Informazioni storiche

Informazioni storiche artistiche sul monumento

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Codice identificativo monumento: 1965

Cronologia

8/1900

Relazione di Giacomo Boni sull'Esplorazione del sacrario di Juturna.

A m. 36, dal sacrario di Vesta, in direzione sud-ovest, tornò in luce il puteal di Juturna. Lo spazio intermedio è occupato dalla fonte e da vari ambienti dedicati a divinità salutari, usati come ireubatio e poi come statio aquarum. Riservandomi di descrivere e illustrare con disegni e fotografie questo insigne gruppo monumentale, non appena le esplorazioni saranno compiute, offro un succinto ragguaglio di quanto è tornato finora in luce.

1. Arcuazioni repubblicane a cunei di tufo e fronte d'opus incertum, formanti una serie di cubicoli sopra i quali scendeva, a dolce declivo, dal Palatino una rampa che sembra sboccare sul piazzale a occidente del sacrario di Vesta.

2. Grande ambiente coperto da volta a crociera (testudo), di età adrianea, su pareti d'opus reticulatum, con legamenti di mattoni. Attigui ad esso stanno altri ambienti minori, determinabili liberandoli dal grosso calcestruzzo delle fondazioni della chiesa di S. M. Liberatrice, che li ha brutalmente squarciati.

3. Fonte, coperta parzialmente da un grande arco laterizio, tagliato nel medioevo per sistemarvi una latrina, sotto il quale si svolge una scaletta, che scende a costruzioni in tufo, di tipo repubblicano, e alla sorgente a bacino rettangolare foderato di marmo. L'acqua scaturisce limpida e fresca fra i ciottoli dello strato che sta immediatamente sotto alla argilla di slavamento dei tufi palatini. Vi rinvenni duecento e più boccali e orciuoli, molti dei quali intatti, e per lo più a vernice vitrea, color verde, usati nel medioevo per attinger l'acqua. Nel terreno all' intorno abbondano i rottami di fiale e calici di vetro.

4. Puteal marmoreo, a tronco conico, con ricca cimasa a ovoli e base intagliata; quest'ultima completamente murata in calcestruzzo di cocciopesto (opus signinum) che dovetti far togliere in parte, per studiarne il profilo. La superficie conica rivolta al sacrario di Vesta porta incisa la iscrizione: M BARBATIVS POLLIO AED CVR IVTVRNAI SACRVM REST PVTEAL. Il REST, che fu aggiunto nella terza riga, è quasi cancellato; la parola PVTEAL è incisa in carattere meno accurato del rimanente della iscrizione, che dalla decorazione architettonica del margo su cui è scolpita, giudico di età prossima alla neroniana. La superficie superiore della cimasa porta incisa la stessa iscrizione, meno le due ultime parole. Il pozzo era pieno di terra, mescolata a rottami di anfore.

5. Ara marmorea collocata dinanzi al puteal, quando lo stropiccio dei piedi aveva già logorato il plinto a gradino sul quale fu appoggiata, apparentemente nel sec. III. L'ara è pulvinata e porta scolpita nella fronte una figura di donna, vestita e ammantata, volta a sinistra e che tende il braccio verso un uomo in abito militare, armato di scudo e di lancia; forse Juturna che prende commiato da Turno. Ai lati dell'ara sono scolpiti la solita patera e il praefericulum.

6. Edicola in forma di tempietto a pronao distilo, con cella a figura di trapezio, avente l'angolo acuto rivolto verso il Palatino; muratura laterizia a rivestimenti marmorei, dei quali rimangono varie tracce. Riconobbi molti avanzi architettonici di quest'edificio, tra i quali l'epistilio della fronte, con incassatura per le lettere di bronzo del fregio: IVTVRNALI SA e i due pezzi di cornice corrispondenti all'angolo acuto (80°) e all'angolo ottuso (109°) della cella.

7. Avanzi scultori, tra i quali sono degni di nota i seguenti: a) Statua arcaistica di Apollo, scolpita in bel marmo cristallino della costa dell'Asia Minore, della quale statua rimane il torso, dal collo alle ginocchia, tutto il braccio sinistro, il plinto col piede sinistro, e un tronco a foglie di lauro e fiori, al quale aderisce porzione della gamba destra; b) Statua di Esculapio, che giaceva bocconi a terra, sotto la nicchia centrale del grande ambiente testudinato, priva della testa e della parte media del braccio destro ; rappresenta il dio della medicina che tiene colla sinistra un volumen e si appoggia al bastone cui sta avvolto un colubro o serpente e cui sta addossato un fanciullo (Camillo o Telesforo, ma non vestito del solito cappuccio) in atto di portare l'offerta d'un gallo, nella mano sinistra, mentre tiene colla destra un coltellino a lama acuminata; c) Parte inferiore di una statua muliebre, di nobile e severa fattura, la quale mi fa credere che possa aver appartenuto alla figura di Juturna, ricavata da qualche simulacro di Minerva; d) Testa galeata e porzione inferiore di una statua della dea Roma seduta; fattura del II sec. e. v.; e) Varî frammenti di altre statue muliebri greco-romane e d’un bassorilievo greco; ) Busto di Giove, con sostegno sagomato; g Testa di cavallo; porzione di torso nudo e altri frammenti di fattura greca del V sec. a. C., appartenenti al gruppo dei Dioscuri, che adornava probabilmente la fonte e del quale tenterò la ricomposizione.

8. Grande ara marmorea, del II sec. e. v., rinvenuta distesa dentro la fonte. I bassorilievi scolpiti sulle quattro facce rappresentano: Giove col fulmine; i Dioscuri senza i cavalli e con le solite stelle, Lucifero e Espero, sopra il berretto conico; Leda col cigno; una figura di donna con face accesa, forse Diana Lucifera.

9. Piedistallo monolitico con base di colonna sulla quale scorgonsi le incassature di due piedi umani, di due zampe e parte posteriore di un quadrupede, probabilmente di un cane (di Diana?).

10. Piedistallo di una statua dedicata cum stazione a Costantino, nel 328, e. v., da Fl. Maesius Egnatius Lollianus, curator aquarum et miniciae.

11. Altro piedistallo, dedicato da ....rsenus Fortunatus, pur esso curator aquarum et miniciae.

12. Piccolo cippo, dedicato al Genzo stationis aquarum.

13. Frammenti d'una fontana marmorea a zampillo scendente ai lati scolpiti a foggia di piccole gradinate e risalente da quattro recipienti cilindrici agli angoli, onde l’acqua usciva a getto dalla bocca di qualche animale.

Di questi e di altri avanzi scultori ed architettonici appartenenti al sacrario di Juturna, darò la illustrazione completa, mentre degli oggetti rinvenuti nel medesimo scavo, ma che furono evidentemente ivi trasportati in tempi medioevali, mi limiterò a dare una succinta descrizione e una veduta fotografica d' insieme. quest’ultima categoria di oggetti appartiene un sarcofago rinvenuto presso il lato occidentale dell’edicola di Juturna.

È di marmo proconnesio, lungo m. 2,06, largo e alto m. 0,56, conteneva terra mescolata a poche ossa umane e ovine. La sua fronte e la testata sono scolpite a bassorilievi che risentono della insipidità accademica del III sec., e. v., quando si cercava un compenso alla deficienza di vere qualità artistiche nell'affastellamento delle rappresentazioni; talune di queste derivano però da buoni modelli, il cui simbolismo era forse compreso nell'età degli Antonini, con uno sforzo di erudizione. Sulla fronte del sarcofago è rappresentato un busto di donna, dai capelli ondulati o spartiti, scolpito entro un clipeo concavo, sostenuto da due donne alate, con vesti svolazzanti fermate alla spalla e che ricoprono le gambe dopo aver lasciato il corpo nudo, cinto da stretta zona alle mammelle. Al di sotto del medaglione è scolpita una barchetta con due genietti, dei quali uno voga e l’altro pesca. A sinistra è rappresentato un Fiume disteso, col gomito appoggiato sull’ urna dalla quale sgorga l'acqua: tiene in mano una canna d’acqua dolce (harundo donax) della quale rimangono alcune foglie e l'attaccatura di altre; alla foce del fiume, dove giungono i piedi della figura, si avanza un mostro marino, a muso aguzzo dentato, lunghe orecchie e coda di delfino, attorcigliata a lunghe spire. A destra è rappresentata la Terra, sdraiata pur essa, col gomito poggiato su qualche cosa che può rappresentare le rupi della montagna, mentre stende il corpo alla pianura, dove si avanzano un toro e una pecora: è coronata di spighe e tiene in mano una cornucopia piena di foglie e grappoli d'uva. Alla estremità della fronte del sarcofago sono rappresentati due genî alati, uno dei quali meglio conservato tiene nella destra tre spighe di grano e regge colla palma ella sinistra un canestro ricolmo di spighe. Nella testata sinistra del sarcofago è rappresentato un putto che tiene con la destra un'asta a due punte e abbraccia con la sinistra un canestro a tronco di piramide. Nella testata destra è rappresentato un uomo che sembra dar colpi di bastone verso un albero.

Il sarcofago ha per coperchio la parete di fronte di un altro sarcofago marmoreo baccellato, che ha nel mezzo una targa non scritta, ed è decorato, alle estremità, da due putti simmetrici con perle al collo, reggenti la face funebre e il cingolo della fascia che loro avvolge i reni.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

11/1900

Al Foro Romano, nella esplorazione del sacrario di Juturnam si sono rinvenuti dentro il fonte due frammenti di lastra marmorea, grossa m 0,11 delle dimensioni di m. 1,30 X 0,97 e m. 0,58 X 0,49, che portano uso in i caratteri alti da m. 0,12 a m. 0,07, l'iscrizione seguente: POTEST XVIII COLONIA IVlia TERTIA DECIMa EX TITHINA EX INDVLGENTIA EIVS AVCTA

Intorno alla colonia Iulia tertia decima Uthina qui ricordata, che fu una delle più antiche colonie militari, dedotta da Cesare nell' Africa proconsolare, la egregia signorina Lorenzina Cesano ha scritto alcune note erudite, le quali sono state pub- blicate nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei.

In quanto al nome dell'imperatore, al quale il monumento fu dedicato dalla colonia di Uthina, per attestargli la riconoscenza di essere stata indulgentia eius aucta, a me non è dubbio che debba restituirsi quello di Augusto, all' età del quale i caratteri dell'iscrizione possono essere benissimo attribuiti. In fatti deve considerarsi che i titoli imperiali erano qui scritti con tale ordine, da essere registrata in ultimo luogo la potestà tribunicia.

Ora quest'ordine è unicamente proprio delle iscrizioni che portano il nome di Augusto; mentre in quelle di tutti gli altri principi che usano i prenomi di IMP CAES la potestà tribunicia è indicata subito dopo il pontificato massimo, e precede sempre la menzione delle salutazioni imperatorie e del consolato. Nel primo verso del frammento maggiore manca una sola lettera, e non può aggiun- gervisi altro supplemento che quello di una unità. Abbiamo quindi l'indicazione della XVIIII potestà tribunicia di Augusto, la quale ci permette di reintegrare tutta la prima parte dell' epigrafe nel modo seguente: IMp. caesari divi f. august pontif. max. cos.xii imp. xiiii. tribunic POTEST XVIIIi

L'iscrizione adunque fu dedicata fra il 27 giugno dell'anno 749 e il 27 giugno del 750.

Giuseppe Gatti.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

2/1901

Relazione di Giacomo Boni sull'esporazione del sacrario di Juturna: Rampa

A oriente del sacrario di Juturna rimangono gli avanzi di una serie di volte a botte rampanti, ad arco ribassato, impostate su muri paralleli tra loro, di altezza gradatamente progressiva. Questi muri, d'opus incertum, costruiti sul finire dell'età repubblicana, vennero foderati nel secondo secolo dell'era volgare con muro a una testa di mattoni grossolanamente intonacati. Le volte di sostegno della rampa, a nucleo di pietrisco di tufo, con intradosso intonacato, hanno la fronte arcuata composta di cunei di tufo, lunghi m. 0,86, grossi all'estradosso m. 0,08, all'intradosso m. 0,06 e larghi circa m. 0,19, bene squadrati con malta grossa m. 0,004. I timpani degli archi sono d’opus incerium, a elementi poligonali di tufo, grossi da m. 0,05 a m. 0,09.

La parte posteriore delle volte e dei muri di sostegno è tagliata da un muro, obliquato di 8° dalla direzione della rampa, grosso m. 0,80, a mattoni di m. 0,04 (dieci filari, compresa la malta, misurano m. 0,63); conserva traccia d'intonaco greggio e coccio pesto. Alla fronte anteriore delle volte e dei muri è addossata una serie di archi rampanti, a sesto ribassato, di spessore m. 0,85, a mattoni grossi m. 0,04, lunghi m. 0,60 con malta di m. 0,02, sostenuti da pilastri parimenti a mattoni, grossi m. 0,035 circa, e malta grossa m. 0,02. Gli archi sono rinfiancati con muro a sacco in pietrame di tufo. L'intradosso degli archi laterizî tocca l’estradosso di quelli di tufo, che formano testata alle volte della rampa.

Il piede della rampa è distrutto; rimane l'imposta sinistra di un primo arco, alquanto spostata, alta m. 1,38 dal pavimento. L'arco aveva m. 2,80 di corda, m. 0,60 di saetta; l'imposta sinistra a m. 1,84 e la destra a m. 2,18 dal pavimento. La fronte interna del pilastro di sinistra, largo m. 0,92, conserva tracce d'intonaco liscio colorato di rosso. Il pilastro di destra, largo m. 0,76, fu restaurato anni or sono. Lo sfondo della nicchia coperta dall'arco è formato da un muro grosso m. 0,46, a mattoni di m. 0,035 in media, e malta di m. 0,015. Il muro di sostegno a destra della volta, grosso m. 0,67, conserva l'imposta dell’arcuazione repubblicana, a cunei di tufo, con timpano d'opus incertum a m. 0,82 dalla fronte; il pilastro è m. 0,80 sotto il livello dell'imposta dell'arco laterizio e fu guastata di fianco dal rivestimento di mattoni.

Questo muro, lungo m. 2,63, un altro muro ad esso parallelo, lungo m. 3,25, e quello di sfondo obliquo ad essi, lungo m. 2,85, formano un ambiente a trapezio come i successivi. Della volta che lo ricopriva non rimangono che alcune tracce delle imposte; di quella sinistra a m. 1,92, di quella destra a m. 2,04 di altezza dal pavimento. La saetta segnata dalla parete posteriore è di m. 0,80. Restano tracce dell'arco addossato alla parete anteriore, sostenuto da pilastri, dei quali il sinistro fu già descritto, il destro è largo m. 0,76; sono distanti m. 2,84 uno dall'altro; quello a sinistra ha l'imposta dell'arco a m. 2,04 dal pavimento, come l'imposta destra dell'arco precedente; quello a destra a m. 2,52. Sulle pareti interne di essi stanno addossati due muricciuoli larghi m. 0,64.

L'ambiente successivo, largo m. 3,30, è costituito da due muri di sostegno alla rampa, intestati da pilastri laterizî: quello a sinistra fu già descritto, quello a destra è lungo m. 0,64; questi piloni sostengono un arco laterizio, ora restaurato, di m. 3,00 di corda e m. 1,04 di saetta, le cui imposte sono a m. 2,50 dal pavimento; dietro all'arco apparisce la volta, che ha m. 3,25 di corda e m. 0,80 di saetta, e sta impostata a m. 1,90 e m. 2,30 dal pavimento di opus spicatum.

Segue il grande ambiente, ottenuto tagliando due arcuazioni successive della rampa, coperto a crociera (testudo), în gran. parte distrutta, grossa ni: 0,60, impostata a m. 3,47 dal pavimento; ha m. 1,65 di saetta, e conserva tracce di due intonachi grossi m. 0,03 e m. 0,01. La parete di prospetto all'ambiente, larga m. 5,62, lunga m. 5,12, in mattoni grossi m. 0,035, malta m. 0,018 (misurando ogni dieci filari m. 0,58), è fiancheggiata da due pilastrini che salgono fino alle imposte della volta, larghi m. 0,40, e sporgenti dal vivo della parete m. 0,15. La parete e i pilastrini sono intonacati a coccio pesto.

Nel mezzo della parete, a m. 1,32 dal pavimento, è ricavata una nicchia rettangolare, alta m. 2,56, larga m. 1,78, profonda m. 0,72, a spalle quadre e fondo in piano, con architrave a piattabanda lungo m. 2,20, in mattoni grossi m. 0,06; larghi m. 0,50, stretti in malta grossa m. 0,005; ne rimangono pochi filari a sinistra. È fiancheggiata da due altre nicchie alte m, 1,08, larghe m. 0,90 e profonde m. 0,30. Sotto la nicchia di sinistra sono ricavati due buchi irregolari; sotto la nicchia di destra è ricavato un altro buco.

La parte inferiore della parete, per m. 0,80 d'altezza, è foderata a tegoloni larghi m. 0,36, grossi m. 0,02 con risvolti di m. 0,07 verso la parete, lasciando un'intercapedine di m. 0,055, rivestiti esternamente con intonaco grosso m. 0,05. Nel mezzo della parete è murato uno zoccolo di marmo greco, lavorato a gradina, largo m. 1,83, alto m. 0,24, grosso m. 0,08, sagomato a Sola sulla fronte e nei risvolti.

La parete nord dell'ambiente, lunga m. 5,67, grossa m. 0,52, è costruita a fascie e morse di muratura laterizia, con mattoni di m. 0,04 e malta grossa m. 0,18 (dieci filari compresa la malta misurano m. 0,58), che racchiudono opus reticulatum di tufo a elementi di m. 0,07, come nelle costruzioni adrianee di Ostia e di Villa Tiburtina. La fascia inferiore è alta dal pavimento m. 0,63; la mediana è larga m., 0,26; la superiore m. 0,54.

Nel mezzo della parete stava incavata una nicchia irregolare di m. 2,10 x 1,50, che dovetti far chiudere. A m. 3,25 dalla parete di sfondo si trova un'apertura larga m. 1,95, che mette al corridoio fronteggiante gli archi della rampa sopraccennati. Lo stipite destro, costruito a mattoni, conserva l'imposta d'un architrave a piattabanda. Lo stipite sinistro, anch'esso a mattoni, largo m. 0,45, formante spigolo con la parete est dell'ambiente, conserva tracce di un rivestimento marmoreo grosso m. 0,035.

La parete ovest, lunga m. 5,48, ha un pilastro di m. 0,43 x m. 0,30 a mattoni grossi m. 0,04 e malta grossa m. 0,02, al quale è addossato altro pilastro di uguale larghezza, lungo m. 0,63. Un muro in prosecuzione del detto pilastro completa la parete; è lungo m. 4,50, largo m. 0,40, alto m. 0,22, a mattoni grossi m. 0,04 e a malta grossa m. 0,015 e posa su una fondazione, che si eleva m. 0,40 dal piano del pavimento, formata a pietrisco di tufo e travertino, larga m. 0,78.

La parete sud, in gran parte distrutta dai fondamenti della chiesa di s. Maria Liberatrice, conserva alle estremità i due pilastri, a mattoni grossi m. 0,04 e malta grossa m. 0,02. Il descritto ambiente ha il pavimento di opus spicatum, in parte coperto da mattoni quadri, bipedali. Lo spazio compreso tra la parete est e quella addossata all'arco costruito sul fonte di Juturna è chiuso a nord da un muro di mattoni, lungo m. 2,58, grosso m. 0,90, con nicchia rettangolare, larga m. 1,32, profonda m. 0,60, distrutta superiormente.

Alla distanza di m. 7,25 di fronte a questo, rimane traccia di un altro muro, lungo m. 2,80, grosso m. 0,85 a mattoni di m. 0,03 e malta grossa m. 0,02. La rampa troncata dal descritto ambiente proseguiva verso il Palatino, ma di essa non rimangono che poche tracce tagliate dai fondamenti della chiesa. Due muri paralleli, distanti m. 2,90, a mattoni grossi m. 0,04 e malta di m. 0,02, sostenevano la sesta arcuazione della rampa. Il primo di essi conserva indizî della volta, a m. 3,50 dal piano, e l'imposta dell'arco frontale a cunei di tufo squadrati, come negli archi repubblicani già descritti.

Il muro aveva nel mezzo una nicchia irregolare di m. 1,55 x 1,10. Il secondo muro, grosso m. 0,40, conserva a m. 3,50 dal pavimento lo spiccato della volta con intonaco nell’intradosso. È intestato da pilastro a mattoni di m. 0,34 x 0,40; ha la parete esterna sud in opus incertum, e sosteneva un'altra arcuazione, larga m. 3,72, la quale poggiava al lato opposto sopra un muro di opus incertum il quale conserva l'imposta della volta e parte del rinfianco, con intonachi sovrapposti, grossi m. 0,02 e m. 0,01. Tra questi muri repubblicani riapparisce quello fiale che li taglia trasversalmente, obliquato a 8° come nella prima parte della rampa. L'impronta della volta nel limite curvo della muratura laterizia, ha la corda di m. 8,76, la saetta di m. 2.

In questo muro è praticato un foro irregolare di accesso alla intercapedine, che divide il sacrario di Juturna dalla casa delle Vestali. Questa intercapedine, larga m. 0,69, è formata da due muri paralleli a cortina comune di mattoni grossi m, 0,04, in malta grossa m. 0,02, misurando dieci filari m. 0,59. Segue per m. 12,50 la direzione della rampa, quindi piega ad angolo retto verso oriente per una lunghezza di m. 40, e riprende la direzione del Palatino. Ha lastricato orizzontale di tegoloni quadri del lato di m. 0,60; copertura a cappuccio con saetta di m. 0,40, altezza costante di m. 6,40 fino all'imposta della copertura a cappuccio.

I muri dell'intercapedine sono contraffortati da piattabande a tegoloni di m. 0,60 Xx 0,15, grossi m. 0,04, malta di m. 0,02 ed archi di scarico con saetta di m. 0,40, a mattoni lunghi m. 0,40, grossi m. 0,035, malta di m. 0,015. Tra le piattabande e gli archi e sopra a questi fino alla copertura, posa un muro a cortina ordinaria, con filari orizzontali di mattoni grossi m. 0,04, in malta di m. 0,02. Detti muri, grossi m. 0,58, distanti l'uno dall'altro da m. 2,95 a m. 3,15, lasciano un passaggio alto dal piano dell'intercapedine m. 3,90; ha tracce di un pavimento a cocciopesto, grosso m. 0,05.

Nelle terre di colmatura della intercapedine si rinvennero due anelli interi, e vari frammenti di anelli, di filo e lamina di bronzo, alcuni altri di ferro ossidato, alcune tessere di smalto vitreo per mosaico, uno stilo d’osso, un ciottolino d'ematite, una pietra per anello, nera lucente, di forma rotondeggiante, appiattita ; duemilasettecentoquarantacinque monete di rame del secolo IV, poche delle quali sono riconoscibili, e una lucerna, in terracotta a engobiatura rossa, col monogramma Chrismon. Il resto della rampa fu distrutto da grossi fondamenti i quali attraversano uno scarico di blocchi informi di tufo e detriti di vasa Numae e di bucchero.

Di fronte all'arcuazione della rampa che formava seguito all'ambiente coperto da una volta a crociera, si trova un ambiente quadrilatero, il cui lato est, lungo m. 3,60, è chiuso da muro grosso m. 0,40, a mattoni di m. 0,35 e malta m. 0,02; il lato sud, lungo m. 4,70 chiuso da muro a mattoni grosso m. 0,40 irregolare e frammentario, ha un'apertura otturata, larga m, 1,66; il lato ovest lungo m. 3,15 è, chiuso da muro a mattoni di m. 0,035 e malta grossa m. 0,015 riposante sopra blocchi di travertino imperfettamente squadrati, i quali emergono m. 0,80 dal pavimento.

Il lato nord, lungo m. 4,75, ha nel mezzo un gradino in mattoni lungo m. 0,95, alto m. 0,21 e largo m. 0,33. L'ambiente è lastricato con quadri laterizi bipedali m. 0,36 più in basso del grande ambiente attiguo formanti letto di qualche vespaio a pilastrini, dei quali non si rinvenne però traccia alcuna. Taluno dei quadri porta impresso il seguente bollo della fine del secondo secolo: OP DOL EX FIGL PVBLILIANIS PR AMILIAE SEVERAE C F [Mercurio con cornucopia e tartaruga ]. (C.I.L. XV. 427 0).

Di fronte ai primi tre archi della rampa, trovasi un corridoio lungo m. 11,60, largo da m. 2,75 a m. 2,80, a tre pavimenti sovrapposti. L'inferiore in opus spicatum, il secondo a mattoni quadri bipedali grossi m. 0,03 con strato di malta interposto al primo pavimento di m. 0,03. Il pavimento superiore, in rozzo mosaico bianco a figure nere, le cui ‘tessere hanno m. 0,015 di lato, rappresenta una scena marina: l’acqua vi è indicata da linee rette interrotte, con. pesci, rupi, un uccello acquatico, una barca con rematore e forse un altro barcaiuolo coperto da berretto a petaso, e parte dei raggi di una stella (dei Dioscuri?).

Questo corridoio è limitato da un muro grosso m. 0,50 a mattoni grossi m. 0,03 e malta m. 0,025, con due porte, una delle quali, larga m. 2,46, mette in un ambiente lungo m. 5,87, largo da m. 3,15 a m. 4,29; l’altra conduce in un ambiente diviso dal primo da un muro lungo m. 1,70, grosso m. 0,40 a mattoni grossi m. 0,035 e malta m. 0,025. La parete ovest di quest'ambiente, cioè quella che guarda il fianco! del tempio dei Dioscuri, ha un'apertura larga m. 3,65, tramezzata da una colonna, a fusto scanalato, di marmo bigio, del diametro all’imoscapo di m. 0,40, con base di marmo bianco alta m. 0,22 che posa sopra un blocco di travertino grosso m. 0,28: quest'apertura è in parte ostruita da muro frammentario.

Alla parete laterale destra, lunga m. 3,06, grossa m. 0,88; a mattoni grossi m. 0,035, con malta di m. 0,015, sta addossato un muro lungo m. 4, 10, grosso m. 1, a mattoni di m. 0,035, dieci filari compresa la malta misurano m. 0,53, superiormente distrutto. Nel mezzo di quest'ambiente, rimangono tracce di un grazioso mosaico, a fondo i bianco, limitato da fascia nera, con punteggiature di tessere nere, disposte sugli ‘ A goli di quadrelli larghi m, 0,11.

Fatta una esplorazione stratigrafica, dove mancava il pavimento a mosaico, d trovò prima un muro in pietrame di tufo, fino a m. 2,70 di profondità, poi m. 0,82, di ghiaia sabbiosa gialla e m. 0,43 di ghiaia sabbiosa biancastra; la esplorazione penetrò m. 1,12 (a m. 5,02 dal pavimento) nello strato di ghiaia sabbiosa acquifera, che passa sotto al fonte di Juturna, senza trovare alcuna traccia del lastricato repubblicano di tufo.

Nella terra di scarico addossata ai muri di fondazione di questi due ambient e fino a m. 2 di profondità, si trovarono i seguenti oggetti: Lucernina rozza, in terracotta giallastra, ordinaria, con palmetta sotto il fondo; Grande manico e parte del corpo di lucerna, in terracotta giallastra, leggiera, con ornamenti ad incavo; Parte di lucernina, in terracotta giallastra, con manico ad anello; Due frammenti del fondo di lucerne, uno in terracotta giallastra, l'altro in terracotta biancastra, con una serie di punti nel fondo; Manico a picciuolo, di lucerna, in terracotta lionata a engobiatura nera; Frammento di becco di lucerna, in terracotta giallastra a engobiatura rossa; Frammento di lucernina in terracotta grigiastra, ornata ad incavo; Frammentino di antefissa, in terracotta giallastra, con una voluta a rilievo, che reca traccie di policromia in azzurro vivo e violetto; Tredici frammenti di vasi etrusco-campani (tre fondi, cinque frammenti d'orlo, cinque frammenti di corpo); Tre frammenti di vasi consimili in terracotta gialla, con ornati dipinti in nero su fondo rossastro; Piastrella ovoidale di porfido, lunga m. 0,185, larga m. 0,107, grossa m. 0,08; Due frammentini di lastre di porfido; Tessere di serpentino, di marmo nero e di smalto ceruleo; Frammento irregolare di diaspro di Sicili; Frammenti di pavimento in mosaico, a tessere bianche, rettangolari, molto allungate, tra cui sono due grossi frammenti di marmo nero e marmo verde; di m. 0,09 X 0,045; Quattro frammenti d’intonaco, con la superficie colorata in rosso scuro; Bolo di colore azzurro (caeruleum); Alcuni frammenti di litargirio puro, coppella di recipiente per fondere il piombo. Metà di anello di bronzo, con incastonatura vuota; Due anelli di bronzo, con chiavette (claviculae), laterale in uno, nell'altro perpendicolari a questi; Anellino di bronzo a corpo rotondo; Verghette di bronzo, a corpo quadrato o rettangolare; Grosso frammento di piombo appiattito, a forma di corona circolare; Lamina di piombo lunga e stretta, appiattita, con una estremità arrotondata; Oggettino di bronzo, in forma di corona circolare; Borchia di bronzo, a forma di foglia d'edera, con due perni al disotto; Frammento di grosso filo di bronzo, foggiato a forma di otto; Antefissa di terracotta rossigna, a engobiatura gialliccia, con ovoli greci dell'architrave e mascheroncino racchiuso da fettuccia concava, attortigliata nella lunghezza del fregio; mancano le palmette di coronamento, visibili nell'antefissa consimile del museo etrusco vaticano.

Molti frammenti di stoviglie, in terracotta rossa pesante con e senza engobiatura giallastra; altri di terracotta grigiastra leggerissima, a engobiatura bruna; due frammenti di bucchero. Questi frammenti appartengono per lo più a olle, piatti, bacinelle ad orlo sporgente e ad orlo arrotondato, qualche fondo di vaso, manici, ma in maggior parte sono frammenti di corpi di vaso di fabbriche locali. Notevole un piatto in terracotta rossa, con manico nel centro.

Vasi aretini. Coperchio di vaso, quasi intero, a forma di piattello, del diametro di m. 0,13; Collo di vaso frammentato; Fondo di un grande piatto, con bollo formato da tre punti entro un rettangolo; Cinque frammenti e orli di vasi e piattelli; Sei frammenti di corpi di vaso; Dieci frammenti di fondi di piatto, fra cui due col bollo, uno, come sopra: tre punti entro un rettangolo, e l’altro un rettangolo con: A SE(s)?; Quattro frammenti di vasi, imitazione aretina, un collo in due pezzi, frammento di un collo, e due frammenti di fondo.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

2/1901

Relazione di Giacomo Boni sull'esporazione del sacrario di Juturna: Edicola e Pozzo.

L'edicola di Juturna è composta di pronao e cella, la cui pianta ha forma di trapezio rettangolo, per l'obliquità della parete posteriore, rispetto alle pareti laterali, parallele. Quella a destra, lunga m. 2,80, forma con la parete posteriore un angolo di 100°, e la sinistra, lunga m. 2,82, forma l'angolo complementare di 80°. Lo stilobate del pronao, normale alle pareti laterali, portava due colonne su avancorpi.

L'interno della cella, simmetrico all'asse dell'edicola, ha. la parete di fondo formata a nicchia da tre faccie verticali larghe m. 0,70, di un prisma ottagono irregolare; pareti laterali parallele, lunghe m. 1,92, distanti m. (1,84 l'una dall'altra. L'ingresso della cella è limitato da una soglia marmorea lunga m. 1,46, larga m. 0,22, in due pezzi, con battente interno alto m. 0,04, largo m. 0,38. La soglia emerge m. 0,15 dal piano dello stilobate ed aggetta m. 0,07 dalle fronti dei muri laterali; un pezzo dello stipite destro, alto m. 0,29, grosso m. 0,16.

Le pareti dell'edicola, troncate a m. 2,10 di altezza, sono costruite di mattoni grossi m. 0,04 e con strato di malta di calce e pozzolana rossa, grosso m. 0,02, misurando ogni dieci filari m. 0,60. Il muro posteriore ha sull'asse dell'edicola uno spessore di m. 0,28; e quelli laterali m. 0,44; conservano tracce d'intonaco che corregge in parte l’obliquità del muro posteriore, raggiungendo verso l'angolo sud-ovest lo spessore di m. 0,06 e diminuendo verso l'angolo sud-est a m. 0,015. Lo stereobate dell’edicola è costruito a volta di pietrisco tufaceo, che va ad intestarsi contro la superficie interna del muro di sostegno della porta della cella. Questo muro è un avanzo dell’edicola del primo secolo, essendo d'opus reticulatum di tufo, a elementi di m. 0,06 e m. 0,045 di lato.

Sul piano della cella, sta addossato alla faccia di mezzo della parete di fondo, un basamento in muratura di mattoni eguale a quello della cella, largo m. 0,70, sporgente m. 0,78 ed alto m. 0,60. Il pronao dell’edicola sporge m. 0,74 nella parte centrale, larga m. 1,11, fiancheggiata da avancorpi lunghi m. 0,52 e larghi m. 0,56. La fronte del pronao non è parallela alla soglia della cella, quindi non è normale all'asse dell'edicola ma devia di 3° a sinistra. Le pareti interne degli avancorpi che reggevano le colonne del pronao distilo non sono normali alla fronte dello stilobate, ma formano a destra un angolo di 96° e a sinistra di 97°.

Il piano dello stilobate conserva due lastre di marmo bianco di rivestimento, grosse m. 0,07. La fronte e le pareti esterne dello stilobate sono rivestite con lastre di marmo bianco grosse m. 0,05, saldate con grappe di rame. Gli avancorpi conservano sul piano due blocchi di travertino di m. 0,56 di larghezza, di m. 0,64 di lunghezza e m. 0,30 di grossezza a sinistra e di m. 0,56 largo, m. 0,61 lungo e m. 0,32 grosso, il blocco a destra.

Dallo spigolo destro dell’avancorpo sinistro, fino a m. 1,15 della fronte laterale esterna dell'avancorpo destro, gira una base sagomata a guscio, listello, gola, tondino e zoccolo, alta m. 0,84 e sporgente m. 0,07. Fra i marmi buttati a terra in varie parti del sacrario di Juturna o ammucchiati uno sull'altro nelle macère medioevali, insieme a qualche architrave dell'aedes Vestae, parmi che siano attribuibili all’edicola i seguenti avanzi architettonici:

Base attica, di marmo bianco lunense, alta m. 0,18, con plinto largo m. 0,535; sagome lavorate a scalpello, piani di posa a gradina; conserva il piano centrale di ferro, saldato a piombo. Fusto di marmo greco screziato, rotto in tre pezzi, lungo m. 2,78, a ventiquattro scanalature di sezione semicircolare, larghe da m. 0,03 a m. 0,028. Il piano del sommoscapo, di diametro m, 0,37, ha nel centro il foro d'un perno quadrato con solco per la colatura del piombo. Cinque altri solchi paralleli lunghi m. 0,06, sembrano la marca di cava. Il piano all'imoscapo, di diametro m. 0,40, ha nel centro un foro quadrato del perno.

Capitello composito, di marmo bianco lunense, alto m. 0,50, diametro dal piano di posa m. 0,30, con fori di due perni quadrati; abaco frammentato.

Pezzo d'architrave e fregio, con risvolto a sinistra, della fronte dell'edicola: è di marmo lunense, troncato a m. 1,71 di lunghezza, alto m. 0,45, largo superiormente m. 0.31, inferiormente m. 0,35. L'architrave, alto m. 0,23, è lavorato a pelle piana e sagomato a listello, gola, fascia con tondino, e altra fascia. Il soffitto dell'architrave ha due zone larghe m. 0,07, sagomate a listelli, gola e fascia profonda m. 0,035, intestate a semicerchio per lasciar posto al fiore sporgente dall'abaco del capitello corintio su cui posava. Il fregio, alto m. 0,31, lavorato a martellina, unito all'architrave da un guscio; conserva le incassature su cui erano saldate le lettere di bronzo della iscrizione: IVTVRNA(i) S(acrum).

Il piano del fregio è scalpellato, probabilmente per cancellare una iscrizione precedente, della quale rimangono soltanto alcuni buchi di grappa delle lettere. Nella fronte interna l'architrave è sagomato e il fregio è rozzamente incavato a subbia. Il risvolto a sinistra dell'architrave e del fregio è intestato da due piani lisci verticali, uno largo m. 0,22, parallelo alla fronte, l'altro inclinato a 126°, largo m. 0,23, ai quali era addossato il primo pezzo di trabeazione del fianco orientale dell'edicola. Un buco cilindrico, di diametro m. 0,08, attraversa quasi verticalmente il fregio e l'architrave. Una incassatura, quadrata, di lato m. 0,06, profonda m. 0,03, con canaletto per la colatura del piombo, è praticata nella superficie superiore del fregio, presso il risvolto sinistro, e serviva per saldare la cornice sovrapposta.

Pezzo d'architrave e fregio del fianco orientale dell’avancorpo dell'edicola, simile al pezzo descritto, troncato a m. 1,47, largo m. 0,335, alto m. 0,445. L'estremità addossata alla trabeazione frontale è intestata da due piani verticali lisci, formanti un angolo di 123°. Il soffitto dell'architrave, nello spazio compreso tra la colonna dell’avancorpo e la fronte del muro laterale dell’edicola, è sagomato come il pezzo frontale, ma largo m. 0,25, lungo m. 0,58 intestato verso la colonna, a semicerchio per lasciar posto al fiore sporgente dall’abaco del capitello. L'altra estremità è tagliata a squadro. Il piano sovrastante al capitello ha un foro quadrato per il perno di collegamento.

Sul piano superiore del fregio in cui posava la cornice è praticato un altro foro quadrato con canaletto per la colatura del piombo. Le due fronti dell’architrave, a m. 0,60 dall'angolo interno, presentano incassature tagliate a subbia, larghe m. 0,10, una delle quali, l'interna, può aver servito al risvolto della fodera architravata del pronao distilo, ma l’altra, l'esterna, sembra dovuta a uno sbaglio dello scalpellino che restaurava l'edicola.

Altro pezzo, simile al descritto, del fianco occidentale dell'avancorpo dell'edicola, i cui piani di testata, combacianti con la trabeazione frontale, formano un angolo di 132°. Il pezzo lungo m. 1,41, è attraversato verticalmente da un buco cilindrico, del diametro di m. 0,08.

Pezzo d'angolo della cornice dell'edicola, di marmo bianco lunense, lavorato a scalpello, sagomato a listelli, gole, ovolo, guscio, gocciolatoio e fascia, squadrato a 100° come l’angolo sud-ovest della cella. Il piano superiore, di m. 0,45 X 0,73, ha un foro di perno quadrato.

Pezzo consimile, squadrato a 80° come l’angolo sud-est della cella. Il piano superiore, di m. 0,31 X 0,27, lavorato a martellina per una zona di m. 0,50 sulla fronte della cornice, ha due rozze incassature di m. 0,20X0,30 e m. 0,20X 0,08, profonde m. 0,06. Una seconda zona, lunga m. 0,20, è lavorata a subbia. La superficie residua, spianata, ha un buco di perno quadrato e una incassatura di m. 0,20X 0,18, profonda m. 0,10.

Altro pezzo di cornice intermedia, lungo m. 1,05, intestato a squadra. Il piano che posava sul fregio ha un foro di perno quadrato; il piano superiore, lavorato a subbia, ha una incassatura corrispondente a quella suaccennata, di m. 0,18 x 0,13, profonda m. 0,09.

Ala sinistra del timpano, in marmo lunense, lunga m. 2,11, sagomata a listello, gola, guscio, gocciolatoio, ovolo, dentello intagliato e tondino, le quali modanature, sporgenti m. 0,34, sono lavorate a scalpello. È intestato da due piani lavorati a subbia, formanti un angolo di 114° con l'asse verticale, di 152° col piano di posa. Quest'ultimo ha nel mezzo un nucleo quadrangolare, largo m. 0,07, sporgente m. 0,05, ed all'estremità esterna ha una incassatura di m. 0,30 x 0,11. Il piano superiore, lavorato a subbia, ha molti buchi varianti fra i m. 0,08 e i m. 0,16, profondi fra i m. 0,04 e i m. 0,09, con due canaletti per la colatura del piombo. Il piano inferiore, lavorato sulla fronte a scalpello ed il resto a gradina, ha un buco di m. 0,03, profondo m. 0,04.

Il pozzo sta di contro all'edicola, spostato di m. 0,05 a sinistra rispetto all'asse di questa, e dista m. 0,62 dalla fronte del suo stilobate. La canna del pozzo, costrutta di scaglie, di pietrame e coccio pesto, ha pareti verticali formanti un prisma ottagono di lati da m. 0,30 a m. 0,25 e di raggio di m. 0,30, il cui fondo è alla quota di m. 10,546 sul mare. L'acqua vi sale per un'altezza di m. 1,25, equilibrandosi con quella del locus. L'altezza dal fondo al ciglio superiore è di m. 3,80. Il puteale di marmo bianco sì compone di base, tronco e cimasa. La base del puteale, a forma di corona circolare, del diametro esterno di m. 1, 03 e interno di m. 0,58, alta m. 0,19, è decorata da gola a fogliami, guscio, listello e toro intagliato ad intrecciatura: aggetta m. 0,106. Il tronco del puteale, alto m. 0,636, è conico; diametro alla base m. 0,735, diametro superiore m. 0,76; guscio e listello sporgente m. 0,02. La superficie esterna levigata porta incisa di prospetto, in caratteri del primo secolo dell'impero, l'iscrizione: M BARBATIVS POLLIO AGEIDITCENA IVTVRNAI SACRVM REST PVTEAL

La prima riga è alta m. 0,04; la seconda m. 0,077; la terza m. 0,045 e la quarta m. 0,055. La parola REST(ituit) è quasi cancellata; PVTEAL sembra un'aggiunta. L'interno del tronco è cilindrico, lavorato a subbia, del diametro di m. 0,58, con traccie delle grappe verticali che univano la parte di mezzo con la base e ‘con la cornice. Anche in queste parti nella superficie interna si osservano le traccie predette in prosecuzione delle prime.

Le incassature delle grappe inferiori, lunghe m. 0,10, larghe m. 0,02 e profonde m. 0,01, non corrispondono a quelle del tronco conico, a causa di uno spostamento di m. 0,11 subìto dal tronco intorno al suo asse da sinistra a destra; il quale spostamento non è fortuito, ma fatto espressamente girando il tronco conico del puteale fino a portare l'iscrizione sulla fronte dell'allineamento imperiale, mentre in origine stava orientato con l’asse dell’edicola. Ciò fa supporre che il pozzo esistesse prima del lacus, e che le altre parti del sacrario di Juturna venissero disorientate per allinearle col vicino tempio dei Dioscuri. La base era completamente rivestita di coccio pesto (opus signinum) disposto a cunetta di scolo, per allontanare le acque stradali luride e impedire che penetrassero nel pozzo.

Le incassature superiori, lunghe m. 0,12 larghe m. 0,01 e profonde m. 0, 01 5 sono un avanzo delle grappe che univano il tronco del puteale con la cornice. a cornice, a forma di corona circolare, monolitica, alta m. 0,144, spezzata in quattro dal carico delle terre, è sagomata esternamente a tondino, gocciolatoio, gola, listelli, ovolo, due altri listelli e guscio. Aggetto massimo m. 0,083; superficie interna cilindrica; piano superiore liscio; iscrizione incisa in caratteri alti da m. 0,05 a m. 0,055: M BARBATIVS POLLIO AED CVR IVTVRNAI SACRVM

Parmi che l'intaglio ornamentale del puteal convenga presso a poco al tempo di Claudio. Il ciglio interno del puteale, nella parte opposta all'edicola, ha sei solchi profondi e larghi da m. 0,02 a m. 0,01, formati dall’'attrito di corde striscianti sul ciglio per attingere l’acqua. Sul piano superiore della cornice o cimasa del puteale sono ricavati due buchi rettangolari di m. 0,06 X 0,03. Quello a destra dista dalla fronte dello stilobate dell'edicola m. 0,70; il buco a sinistra m. 0,50.

La saldatura a piombo che li riempie è probabilmente quella della sbarra piegata ad archetto che portava appesa una girella (trochlea), dentro la quale passava la corda (funis), a cui veniva appeso il secchio (situla) mediante un uncino: haurienda e puteis aqua. Dal nome greco della corda derivò quello della cantilena che serviva a dare una continuità ritmica al lavoro monotono dell'attingere l’acqua, e che era diversa da altre, p. e. da quella dei macinatori. Negli inni vedici, oltre alla sorgente (u/sa) e al pozzo (utsam khan) è menzionato l’abbeveratoio; ne discorreremo, a proposito dei riti pontificali, nella prima parte del mio rapporto sulla Via Sacra.

Mi fermo su questi particolari, perchè il pozzo di Juturna, quantunque di età imperiale, dovette riassumere quanto di tipico presentavano i pozzi d’acqua repubblicani, dei quali avrò occasione di descrivere la numerosa serie scoperta nel Foro Romano. E quando cessò l'uso dell'archetto a girella, l’acqua venne attinta direttamente con le corde, le quali strisciando sull'orlo interno del margine lo hanno in vari punti solcato. L'altezza del puteale (m. 0,968) proporzionata al tiro composto, divenne eccessiva quando si cominciò ad adottare il tiro diretto, e si ricorse perciò all'espediente di mettere dinanzi al puteale un lastrone di marmo, alto m. 0,29, per servirsene come scadellum, e poichè questo ostacolava a sua volta lo smaltimento dell'acqua versata attorno al pozzo, ne fu murata la base con pietrisco di coccio pesto.

La superficie del lastrone è molto logorata di fronte al puteale, e in corrispondenza ai solchi prodotti dalla confricazione delle corde, i quali solchi fanno credere che gli attingitori dell'acqua venissero dalla direzione in cui si trova il sacrario di Vesta. L'acqua del pozzo di Juturna, adoperata a scopo sacro, veniva adibita forse anche nelle espiazioni. I ruderi del tempio di Giove Capitolino, arso dai vitelliani, furono purificati con acqua lustrale attinta a fonti vive o a corsi d'acqua: « dein virgines Vestales cum pueris puellisque patrimis matrimisque, aqua vivis e fontibus amnibusque hausta perluere » (Tacit. Hist. IV, 53).

L'acqua che si attingeva dal pozzo di Juturna era quella delle fonti vive sorgenti nel prossimo lacus, il quale alimentava il pozzo mediante un grosso tubo di piombo. La bocca del pozzo era coperta da frammenti di tegole marmoree, del tempio dei Dioscuri, e tanto il puteale quanto la canna sottostante, erano colmi di terra e macerie, mescolate alle quali si rinvennero molti rottami di vasi grossolani di terracotta, (la maggior parte anfore), tra cui:

Un collo di anfora, in terracotta giallastra, a due grandi manichi, e principio di grosso corpo, alto m. 0,24. Altro, con fascia esterna all'orlo, in terracotta rossa a engobiatura giallastra, alto m. 0,197. Altro, a grossi manichi, e labbro appena rivolto all'infuori, alto m. 0,23. Altro, in terracotta rossastra, a manichi piccoli e tozzi, orlo con fascia esterna, e corpo rigato, alto m. 0,19. Anfora, in terracotta gialliccia, e larga fascia, esterna al labbro; alta m. 0,532. Ne manca la parte inferiore. Anfora di terracotta rossa, alta m. 0,39. Mancante della parte inferiore. Anfora, del tipo della precedente, mancante del collo e di parte superiore del corpo; con qualche striatura, alta m. 0,378. Vasetto, in terracotta gialliccia, striata, alto m. 0,147. Frammento di vasetto, in terracotta rossa, con manico arcuato, a corpo cilindrico appiattito, di grezza fattura; alto m. 0,067. Collo e piccola parte superiore di vaso, in terracotta gialla, con labbro modinato, manico a semicerchio, cilindrico appiattito, e corpo rigato. Lucerna, in terracotta rossiccia, a vernice rossastra, corpo circolare e manico a picciuolo, disco molto concavo con ornamento impresso a tortiglione. Frammenti di ferro ossidato. Ossa animali. Tessere di selce e di palombino, provenienti dal disfacimento di mosaici grossolani del III-IV secolo. Larga imboccatura di un vaso e fondo quadrato di una fiala di vetro. Una monetina di bronzo appartenente ad Onorio, trovata a m. 1,30 di profondità dalla sponda del puteale; pare al cav. Serafini, valente numismatico, che nel rovescio porti la scritta: GLORIA ROMANORVM. L'imperatore è volto a destra, con labaro e globo sormontato dalla Vittoria. Lo scabellum marmoreo di fronte al puteale fu fatto servire, nel III o IV secolo, da sostegno di un'ara monolitica, di marmo bianco lunense, lavorata a martellina, formata da cornice, dado e base, su pianta rettangolare.

La base, di m. 0,73 X 0,51, alta m. 0,195, ha zoccolo, fusarola, gola intagliata a fogliami e guscio baccellato. Il dado, parallelepipedo, alto m. 0,54, largo m. 0,62, lungo m. 0,40, ha la faccia posteriore liscia; l'anteriore incorniciata, con gola intagliata a fogliami e listello, formante un riquadro di m. 0,46 X 0,47, nel quale è scolpito a bassorilievo il commiato di Juturna e Turno: una donna di forme e di aspetto matronale, coi capelli spartiti sulla fronte e raccolti in ciuffo dietro la nuca, vestita di chitone cinto e di mantello indossato alla solita foggia, con scettro nella destra, favellando, stende la mano destra con le dita aperte, verso un guerriero barbato che sta ritto di contro a lei, in chitone e clamide, elmo, corazza, scudo rotondo al braccio sinistro e una lancia nella destra. Nel mezzo delle faccie laterali sono scolpiti, a bassorilievo, un praefericulum e una patera.

La cimasa, alta m. 0,085, sagomata a gola listello e guscio a fogliami, è sormontata da fastigio fiancheggiato da pulvini, intagliati a rosette e fogliami…. Il piano superiore dell’ara, limitato da una striscia lavorata a martellina, è sbozzato a subbia, e sul suo asse longitudinale sono praticati due fori quadrati, di m. 0,03, distanti tra loro m. 0,30; servivano forse per saldare la sacra mensa, la quale rappresentava il cespes o zolla erbosa degli altari primitivi ariani.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

2/1901

Relazione di Giacomo Boni sull'esporazione del sacrario di Juturna: Fonte.

Ha forma di vasca o piscina quadrilatera, piana, della superficie di m. 5,13 X 5,04, profonda m. 2,12 con pareti verticali in opus reziculatum di tufo, ad elementi di m. 0,06 di lato, e masso interno di scheggioni di tufo e di travertino, impastati con malta di pozzolana rossa. I muri perimetrali della vasca formano pianerottolo largo a mezzogiorno m. 1,40, a tramontana m. 1,50, a occidente m. 1,25; sul lato a oriente sorge invece un muro grosso m. 0,50, separato dalla parete posteriore della vasca da una intercapedine larga m. 0,82.

Il pianerottolo è limitato esternamente da muri di pietrisco, a pareti verticali, ora in parte deteriorate, alte m. 1,23 e larghe a mezzogiorno m. 1,48, a tramontana m. 1,50, a occidente m. 1,60. La fronte a pietrisco del lato occidentale riposa sopra massi squadrati di tufo alti, m. 0,55, lunghi da m. 1,70 a m. 0,62, larghi m. 0,56, i quali finiscono alla distanza di m. 1.10 dal lato sud, contro un blocco sporgente di tufo, largo m. 0,60, troncato dal pianerottolo e probabile risvolto di una delle scalette indicate nel frammento della Forma Urbis.

La parete orientale, grossa m. 1,25, è costruita con blocchi squadrati di tufo a disposizione isodoma, in tre file orizzontali, alte m. 0,56, l'inferiore delle quali riposa su fondazione di opus incertum, stesa a m. 3,73 di profondità sopra un lastricato repubblicano di tufo. Sui primi tre muri gira un gradone di travertino, alto m. 0,29, largo da m. 0,58 a m. 0,73, composto di pezzi lunghi da m. 2,40 a m. 1,18, lavorati internamente a spigolo vivo, tagliati a gradino nel lato a mezzogiorno, smussati e logorati in più punti e allettati in malta, grossa m. 0,045.

Il gradone meridionale del fonte, conservato per l'intera lunghezza di m. 10,30, mostra verso la metà una incassatura di m. 1,90 X 0,20, profonda m. 0,01. Sul muro orientale, a massi di tufo, la grossezza del gradone è occupata da muratura in pietrisco sulla quale sorgeva forse la parete di sfondo, prima che venisse costruita quella arcuata che forma l’intercapedine.

Sul muro occidentale rimangono i risvolti del gradone di travertino che era lungo m. 10,55. Dal fondo della vasca sorge un pilone, alto m. 1,78, quasi parallelepipedo, il cui lato sud è lungo m. 3, il nord m. 2,92, l'ovest m. 1,92 e l'est m. 1,94: le sue pareti più lunghe sono parallele a quelle laterali della vasca e distano da queste m. 1,49 e m. 1,44. Le pareti trasversali invece non sono parallele ai muri di fronte, ma distano: la parete occidentale da m. 1,02 a m. 1,07, la parete orientale da m. 0,98 a m. 1,04.

Alla base del pilone gira per tre lati un gradino alto m. 0,80, largo, da m. 0,40, a m. 0,26; il lato orientale non ha gradino. Sul lato sud il gradino finisce a m. 0,32 dallo at del pilone. Il nucleo del pilone centrale e delle pareti della vasca è d'opus Foliculatani di tufo nerastro, a elementi da m. 0,055 a m. 0,06 di lato, in malta di calce e pozzolana rossa. Gli spigoli del pilone sono formati da parallolepipedi di tufo squadrato, grossi da m. 0,07 a m. 0,09 lunghi da m. 0,20 a m. 0,32, alternati per una larghezza complessiva sulle fronti di m. 0,42.

L'opus reticulatum della vasca differisce da quello dell'edicola, a elementi da m. 0,045 a m. 0,06 di lato, e da quello dell'ambiente coperto da volta a crociera, di età adrianea, a elementi da m. 0,07 a m. 0,075, che sono di tufo giallastro.

La vasca, il pianerottolo, il pilone ed il gradino, sono rivestiti con lastre di marmo bianco lunense, fermate da grappe di rame. La parete a mezzogiorno della vasca, lunga m. 5,01, è rivestita con sette lastre larghe da m. 0,37 a m. 0,85, grosse da m. 0,015 a m. 0,045; la parete settentrionale, lunga m. 5,05, con sette lastre larghe da m. 0,54 a m. 0,99; la parete orientale, lunga m. 4,92, con sette lastre tre delle quali cadute o mancanti, larghe da m. 0,58 a m. 0,79, grosse da m. 0,015 a m. 0,04; la parete occidentale, lunga m. 4,89, con sette lastre, due delle quali cadute, larghe da m. 0,36 a m. 0,74 e grosse da m. 0,015 a m. 0,045.

Tra il rivestimento marmoreo e le pareti d’opus reticulatum vi è uno strato di malta, la cui grossezza media di m. 0,05 varia secondo lo spessore delle lastre; presenta molte cavità, dovute alla imperfetta colatura e vari chiodi di ferro, conficcati in un più antico intonaco di coccio pesto, grosso m, 0,01, del quale rimangono alcuni avanzi. Il pilone centrale conserva le impronte delle lastre che rivestivano il piano superiore; la sua parete sud ne aveva cinque; quella nord quattro, l'ovest tre e la est tre, larghe da m. 0,35 a m. 0,85, grosse da m. 0,015 a m. 0,035.

Il fondo della vasca, foderato di venticinque lastre marmoree, alquanto più piccole di quelle delle pareti, ha due pozzetti rettangolari, uno all'angolo nord-est, l’altro all'angolo nord-ovest. Il pozzetto a oriente, di m. 0,68 X 1,27, col lato maggiore verso la parete est ha una intelaiatura di travertino larga m. 0,30, e grossa m. 0,30, il cui ciglio interno dista m. 0,33 e m. 0,22 dalle attigue pareti. Il telaio di travertino posa sopra uno strato di argilla nerastra, grosso da m. 0,30 a m. 0,20, essendo inclinato verso occidente; questo posa su un secondo strato d'argilla più compatta, color marrone, grossa da m. 0,40 a m. 0,15. Sotto l'argilla comincia lo strato acquifero di ghiaja mezzana giallastra, scavata fino a m. 0,50 di profondità. L'angolo del vascone corrispondente a questo pozzetto era stato chiuso o separàto dal resto mediante un lastrone di marmo incassato verticalmente tra il pilone e la parete orientale, e da un'ara scolpita, sdraiata trasversalmente tra il pilone e la parete settentrionale. Nello spazio così racchiuso e ridotto a latrina, si rinvennero molte brocche e boccali di terracotta. Dietro al lastrone si svolgeva una scaletta medioevale (fig. 39), formata di rottami varî di travertino e di marmo, poggiante sulla terra e sui frammenti scultori che ricolmavano la vasca. Il lastrone (fig. 40) misura m. 1,29 X 0,99, porta incisa una iscrizione in caratteri che non mi sembrano anteriori alla fine del primo secolo, la quale ricorda qualche beneficio accordato alla colonia africana di Uthina, ed è identica, quanto a materiale e a forma, ad un altro frammento che porta scolpite le lettere IMP... del principio dell'iscrizione.

Il pozzetto ad occidente, ha una luce di m. 0,85 X 0,60, distante il lato maggiore dalla parete laterale m. 0,38 e l’altro dalla parete anteriore m. 0,46. La sua intelaiatura di travertino, grossa m. 0,30 e larga m. 0,30, riposa sopra un lastricato di tufo, grosso circa m. 0,08 che ha l'orientamento e il livello medio di quello formante il letto del lacus primitivo, che è riapparso nel fondo dell'intercapedine, nonchè in altra esplorazione della quale ci occuperemo in seguito.

Il lastricato di tufo è adagiato sopra lo strato artificiale di argilla bruna, grosso m. 0,52, riposante sulla ghiaia. L'acqua scaturisce da m. 9,11 a m. 9,23 sul livello del mare, e invade io spazio compreso tra le pareti interne inferiori della fonte e le pareti del pilone, per una altezza di m. 1,06 a m. 1,11, sopra il lastricato marmoreo equilibrandosi alla quota media di m. 11,28. Nella parete sopra il pianerottolo settentrionale della vasca è praticato un foro irregolare, largo circa m. 0,40, comunicante con una chiavica, della quale approfittai per smaltire l’acqua, affinchè non ristagnasse.

All'angolo sud-ovest del pianerottolo della vasca è tagliato un solco, largo m. 0,26 e profondo m. 0,28 contenente un tubo di piombo del diametro di m. 0,07, formato in più pezzi, lunghi m. 0,56, sovrapposti all'estremità e penetranti in altra chiavica a cappuccio. Serviva forse come tubo alimentatore per rialzare artificialmente il livello dell’acqua della vasca, fino a procurarle un deflusso copioso dalla attigua chiavica, sboccante in quella che fronteggia il tempio dei Dioscuri. Il pianerottolo formato dai muri perimetrali della vasca, era lastricato di marmo; ne rimangono tracce all'angolo occidentale e lungo il muro settentrionale, in due file parallele larghe m. 0,66 e 0,63, grosse m. 0,08.

Questo lastricato è orlato da una incassatura, larga m. 0,115, profonda m. 0,115, distante m. 0,11 dallo spigolo della vasca e altra incassatura della sezione di m. 0,16 X 0,28, distanti da asse ad asse m. 0,98; vi posava forse una transenna a pilastrini. Sul pianerottolo posteriore fu costruito, nell'età adrianea, un muro a cortina di ; mattoni, lunghi da m. 0,10 a m. 0,28, grossi m. 0,03, con strato di malta di m. 0,02, misurando ogni dieci filari m. 0,51. Conserva parte dell’intonaco, grosso m. 0,02. Gli sta addossato un arcone che ha m. 5,20 di corda e m. 1,86 di saetta e le cui imposte, tagliate dalle pareti verticali superiori, posano sul ripiano della muratura inferiore della vasca. Sporge m. 0,88; è costruito in mattoni lunghi m. 0,58, larghi da m. 0,14 a m. 0,58, grossi m. 0,025, in malta grossa m. 0,015, misurando ogni dieci filari m. 0,42.

L’arcone ha tracce di centinatura in quadrelli laterizi, di m. 0,18 X 0,20X 0,03, e sostiene un muro a mattoni, grossi m. 0,03, ogni dieci filari misurano m. 0,49. Questo muro, a m. 0,84 dall'intradosso dell'arco, conserva traccia di un'apertura, larsa m. 1,47, con pilastrino a destra largo m. 0,44, il quale fa supporre l'esistenza di un'apertura susseguente; queste aperture non corrispondono all'asse del l'arcone, e sono otturate con muratura di mattoni meno accurata.

Scorgonsi in questo muro alcuni buchi di impalcature, e uno squarcio largo da m. 0,55 a m. 1, ottenuto asportando la cortina di mattoni del muro e di una parte dell'arco sottostante per sistemare la latrina, sopra il fonte orientale del Zacus. Il muro cui sta addossato l’arcone descritto è grosso m. 0,50 e la sua fronte posteriore forma con quella a blocchi di tufo, un'intercapedine lunga m. 5,60, larga m. 0,77, limitata inferiormente dal ripiano del fonte privo di rivestimento e alta da questo m. 1,57, chiusa lateralmente da due muri normali alle dette pareti, grossi m. 0,32 e m. 0,39, a cortina di mattoni grossi m. 0,04, ogni dieci filari compresa la malta misurano m. 0,54. In fondo alla suddetta intercapedine giaceva un masso squadrato di peperino, largo m. 0,97, grosso m. 0,585, alto m. 0,545, sbozzato a piccone con fascie di combaciamento spianate a martellina dentata e fronte lavorata a lesena, larga m. 0,61, sporgente m. 0,012, fiancheggiata da alette larghe m. 0,18, che portano scolpite fettucce larghe m. 0,034, incrociate a losanga, in guisa di transenne, a bassorilievo.

La vasca del fonte di Juturna era interamente colmata di macerie, fra cui marmi e rottami di vasi acquarî ; niente ne faceva sospettare l’esistenza all'infuori della parte superiore dell’arcone, alla quale era addossato un rozzo sedile da latrina costruito a secco con materiale frammentario, tra cui una mensola liscia e una lastra di travertino a molte incassature, appena sbozzate. Le sculture e oggetti vari raccolti nel vuotare la vasca sono i seguenti:

Parecchi frammenti di un gruppo dei Dioscuri, in marmo, di differenti qualità, che sembrano corrispondere ai restauri subìti dal gruppo originale greco del V secolo a. C., composto di due uomini e due cavalli, collocato probabilmente sopra il pilone rettangolare che sorge in mezzo alla vasca. I frammenti più notevoli sono i seguenti: Parte del torso, che comprende la schiena, il petto, il collo, le spalle e l’omero sinistro, di un giovine nudo, scolpito con vigoria non disgiunta da molle freschezza. Spalle e omero destro di altra figura, nuda come la prima. Parte del bacino, natica destra, e gamba dalla coscia allo stinco, con ginocchio alquanto piegato, appartenenti ad una delle due figure. Testa di cavallo, a muso stretto e nervoso, trattata con molta vigoria, collo corto e grosso; criniera un pò stilizzata, specialmente nel ciuffo che sorge tra le orecchie. Il muso è lungo m. 0,54, dal ciuffo ai labbro superiore, la cervice m. 0,70, dal ciuffo alla troncatura del collo, seguendo la linea della criniera. Mancano labbro inferiore, parte della criniera e delle orecchie. Al posto dell'orecchio destro resta un perno di ferro e lateralmente alla base del collo si scorgono due incavi per grappe metalliche. Tanto la testa di cavallo quanto i frammenti delle statue dei Dioscuri sono di marmo greco a grossi cristalli; hanno la superficie alquanto corrosa da una lunga esposizione alle intemperie, e sembrano appartenere alla scultura originale. Frammenti del collo e del petto, con tronco delle gambe anteriori e parti inferiori del ventre e delle natiche dei due cavalli; tre zoccoli, nessuno dei quali poggiava in terra, uno è lisciato lateralmente. Due tronchi di palma, alti m. 0,78 e m. 0,82, non compreso il rustico alla base e il perno superiore, che funzionavano come sostegno al ventre dei cavalli. Tutti questi frammenti scultori portano traccie di violenti colpi di mazza: alle statue dei Dioscuri furono dati sul petto, ai cavalli di fianco. Molti dei frammenti poterono venire ricomposti, specialmente quelli di uno dei cavalli sono di marmo grechetto statuario (pentelico?) e presentano la superficie un poco corrosa dalle intemperie. I due sostegni, a tronco di palma stilizzato, sono di differente grossezza. Uno di essi, sottile e rastremato e di lavorazione più trascurata dell'altro, sembra appartenere ad uno dei restauri che il gruppo scultorio dei Dioscuri sembra aver subìto nell'età imperiale.

Tronco di statuina muliebre, alto m. 0,155, di marmo greco, privo della testa, degli avambracci e delle estremità inferiori. Il grosso monile, da cui pende sul petto della figura una fila di ciondoli a guisa di lunghe borse coniche, fa ricordare Diana efesina, la grande Artemisia, signora di Efeso. Il tronco della statuina, prismatico rettangolare, è decorato, a rilievo, sul davanti con quattro serie di sbarre disposte a graticola. A tergo della statuina vedesi l'estremità delle chiome o dell’acconciatura del capo, scolpita ad altorilievo, in forma di prisma rettangolare, scendente dal centro della nuca. Le maniche della tunica si arrestano al gomito, dove erano fissati con perno di ferro gli avambracci nudi, che potrebbero essere stati di marmo colorato o di bronzo, come nei simulacri di divinità composite; ma quanto rimane del collo della statuina, fa credere che anche le carnagioni mancanti fossero di marmo bianco.

Busto di Giove Serapide, ovvero di Esculapio, scolpito in marmo lunense, di grana fina, con base rotonda, alta m. 0,135, sagomata, con due tori abbraccianti una profonda scozia. La testa misura m. 0,30, dall'occipite alla punta della barba. Manca la punta del naso e parte di una ciocca di capelli; l'esecuzione dei capelli e della barba è sommaria, il vestito (himazion) ha poche e sobrie pieghe. Somiglia al busto di Melos nel British Museum, che prima veniva attribuito ad Esculapio, ed ora meglio a Giove.

Ara pulvinata, scolpita sulle quattro faccie a bassorilievi che rappresentano Giove, Leda, i Dioscuri e Diana lucifera. È di marmo biancò, a grana fina, con qualche venatura grigia; alta m. 1,40, con base, dado, cornice e fastigio.. .

La base, rettangolare, di m. 0,82 X 0,60, ha zoccolo, fusarola, gola a fogliame, listello liscio e guscio baccellato; nella parte posteriore ricorrono le stesse sagome delle altre tre faccie, ma senza intaglio. Il dado, parallelepipedo, ha le faccie verticali riquadrate, con gola intagliata a fogliami, che incornicia i bassorilievi. La cimasa, sagomata a listelli lisci e gola intagliata a fogliami e fusarola, è sormontata da fastigio intestato da pulvini ornati a rosette sulle fronti ; il piano superiore del fastigio è semplicemente sbozzato a subbia, con canaletto all'ingiro a incastrarvi la sacra mensa.

Le figure scolpite a bassorilievo nei riquadri del dado misurano circa m. 0,54 di altezza, meno i Dioscuri che sono alquanto più bassi, e Leda, anch'essa più bassa, per far posto allo himation che le si ravvolge gonfiato sopra il capo Giove, eretto, vestito di himation, che lascia scoperto tutto il di meno la spalla e il braccio destro, ed è sostenuto dalla mano sinistra intorno alle gambe; questa mano stessa tiene il fulmine, la destra sollevata si appoggia su un grande scettro; nei piedi ha i calzari.

Diana lucifera, figura giovanile, vestita di chitone dorico a doppia cintura, una sotto, l’altra sopra. La figura tiene nelle mani una lunga face.

Leda, stante, ma con la persona leggermente piegata sulle ginocchia, come per tener fermo lo himation, che, sostenuto sul braccio sinistro piegato, le si ravvolge intorno alle gambe e le svolazza a foggia di semicerchio sul capo, lasciandole tutto il torso nudo. Mancano le mammelle, alcuni pezzi al ginocchio sinistro e all'avambraccio destro. In terra, vicino alla figura, è scolpito il cigno che agita le ali e stende in su il collo.

I Dioscuri, in figura di due giovani quasi di prospetto, in perfetta corrispondenza di forme e di atteggiamento. Hanno il pilos in capo, sormontato dalla stella, capelli sciolti che incorniciano il viso e hanno il corpo nudo, meno una clamide appuntata con bottone sulla spalla destra, che scendendo dietro la schiena è ripresa dalla mano destra dell'uno, e sinistra dell'altro. Tengono con una mano la spada ringuainata e con l’altra una lancia, alternando le mani, in modo che le due lance sono all’esterno e le due spade all'interno. Manca la testa del Dioscuro a destra di chi guarda, e alcuni frammenti delle gambe e la parte inferiore della lancia dell’altro a sinistra. Tipo ordinario; derivato da un originale statuario dell'epoca di Alessandro; descritto, con leggere varianti, da antichi autori, e frequente altresì sui sarcofagi romani.

Frammento di bassorilievo, su lastra di marmo di Carrara, di m. 0,24 X 0,16, grosso m. 0,025, levigato nella faccia posteriore, scolpito. a. bassissimo rilievo; raffigura la porzione inferiore di un personaggio togato, in sedia curule, posato sopra un suggesto di forma parallelopipedo; sotto al piede destro ha uno scabellum.

A sinistra della sedia, più in basso, sporgono le mani di una figura; la destra, in alto, è aperta in gesto di esortazione, la sinistra stringe un volume, e ha il polso coperto da due pieghe dell'abito. Il personaggio seduto regge un oggetto, del quale scorgonsi solo traccie non identificabili. Davanti a lui stanno due uomini imberbi vestiti di tunica, il primo dei quali, visto di profilo, alza il viso e la mano destra aperta come supplicante verso il personaggio, e stringe colla sinistra un volumen; l'altro, veduto quasi di faccia, sembra assistere senza movimento e stringe colla sinistra abbassata una mappa. A destra di quest'ultima figura, sopra una elevazione, poco più alta del suggestum, scorgesi la parte inferiore di una figura dalle anche in giù, rivolta verso destra e vestita di corta tunica. Davanti ai suoi piedi stanno la testa e parte della spalla di un uomo, rivolto pure a destra, probabilmente seduto.

Parte di un piede di mensa, in marmo nero, a venature spatiche bianche, la quale rappresenta un mostro grifoide, alato, con testa leonina, a fauce spalancata e lingua penzoloni.

Ottantuna brocche, per lo più a forma allungata, di terracotta ordinaria, porosa, coperte esternamente, e spesso anche nel fondo e nell'interno del collo, di vernice vitrea, lucente, giallo-verdiccia, verde, e verde scura. Alcune sono rigonfiate nella metà del corpo; hanno bocca cilindrica, larga ed alta, dalla base della quale si diparte il becco, cilindrico schiacciato, e manico a nastro, ricurvo in alto. Sono tutte intere, meno la più grande. Variano in altezza da m. 0,365 a m. 0,12, e il diametro del fondo varia da m. 0,14 a m. 0,06. Sessantadue hanno i tre quarti superiori del corpo ed il manico ornati di serie longitudinali di scaglie ovoidali a rilievo, mentre la parte inferiore solcata da linee orizzontali o ondulate. Diciannove, tra cui una a tre manichi, non hanno le scaglie ma recano impresse linee serpeggianti.

Due vasi, della stessa materia dei precedenti, con alta bocca a campana, ossia a tronco di cono rovesciato, lungo becco leggermente conico, e corpo solcato da linee serpeggianti.

Millecinquecento frammenti di vasi, del tipo e della materia dei suddetti, di cui circa duecento grossi pezzi e fondi.

Cinque grandi vasi, in terracotta giallognola, a fondo arrotondato, continuazione del corpo, che è largo subito dopo la bocca e stretto dipoi; larghi manichi a nastro in forma di sette, e bocca stretta. Superiormente ornati di una zona di sottili linee vicinissimo e parallele. Altezza da m. 0,36 a m. 0,32, diametro del fondo da m. 0,093 a m. 0,069. Grande vaso sferico, alto m. 0,40, rassomigliante ai precedenti, ma un pò allungato in alto, a corpo largo in fondo e stretto nella parte superiore, con piccola bocca cilindrica, bassa, e due piccoli manichi a cilindro schiacciato; coperto in tutto il corpo da profonde solcature orizzontali.

Diciotto vasi, in terracotta compatta e giallastra, a fondo circolare, stretto, corpo che s'ingrossa molto in alto, bocca a forma di tronco di cono rovesciato, sottile becco cilindrico, molto allungato, e manico a nastro. Altezza da m. 0,32 a m. 0,21, diametro del fondo da m. 0,10 a m. 0,067. N

Diciotto orciuoli, di terracotta giallastra o rossiccia, a corpo quasi sferico, con alta bocca a tronco di cono rovesciato, e due manichi, senza becco, alti da m. 0,21 a m. 0,16.

Dieci vasi, larghi superiormente e stretti in fondo, con alta bocca cilindrica, appena un pò più aperta in alto, e due manichi a nastro, senza becco; alti da m. 0, 32 a m. 0,26.

Circa duemilacento frammenti di vasi di terracotta giallognola, dei tipi precedenti, specialmente dell'ultimo, tra cui circa trecento grossi pezzi.

La vasca conteneva migliaia di frammenti di anfore e vasi grossolani, in terracotta rossiccia, rossa, nerognola, e giallastra, e di bacinelle in terracotta rossiccia a engobiatura rossa, esterna ed interna, od interna soltanto. dan Anfora, bassa, stretta alla base e più larga in alto, con bocca a risvelbi esterno, in terracotta giallastra, lunga m. 0,56. Altra, di forma simile, in terracotta rossa a engobiatura gialla, alta m. 0,486. Altre due, della forma delle precedenti, una in terracotta gialliccia, alta m. 0,45 (fig. 58) e l’altra in terracotta rossiccia, a engobiatura gialla, interna ed esterna, alta m. 0,45. Una dozzina di bocche di anfore e di vasi comuni, in terracotta giallastra, tra le quali notevoli due a risvolto esterno a forma di fascia, e una di boccale con labbro stretto a becco. Punta di anfora a pomo terminale. Collo d'anfora, con parte del corpo, in terracotta gialliccia, ordinaria, a grossi manichi cilindrici appiattiti e orlo a risvolto esterno. Altro congenere, a manichi appiattiti e collare. Grosso collo di anfora, in terracotta rossiccia, a engobiatura giallastra. Collo di anfora, più stretto dei precedenti, in terracotta giallastra, non ordinaria, a manichi schiacciati e orlo a fascia sull'esterno del collo. Questi quattro frammenti di anfore hanno, nella parte del corpo che sì congiunge al collo, iscrizioni in corsivo, ad inchiostro nero. Due vasetti, a due manichi, uno a corpo largo in basso e stretto in alto, rigato, e l'altro stretto in basso e grosso in alto, alti circa m. 0,22. Dieci frammenti di lucerne, ordinarie, in terracotta giallastra o rossiccia, a corpo circolare, con ornamenti geometrici. Lucerna intera, a corpo circolare, di terracotta giallastra, ordinaria, con manico ad anello. Frammento di antefissa a voluta, in terracotta gialliccia ordinaria. Grossi chiodi di ferro e una verghetta ripiegata ad angolo retto. Frammento di lastra di giallo antico (marmor numidicum). Ossa animali, tra cui una mascella suina, e valve di molluschi. Pezzi di legno e frammenti di canestro annerito dall'acqua. Una noce. Concrezione calcare cilindrica, del diametro di m. 0,042, formatasi entro una fistola plumbea, con sottile foro per cui seguitava a scorrer l’acqua.

Ferro. Gancio (harpago o lupus, volg. lupa), alto m. 0,115, con anello e tre uncini. Usato probabilmente per ripescare i vasi caduti nel lacus. Occhio di catenaccio, con estremità ripiegate nell'interno e tracce del legno. Chiave di ferro, lunga m. 0,07, con anello snodato di m. 0,045 di diametro. Altra chiave, simile alla precedente, lunga m. 0,058, con anello di m. 0,04 di diametro. Lama lanceolata di coltello. Ordigno di ferro, a forma triangolare allungata. Frammentino, a forma di cordone.

Rame. Frammento a forma triangolare allungata. Frammento ricurvo, con cresta nel mezzo. Frammenti di lamiera, che potevano far parte di un recipiente circolare. Bastoncino, lungo m. 0,105, con l'estremità superiore ripiegata a palella. Frammento d'ago, lungo m. 0,053. Frammento, a corpo piatto; ondulato nella sua lunghezza, lungo m. 0,072. Due grappette, ripiegate nel mezzo. Una colatura di piombo. Un pezzo di pomice nerastra. Frammentini di legno, due dei quali a forma di linguetta, con intacche. Un nocciolo di pesca, grosso appena la metà di quelli d'oggidì. Scheggie d'ossa animali.

Terracotta. Fusarola rossastra a vernice vitrea rossa. Frammento del fondo di un vaso rossastro, con orlo esterno cilindrico schiacciato. La superficie interna, a engobiatura rossa, porta graffita la parte superiore di una figura imberbe di Cristo, con nimbo crucigero, lunghi capelli, una croce sul petto e la destra levata in alto, sopra le due mani tese di un offerente o supplicante. Questo frammento, ricorda il vasellame del V secolo, del quale trovai altri avanzi nella Via Sacra ecc., che, se non fosse decorato da rappresentazioni cristiane, parrebbe una forma rudimentale dei vasi aretini. Frammento di un manico a nastro, di bucchero nero.

Pietra. Amuleto di pietra nera, in forma di tavoletta trapezia, ad angoli arrotondati, lunga m. 0,5, larga m. 0,024, grossa m. 0,005, con forellino rotondo nel mezzo dell’estremità superiore. Tassello romboidale di serpentino.

Osso. Frammento di uno stile cilindrico vuoto, graffito a spire e a segni incrociati. Fondo d'astuccio cilindrico, del diametro di m. 0,034, incavato al tornio.

In un avanzo di rozza muratura, che poggiava sul pianerottolo, a settentrione della piscina, era compresa un'ara monolitica di peperino, lavorata a martellina, con base quadra, del lato di m. 0,49, formata da zoccolo, alto m. 0,09, e da piano inclinato, alto m. 0,04; dado lavorato a faccie lisce, parallelopipedo, largo m. 0,041, alto m. 0,57; cimasa composta di listello, alto m. 0,035, e piano inclinato a 45°, alto m. 0,045; essa aggetta dalle faccie del dado m. 0,04. L'ara è sormontata da piccolo fastigio intestato sulla faccia anteriore da timpano triangolare, alto m. 0,07, largo m. 0,36, grosso m. 0,035, con pulvini cilindrici alle estremità, del diametro di m. 0,07; sopra al timpano ricorre una fascia orizzontale, larga m. 0,03, rientrante m. 0,02, racchiudente una incassatura quadrata, di m. 0,38 di lato, profonda m. 0,05 rozzamente lavorata a subbia.

Frammento dell'angolo superiore sinistro di un'ara pulvinata, di marmo lunense, a tronco leggermente piramidato, con cimasa composta di listello e gola rovescia, finamente intagliata. Resta parte di uno dei pulvini, intagliato a fogliami e intestato con rosetta a quattro foglie, racchiusa da una voluta, il cui listello prolungandosi viene a incontrarsi sopra la metà della cimasa, dove regge una palmetta. Nel piano superiore dell'ara, in luogo dei soliti buchi per la tavola sacra, si scorgono tracce di una tazza cilindrica, levigata all’esterno come le pareti dell'ara, e rozzamente scalpellata nell'interno.

Fonte: Notizie degli scavi di antichità

Stampe antiche

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