Data: 1915 / 1921
Codice identificativo monumento: 4080
I finanzieri liguri Cerruti e Becchi, costituiscono la Società Anonima Edilizia Moderna, con sede in piazza Pietra. Viene acquistato un terreno di 31.000 metri quadrati nella nuova zona di espanzione del Quartiere Savoia, con l'intento di costruirvi nuovi edifici e abitazione di prestigio. Architetto di riferimento del progetto è Gino Coppedè.
L'architetto Gino Coppedè depositano la prima formale richiesta di concessione edilizia per il progetto del nuovo quartiere Doria. Per conto dell'Impresa Società Anonima Cooperativa Edilizia Moderna, ha progettato una serie di 17 villini e 26 palazzine, con epicentro la futura Piazza Mincio.
La commissione edilizia richiede all'architetto Coppedè di rivedere il suo progetto per il nuovo quartiere Doria, dando un'impronta più romana.
A conlusione dei lavori ai Palazzi di Piazza Mincio, viene attivata la fontana al centro della piazza.
L'architetto Gino Coppedè, in questo grandioso e ultimo progetto ha voluto rappresentare una basilica laica, votata ai precetti dell'architettura. Se vediamo dall'alto le strade e gli edifici attorno a piazza Mincio, intravediamo una precisa pianta a croce latina.
L'ingresso privilegiato al complesso si trova presso il Palazzo degli Ambasciatori, sul lato di via Tagliamento. L' edificio è in realtà composto da due strutture edilizie, separate da via Dora ma collegate tra loro dal grandioso arco.
Entriamo quindi in una navata all'aperto, che prosegue fino al centro di una crociera, dove troviamo la fontana delle Rane (altare), il Palazzo delle Colonne (transetto sinistro), il Villino delle Fate (abside), il Palazzo del Ragno (transetto destro).
Conclude il percoro di visita, la scritta posta su un prospetto, vero e proprio testamento spirituale dell'architetto toscano: MAIORUM EXEMPLA OSTENDO ARTIS PRAECEPTA RECENTIS.
I vari simboli nascosti nelle decorazioni, dimostrano che Coppedè non ha voluto semplicemente ricopiato gli stili e le tradizioni dei suoi illustri precedessori, ne tantomeno ha voluto fare un seplice rappresentazione delle armonie architettoniche classiche.
Una costante contrapposizione tra gli elementi (finito e non finito, natura e ragione, luce e buio, maschile e femminile, acqua e fuoco) rafforza l'idea di esser di fronte ad una grandiosa allegoria dell'opera alchemica, dove, plasmando la natura e la materia, siamo indirizzati in un percorso iniziatico, con cui possiamo raggiungere la nuova sapienza.
La fronte principale è un prospetto torrito (simile ad una cattedrale gotica o romanica, sormontata da due campanili), che inquadra un arco (portale d'ingresso).
La scelta di non rispettare simmetrie tra i due corpi (in contrasto con la tradizione se pensiamo ad alcune porte delle mura aureliane o altane delle Ville suburbane) ci impongono una riflettere sulla loro pianta, una è quadrata e l'altra ottogonale.
Torre quadrata
Il quadrato è la quarta delle figure geometriche fondamentali. Simboleggia la Terra in opposizione al Cielo, l'elemento terrestre, inteso come Creato, come manifestazione del divino, l'Universo Creato in opposizione al Non-Creato e al Creatore. La torre di destra ha dei prospetti decorati su due lati da 6 figure allegoriche, che ricordano carte dei tarocchi. Qui il gioco dei contrasti e degli opposti è evidente.
Un uomo che ha cacciato una lepre, con alla base un aratro: colui che ha vinto le passioni, lo stato animale e che si appresta a edificare. L'aratro infatti veniva usato per la semina ma anche nelle cerimonie sacre per la fondazione delle città.
Una donna alata che danza con sei piccole farfalle: colui che inizia il percorso iniziatico, cammino di metamorfosi come per il bruco e la farfalla.
Un uomo con falcetto, un gallo e un incensiere: colui che viene risvegliato, può raccoglire i frutti della terra, i doni spirituali.
Una donna con un incensiere e una civetta: colui che ha raggiunto la Sapienza, che come una civetta vede nell'oscurità.
Le ultime due figure sono un uomo con un braciere e una donna con quattro otri d'acqua. Forse una semplice rappresentazione dell'Acqua e del Fuoco, servizi che per la prima volta sono presenti nelle case realizzate nel Palazzo.
Alla base della torre troviamo una Madonella molto originale. L'opera si distacca notevolmente dalla tradizionale iconografia cristiana. Il bambino sembra quasi animarsi per abbracciare il passante, un invito a non avere timore, nell'entrare attraverso l'arco-grotta di Via Dora.
Torre ottogonale
Il numero 8 è universalmente il numero dell'equilibrio cosmico ed è il numero delle direzioni cardinali unite alle direzioni intermedie. L'Ottagono è simbolo della resurrezione, evocazine della vita eterna che si raggiunge con il battesimo.
Sulla torre di sinistra svetta in alto una rappresentazione di una prua di una nave (in quegli anni il Coppedè lavorava anche alla realizzazione delle decorazioni di grandi piroscafi). La polena è rappresentata da una donna con due palme, metafora della partenza con le palme (simbolo tradizinale del martirio) che ricordano i sacrifici da superare per raggiungere una nuova meta.
In basso 9 api posizionate a formare un alveare esagonale. Un richiamo alle numerose decorazioni presenti a Roma a seguito delle committenze di papa urbano VIII e della famiglia Barberini. Ma sono 9, come i primi Templari. Secondo la leggenda, accampati sulle rovine del Tempio di Gerusalemme, riuscirono a carpire i segreti dell'Arca dell'alleanza, il contenitore delle leggi divine dell'universo, i numeri aurei con cui furono edificate le architetture gotiche e rinascimentali.
Sono insetti che simboleggiano l'operosità e la collaborazione, allegoria dell'oro alchemico perchè capaci di plasmare il polline (la natura grezza) e trasformarlo in miele. Interessante notare che il motto dei Rosacroce (setta erede dei templari) era: "la rosa dà il miele alle api".
Alla base è presente una fontana, decorata con delle sfere simili allo stemma mediceo posto al centro della facciata sopra l'arco. Qui sono però 5 (una nascosta nella vasca), il numero legato al microcosmo (l'uomo), in contrapposizione alle 6 dello stemma (sulla facciata sopra l'arco), il numero del macrocosmo (dio, demiurgo). Una vasca che rappresenta quindi una fonte battesimale.
Facciata principale
Giunti all'arco, lo sguardo è attratto al centro da una sequenza verticale di elementi, che ci indirizzano sul percorso da scegliere e rammentano che per raggiungere la luce bisogna affrontare le tenebre.
Il alto, ben illuminati, ci sono tre dipinti. Quello centrale mostra un personaggio in sella a cavallo bianco e che sostiene con la mano sinistra un globo sormontato da una figura alata. Di maggior interesse è la scritta posta alla base, che riporta un verso dal XIII canto del Purgatorio si Dante: ESSER DEN SEMPRE LI TUOI RAGGI DUCI (i tuoi raggi ci deve esser sempre da guida). Una composizione che può essere interpretata come rappresentazione del demiurgo, artefice supremo da cui prendere ispirazione. Essendo il XIII canto dedicato all'invidia, non possiamo non ricordare che Coppedè venne criticato dagli architetti romani, più propensi ad essere accondiscendi con le direttive stilistiche razionali, che il regime prediligeva negli anni in cui si completava la fabbrica.
Al centro svetta uno stemma Mediceo, che oltre a ricordare il legame di Gino Coppedè con la città natale, si lega al simbolismo della vasca precedentemente descritta alla base della torre ottogonale. Il concetto che il neofita, attraverso il battesimo nella vasca, si immerge nel mistero della morte e resurrezione, è rafforzato dal fatto che aggrappato allo stemma (in basso) è presente una piccola figura, un agnello sacrificale.
In basso, prima dell'ombra formata dall'arco, compare un mascherono. Il viso ricorda le rappresentazioni del giudizi universali (scolpite sulle facciate delle cattedrali) al cui centro campeggia il Cristo, che imperturbabile divide beati e dannati. Qui abbiamo però una figura laica, un guerriero con elmo che rammenta come attraverso la guerra alle passioni, l'uomo domina istinti della natura, raggiungendo così la serenità necessaria per proseguire il percorso spirituale.
Due figure supportano il guerriero, sorreggendo l'elmo. Se nella tradizione paleocristiana il Cristo è sempre affiancato da San Pietro e San Paolo, in questa prospettiva laica (sopratutto per le diverse proporsioni delle tre figure) intravediamo un richiamo a Cautes e Cautopates, che nel culto mitraico assistono Mitra nella sua ascesa celeste.
Ulteriore riferimento all'arco come porta d'ingresso, sono la serie di leoni, animali che affiancano anche i portali delle basiliche medievali.
Le piante delle torri sono collegate anche al grandioso lampadario al centro dell'arco, di forma circolare. La quadratura del cerchio forma infatti un ottagono.
Arco d'ingresso
Entrando nel portale, il passaggio dalla luce all'ombra è rafforzato dal gioco decorativo del finito non finito, grezzo e plasmato, visibile nelle colonne ai lati delle pareti. Una tecnica spesso usata dagli architetti rinascimentali, ispirandosi alle rovine imperiali (Porta Maggiore, Tempio di Claudio). Nella prima colonna a sinistra, troviamo una ironica firma dell'autore, in cui ci lascia libertà di interpretazione. ARCH GINO COPPEDE, in cui Arc sta ad Architetto, Archeologo o Archetipo.
Al centro il bellissimo lampadario, oggetto che stravolge la prospettiva e che ci illudendo di essere entrati in un ambiente interno. E' adornato da 7 cavalucci marini, un animale simbolo dei contrasti (essendo l'unico essere maschile capace di partorire). Secondo la mitologia greca è il veicolo con cui il dio Poseidono supera i flutti degli abissi, rappresentati dalle decorasione alle basi delle colonne laterali.
Entriamo ora su Via Dora (dedicata al fiume piemontese Dora Riparia) il cui toponimo è similare al termine aureo, "d'oro" (obiettivo finale di ogni opera alchemica). Non di certo una casualità considerando che la strada è l'unica nell'intero Quartiere ad avere un orientamento Ovest-Est, come suggerito da Vitruvio per la realizzazione dei Templi dedicati agli dei pagani, ma anche come successivamente riproposto nelle grandi cattedrali gotiche del medioevo.
Ai lati i due prospetti sono riccamente decorati (proprio come una navata di una basilica, o una mostra di antichita che ricorda Palazzo Mattei di Giove o Villa Medici), con un variegato uso di tipologie di finestre.
Notiamo tra le decorazioni 3 teste di Medusa. Ulteriore invito a non farsi pietrificare (come succedeva nel mito guardando la gorgone negli occhi), a non restare a attaccati alle pietre. In alto è presente infatto la scritta DOMUS PACIS.
Arrivati a piazza Mincio, i prospetti mostrano delle Chiocciole, un invito a rallentare e meditare nel cuore dell'intero complesso simbolico architettonico.
Il palazzo degli ambasciatori è costituito a livello planimetrico da tre edifici. Gli appartamenti sono distribuiti su 5 piani, più il piano terra e un semi interrato. Cinque corpi scala dotati di ascensori si affacciano su chiostrine.