Codice identificativo monumento: 1964
Un violento incendio colpisce la città. Delle quattordici regioni soltanto quattro non vengono colpite. La distruzione di buona parte del centro urbano, del foro e dei palazzi Imperiali, permette all'imperatore Nerone di espropriare un'area complessiva di circa 80 ettari, per costruirvi un palazzo che si estenderà tra il Palatino, l'Esquilino e il Celio.
Un incendio distrgge una parte della città, e l'imperatore Commodo pretende di rifondarla con il nome "Colonia Commodiana". Danni al Tempio di vesta ed all'ala occidentale della Casa delle Vestali, al Foro della Pace, al Portico di Ottavia ed ai palazzi imperiali.
Durante degli scavi nel Campo Vaccino, sono rinvenute le rovine del Tempio di Vesta.
Narra Fra Giocondo: reperta sunt in ruinis templi Vestae, quod erat ante templum S. Cosmae et Damiani sola via mediante in quodam harundineto, dodici piedistalli di statue erette ad onore di alcune vergini vestali massime.
Inizio degli scavi nella Casa delle Vestali.
Scoperta assai pregevole e rara è quella, di una delle trentaquattro edicole compitali della regione ottava. Consta di un basamento rettangolo, col nucleo di opera laterizia, costituente un cubo di m. 3,11X2,57X1,35, appoggiato ad una parete di fondo.
Il basamento era rivestito di lastroni marmorei, grossi m. 0,14, trattenuti da spranghe di metallo, con cornice di base e di coronamento. Sta ancora nel proprio luogo, sul sinistro lato del dado, un pezzo della cornice inferiore, lungo m. 2,26. Sul basamento sorgeva un ordine, con la trabeazione rettangola (e frontone) sostenuta da due colonne isolate, e da due mezze colonne appoggiate alla parete di fondo. Le colonne di marmo bianco misurano all’imoscapo m. 0,43 di diametro, e contano ventiquattro scanalature.
Della trabeazione rimangono due soli pezzi, il fianco sinistro, e la fronte. L’architrave è intagliato con fusarole, gola, e lacunare; il fregio è liscio. Sul fregio della fronte è incisa la seguente iscrizione, a lettere se non dei tempi augustei, certamente del primo secolo:
SENATVS POPVLVSQOVE ROMANVS PECVNIA PVBLICA FACIENDAM CVRAVIT
Condotta a termine nell'anno 1879 la escavazione della sacra via, fra il tempio di Romulo e l'arco di Tito, gli antichi edifici che fiancheggiano quella strada erano rimasti divisi in due gruppi, distinti ed indipendenti, a cagione di quell’argine di terra, largo 20 metri alto 10, che s’era dovuto mantenere a guisa di ponte attraverso l’area scavata, fra le chiese di s. Lorenzo in Miranda e di S. Maria Liberatrice.
La demolizione di questo terrapieno, il quale, oltre a dimezzare spiacevolmente gli scavi, ne impediva il regolare ordinamento, e lasciava non risolute controversie topografiche di molta gravità, fu decretata da S.E.il Ministro dell’ istruzione pubblica il giorno 4 febbraio 1882. I lavori di sterro, incominciati il giorno 6 di detto mese, furono felicemente condotti a termine nel giorno anniversario delle Palilie. In così breve spazio di tempo sono stati scavati, caricati sui carri, e condotti ai lontani luoghi di scarico, diecimila duecento metri cubi di terra; sono stati scoperti duemila ottocento metri quadrati dell’antico suolo: sono state ritrovate ventisei iscrizioni, e restituite alla luce lince topografiche e vestigia di monumenti, di non comune importanza; sono stati finalmente congiunti gli scavi del 1879 a quelli precedenti, di modo che oggi, per la prima volta dopo la caduta dell’ impero, ci è dato di poter percorrere l’intera linea della sacra via, dal suo caput .... ab Streniae sacello, fino al suo termine sulla vetta del Campidoglio. Me He
L'area scoperta costituisce un rettangolo, terminato verso oriente, dai tempî del divo Pio e del divo Romulo; verso occidente dal tempio di Vesta, e dallo sperone settentrionale del Palatino. Dal secolo XVI in poi era stata frugata e devastata più volte, cosicchè se v'era speranza da un lato, di risolvere alcuni problemi topografici connessi con l'andamento della sacra via, col sito dell'arco fabiano, della regia etc., si aveva certezza quasi assoluta dall'altro lato, di non ritrovare monumenti scritti o scolpiti, proprii delle terre ancor vergini di ricerche.
Rodolfo Lanciani.
Per ordine di S. E. il Ministro della Istruzione sono incominciati i grandi lavori di sterro e di demolizione, destinati a congiungere gli scavi ed i monumenti del Palatino con gli scavi ed i monumenti del Foro.
Tutta la fronte dei giardini farnesiani è stata abbattuta, come pure alcune delle fabbriche costruite dai Farnesi sui ruderi del palazzo imperiale.
In questo primo periodo dei grandiosi lavori, sì ha in mira in mira la scoperta degli edificî posti fra la Sacra via e là via Nuova. Benchè spogliati d’ogni adornamento, i muri si mantengono in piedi fino a grande altezza, e presentano il tipo architettonico della seconda metà del secondo secolo.
Non v'ha dubbio che i lavori, condotti con somma alacrità e con grande forza di uomini e di carri, non abbiano a dar luogo a scoperte topografiche di primo ordine, ed alla risoluzione di problemi controversi da lungo tempo.
(Il portale viene smontato e portato in deposito per una possibile ricostruzione)
Rodolfo Lanciani.
Nella zona compresa fra la Sacra e la Nova via, sotto l’angolo del Palatino che guarda il Foro, è stato rimesso in luce l'edificio nobilissimo che fu la sede delle Vergini Vestali. Intorno alla quale scoperta, ch'è della più alta importanza per lo studio della topografia urbana e della storia, mi riserbo di presentare un particolareggiato rapporto, non appena sarà compiuto il disterro.
Rodolfo Lanciani.
Riordinandosi i marmi dell'Atrio di Vesta, nei magazzini locali sono stati ritrovati i seguenti brani di epigrafi:
Scaglione di piedistallo onorario di Vestale Massima: contiene la sola data della dedicazione
COL V ID
IVN DD NN IMP DECIO
AVG III ET DECIO
AVO COS
Plinto di statuina marmorea.
È stata poi ritrovata la testa della statua virile consolare del secolo IV, che supponevasi rappresentare Vezzio Agorio Pretestato.
Le fratture alla base del collo combaciano esattissimamente. Il volto è d'uomo d'età matura, con barba riportata e con la vitta che circonda la fronte. I capelli sono cortissimi.
Finalmente si è completato un busto di Vestale Massima, col ritrovamento della testa ad esso appartenente.
Rodolfo Lanciani
Lungo il lato occidentale dell'atrio delle Vestali, facendosi i lavori di nettezza, si rimise a luce un piedistallo marmoreo al proprio posto, e posato sopra uno zoccolo di travertino alto m. 0,20. Manca la metà superiore. N ello stato attuale è alto m. 0,70, largo m. 0,605, ed è spesso m. 0,67. Vi si legge:
...NTIS VITAE | PVDICITIAE CASTITATIS | IVXTA LEGEM | DIVINITVS DATAM | DECRETO PONTIFICVM
Felice Bernabei
Scavi al Foro romano: liberazione della facciata del Tempio del Divo Giulio; conclusione degli scavi nella Regia; restauro dell'edicola della Casa delle Vestali.
Dinanzi la fronte del tempio di Saturno sono stati liberati dalla terra i resti dell'antica costruzione, che sosteneva la gradinata esterna dell'edificio. Raggiunto l'antico piano, che era lastricato in travertino, si è incontrata sotto di esso una cloaca di età remotissima, costruita a piccoli blocchi squadrati di tufa cinereo, con volta arcuata e composta del medesimo materiale. La parete su cui poggia la volticella dal lato nord, e che sporge notabilmente nell’ interno della cloaca, apparisce di costruzione più antica; e dall'onorevole architetto conte Sacconi è stata riconosciuta per un avanzo del basamento di un'ara o di altro simile monumento sacro, costruito sul declivio del colle capitolino nei tempi primitivi della città. Il materiale, di cui era composto questo monumento, fu poi adoperato nel costruire la cloaca, ad eccezione di quella parte del basamento, la quale fu utilizzata nella nuova costruzione senza alterarne la forma.
Fra l'area ove sorgeva la Regia e l'atrio delle Vestali, sono stati scoperti gli avanzi di una casa privata, che può riferirsi agli ultimi tempi dell'impero. Ne è sufficientemente conservata la parte che contiene l'apparecchio di riscaldamento, cioè la fornace ed i tubi tittili, per i quali si diffondeva il calore.
A ridosso poi del tempio di Vesta si è incontrata, alla profondità di circa un metro; una chiavica antica parte costruita in opera reticolata di tufo, e parte in laterizio, la quale accenna ad inoltrarsi sotto l'atrio della casa delle Vestali. Il pavimento di questa chiavica è formato da tegoloni bipedali, che portano impresso il bollo rettangolare: M FVLVIVS SOSIMVS F
Questo bollo è inedito, ed appartiene al primo secolo dell'impero. Coi nomi di altri M. Fulvii, e di loro servi, sono improntate opere fittili trovate in Roma (C.I.L. XV, 1161, 1164, 1358, 2448, Notizie 1891, p. 317) ed in Pompei (C.I.L. X, 8047, 15).
Giuseppe Gatti.
Sulle scoperte avvenute in seguito alle esplorazioni fatte nel Foro Romano nella casa delle Vestali, il direttore degli scavi arch. Giacomo Boni ha dato la relazione che segue:
Per risolvere i problemi riferentisi alla primitiva domus publica, che si collegano a quello della supposta nova via e dei sepolcri delle Vestali, fu anzitutto necessario completare la conoscenza della loro casa nell'età imperiale. Questa esplorazione iniziale ha permesso di riconoscere e di espurgare una bella rete di cloache destinate a migliorare le condizioni igieniche dell'edificio, rese pessime sino dal 1° secolo quando veniva sopraedificata la rupe a settentrione del Palatino, reggendo su artificiali speronature il palazzo di Caligola.
La esplorazione in corso ha pur confermato o rivelato che dopo l'incendio neroniano la casa delle Vestali fu in gran parte ricostruita e che susseguenti ricostruzioni parziali e restauri tennero dietro ad altri incendi o terremoti; non solo, ma che anche nel medioevo continuò a servire a qualche uso, come già s'era avvertito negli scavi precedenti, e come lo confermano i pozzi medioevali ora ivi scoperti.
Continuando a peggiorare, per interrimento delle cloache e per altre cause, le condizioni igieniche della casa delle Vestali, si ricorse, negli ultimi tempi dell'impero, all'espediente di rialzare con masso di calcestruzzo o con vespai o con diaframma di argilla, il livello primitivo di alcuni locali, specialmente di quelli addossati alla i falda settentrionale del Palatino, murando prima alcune porte di comunicazione che sarebbero risultate troppo basse per servire al loro ufficio.
Nel primo locale a destra di chi guarda il Palatino fu riconosciuta una cloaca di mattoni, coperta a cappuccio e con platea di tegoloni del primo secolo, larga m. 0,44, alta m. 1,01, con pareti a dieci corsi di mattoni triangolari, grossi m. 0,04, murati in malta di pozzolana, grossa in media m. 0,02. Parecchi di questi tegoloni portano impresso il noto bollo (cfr. C.I.L. XV, 663): VICIANALIVIRVF
L'esistenza della cloaca era indicata dall'arco di scarico costruitole superiormente nel muro di sfondo ch'essa attraversa, oltre il quale si presenta una cameretta a volta da esplorare. Gli archi di scarico, impiegati come segnalazione o come tutela delle cloache attraversanti i muri divisori e di perimetro, quantunque appariscano impiegati in altre costruzioni imperiali romane della buona epoca, sono una vera caratteristica della casa delle Vestali.
Nel secondo locale, attiguo al precedente, fu tolto il rialzamento a pietrisco, grosso m. 0,75, che rendeva sproporzionata la porta laterale, anticamente murata. Nel pietrisco si trovavano conglobati due frammenti architettonici che possono avere appartenuto al portico girante intorno all'atrio; uno di questi è un capitello dorico greco, di travertino, e l'altro un rocchio di colonna ad esso corrispondente, del diametro di m. 0,64 e a venti scanalature.
Tolto il pietrisco, fu rimesso in luce, per tutta l' estesa dell' ambiente, di m. 4,79 X 3,09, un pavimento marmoreo a incrocio di fasce larghe m. 0,14, racchiu- denti quadrati di m. 0,30 di lato, interpolati con quadrati suddivisi diagonalmente in triangoli o racchiudenti un quadrato trasversale più piccolo, e a tinte alternate mediante l'uso del marmo detto africano per i toni più scuri, del pavonazzetto (phry- gium), del giallo antico (numidicum), del portasanta (chium), della breccia corallina, del fior di persico, e del sette-basi per i più chiari.
I marmi impiegati in questo pavimento sono segati a lastrine, grosse da uno a mezzo centimetro, e corrispondono come qualità e distribuzione a quelli impiegati nel pavimento d'un locale della Domus aurea attraversato costruendo la nuova fognatura a nord del Colosseo, onde è da attribuirsi, se non precisamente all'età neroniana, certamente al secolo primo. Il pavimento marmoreo mostra d' aver subito qualche parziale e imperfetto restauro, conservando traccia di rattoppi, usando marmi originariamente destinati alla decorazione di pareti verticali, o non dandosi troppa cura di accompagnare il primitivo disegno.
Qualche soluzione di continuità o parte mancante fu dovuta ora colmare per restituire ai marmi del pavimento la compagine necessaria alla sua conservazione, usando a tal uopo di materiale laterizio il quale, mentre basta allo scopo giova anche colla diversa tonalità a dare una idea del disegno generale d'insieme senza stendere un velo di diffidenza sulla autenticità di quanto sopravvive dell' antico pavimento romano. A destra di quest'ambiente si scorgeva traccia di una porta, larga m. 1,42, tagliata nel muro a forma rotonda nella parete superiore, ma senza arco.
Tolta la sottile parete laterizia che la ostruiva, sino quasi a livello colla massicciata di sopraelevazione, fu rimesso in luce il corridoio retrostante alla parete di sfondo del primo ambiente. Gli stipiti e l'intradosso della porta conservano un intonaco bianco, dipinto a sottili tralci bruni, con fogliette verdi e fiori rosso-cupo, cinabro e cilestri, con uccelli variopinti a gola gialla, petto rosso, addome turchino e mantello marrone chiaro; hanno esili gambe, lungo becco, e una sottile cresta di penne voltata all’ indietro; appartengono alla famiglia delle recfarinidae (succiamiele) seppure non sono una reminiscenza dell’alcedo.
Il piano del corridoio su vòlta a botte, continua sotto il terrapieno in direzione della chiesa di s. Maria Liberatrice. Di fronte ha un’apertura quadrata, del lato di m. 0,60, che prendeva luce a livello col primo ambiente; il piano è interrotto da una apertura a botola, della quale è franata la vòlta, ma che conserva gli archi laterizî di testata, grossi m. 0,60, e una scaletta a quattro gradini in laterizio, ripidissimi, che scendono a livello colla platea della cloaca a cappuccio del primo ambiente, già descritta. Lo spazio sotto la vòlta era pieno di terriccio misto a tessere musive di smalti policromi e a frammenti di vetro a cannelli.
Nel terriccio di fronte alla cloaca giaceva un mucchio di monete d'oro, ivi nascoste da qualcuno che scendendo dalla scaletta a botola ve le aveva depositate in un involucro marscescibile, del quale non restava traccia. Una semplice lavatura bastò per ripulire le monete, solid7 aurei del IV e V secolo, in numero di 397, del peso complessivo di kg. 1,773, classificabili nel modo seguente. Una semplice lavatura bastò per ripulire le monete, solid7 aurei del IV e V secolo, in numero di 397, del peso complessivo di kg. 1,773...
La esplorazione nel terzo e nel quarto locale fu limitata per ora ad una zona sufficiente a raggiungere il piano di posa in mattoni del pavimento originario che sembra essere stato rimosso prima di stendere il pietrisco.
Nell'androne che sta in fronte agli ambienti suindicati apparvero solo alcune tracce del pavimento a riquadri di giallo antico e.di pavonazzetto con filettature di serpentino (lapis lacedaemonius) e spicchi circolari di porfido ( porphyreticus) e a targhe circolari e triangoletti di granito bianco-nero (psaronius).
Nel quinto locale rimangono le vestigia, già note, di un lastricato marmoreo di tarda età, sopra il pietrisco rialzato. Nel sesto ambiente avevansi indizi d'un livello più basso di quello al quale si erano arrestati gli scavi precedenti nei gradini della scaletta a squadra scendente dal piano superiore. Furono qui rimessi in luce i tre gradini inferiori della scaletta (di travertino, a spigolo vivo, larghi m. 0,30, alti m. 0,23) e la pedata d'un quarto gradino, spianata a livello con un pavimento di mosaico bianco, a elementi di mm. 12 di lato, di calcare palombino dell’ agro tiburtino, della superficie di m. 5,44 X 3,10 +1,97 X 1,48, che si arresta contro a due spallette di muro laterizio limitanti l'ingresso a un ambiente interno della superficie di m. 4,66 X 3,55 pavimentato con opus sectile marmoreo a elementi quadrati incrociantisi e alternati con quadrati divisi diagonalmente, o suddivisi con quadrato centrale più piccolo. I marmi impiegati pei toni scuri sono il cipollino (carystium), il bigio (batthium?) e il verde antico (lapis atracius) e pei chiari la corallina, la porta santa e il giallo.
Al basso delle pareti della parte anteriore dell’ ambiente pavimentato a mosaico, furono rimesse in luce alcune tracce della intonacatura, grossa da m. 0,03 a 0,06, costituita da arricciatura di calce e pozzolana e stabilitura di calce e polvere di marmo, grossa m. 0,01, con zoccolo dipinto a rosso cinabro e riquadrature giallo-ocracee.
Tanto il pavimento a mosaico quanto quello d'opus sectile furono robustati riempiendo con tessere o tavolette di laterizio le cavità o parti mancanti, e come fu fatto nel secondo locale venne pure applicata una semplice tettoia a difesa dalle intemperie.
Nel settimo ambiente, in luogo della massicciata di pietrisco furono rinvenuti gli avanzi di un vespaio a pilastrini di mattonelle quadrate della sezione di m. 0,22 per m. 0,22, distanti da asse ad asse m 0,60, coperti da tegoloni bipedali di m. 0,59 di lato; altri tegoloni congeneri trovansi impiegati come fodera in giro alle pareti e come letto ai pilastrini. Un tegolone reca il bollo circolare: NICOMACHI DOMIT LVCILL a108
Altri bolli simili eransi trovati nell'atrio di Vesta negli scavi del 1883 (cfr. C.I.L. XV, n. 1014, b). Questo vespaio trovasi ridotto in cattive condizioni per motivo di qualche incendio e per la susseguente caduta di grossi frammenti di vòlte o murature dei piani superiori, che schiantarono e rovesciarono i tegoloni e i pilastrini, alla quale catastrofe fu messo riparo in modo affatto sommario, spianando e colmando la parte rovinata del vespaio, senza curarsi di risarcirla.
Fra i pilastrini del vespaio, giaceva un frammento di cornice di piedistallo, alto m. 0.30, largo m. 0,20, colla iscrizione: DUE DIC... | ...MP L SEPT. E nel massicciato sovrastante un pezzo di piombo, formato a grossa lente circolare, essendosi fuso durante un incendio.
Nell'atrio fu riconosciuta ed espurgata una cloaca girante i lati sud, ovest e nord, che raccoglie mediante un braccio principale e uno sussidiario lo scolo della vasca quadrata di fronte al tablino, nonchè quello della cloaca che scende dal primo ambiente già descritto. Il braccio di smaltimento della cloaca, si stacca dall'angolo prossimo alla scaletta d'ingresso e scende, traversando diversi ambienti in direzione della strada, forse il Vicus Vestae, a oriente del tempio di Castore e Polluce.
La cloaca è di laterizi, coperta a cappuccio; ha nel lato sud la sezione di m. 0,62 X 1,12; sul lato ovest di m. 0,57 x 1,20, con pozzetti quadrati praticabili; era colma di terriccio misto a rottami d'anfore, di vetri, di vasi aretini e qualche guscio d' ostrica e monete imperiali di bronzo spettanti ad Augusto, Traiano, Commodo, Massimino, Costantino, più due piccole monete bizantine irriconoscibili per l'ossidazione. Era in qualche punto franata, e verso la metà del lato nord, era stata riparata alla meglio coprendola con qualche pezzo di travertino, e con un tronco di statua marmorea di Vestale del III secolo, che aveva la testa riportata, rimanendone la incassatura nel collo e il perno di ferro.
Attiguo allo stesso braccio nord della cloaca e alla costruzione ottagona radiata da altra costruzione circolare che sorgeva in centro all'atrio fu rinvenuto un pozzo medioevale, a sezione poligono-elittica, e più sotto rettangolare, largo da m. 1,10 a m. 0,94, profondo m. 6,45, con platea murata riposante sull’argilla, e pareti di rottami di mattoni; conteneva nel fondo alcuni vasi a una o due anse e becco schiacchiato, a vernice vitrea verdognola. Della vasca quadrangolare si è potuto rintracciare e riattivare il canaletto di scolo dell'acqua, e addossato esternamente al lato nord di essa fu riconosciuto un condotto formato da anfore forate e innestate una nell'altra, ma già manomesso.
Oltre al marciapiede che girava attorno all'atrio sopra la chiavica, pavimentato a mosaico di lava basaltina (si/ex) a tessere di m. 0,027 di lato, furono messi in luce vari tratti di un marciapiede più antico sottostante, d' una larghezza che raggiunge m. 1,58, d'opus spicatum laterizio a elementi di m. 0,110 X 0,022. Nella testata orientale dell'atrio furono riconosciute e messe in evidenza quattro zoccolature di colonne del peristilio.
Negli ambienti a tramontana della casa delle Vestali furono riconosciuti parecchi imbasamenti e troncature di muri laterizi a cortina del I e del II secolo, e di muri divisori dei locali precedentemente visibili e scendenti tino a m. 0,78 sotto al livello dell'atrio; nonchè alcuni avanzi di muri più antichi, che presentano l' orientamento repubblicano, e che saranno tema di studio speciale, quando se ne potrà dare la illustrazione grafica. |
Nel primo ambiente all'angolo nord-ovest, oltre a un muro repubblicano di tufo, fu trovata parte d’un pavimento a fine mosaico bianco con tessere grosse mm. 8, listato a filettature nere, larghe mm. 20 racchiudenti esagoni larghi mm. 180; e d'altro pavimento a quadrati inclusi da liste nere.
Nel primo ambiente all'angolo nord-est, tornò in luce un muro repubblicano, a massi squadrati di tufo, con attiguo rudero di un’ara intonacata e canaletto di scolo all'ingiro; la muratura dell’ara è costituita da avanzi di sacrifici, frantumati, mescolati e impastati con rottami di pietra, e vi si scorgono pezzetti di carbone, di ossa e di vasi fittili o di vetro. Per prolungarne la esistenza ho dovuto ripararla con una tettoia.
Nell'ambiente attiguo (esternamente alle colle settentrionali del tablino) tornarono in luce due pozzi medioevali, uno a sezione circolare, con pareti di rottami di marmo, del diametro di m. 0,77; l'altro a sezione quadrata, di m. 0,65, in fondo al quali si rinvennero alcuni vasi a vernice chiara opaca.
Prosegue la campagnia di scavi di Giacomo Boni al foro romano: viene dissotterrata la facciata della Curia; scoperto il Sacello di Venere Cloacina; demolizione della chiesa di Santa Maria Liberatrice; nuovi scavi nella casa delle Vestali; rimozione delle fasi imperiali del basolato all'altezza dell'arco di Tito:
"Ma non era soltanto una esigenza estetica quella che ha determinato la demolizione di Santa Maria Liberatrice. Come in tutte le opere d'interesse archeologico compiute dal ministro Baccelli in Roma, così pure questa, Ja più grandiosa di tutte, degli scavi del Foro è informata a due principii, che spesso vengono fraintesi e raramente vengono applicati di conserva: i resti dell'antichità servono all'indagine scientifica e all'arte e quindi l'uno dei principiî non deve sopraffare od escludere l’altro.
La demolizione di Santa Maria Liberatrice serve dunque anche alla scienza e noi ci attendiamo dalle sue fondamenta qualche nuova conquista per la topografia di Roma e per la storia delle chiese primitive. Essa occupava infatti il posto dell'antica Via nova, che scoperta in parte negli scavi del ministro Baccelli nel 1882, tornerà ora completamente in luce per mostrarci come, secondo dice Varrone, essa comunicasse col Velabro e come dal Foro si salisse al Palatino per la porta Romanula; è questo un punto molto oscuro della topografia del Foro.
Più fondate sono le speranze nel ritrovamento degli avanzi di un’antichissima chiesa cristiana che si debbono nascondere nelle fondamenta di Santa Maria Liberatrice e di ciò saranno lieti coloro che nella demolizione di una chiesa moderna han visto una specie di sconsacrazione dell'antica Roma e noi che in questo monumento primitivo del cristianesimo uscito dalle viscere delia terra all'aria libera, vediamo una pagina della storia della civiltà un saggio di quell'arte tornata bambina per rivivere una seconda volta nella città eterna.
E anche a proposito di questa antica chiesetta c'è controversia tra gli studiosi: alcuni credono che sia S. Maria antiqua, o S. Maria de inferno, la più vetusta delle chiese di Roma dedicata alla Vergine Maria, nel luogo stesso sacro alla Vergine dea pagana, a Vesta; la costruzione di essa risale a papa Silvestro nel primo quarto del IV secolo, altri che tale chiesa fosse ove sorse poi Santa Francesca Romana e perciò anche a risolvere questo problema della topografia di Roma cristiana sono utili gli scavi del Foro e la demolizione di Santa Maria Liberatrice."
1904
Spaccato ricostruttivo della Casa delle Vestali
Das Forum romanum
1904
Pianta della Casa delle Vestali
Das Forum romanum
1900
Pianta degli Scavi al Foro Romano
Notizie degli scavi di antichità
1893
Foro romano
Corpus Inscriptionum Latinarum
1888
Pianta della Casa delle Vestali
L'antica Roma
1885
Dante Paolocci
Sistemazione dell'Atrium Vestae
L'Illustrazione Italiana 1885
1883
Dante Paolocci
Scoperta del Locus Vestae
L'Illustrazione Italiana 1883
1883
John Henry Parker
Plan of Clivus Sacer as excavated in 1881
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of Clivus Sacer as excavated in 1881
The Archeology of Rome
1883
Statue delle Vestali
1882
Pianta degli scavi nel Foro del 1882
1879
Pianta degli sterri del 1879 al Foro Romano