Codice identificativo monumento: 12576
Nella cava di tufa aperta dai sigg. fratelli Moroni in via Portuense, nel luogo detto Pozzo Pantaleo, presso la polveriera del forte di Monte Verde, con ingresso dal cancello n. 45, sono state ritrovate le seguenti cose.
In primo luogo si è rintracciata l'antica cava di una speciale grana di tufa, compatto e durissimo, del quale tufa non saprei dire la vera denominazione mineralogica. La cava era a cielo aperto, e consta di molte gallerie parallele, larghe dai 3 ai 6 metri, separate da tenui pareti di roccia. In queste gallerie, riempiute successivamente con lo spurgo e coi rifiuti delle cave vicine, furono stabiliti dei sepolcri a cassettone, protetti da embrici alla cappuccina.
Nella cava confinante con quella dei sigg. Moroni, con ingresso dal n. 44, fu esaminato un nuovo tipo di sepoltura. Si tratta di avelli scavati nel tufa a casse rettangolari, disposte alcune verticalmente, altre trasversalmente. Le casse sono lunghe dai m. 1,50 ai m. 2,10, e sono larghe in media m. 0,60. La loro singolarità consiste nelP essere capaci di due 0 più cadaveri, messi 1' uno sull' altro, su palchi formati con tegoloni.
Nel terreno di scarico ed in superficie del suolo, i sigg. Moroni hanno trovato un cippo di travertino, alto un metro, con rozze scorniciature, simpulo, patera, frontone pulvinato, e con le lettere rubricate: DiS MANIE TITINIAE VENERIAÉ CN TITINIVS EVTYCHÉS CONTVBERNALI B D S M
Nel medesimo luogo fu scoperto un brano di iscrizione, in lastra marmorea scorniciata, che dice : M IVNIVS SIBI ET IVN
Rodolfo Lanciani.
Nel terreno appartenente ai fratelli Moroni, sito fra il bivio della Portuense e della Campana, e la polveriera di Monte Verde, in contrada « Pozzo Pantaleo » si viene discoprendo una vasta latomia di tufa, degli ultimi tempi della repubblica o dei primi tempi dell'impero.
Lo strato A B, della potenza media di 8 metri, è composto di un tufo color bigio cinereo, durissimo, di tessitura simile a quella del puddingo. Lo strato più basso B C, è composto di tufo rosso-lionato, men duro dell'altro, e venato in modo, che non può tagliarsi a grandi blocchi. E siccome la cava antica era stata aperta, per tagliare blocchi alti due piedi (0,59) e lunghi dai 3 ai 5 piedi, conforme dimostrano i « testimoni » CCC lasciati in opera, è facile spiegare perchè gli antichi si sieno arrestati precisamente sul piano di divisione, fra il banco bigio ed il banco lionato.
Quest'ultimo è quello che stanno ora scavando i fratelli Moroni, per via di cunicoli e gallerie. Il sistema adottato da costoro, rende impossibile di studiare i particolari e di togliere la pianta della lapicidina romana. Sembra certo nondimeno, che i lavori di taglio ed estrazione dei blocchi, debbono aver proceduto sul sistema delle lapicidine antichissime di vigna Querini, ossia a cielo aperto, ed a gallerie parallele divise da pareti di roccia, che dovevan fungere da « testimoni ».
Aggiungo altre poche osservazioni. Il terrapieno che ricopre la latomia, ossia l'attuale strato A B, è composto di rifiuti di antiche cave circonvicine, ossia di scaglie prodotte dalla squadratura dei massi. Vi appariscono qua e là sepolture del secolo IV o V, coperte alla cappuccina (E E). In secondo luogo, il piano B della cava è livellato in modo, da non dar luogo a ristagni di acque.
Le piovane eran condotte verso il fosso di pozzo Pantaleo, per mezzo dei cunicoli D D scavati nel banco sottostante. In terzo luogo, tutto il territorio vicino è pieno di sepoleri, e specialmente di colombai. Io non saprei decidere se le cave abbiano preceduti i sepolcri, o i sepoleri le cave, ovvero se gli uni e le altre debbano credersi contemporanei.
Sull'orlo della cava Moroni apparisce l'angolo di un colombaio, dei tempi sillani o augustei, di bella opera reticolata, con gli spigoli di quadrelli di tufa. Il sito è vergine, e meriterebbe diligente ricerca. Frugando a pie della parete reticolata, nella viuzza che divide il colombaio da altra parete a cortina, la persona che mi accompagnava ed io abbiamo tratto in luce una stele assai elegante, di marmo greco, alta m. 0,58, larga m. 0,30, grossa m. 0,10. Ha timpano ed antefisse, col consueto rilievo dei due uccellini che beccano il grappolo, e nascimenti di fave. La iscrizione, chiusa da cornice, legge:
D M NVMISIAE TROPHIME VIXIT ANNIS IIII DIEBVS IIII HOR VI FECIT NVMISIA XANTHE FILIAE CARISSIMAE
Sulla sponda sinistra o orientale della marrana di Pozzo Pantaleo, a circa 250 m. a monte del viadotto ferroviario lungo la Portuense, il sig. Baldinì Vincenzo, ampliando il perimetro della sua cava di tufa, ha scoperto, e demolito in gran parte, un gruppo sepolcrale di non comune importanza. I sepoleri sono di due specie: alcuni costruiti di reticolato così perfetto, che ne ho preso un campione per esibirlo nel Museo; altri scavati uella roccia, sotto il fondo delle antiche latomie. La disposizione dell'intero gruppo può riconoscersi nell'annessa pianta dimostrativa.
A. Cripta scarpellata nel sasso vivo, profonda m. 4,40, larga m. 2,78, alta sino al cervello della volta m. 2,27. Vi si accede per mezzo di una porta a piattabanda, alta m. 1,75, larga m. 0,92. Nella parete a sinistra sono scavati due loculi: il primo, lungo m. 1,82, contiene uno scheletro adagiato sul piano, ed era chiuso da tegoloni murati in calce: il secondo, lungo m. 1,96, non era altrimenti chiuso: il cadavere era disteso, invece, entro un cassettone scavato nel piano del loculo, e chiuso con tegoloni in piano.
Nella parete di fondo v'è un loculo amplissimo, lungo m. 2,30, profondo m. 0,80. È probabile che fosse destinato a contenere un sarcofago fittile. Nella parete destra un solo avello è stato scavato, ed è simile in tutto al primo del lato sinistro. Nel piano della cripta, due cassettoni ricoperti da tegoli. Ho raccolto un solo frammento di bollo, nel cumulo delle macerie, e vi si distingue il solito nome delle fornaci cepioniane.
B. Sepolcro costruito in modo bizzarro, mediante chiusura dell'intercapedine fra il colombaio C e la roccia viva, tagliata a picco, formante la sponda di una lapicidina dei tempi repubblicani. Ambedue le pareti di chiusura, e la volta, appoggiano dal late sud, contro la parete del colombaio: dal lato nord contro la rupe.
I due loculi scavati in quest'ultima, si avvicinano al tipo degli arcosolî cemeteriali, avendo la volticella centinata.
Dei colombai C e D nulla posso dire: le pareti del primo sono tronche quasi al piano del terreno: i secondi non sono ancora sgombri dal terrapieno. Spettano ai primi anni dell'impero, e sono costruiti, come dissi poc'anzi, con mirabile perfezione. È questa la quarta o quinta scoperta di identica natura, avvenuta nella valle di Pozzo Pantaleo e divulgata nelle Notizie. Si tratta sempre di latomie trasformate in ipogei sepolcrali, o di colombarii costruiti nell'area di latomie abbandonate.
Paragonando la stratificazione del tufa, a banchi rossi e giallognoli, sull'una e l'altra sponda della marrana, nelle cave Moroni e Baldini, e ponendo pure a confronto le traccie del lavoro dell'uomo e gli scarpellamenti delle rupi, che si ravvisano fino ad un chilometro a monte del viadotto ferroviario, a me sembra di poter affermare, che la valle di Pozzo Pantaleo è artificiale, almeno nella parte più bassa. In altri termini, a me sembra che la valle siasi venuta formando poco a poco, con la incessante sottrazione delle roccie di tufa.
L'esercizio delle latomie deve essere incominciato sul principio del V secolo di Roma, e deve essere durato sino alla seconda metà del II secolo dell'impero, quando venne a cessare la moda della costruzione reticolata a prismi di tufa. Se le sponde della marrana di Pozzo Pantaleo, con le pendici delle colline circostanti, fossero liberate dal terriccio che vi si è accumulato dalla caduta dell'impero in poi, noi avremmo nel suburbio di Roma una riproduzione al vero delle famose lapicidini di El Masarah, con enormi banchi di roccia tagliati a picco, a cubi, a scaglioni, a terrazze, e con le vie di accesso ai varî centri di esportazione. Queste vie diramansi da un'arteria centrale, che rimonta la valle parallelamente all’alveo della marrana.
Rodolfo Lanciani
Sistema di gallerie scavate nel banco di tufo lionato che si estendono nella parte esplorata per oltre 100 m di profondità. Sono larghe tra gli 11 e i 14 m, e nei tratti non obliterati da accumuli detritici, mantengono un’altezza compresa tra i 7 e i 9 m.