Data: 1850 / 1858
Codice identificativo monumento: 3910
Nel terreno appartenente ai fratelli Moroni, sito fra il bivio della Portuense e della Campana, e la polveriera di Monte Verde, in contrada « Pozzo Pantaleo » si viene discoprendo una vasta latomia di tufa, degli ultimi tempi della repubblica o dei primi tempi dell'impero.
Lo strato A B, della potenza media di 8 metri, è composto di un tufo color bigio cinereo, durissimo, di tessitura simile a quella del puddingo. Lo strato più basso B C, è composto di tufo rosso-lionato, men duro dell'altro, e venato in modo, che non può tagliarsi a grandi blocchi. E siccome la cava antica era stata aperta, per tagliare blocchi alti due piedi (0,59) e lunghi dai 3 ai 5 piedi, conforme dimostrano i « testimoni » CCC lasciati in opera, è facile spiegare perchè gli antichi si sieno arrestati precisamente sul piano di divisione, fra il banco bigio ed il banco lionato.
Quest'ultimo è quello che stanno ora scavando i fratelli Moroni, per via di cunicoli e gallerie. Il sistema adottato da costoro, rende impossibile di studiare i particolari e di togliere la pianta della lapicidina romana. Sembra certo nondimeno, che i lavori di taglio ed estrazione dei blocchi, debbono aver proceduto sul sistema delle lapicidine antichissime di vigna Querini, ossia a cielo aperto, ed a gallerie parallele divise da pareti di roccia, che dovevan fungere da « testimoni ».
Aggiungo altre poche osservazioni. Il terrapieno che ricopre la latomia, ossia l'attuale strato A B, è composto di rifiuti di antiche cave circonvicine, ossia di scaglie prodotte dalla squadratura dei massi. Vi appariscono qua e là sepolture del secolo IV o V, coperte alla cappuccina (E E). In secondo luogo, il piano B della cava è livellato in modo, da non dar luogo a ristagni di acque.
Le piovane eran condotte verso il fosso di pozzo Pantaleo, per mezzo dei cunicoli D D scavati nel banco sottostante. In terzo luogo, tutto il territorio vicino è pieno di sepoleri, e specialmente di colombai. Io non saprei decidere se le cave abbiano preceduti i sepolcri, o i sepoleri le cave, ovvero se gli uni e le altre debbano credersi contemporanei.
Sull'orlo della cava Moroni apparisce l'angolo di un colombaio, dei tempi sillani o augustei, di bella opera reticolata, con gli spigoli di quadrelli di tufa. Il sito è vergine, e meriterebbe diligente ricerca. Frugando a pie della parete reticolata, nella viuzza che divide il colombaio da altra parete a cortina, la persona che mi accompagnava ed io abbiamo tratto in luce una stele assai elegante, di marmo greco, alta m. 0,58, larga m. 0,30, grossa m. 0,10. Ha timpano ed antefisse, col consueto rilievo dei due uccellini che beccano il grappolo, e nascimenti di fave. La iscrizione, chiusa da cornice, legge:
D M NVMISIAE TROPHIME VIXIT ANNIS IIII DIEBVS IIII HOR VI FECIT NVMISIA XANTHE FILIAE CARISSIMAE
Durante lavori di sterro per la realizzazione di alcuni box auto nell'area tra le vie Riccardo Bianchi, Ettore Paladini, viale di Vigna Pia e via Portuense, venne alla luce una nuova porzione dell'enorme Necropoli Portuense.
la Necropoli di Vigna Pia risulta articolata in tre sezioni: il Sepolcro di famiglia, l’area del Colombario e un’area con murature oggi ricoperta. Il Sepolcro di famiglia è dedicato da Atilius Abascantus alla defunta moglie Atilia, citata in epigrafe e raffigurata a mezzo busto nel mosaico a tessere bianche e nere. Proprio la scoperta del sepolcro dedicato a questa donna porta gli archeologi a nominare l’intera area, oltre che Necropoli di Vigna Pia, anche Necropoli di Atilia. L’area del Colombario presenta mosaici a tessere bianche e nere, con figure ad elemento vegetale o geometrico oppure simbolico (come il nodo di Salomone).