topografi, ci fa determinare il limite esatto della basilica. Questa via continuava innanzi il seminario vescovile, innanzi cioè alla grande sala antica, ove fu scoperto il celebre musaico barberiniano.
Presso la detta via, e nei limiti stessi della navata minore della cattedrale, si trovarono alcuni rocchi di colonne, fuori del loro posto, i quali al credere dell’ingegnere cav. R. Lanciani che li esaminò, furono destinati a reggere la volta di una cripta o di sepoleri, nella primitiva costruzione della cattedrale. Ma la loro scoperta è importante, perchè appartengono senza dubbio allo stesso antico edificio di opera a bugna, ridotto al culto cristiano nel secolo XI.
Infatti in tutte le piante prenestine, questo antico edificio o basilica apparisce circondato da peristilio. Le colonne paiono di ordine dorico, del diam. di met. 0,90 nell’imoscapo, e di met. 0,70 nel sommoscapo, sfaccettate nel terzo inferiore, scanalate dal terzo in su. Oltre i sei rocchi collocati verticalmente, ve ne sono molti altri posti nelle mura della navatella, a guisa di cemento.
Continuate le esplorazioni nella navata opposta, a cornu evangelii, vi sì rinvennero altri avanzi di rocchi di colonne, e massi di travertino, senza ordine alcuno, nella linea medesima di quelli trovati nell’altra nave minore.
Se non che vi si notarono tre colonne di cipollino, ben conservate e coi propri capitelli, i quali nei posteriori restauri dell’edificio furono chiusi da murature. In questa navata medesima, demolendosi un altarino del sec. XVI, fu rimessa in luce una base votiva alla Fortuna Primigenia, in travertino alta met. 0,85, larga met. 0,70, profonda met. 0,59; la quale porta l’iscrizione: FORTVNAE PRIMIGENIA Q LOLLI APOLLOPHANES PATER ET FILIVS AVLIA ARCHELAIS VOTO SVSCEPTO