Data: 1612 / 1633
Codice identificativo monumento: 330
Nei fossati di Castel Sant'Angelo, viene scoperta una scultura che riproduce un Satiro ubriaco. La scultura viene acquisita dal Cardinale Francesco Barberini e conservata presso la sua collezione a Palazzo Barberini.
L'obelisco Variano viene fatto spostare dalla famiglia Barberini nel giardino del loro Villa, senza però essere rialzato.
Carosello nel cortile di palazzo Barberini in onore di Cristina di Svezia.
Donna Cornelia Barberini dona l'Obelisco Variano a Papa Clemente XIV. Il monolite viene spostato dal giardino di Villa Barberini al cortile della Pigna ai Musei Vaticani.
La scultura del Fauno Barberini viene venduto dai Barberini, in grave crisi finanziaria, allo scultore e restauratore romano Vincenzo Pacetti, che lo restaura nuovamente sostituendo i pezzi in stucco con integrazioni in marmo.
In seguito a una causa giudiziaria, i Barberini riescono a rientrare in possesso della scultura del Fauno Barberini.
In un area della Villa Barberini, angolo Quattro Fontane e Via XX Settembre, viene realizzato uno Sferisterio, campo destinato al gioco del pallone con bracciale all'uso toscano.
Il principe ereditario Ludovico di Baviera (che sta allestendo una Gliptoteca a Monaco) acquista la scultura del Fauno Barberini. Il cardinale Bartolomeo Pacca fa porre un bando all'esportazione, su sollecitazione di Antonio Canova, ma dopo alcuni anni di pressioni diplomatiche il bando viene ritirato e la scultura parte da Roma.
Per far posto a nuove costruzioni, viene demolito lo Sferisterio Barberini su via XX Settembre. Un nuovo impianto viene costruito in un lotto libero tra via Sallustiana e Via Calabria.
Regio decreto con cui è istituito il Circolo Ufficiali delle Forze Armate. La famiglia Barberini concede in affitto alle Forze Armate, una cospicua parte del loro palazzo per ospitarne la sede (con un contratto in scadenza nel 1953).
Attentato in Via Rasella durante il transito a piedi di una compagnia del I battaglione del Reggimento Polizei SS Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, in assetto di guerra, con mitraglatrici montate su carrelli in testa e in coda alla colonna. Lo studente in medicina Rosario Bentivegna, con la copertura di un altra giovane studentessa, Carla Capponi fanno brillare una mina collocata in un carrettino metallico da spazzino. Subito dopo, due squadre dei GAP Centrali, una di sette uomini l'altra di sei, al comando di Carlo Salinari (Spartaco) e Franco Calamandrei (Cola), lanciano a mano bombe da mortaio leggero Brixia, modificate per esplodere per accensione della miccia, e sparano con armi leggere. L'azione si concluse con la morte di 32 militari e 110 feriti. persero la vita nell'attentato almeno altri due civili italiani tra cui il tredicenne Piero Zuccheretti. I gappisti non subirono perdite. I superstiti del Bozen, coadiuvati da forze tedesche e fasciste affluite sul posto, iniziarono a rastrellare la popolazione della zona circostante, arrestando abitanti e passanti. I rastrellati sono fatti allineare sotto contro la cancellata di accesso a Palazzo Barberini e quindi condotti in parte presso l'intendenza della Polizia dell'Africa Italiana (PAI), in parte presso il palazzo del Viminale, dove nelle cantine, circa trecento persone sono trattenute per accertamenti sino alla mattina successiva.
Vittorio Emanuele III di Savoia, prossimo all'esilio, scrive al Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi, un biglietto in cui comunica la volontà di lasciare al popolo italiano la propria collezione di monete. La raccolta viene in un primo momento affidata in custodia all'Istituto Italiano di Numismatica al Palazzo Barberini.
A Palazzo Barbini si svolge il XXV congresso Socialista. Voluto fortemente da Nenni per analizzare la situazione di attrito tra le componenti di maggioranza minoranza e con l'obiettivo di riunire le diverse posizioni, fallisce il suo scopo primario portando alla scissione dell'ala riformista.
Durante il XXV congresso socialista a Palazzo Barbeini, l'ala democratico-riformista guidata da Giuseppe Saragat, esce dal PSIUP e da vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI),
Palazzo Barberini viene acquistato dallo Stato italiano in extremis utilizzando il diritto di prelazione, al prezzo di ottocento milioni di lire.
Lo Stato Italiano stipula una convenzione con il collezionista Evan Gorga, che cede al ministero della Pubblica Istruzione le sue collezioni. L'amministrazione statale si impegna: a istituire dieci borse di studio (di 300.000 lire ciascuna) da conferire per concorso a studenti di canto; a ordinare ed esporre convenientemente il materiale delle collezioni; a corrispondere a Gorga un vitalizio e a pagare i debiti da lui contratti. Tramonta l'utopistica idea di Gorgia nel realizzare un grande teatro lirico e anche le borse di studio saranno poi indirizzate a generici studi musicali. Inoltre le collezioni continueranno per lungo tempo a giacere abbandonate in diversi magazzini, i seminterrati della Farnesina al foro Italico, l'Accademia di Santa Cecilia, la Galleria Corsini, villa d'Este a Tivoli, palazzo Barberini.
Palazzo Barberini viene preposto come nuova sede principale della Galleria Nazionale di Arte Antica insieme a Palazzo Corsini, ormai saturo di spazi.
Il Museo Galleria Nazionale di Palazzo Barberini apre al pubblico.
Le collezioni del Museo Artistico Industriale sono smembrata fra il Comune e vari istituti museali di Roma. A Palazzo Barberini, viene conservato il nucleo principale, di circa duemila oggetti, in particolare ceramiche, vetri, stoffe e sculture lignee. Al Museo di Palazzo Venezia giungono preziosi frammenti marmorei duecenteschi, dalle stoffe copte, dalle maioliche, dalle statue lignee, dalle serrature e dagli elementi di arredo. I reperti archeologici sono invece inviati ai Musei Capitolini.
Con Decreto Legge, viene definitivamente assegnata alla Soprintendenza Archeologica di Roma la collezione numismatica di Vittorio Emanuele III.
L’edificio fu costruito sul sito nel quale sorgeva la villa del cardinale Pio da Carpi, passata nel 1587 ad Alessandro Sforza duca di Santafiora, dopo essere appartenuta ai Della Rovere e, prima ancora, a Giacomo Cesi.
Francesco Barberini nel 1625 acquistò la proprietà per 550.000 scudi, donandola l’anno seguente al fratello Taddeo. Urbano VIII affidò a Carlo Maderno i lavori di trasformazione e di ampliamento dell’intero complesso.
Il Maderno inizialmente ideò una costruzione quadrangolare tipica del Rinascimento optando successivamente per una tipologia ad ali aperte, che si richiamava alla villa di Agostino Chigi alla Lungara ispirandosi, appunto, al concetto di palazzo-villa che assommava le funzioni di dimora di rappresentanza e di villa urbana con giardini e prospettive aperte. I lavori si conclusero, nella parte principale, nel 1633 ad opera del Bernini, che alla morte del Maderno diresse la fabbrica assistito dal Borromini.
Il palazzo presenta una parte centrale con tre ordini di loggiati e due ali laterali più compatte e severe con due ordini di finestre architravate, e ingloba, dalla parte dell’attuale via Barberini, l’edificio cinquecentesco degli Sforza che sorgeva su antiche arcate.
Sotto i tre loggiati sovrapposti trova posto un atrio che si conclude in una specie di nicchia semicircolare, che sfocia in un vestibolo ovale dal quale si accede al giardino retrostante; ai lati dell’atrio sono due scaloni: a sinistra quello grandioso del Bernini “a pozzo quadrato” , le cui rampe, rette da colonne doriche binate fino al primo piano, conducono alla Galleria nazionale di Arte antica che occupa, in parte, i piani superiori; a destra dell’atrio si colloca la scala elicoidale a colonne binate del Borromini, per la quale si accedeva alla biblioteca del cardinale Francesco Barberini. Sempre al Borromini si attribuiscono il disegno delle finestre del corpo centrale e alcuni particolari decorativi.
L’ingresso al complesso era ubicato all’imbocco dell’odierna via Barberini, dove si trovava un portale costruito da Pietro da Cortona. Su questo lato, un grande portone al centro della facciata, immetteva nel salone di ingresso da cui parte la scala del Bernini. Un ulteriore ingresso è su via delle Quattro Fontane; da qui si accedeva invece alle due ali del corpo; il settore a nord era riservato a Taddeo e alla moglie Anna Colonna, che dimorarono nel palazzo solo per un breve periodo dal 1632 al 1634, restando sempre nella “Casa grande” ai Giubbonari; mentre l’ala sud era occupata dagli ecclesiastici di famiglia. La cancellata a pilastrate risale all’Ottocento e fu realizzata da Francesco Azzurri, autore anche della fontana a candeliere con vasca ottagonale posta nel giardino.
Il piano nobile dell’edificio comunicava coi giardini posteriori attraverso il “ponte ruinante” su due arcate del Bernini. Qui, sull’area degli antichi Horti Sallustiani sul Quirinale, figuravano diverse piante rare a testimonianza degli interessi per le scienze da parte dei Barberini.
Feste e spettacoli a palazzo
Palazzo Barberini fu teatro di straordinarie feste e spettacoli; il 28 febbraio 1656, alla chiusura del Carnevale, nel cortile della Cavallerizza si svolse la festa dei Caroselli in onore della Regina Cristina di Svezia. Per ricavare un’area più agevole per la giostra dei caroselli, e far spazio ai palchi e alle tribune, i Barberini fecero demolire alcune case confinanti; per l’occasione si spesero 7.000 scudi. Il biografo della Regina ricorda che la festa “ (…) per le comparse, e per le machine meritò l’applauso universale (…)” e aggiunge che “ a buon calcolo questa sola illuminatione costaua più d’un migliaro di scudi” e riferendosi ai cavalieri scrive che “ à ciascuno di loro costaua più di duecento scudi di penne” , ovvero i cimieri. (Gualdo Priorato, 1656).
Sempre in omaggio alla Regina fu recitata nel palazzo l’opera in musica “La Vita umana” con scenografie di alto livello, a cui seguirono balletti e concerti, nonché uno spettacolo di fuochi d’artificio.
Una cronaca anonima del tempo, probabilmente riferita alle prove per la festa, annota persino “cavalli vivi e veri, con uomini a cavallo in atto di giostra, camelli vivi e elefanti, bovi, cacce di tori sopra palchi e cose di gran meraviglia” (Daolmi, 2006).
Un dipinto di Filippo Lauri, oggi al Museo di Palazzo Braschi, raffigura l’evento.
I Barberini erano avvezzi a tali iniziative; nel 1634 per volere di Antonio Barberini si era tenuta in piazza Navona la Giostra del Saracino, altro grandioso spettacolo, in onore del principe Alessandro Carlo di Polonia. È conservato sempre a Palazzo Braschi il relativo dipinto di Andrea Sacchi e Filippo Gagliardi, nel quale è ripreso lo scenario della piazza nel momento in cui entra una nave con Bacco “ accompagnato dal Riso, da otto baccanti, da quattro satiri, quattro pastori e tre bombardieri. In terra, era seguitata la nave di sedici pescatori, vestiti di azzurro a squame d’argento, con torce in mano. Poco dopo, veniva il battello, di forma quadrata, alla marinaresca. Erano, in esso, dieci strumenti, sonati da ninfe e da pastori, sei marinai la conducevano con i remi e da un nocchiero si reggeva il timone” (Incisa della Rocchetta, 1959)
A partire dal 1628 nel palazzo Barberini iniziarono le rappresentazioni teatrali che si svolsero inizialmente nella Sala dei Marmi al piano nobile, attigua al salone affrescato dal Cortona. La prima messa in scena fu l’opera pastorale in musica il Marsia di Ottavio Tronsarelli e l’anno seguente la prima versione del Sant’Alessio; seguirono l’Erminia sul Giordano e Teodora.
Una descrizione del Sant’Alessio, nella versione del 1632, scritta dal libertino francese Jean Jacques Bouchard non lascia dubbi sulla magnificenza della rappresentazione: “(…) (…) tutto era tappezzato di raso rosso blu e giallo e una copertura dello stesso sovrastava tutta la sala (…)”. L’autore passa a descrivere le scene: la città di Roma con i palazzi; l’Inferno con i diavoli, la tomba di Sant’Alessio e la “gloria del Paradiso con Sant’Alessio e numerosi angeli. Le nuvole si aprirono ed apparve una visione così risplendente e luminosa che si poteva guardare appena”, e annota ancora “gli attori che impersonavano femmine, coristi o angeli così straordinariamente belli (…) (…) anche i costumi erano particolarmente sontuosi (…)” (Daolmi, 2006).
Più tardi le rappresentazioni verranno eseguite in un vero e proprio teatro che i Barberini fecero costruire all’esterno del palazzo, sul lato nord, dall’architetto Bartolomeo Braccioli e da Valerio Poggi già assistente del Bernini nella fabbrica del palazzo. La superficie di 600 mq aveva una capienza di 1000-1500 persone. Per l’inaugurazione del 1639 fu scelta l’opera “Chi soffre speri” con straordinarie scenografie del Bernini, così ricordate in un avviso del marzo di quell’anno: “con apparente propettive et intermedii meravigliosi e gustosissimi, con balli ninfe e pastori, mutazioni di tempi in grandine et in pioggia, et in particolare fu rappresentata una fiera col concorso di varie genti anche in carrozza et a cavallo (…), e prospettive (…) illuminate da un sole che col suo giro a poco a poco va a tuffarsi nel mare (…)”.(Daolmi, 2006).
Per diversi decenni, a sovrintendere l’attività del teatro Barberini fu Giulio Rospigliosi che era entrato a servizio di Antonio Barberini seniore, fratello del futuro Urbano VIII, al quale si deve l’intensa fioritura del maturo melodramma romano.
Alla fine del Seicento il teatro probabilmente era già stato riconvertito in granaio, funzione che avrà due secoli dopo; nel 1913 divenne una rimessa per macchine.
Bibliografia
Gualdo Priorato G., Historia della Sacra Real Maestà di Christina Alessandra Regina Di Svetia, in Roma 1656
Rosichino M., Dichiaratione delle pitture della sala de' signori Barberini, Roma 1640
Incisa della Rocchetta G., Notizie inedite su Andrea Sacchi, in “L’Arte”, 1924
Haskell F., Mecenati e Pittori, Firenze, Firenze 1985
Incisa della Rocchetta G., Tre quadri Barberini acquistati dal Museo di Roma, in “Bollettino dei musei comunali di Roma”, 1959
A.d’Avossa, Andrea Sacchi, Roma 1985
Lo Bianco A., Pietro da Cortona e la grande decorazione barocca, Art Dossier, 1992
Wittkower R., Arte e Architettura in Italia, 1600 -1750, Torino 1993
AAVV, Pietro da Cortona 1597-1669, Catalogo Mostra, Roma 1997
Carpaneto G., I Palazzi di Roma,Roma, 1998
Daolmi D., La drammaturgia al servizio dell'opera. Le "volubili scene" dell'opera barberiniana, in "Il Saggiatore musicale", XIII/1, 2006.
Scheda curata da Loredana Braconi
1931
Marcello Piacentini
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Piano Regolatore del 1931
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Progetto dell'architetto Brasini per Piazza Colonna
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Dante Paolocci
Ricevimento dell’ambasciatore spagnuolo
L'Illustrazione Italiana 1892
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Piante di Palazzo Barberini
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Scalone di Palazzo Barberini
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Palais, maisons et autres édifices modernés, dessinés à Rome
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Plan du palais Barberin
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Portico che fa finestra al terzo piano della facciata del Palazzo Barberino
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Finestra del piano nobile della facciata del Palazzo Barberino
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Alessandro Specchi
Finestra del terzo piano della facciata del Palazzo Barberino
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Alessandro Specchi
Finestra verso il giardino del Palazzo Barberino
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Palazzo Barberino dell' Ecc. Sig. Prencipe di Pellestrina Nel Monte Quirinale
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Nuovo Teatro delle Fabbriche et Edificii sotto Papa Innocenzo XII
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Le fontane di Roma nelle piazze, e luoghi publici della città
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Nuovo Teatro delle Fabbriche et Edificii sotto Papa Innocenzo XII
1690
Alessandro Specchi
Palazzo Barberini
Nuovo Teatro delle Fabbriche et Edificii sotto Papa Innocenzo XII
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Tiburzio Vergelli
Fontana del Sig. Prencipe di Palestrina
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Tiburzio Vergelli
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Palazzo De Gli Eccmi. Sigri. Barberini
Palazzi di Roma de Piv Celebri Architetti
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Pietro Ferrerio
Pianta del' Palazz del'gli'Eccmi. Sigri. Barberini
Palazzi di Roma de Piv Celebri Architetti
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anonimo
Palazzo delli Signori Barberini
Ritratto di Roma moderna
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Ettore Roesler Franz
Vicolo San Nicola da Tolentino