Informazioni storiche

Informazioni storiche artistiche sul monumento

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Codice identificativo monumento: 12724

Cronologia

6/1907

II Relazione di Dante Valieri sullo scavo della necropoli del Cermalo al Palatino.

Lo scavo sul Cermalo per la ricerca delle antichità preimperiali procede in due direzioni, l'una ad occidente fra il tempio di Cibele ed il perimetro esterno del colle con lo scopo di disseppellire il sepolcreto, l'altra a nord-est verso l'alto dell'acropoli.

Diamo anzitutto i risultati di quest'ultimo scavo. La via (scale di Caco) che sale verso l'acropoli, è in fondo intercettata da una parete in blocchi di tufo (v. fig. 2), sostruzione di un edificio (v. fig. 8, A); il muro a parallelepipedi di tufo, che ne fiancheggia il lato sinistro (fig. 3 A) continua verso nord-est; il muro in calcestruzzo (fig. 3 c d), che la fiancheggia nel lato destro, finisce sotto all'imposto della porta che qui dovette sorgere nell’ epoca imperiale (fig. 3 B), e ripiega ad angolo retto (v. fig. 3. A).

Continuato lo sterro, seguendo il risvolto del muro a calcestruzzo, si è incontrato in fondo uno sbarramento formato da una parete di opera incerta (fig. 3 e f), la quale sostruisce l'altopiano. In questo rettangolo, come nella prosecuzione degli scavi verso nord-est, non si sono avute più indicazioni di sepolcri, ciò che costituirebbe una prova, che la porta qui abbia avuto principio il più antico abitato, la scomparsa di ogni indizio di sepolcri potendosi, dovendosi anzi piuttosto, attribuire al ripianamento del suolo, avvenuto tra l'VIII ed il VII secolo, ripianamento che nella zona più elevata si ‘spinge Dm fino sotto il livello, cui potevano giungere le tombe più profonde.

Il limite della zona di una recinzione meniata ci è attestato anche dalla presenza di un pozzo a sezione circolare (fig 3 C), non ancora spurgato. È importante l'esame delle chiaviche qui incontrate, perchè questo e per la forma del colle e più ancora per la disposizione dei fabbricati è il solo punto, a cui dovevano convergere tutte le vie. I sistemi delle cloache possono dividersi in tre gruppi secondo i loro successivi periodi:

1. Al più antico, anteriore al quarto secolo, interamente scavato nella roccia, appartengono i cunicoli fig. 3 i l. Il primo (i) sembra seguire rigorosamente l’asse stradale; il secondo (l) si perde fra cavità sotterranee.

2. A questi cunicoli, e specialmente al primo, spettano le chiaviche di due ordini superiori, che sono posteriori alla costruzione delle grandi mura e seguono la colmata rimasta tra l'antico piano della roccia e la terrazza su cui furono ricostruiti templi dopo il disfacimento della grande fortificazione (circa nel 250 a. C). Una (fig. 3 i) viene dal lato settentrionale e penetra nel cunicolo protetto superiormente da tre lastroni addossati a cappuccina (fig. 4); che questa, ad onta del suo aspetto, arcaico, sia opera posteriore alle mura, lo prova il taglio fatto nelle mura stesse. Una seconda chiavica, costruita nel modo istesso, è visibile nel lato sud-ovest . (v. fig. 3 2, fig. 5). Di questa non appaiono che alcuni lastroni addossati ad altri più interni, che non poterono essere esaminati, perchè inclusi nel muro di calcestruzzo. Questo cunicolo si sovrappone al muro formato di piccoli blocchi, di cui v. sopra. La % erza chiavica si apre nella parete formata di piccoli massi a destra del grande muro che fronteggia la via (fig. 3 n, fig. 6).

3. Il terzo gruppo di chiaviche è superficiale e riferibile agli ultimi sopraelevanenti di suolo (tra la fine della repubblica ed i primi dell'impero). Una, che funzionò fino al tardo impero, corre sul lato orientale del tempio che taglia la via e sostituisce l'altra che correva più in basso (fig. 4). Si congiungeva al cunicolo mediante tubi formati da anfore tronche ai due estremi e imperfettamente connesse (fig. 3 nel punto o). In uno di questi tubi furono rinvenute alcune monete (un medio bronzo di Antonio (Cohen 6), un gran bronzo di Claudio (?), un medio bronzo di Vespasiano (?) e cinque altre imperiali irriconoscibili), le quali, sebbene cadute dentro la chiavica, erano ancora contenute in un vasetto di vetro. La posizione molto elevata del tratto superiore di questa chiavica indica l'ultimo livello del piano, su cui si alzarono i più tardi rifacimenti di questi edifizii. La chiavica di sinistra, diretta parallelamente alla fronte del tempio di Cibele non doveva avere rapporto che col sacello laterale alla gradinata di questo tempio.

Esaminando il muro formato dalla parete che fronteggia la via, vi si rilevano tre distinti tipi costruttivi.

Il primo, verso destra (fig. 3 p q, fig. 6) è molto singolare: è formato di piccoli blocchi e di materiale molto friabile. Non si conosce per ora il suo spessore nè si sa se e quanto si prolunghi. Per la sua struttura sembra anteriore al sistema di difesa adottato nel quarto secolo: ma è d'altronde possibile che si siano adoperati materiali più antichi in una costruzione più recente, tanto più che esso non riposa sul vergine. È poco resistente, perchè forse non doveva sostenere se non una terrazza dell'area circuente il tempio.

Procedendo verso sinistra (fig. 3 r s, fig. 2) il muro appare costruito in modo perfettamente organico e con materiali preparati per ciò, non tratti da altri edifizii. Questa sezione di muro forma quindi parte del sistema di fortificazione, la cui scoperta si deve al nostro scavo. Questo muro è quello che prosegue in direzione di nord-ovest, il quale, dopo avere attraversata la cisterna presso la casa di Livia, si avanza fin sotto le fondazioni della casa di Tiberio, fiancheggiando dal lato orientale un lungo corridoio.

Il terzo tratto, più verso occidente (fig. 3 t u, fig. 7), è formato con massi di . differenti provenienze, scalpellati negli orli per‘ trovare la linea di posa delle differenti assise, sistema caratteristico per i romani. Esso, che sbarra la via, fu costruito per servire come sostruzione all'edifizio soprastante (fig. 3 A), per la quale sostruzione a destra, fu adoperato il muro suddetto. Il muro, che corre sul fianco sinistro della via (42), prosegue fino all'alto di questa, dove forma con essa un angolo leggermente ottuso.

Il rettangolo b e g (fig. 3) è, come si è veduto, chiuso da tutti i lati, onde si è passati a sterrare dal lato opposto al muro di sinistra, riprendendo poscia l'ascesa verso il centro dell'acropoli, attraverso i templi paralleli A, D,E figura 3). Si è riconosciuto un muro (fig. 3 v x) di materia e tecnica differente e di carattere più antico degli adiacenti. È formato con massi estratti dalla roccia sottostante. Sulle prime potrebbe produrre l'impressione di un antichissimo muro di cinta, ma, considerando l'estrema debolezza del materiale, si dovrà pensare ad una sostruzione.

In questo sterro si sono scoperti gli avanzi di un muro formato di ben sedici filari di blocchi (fig. 3 t, u, z, 2 cfr. figg. 8 e 9) collocati nella direzione del basamento dell'edifizio A, ciascuno di due piedi di larghezza: Questo muro riposa sopra ripianamenti o gradoni, di cui tre sono tornati in luce (fig. 9), ricavati nella roccia e comprendenti quattro filari ciascuno. Abbiamo quindi la base di un edifizio costruito con il disfacimento o l'abbassamento delle mura di difesa, edifizio di poi abbandonato e sostituito con altro basamento, forse quello che attraversa la via.

Un muro di tufo però, formato con due soli filari di blocchi, perfettamente orientato ad ovest (fis. 3 a' b'), accenna ad un edificio ancora più antico, anteriore alle grandi fortificazioni. Esso si ritrova anche più ad oriente, ma in parte non ancora esplorata, onde a più tardi deve essere riservato il giudizio.

Quelle ampie fondazioni includevano parte di una grande cisterna (fig. 3 F cif: fig. 10). con rivestimento esterno di argilla, nella quale furono rinvenuti dei vasi (figg. 11, 12,13, 14), non sappiamo per quale ragione ivi collocati. Sono di forma elegantissima, e dipinti. Ricordano la prima influenza .protocorinzia e si debbono attribuire al sesto secolo, epoca quindi della cisterna stessa. I caratteri costruttivi variano notevolmente dalla cisterna già nota e visibile in alto; e tutto dimostra nella presente un progresso nei caratteri costruttivi stessi.

In quella, scoperta nel 1897, i massi che formano il cilindro interno hanno un piano di posa molto largo rispetto alla loro altezza; in questa, ora scoperta, essi posano con la sezione minore e non hanno altro scopo se non di mantenere a posto l'anello di argilla e non di sorreggere la volta, come nella prima, dove 1 massi accennano già a ravvicinarsi formando la volta di tipo miceneo.

Il diametro interno di questo pozzo è veramente grande, misurando sei metri circa, e male si comprende come sopra pareti così esili siasi potuto innalzare la cupola, che sorreggeva il puteale; la volta forse si reggeva con ampia base sulla colmata. Certamente però la terrazza su cui sorgeva l’acropoli anche prima della cinta del quarto secolo, doveva essere molto alta e molto potenti dovevano essere i muri, comunque costruiti, che ne sostenevano la spinta. Supponendo infatti che direttamente sopra quanto ci resta della cisterna si innalzasse la cupola, la quale doveva essere almeno alta una volta e mezza il suo diametro, saliremmo già a circa 12 metri dal piano della roccia.

In questo scavo sono tornati in luce alcuni frammenti architettonici fittili, attribuibili a tre epoche diverse. Al sesto secolo si debbono attribuire un frammento di un'ala appartenente certamente adun acroterio, perchè dipinto da ambo i lati, e tre frammenti di un fregio, su uno dei quali è rappresentato. il corpo di un cavallo, su un altro il collo di un cavallo e le mani di un auriga, sul terzo i piedi sottili ugnalmente di un cavallo. Sono tutti dipinti con colori applicati in fornace e composti con tinte ocracee, che si conservano nettissimi. Alla medesima epoca appartiene per lo stile e la tecnica il frammento di antepagmento, rappresentante una processione di' fanciulle (fig. 15) era mancante di colore.

Al terzo secolo circa appartiene un'antefissa su cui si vede un piccolo fauno, che suona la doppia tibia ed una ninfa tutta ammantata che danza (fig. 16). È dipinta in encausto; il colore è poco penetrato nel coccio. Al secondo secolo appartiene un'altra antefissa ornata di bellissima testa di baccante incoronata di edera (fig. 17). Non reca traccia di colore, perchè questo, in calce, è scomparso. È tornato pure in luce un frammento di un coronamento fittile di fastigio che, per la rappresentanza bacchica, può avvicinarsi a quest'ultima antefissa, non per l'epoca, essendo di età più recente. Vi è rappresentata una maschera scenica (fig. 18).

L'altro scavo, destinato a mettere in luce la prosecuzione della necropoli, è stato fatto internandosi verso occidente al di sotto del pavimento tufaceo, che, a quanto pare, si estendeva ai piedi della gradinata del tempio di Cibele. Questo pavimento, che si è voluto conservare, è tutt'altro che sicuramente autentico, specialmente nell'ordine superiore, messo a calce d'impasto non antico. Anche il suo piano non è concordante con altro in situ, che non potè subire spostamenti, trovandosi connesso con una sostruzione organica del terreno vergine alla sommità, nè con altro frammento di lastra pavimentale conservata a posto in prossimità del grande pozzo sepolcrale scoperto il 20 aprile, pag. 188. Altre ragioni ancora fanno dubitare che quel pavimento sia veramente in situ.

Si trovò infatti al di sotto di quel pavimento un copiosissimo scarico tardo (dal periodo sillano al primo sec. dell'impero) (fig. 19). Consisteva in anfore quasi intere, in vasi da conservatissimi, in vasi di tipo aretino con le marche C. I. L. XV, 4998 h, 5027 d, 5277, 5309 a, 5387, 5394 e è GRAID (cf. 5234); NIGE (2 es. cf. 5375 b); HSANTI (in giro) una trilichne con rappresentanza di Medusa con sopra e sotto la scritta: IVNI ed altri frammenti. Proseguendo verso ovest, si incontrò un pavimento in calcestruzzo e sopra a questo una specie di botola ricavata nel pavimento e circoscritta in mattoni d'opera recente (farnesiana). Sul lato nord-est una nicchietta (fig. 20), incavata nella terra di scarico e rozzamente intonacata attesta il disordine portato quivi in epoca tarda.

Nello strato più profondo si sono trovati frammenti di vasi troppo grandi per essere contenuti in una delle solite fosse, che non avesse dimensioni tanto grandi quanto le hanno talvolta quelle di passaggio tra i due sistemi di seppellimento. Che si sia prossimi ad un sepolcro di primo ordine è dimostrato pure dall’esservi una fossa circolare molto profonda. Di questa parte dello scavo sarà pubblicata relazione più ampia e la pianta nei prossimi rapporti, quando lo scavo sarà più inoltrato.

In una caverna informe, in parte vuota in parte ingombra di rottami del periodo imperiale, la quale si apre sotto la gradinata del tempio di Cibele, fu riuvenuto il frammento marmoreo riprodotto a fig. 21, su cui riferisce il conte Cozza: « Parrebbe alla prima dover appartenere ad un capitello che per stile si ravvicini all'arte della Campania. Tale lo caratterizzerebbe la nessuna asprezza del modo con cui è trattato il fogliame, e più ancora la tecnica esecutiva, ottenendosi in esso una modellatura chiara e morbida con un solo scalpello magistralmente mosso nella direzione dello svolgimento vegetativo, la qual cosa caratterizza molto l'arte del mezzogiorno. Senonchè questo fogliame non ha quei rovesciamenti in dentro e in fuori, che sono caratteristici dei capitelli di Pompei.

Ci rappresenterebbe quindi quell’anello di congiunzione fra l’arte augustea e quella italiota, passaggio di cui sentiamo assoluta deficienza. Ma ben esaminato, il frammento non può attribuirsi che ad un acroterio di quella forma di cui ci restano tardi ricordi nei motivi ornamentali di coronamento esistenti nel Musco capitolino, da riferirsi a qualche edificio del periodo traianeo. Per questi indizi potè appartenere benissimo alla ricostruzione del tempio di Cibele fatto da Augusto, tanto più che il marmo appare un poco calcinato.

Tutto infatti tende a dimostrare essere avvenuto un grande incendio in prossimità di quel tempio poco dopo il periodo augusteo, come parrebbe provarlo il materiale fittile rinvenuto in quel cavo, che si apriva nel pavimento prospiciente la fronte del tempio, materiale frammisto a colaticcio di ferro liquefatto e scorso in rivi nelle cavità come avverrebbe da un forno di fusione. Serviva probabilmente quel ferro a consolidare le compagini lignee del tetto ed è quindi facile rendersi conto dell'alta temperatura a cui fu portato trovandosi immesso nelle enormi cataste di leone resinoso precipitati sul pavimento dall'alto fastigio del tempio ».

Con una piccola squadra di operai si è fatto un giro di ricerche intorno al Cermalo partendo dal lato meridionale e terminando all’orientale, girando in direzione sud-ovest. Il primo saggio ebbe per iscopo di accertare il taglio perpendicolare della roccia a valle della porta dell’acropoli, constatata nel primo giorno di scavo. Quel taglio fu perfettamente constatato per la profondità di circa m. 3,50, a due metri dalle mura perimetrali. Il secondo fu fatto ad oriente in corrispondenza dell'angolo formato da questo lato delle supposte mura della Roma quadrata. Si riconobbe che il tracciato delle antiche mura seguiva un angolo più acuto dell'attuale. In questo punto tanto importante ci proponiamo di eseguire di poi una trincea tanto profonda da raggiungere e determinare le falde del colle, aprendo così uno scolo alle acque in direzione del Velabro. Probabilmente si rintracceranno antiche fognature rispondenti a questo scopo.

Il terzo fu fatto per renderci conto di alcuni tagli nella roccia in direzione nordnord-ovest. Uno di questi più ad ovest ci apparve in forma di un'edicola incavata nel masso ad una notevole altezza, a un dipresso come si rinvengono in talune parti dell'Etruria, dove attestano la presenza di un ipogeo sepolcrale. Questa supposizione è convalidata dall'aver constatato come sulla fronte e per la larghezza dell’edicola il taglio cadesse a piombo. Senonchè questo scavo, che probabilmente condurrà alla scoperta di qualche sepolcro, cui si legano tradizioni religiose o storiche, non può eseguirsi che con opera laboriosa lungo le falde del colle, onde deve rimettersi ad altro tempo.

Il quarto saggio mise in luce un pozzo, in cui si attingeva l'acqua dall'alto e ad una media altezza. Queste pozzo, unitamente con altri visibili all'esterno delle mura, i quali accennano a mettere capo sull’alto del colle, concorrono a confermare quanto si constatò nel primo saggio, che cioè le mura più antiche seguivano una linea corrispondente ad un dipresso alla strada che ora mette ai due lati del Palatino. Le costruzioni più tarde impedirono di proseguire per ora saggi in tutto il cerchio che gira il lato nord-ovest e nord-est, ma non sarà impossibile di proseguire in avvenire utili ricerche attraverso le fondazioni dei palazzi imperiali.

Sul lato orientale non si fece che ritornare su saggi già fatti in epoca precedente, sia per metterli meglio in luce, sia per seguirli un po' dove parve facile l’opera e di molto interesse il risultato. Uno, fatto innanzi alla casa dei Flavii. dove si trovano mura antiche, ha accertato che queste non hanno recinto il Cermalo, ma il Palatino, il quale sarebbe sorto dove oggi sorge la vigna Barberini, s. Sebastiano e s. Bonaventura: dal colle va escluso tutto il tratto in origine vallata su cui sorgono la casa dei Flavii, la così detta casa di Augusto e naturalmente lo stadio e gli edifizî severiani.

Saggi perimetrali per ora sono sospesi, limitandosi tutto il lavoro presso le scale di Caco. Questo scavo, la cui continuazione è stata assicurata dall’on. ministro della pubblica istruzione e che ha ogni appoggio dalla direzione generale per le antichità e belle arti, ha già dato, come si è visto, risultati eccellenti e altri molti ne promette. Nè io posso chiudere questa relazione sugli scavi palatini, senza ricordare l’opera dell’ispettore conte Adolfo Cozza, la cui esperienza ed il cui occhio sono coefficienti troppo preziosi.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

8/1907

Stampe antiche

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