Data: 1628
Codice identificativo monumento: 13550
L'attuale composizione e la Misura e stima sottoscritta dai misuratori della bottega di Carlo Maderno (oggi conservata all’Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Giustificazioni di Tesoreria, b. 62, fasc. 7, ins. 1), hanno permesso la ricostruzione dell'originaria composizione dell'originario orologio solare.
Collocato su un frammento di colonna proveniente da vecchia San Pietro, alla cui base Borromini aveva adattato cinque capitelli “vechi” di travertino, l'orologio fu ricomposto nel XIX secolo sull'attuale piedistallo di provenienza Cybo.
Probabilmente l'orologio era stato rimosso già dopo la morte di Urbano VIII, con conseguente dispersione delle parti asportabili. Attualmente gli unici elementi superstiti sono il blocco quadriconcavo di marmo “ammacchiato” e il “piede” di marmo “saligno” che gli fa da sostegno.
Alla base del “piede” è ancora leggibile il verso virgiliano menzionato da Kircher che ricorda le api come “custodi delle porte e osservatrici del cielo”, operose artefici di una società gerarchica che ogni giorno, come il sole, “al mattino si riversano dalle porte” e compiono senza sosta il loro ciclo vitale.
Tre grandi api e un sole raggiante sono gli emblemi barberiniani oggi perduti che davano forma ai quattro gnomoni di bronzo dorato, indicando le ore per l'intero arco del giorno, come spiega un'iscrizione intagliata lungo il bordo inferiore dei quattro quadranti: “RECVRRENTIVM TEMPORVM LEX, A LVCE PRIMA IN VESPERAM, SIC TOTA DECVRRIT DIES, CVRRENS PER ANNI CIRCVLUVM”.
All'estremità opposta, lungo il bordo superiore, una seconda iscrizione offre un’immagine emblematica del pontefice guidato in terra dalla luce divina: “VRBANI VIII BARBERINI, PONT. MAX. AN. SEXTO SALUTIS MDCXXVIII, SUPERNI LVMINI DVCTV”.
A coronamento dell'orologio si trovava il triregno con le chiavi, un saggio di scultura ornamentale borrominiana di cui resta solo la scarna descrizione del mandato di pagamento.