Codice identificativo monumento: 12568
Facendosi gli sterri per le fondamenta della casa all'angolo della piazza di s. Callisto e del vicolo della Cisterna, furono recuperati alcuni frammenti architettonici, cioè colonne, capitelli, pezzi di fregî e cornici, non che un torso di statua virile all'eroica.
In un lastrone marmoreo, formante il timpano od architrave di piccolo sacello, rimangono alcune lettere sufficienti per farci sapere a quale divinità fosse il sacello dedicato, leggedovisi:
sancTO SILVano
Notevole rinvenimento si fu quello di un grosso frammento di lastrone marmoreo, di m. 0,60X0,50X0,08, sul quale rimangono questi avanzi di importante epigrafe, spettante ad una lex collegi:
Giuseppe Gatti e Luigi Borsari.
Relazione di Luigi Borsari sull'importante frammento epigrafico rinvenuto nel Trastevere.
Sulla fine dello scorso autunno, scavandosi le fondamenta per la costruzione della casa all'angolo della piazza di s. Callisto e del vicolo della Cisterna, furono messi in luce alcuni avanzi architettonici di antichi edifizì, quali ad es. colonne, capitelli, pezzi di fregi e comici, ed un frammento marmoreo di m. 0,50 XO,80X0,60, in cui vedesi scolpito un tripode. Fu recuperato anche un torso di statua marmorea, virile, all'eroica, di mediocre lavoro. Di marmi inscritti rinvennesi una lastra marmorea for- mante il timpano, e relativo architrave, di piccolo sacello o edi- coletta dedicata a Silvano, come provano le poche lettere incise nell'architrave stesso, e cioè: vole riesce la lettura del testo dell'iscrizione, il cui apografo qui sotto riproduco, e che il lettore potrà riscontrare colla riproduzione fototipica dell'originale.
Neppure la metà dell'iscrizione ci è conservata, come ad evidenza risulta dalla scorniciatura che la termina dalla parte sinistra; e dal terzo, settimo ed ultimo verso, i quali indicano chiaramente, per ragioni di simmetria, quanta parte del marmo manchi a sinistra. A me basterà accennare di volo poche cose di ordine generale, specialmente per ciò che concerne la topografia della regione XIV urbana.
Le prime tre righe indicano, se mal non mi appongo, trattarsi di lui jus, commune a varie corporazioni di negozianti, tra cui noi troviamo i cosarti, ed i eitrarii, i quali convenivano in un tetrastilo, in una scuola, od in altro apposito luogo a noi ignoto per la frattura del marmo. Questo jus cui dovevansi strettamente attenersi i negozianti, fu, a quanto pare, stabilito da un tal Julius Aeliams: il supplemento di tal nome lo desumo dalla riga dodicesima, ove per intero trovasi ripetuto.
Il contesto dell'epigrafe dice chiaramente lo scopo, pel quale i negozianti adunavansi nel tetrastilo o nella scuola, od altrove; cioè per banchettare in certe ricorrenze o solennità, delle quali due sole ci ricorda la lapide ; il natalis imp. Hadriard Augusti (al cui tempo conviene infatti la paleografia del marmo), ed il natalis imperii.
Il pasto, come leggesi, era assai parco e frugale, anzi più che vero pasto era una distribuzione di dolciumi e fratta, e nella nona riga sono infatti enumerati (m)ustacium et palma et carica et pir(a)......
Notissime sono le palma, indicate pel dattero, la carica, fichi secchi della Caria; ed anche Ovidio {Met. Vili, 674) ricorda insieme questi frutti dicendo:
Eie nux, hic mixta est rugosis carica palmis.
Il mustacium, o più propriamente mustaceum, mostacciuolo, era un impasto di farina, mosto, anici, formaggio od altri ingredienti, e di questa composizione facevansi dolci in forma di foglie d'alloro, (cf. Cato R. R. 121). A queste distribuzioni di commestibili, tenevan dietro altre in denaro, e queste erano duplici, venivan cioè fatte dai curatori de proprio, o col denaro della cassa sociale, ex area collegii, ambedue poi aequis pwtibus: Come vedemmo, sono no- minati nella terza e quarta riga i negotiantes corani et citriarii (citrarii); di questi avevamo unico ricordo in una lapide sepol- crale scoperta nel suburbio, portante il n. 4811 della raccolta orelliaua, e riprodotta poi nel C.I:L. VI. 9258 ; nella quale parlasi di citrarii neapolitanì.
Ben noti, all'opposto, erano i negotiantes corani, o meglio, il corpus corariorum magnariorum solatariorurn, mentovati in una base da essi negozianti dedicata a Costantino (giuniore) Cesare, e rinvenuta rifondandosi una casa tra la via in Piscinula ed il vicolo della Scarpetta. Questa medesima corporazione dedicò altra statua a Costantino padre, la cui base che fu per lungo tempo veduta, nella chiesa di s. Crisogono, ed ora conservasi nella seconda stanza terrena del museo Capitolino.
Non istarò a ripetere cosa alcuna circa questa importante corporazione dei corarii, dopo quanto dottamente ed ampiaiuente ne ha scritto il eh. coirmi. G. B. De Bossi nel Bullettiiio dell'Istituto (anno 1871 pag. 161 e segg.). Dirò solo, che il luogo della scoperta del nostro marmo, comprova a meraviglia la congettura fatta dal prelodato comm. De Bossi, che cioè il corpus corariorum avesse sua sede e suoi stabilimenti lungo la sponda tiberina, e precisamente nel tratto compreso tra il tempio Fortis Fortume (intra moenia), situato a un dipresso all' odierna Bipa grande, e la porta Settimiana ; ciò deducendo daU' ordine seguito dai compilatori del Curiosimi e della Notitia, nell'indicazione dei monumenti spettanti alla regione XIV.
Besta ora a vedere in qual modo sia fatta menzione nella nostra lapide dei negotiantes citrarii, insieme ai negotiantes corarii, non avendo evidentemente il minimo rapporto di professione questi con quelli.
La questione è di facile soluzione, qualora si consideri il carattere proprio della regione transtiberina, quartiere (corno anche oggi) popolare, ed essenzialmente addetto ad usi commerciali. Ivi adunque gli edificii dei conciatori e venditori all'ingrosso di pellami, ivi i vasti molini, a mezza costa del Gianicolo, ai quali l'aquedotto di Traiano somministrava la forza motrice, le figuline, da ultimo, i grandiosi magazzini e depositi di vini lungo la sponda del Tevere, a nord della porta Settimiana: una iscrizione scoperta dietro la Farnesina ci ricorda infatti il collegium Liberi patrìs et Mercurii negotiantium cellarum vinariarum Novae et Arruntianae (cf. Morelli Notizie 1878 pag. 66). A queste società industriali e commerciali, dobbiamo ora aggiungere quella de' citrarii, i quali negozianti (come ve- diamo tuttodì accadere) commerciando per mare, colle Provin- cie più meridionali d'Italia ed importando la merce pel Tevere, non potevan trovare sede più adatta ai loro magazzini e depo- siti di agrumi, che sulla ripa transtiberina.
Dal rapporto di vicinanza che questi negozianti dovettero avere coi negozianti corarii solatarii, derivò forse quello di comunanza in certe ricorrenze o solennità, adunandosi in luogo designato, ed attenendosi a date norme e prescrizioni economico-religiose, contenute in una lex collega, alla quale spetta appunto il frammento, ora divulgato in questo Bullettino archeologico.