Informazioni storicheCodice identificativo monumento: 1471
Cronologia Rapporto del prof. Giuseppe Gatti. Essendo state intraprese dal p. Germano, Passionista, alcune escavazioni sotto la chiesa dei ss. Giovanni e Paolo, al monte Celio, si è riconosciuto che la chiesa medesima fu fabbricata sugli avanzi di un'antica abitazione romana.
Due stanze sono state sterrate, le quali corrispondono sotto i gradini dell’altare maggiore, ed hanno le pareti e la volta decorate in parte di affreschi, d'arte molto scadente e non anteriore agli ultimi decennii del secolo quarto di Cr. La decorazione si compone di semplici riquadrature, con ornati architettonici e fogliami, frammisti a pesci ed uccelli.
Proseguiti gli scavi sotto la nave maggiore della chiesa, è stato scoperto il tablinum della casa; ed a fianco di esso una delle fauces, la quale è stata quasi intieramente sgombrata dalle terre. Il tablinum misura circa m. 7,00X4,50, ed ha le pareti dipinte con semplici ornati fantastici, analoghi a quelli superiormente accennati. Incontro all'ampia apertura arcuata, che dalla fauce dà accesso al tablino, sì è trovata una porta che mette ad un'altra stanza, di proporzioni assai minori, ed anch'essa adorna di affreschi.
Qui però, vicino al nascimento della volta, vedesi in un angolo la figura di una donna orante, del più schietto tipo che s'incontra nelle pitture dei sotterranei cimiteri cristiani. Sopra un’altra parete è dipinta la scena di Mosè, che si scalza prima di salire il monte, in modo parimenti del tutto analogo agli affreschi delle catacombe romane. Lo stesso personaggio, forse in atto di percuoter la rupe, è rappresentato in altra parte della parete; ma il dipinto è mutilo, per essere stato tagliato l'intonaco; ed il soggetto rimane incerto.
Finalmente continuando lo sterro della fauce, la quale è parallela all'asse della chiesa, l'ambulacro si è rinvenuto interrotto da un muro, costruito in età posteriore a quello dell’edificio. Su questo muro, e presso di esso, si veggono dipinte scene storiche; le quali, a giudizio del comm. de Rossi, si riferiscono ad atti e passioni di martiri cristiani.
Ed è assai verosimile, che siano da riconoscervi fatti allusivi al martirio dei ss. Giovanni e Paolo; dei quali è narrato da antichi documenti ecclesiastici, che furono uccisi e nascostamente sepolti, per ordine dell’ imperatore Giuliano, nella propria loro abitazione, sulla quale poi fu edificata la chiesa.
In fatti nel muro anzidetto apresi una piccola finestra, che facilmente si ravvisa per la fenestella confessionis, cioè lo spiraglio attraverso il quale potevasi vedere dai fedeli il sepolcro dei martiri. Ai lati di questa apertura sono dipinte le immagini degli apostoli Pietro e Paolo; e al di sotto un personaggio orante, ai piedi del quale sono prostrati, in atteggiamento supplichevole, un uomo e una donna.
Il comm. de Rossi, crede che questa scena rappresenti uno dei due martiri titolari Giovanni e Paolo, venerato da Pammachio e dalla sua moglie Faustina, i quali curarono la trasformazione della casa in basilica cristiana. L’altro martire probabilmente fu effigiato nel lato opposto del predetto muro, che non è stato ancora sterrato.
Nelle pareti laterali sono dipinti gruppi di figure, che sembrano di soggetto reale ed istorico, fra le quali notabilissima è una scena di martirio; vedendosi due uomini ed una donna inginocchiati, con le mani legate sul dorso, che stanno per ricevere il colpo mortale dai littori. Il prelodato comm. de Rossi opina di ravvisarvi i martiri Crispo, Crispiniano e Benedetta, che la tradizione storica dice essere stati uccisi nella persecuzione di Giuliano, poco dopo i ss. Giovanni e Paolo, e sepolti presso la loro tomba.
Lo stile di coteste pitture è del secolo quarto cadente, o del quinto.
Continuate dal p. Germano, Passionista, le escavazioni dell'antica casa romana, sulla quale è fondata la chiesa dei ss. Giovanni e Paolo al Celio (cfr. Notizie 1887 p. 532), sono state rimesse in luce altre tredici stanze, di varia dimensione, tutte costruite in laterizio e destinate ai diversi usi domestici.
L'edificio comunicava con la via pubblica (clivus Scauri) mediante un vestibolo, che circa il secolo undecimo fu ridotto ad oratorio e decorato con varie pitture. La più importante fra queste è un gruppo, ove è rappresentato il Salvatore, vestito di ricco pallio gemmato, che stringe nella mano sinistra un volume, sul quale è scritto: Lux ego sum mundi, nutu qui cuncta creavi.
Ai lati del Salvatore sono due arcangeli, distinti coi loro nomi S MIHAEL AR/////, S GABRIEL/////, scritti in senso verticale presso le rispettive figure. Più oltre si vede, sulla destra, iiu'altra imagine vestita nel costume della corte bizantina; e vi è scritto il nome S PAVLV/////. Un'altra simile imagine doveva trovarsi dal lato sinistro, ove l'intonaco è caduto, e doveva portare il nome s. Johannes, l'altro martire eponimo del luogo.
Dal descritto vestibolo si passa in un corridoio, o fauce, sulla quale hanno l'ingresso due camere, che corrispondono sotto l'abside della chiesa. Una di esse è stata completamente sterrata, e misura m. 5,60 X 4,00, con l'altezza di circa 6 metri. La volta è stata in gran parte troncata : ciò che ne rimane è adorno di buona pittura rappresentante scene di vendemmia e svariati uccelli.
Sulle pareti sono dipinti dodici eroti alati, alti m. 1,00, con una semplice clamide gittata dietro le spalle e sorretta con le braccia. Una serie di grandi encarpi ed uccelli svolazzanti decorano gli spazi intermedia Cotesti dipinti rivelano l'arte ancora fiorente, e possono attribuirsi all'età in circa degli ultimi Antonini.
Tre altre stanze, poste in comunicazione fra loro mediante larghi passaggi arcuati, sembrano essere state destinate ad uso di bagni; essendovisi ritrovate condutture per aria calda e per acqua. Quivi fu ricuperata una vasta conca di terracotta. Altre quattro celle sono state pure sterrate in vicinanza di quelle ora descritte; ed in una di esse si è trovato una specie di pozzo quadrilatero costruito in opera laterizia, ed una fontana.
Si rinvennero negli sterri varie anfore e lucerne fittili, alcuni avanzi di decorazioni intagliate in marmo ed una testa parimenti marmorea. Un frammento di anfora vinaria porta, dipinte in rosso, lettere e cifre numeriche relative alla quantità e qualità del vino; sopra le quali fu tracciato, parimenti in rosso, il monogramma A (pax) W. Un altro simile frammento conserva tuttora il collo dell'anfora con la originaria chiusm-a in gesso : e su questo è improntato un sigillo, che porta in giro i nomi SEx aVIDI DAYCEI, e nel mezzo, in due righe rettilinee EX VTRe.
Proseguendosi gli scavi della casa dei ss. Giovanni e Paolo (cfr. Notisie 1800, pag. 79 seg.) è stata sterrata una camera contigua a quella dei Geni, presso l'aitar maggiore, sullo stesso asse, e delle medesime dimensioni. Le sue pareti e la volta sono spoglie di pitture e di intonaco. La cortina, laterizia, come in ogni altra parte della casa, accenna al III secolo. Il pavimento quasi intatto, è tutto di mosaico bianco, di quella specie grossolana usata nel IV secolo.
Sotto l'abside della basilica sonosi .scoperte altre tre camere, tagliato dalle costnizioni dell'emiciclo. Sopra due pareti soltanto è rimasto parte dell'intonaco dipinto a fresco, con opera non più tarda del secolo III. Sono specchi, fasce, fiuti marmi di vario colore, specialmente rosso. In origine le anzidette tre camere formavano un solo vano, come può vedersi dai due muri trasversali che sono opera posteriore, mentre gli altri, reticolati, spettano almeno al III secolo.
Dall'attento esame di questa parte della domus, dalla sua disposizione nella pianta dell'edificio, dai copiosi frammenti di colonne, capitelli, basi, intagli e marmi di lusso di ogni genere, che vi si sono trovati, sembra potersi dire che fosse qui VoecHS della nobile dimora.
Sonosi continuati i lavori di scavo nell'antico portichetto o vestibolo interno della casa; il quale nel IV secolo venne dismesso per dar luogo ad una successione di piccole camere, per via di tramezzi condotti da muro a muro. Ivi, intorno al secolo IX, si fece come un oratorio della basilica. Tutte le anzidette camere vennero allora decoiate con aflfreschi di argomento religioso. A causa della stagione inoltrata non si è potuto ultimare lo scavo di questi piccoli ambienti.
Si è finito di sgombrare la sala centrale del balineum, scoperta nel passato anno. E una camera quasi quadrata, con volta a crociera, rivestita di buon intonaco. Sulla parete di fondo apresi l'emiciclo del laconicum, largo quanto la vasca, o Valveus per il bagno, che vi è denti'o, formato con opera muraria, e rivestito di intonaco di coccio pesto. Un piccolo muro alto m. 1,00 dal suolo, chiude la bocca dell'anzidetta abside, lasciando solo una piccola fauce per entrare nel bagno.
La sala centrale {calidariim) ha il pavimento pensile, benché assai malconcio, sopra i noti pilastiini di mattoni quadrati, sui quali si appoggiano grosse lastre di terra cotta, quindi l'astraco, e finalmente il pavimento di mosaico bianco e nero, di finissimo lavoro.
Le tracce del fuoco, che veggonsi sotto il detto pavimento, una gola di camino annerita dal fumo, ed i tubi fittili rettangolari per la trasmissione del calorico, mostrano ad evidenza che sotto il pavimento era Yhjpocaustim. Una vasca di terra cotta {labrum) di forma circolare, del diametro interno di m. 1,00, è stata trovata nel centro della anzidetta sala.
Un'altra larga apertura in faccia a quella del laconico, arcuata, e della stessa dimensione apre la comunicazione colle camere annesse del balineam, le quali sono ancora da sterrare.
Proseguendo le indagini nella chiesa de’ ss. Giovanni e Paolo (cf. otizie 1890, p. 150) fu sgombrato una parte del vestibolo interno della casa dei Santi.
Fu riferito, che la casa medesima aveva uno dei suoi prospetti sopra quetso clivo, oggi via dei ss. Giovanni e Paolo, il qual prospetto è tuttora visibile e in buono stato, per circa m. 14 di altezza, cioè fino quasi ai tetti della basilica. Al pianterreno vedesi un ordine di sei archi; ossia larghi passaggi arcuati e simmetrici, sopra dei quali sono due ordini sovrapposti di tredici finestre ognuno. Sì le une che gli altri vennero chiusi e murati nel V secolo, come rilevasi dalla costruzione, allorchè il pianterreno della casa fu ricolmo di macerie, e i due piani superiori vennero adattati ad uso e forma di basilica.
A ciascheduno degli anzidetti passaggi arcuati, al pianterreno, corrisponde un ordine di due camere nella direzione dell'atrio 0 compluvio, che è dall'opposta parte e sull'asse medesimo, ma non è ancora sgombrato dalle terre. E siccome da quella stessa parte doveva trovarsi l'accesso principale della casa, conviene dire, che il portichetto del c/2vus Scauri, vestibolo 0 prothyrum, fosse stato solo per porre l'appartamento in comunicazione colla strada da quel lato, e per prendervi aria e luce.
In origine, cioè nel sec. III, questo vestibolo era indiviso, formando un vero portico, largo m. 4,50, lungo m. 20; ma nel IV secolo fu tramezzato, di distanza in distanza, da muri in linea con quelli delle camere interne; e per tale modo rimase scompartito in sei piccole stanze, in ciascheduna delle quali corrispondono un'apertura sulla via ed un’altra verso l'interno dell’appartamento. Tre di questi scompartimenti sono stati interamente sgombrati, sopra una lunghezza totale di 15 metri.
Allorchè nel secolo quinto la parte bassa della domus venne abbandonata e ricolma, l’accennato vestibolo fu solo lasciato libero ed accessibile, e dentro vi si eresse un oratorio, a cui si entrava per una delle sei porte sopradescritte, la sola che oggi non trovo murata con opera di quell'età. E così libero ed accessibile rimase sino al tempo dei grandi restauri della basilica, cioè intorno al mille. In tal modo sì spiega la presenza delle pitture religiose, onde furono decorate tutte le pareti di ciascheduno di quei scompartimenti.
Disgraziatamente il più e il meglio di tali pitture è perduto, e solo ne rimangono tre in buono stato. Della prima, rappresentante il Salvatore, fu data relazione (cfr. Notizie 1890 p. 79). La seconda rappresenta l'immagine del Crocifisso, vestito col noto colobium ed ai lati la Vergine, la Maddalena e Giovanni, Vi è Longino con la lancia tradizionale ed un altro soldato, a sinistra, coll'arundine e la spugna. Sopra le figure, quattro piccoli angeli alati.
La scena, che occupa un campo di m. 1,75 X 1,20, è alquanto rozzamente trattata, sebbene le facce dei dieci personaggi sieno assai bene delineate. Il lavoro mi sembra non anteriore, nè di molto posteriore al secolo IX.
Poco più sotto, sopra un altro campo, sono rappresentati i tre soldati che sì giuocano la veste del Salvatore, come l’indica l’epigrafe sopra postavi, in lettere bianche su fondo nero:
SVPER BESTEM MEAM MISERVNT SORTEM
Le figure stanno in piedi, colla lancia in mano, ed hanno dinanzi un tondo, che non saprei dire se sia la {aula lusoria, ovvero la stessa tunica del Salvatore, in cul ponesi la sorte.
Sulla parete adiacente vedesi effigiato, entro un nicchia ovale, e nimbato in tutta la persona, il Salvatore morto. Una specie di torre sembra indicare le mura della città,.cd una porta adiacente alla nicchia, l'adito al sepolero.
Più in giù vedesi l’immagine di Cristo che scende al limbo, similissima a quella scoperta a s. Clemente, ma meno intiera. Dell’iscrizioné rimangono solo due lettere. Nel primo verso leggesi: A..... ; nel secondo, pure in principio: T....
Di altri affreschi del medesimo stile, rimangono qua e là varî avanzi, sopra altre tre pareti; ma logori tanto da non potersi ben discernere.
P. Germano passionista
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