Codice identificativo monumento: 4139
Bolla papale di Sergio II, dove si destina al Monastero benedettino di S. Silvestro in Capite tutti i territori fuori dalla Porta Flaminia fino a Ponte Mollo, conferendo ai monaci i diritti di pedaggio ad essi connessi e dà notizia di un cenobio da loro realizzato sul Monte S. Valentino.
Antonio Bosio acquista dall'orefice Quintilio Bartolozzi da Monte, una villa sulla Flaminia, presso il Monte di San Valentino, per destinarla a museo di antichità cristiane.
I Conti di Poli acquistano la Vigna sul Monte Cacciarello.
Menzione del Casale sul Saxum Mollaricum: “per quella strada si va all’Acqua Acetosa […] la vicina Torre sul Fiume si chiama di S. Giuliano; una specie, o residuo di Castello, che domina sopra l'Acqua Acetosa e appartiene a i Signori Boncompagni”. Lo sperone roccioso si elevava in adiacenza al versante settentrionale del colle principale e, con il suo profilo caratteristico, dominava la campagna di quell’ansa del fiume che, scrive Eschinardi, “si stima anticamente fosse un porto sul Tevere”.
La famiglia Vecchiarelli acquista la Vigna sul Monte Cacciarello.
Giuseppe e Luca Sardi, acquistano la Vigna sul Monte Cacciarello.
Giuseppe Rossi Vaccari, banchiere di origine bolognese, acquista dal dottor Natale del Pino la vigna sul Monte Cacciarello.
Vincenzo Glori acquista la Vigna sul Monte Cacciarello.
Un drappello di settantasei volontari guidati Enrico Cairoli, si muove per portare aiuti alla giunta rivoluzionaria romana. A Vigna Glori si consuma uno scontro con i Gendarmi Pontifici. I volontari vengono sopraffatti. Enrico cadde colpito a morte, il fratello Giovanni viene ferito gravemente, ma riusce a raggiungere la casa del vignaiolo, dove, insieme con altri compagni, può ricevere le prime cure. Gli assalitori sono costretti a retrocedere, spaventati dall'audacia dei volontari e convinti che fossero solo l'avanguardia di un corpo di spedizione più nutrito. Quando tornano, il giorno dopo, in forze, trovarono solo i feriti e quei pochi che erano rimasti con loro.
Il Circolo Maurizio Quadrio, in concomitanza con l'anniversario della battaglia di Vigna Glori, organizza una celebrazione sul Monte Cacciarello, luogo degli scontri.
Per la realizzazione di “una grande passeggiata che dalla via Flaminia volgendo a destra per le praterie di Acquacetosa deve stendersi fino alla via Salaria”, viene pubblicato dal Comune un elenco degli stabili da occuparsi pei lavori della Passeggiata. Tra i tanti terreni, vi si identifica “un fondo rustico di proprietà di Teresa Glori (figlia di Vincenzo Glori) e della Ditta Fratelli Albertini” (coproprietari con i Glori e gestori delle Cave di San Giuliano) per il quale è prevista un'indennità di 116.760 lire. Nel fondo sono rilevati quattro distinti fabbricati (tra cui i due principali che insistono nel perimetro dell'attuale Parco): Il casino padronale, considerato nelle perizie “abitazione civile”, di cinque piani, con al piano terreno “legnara e stalla” e alcuni “locali annessi di magazzino per le olive e granaro”; una “casa colonica” su due piani, “con due tinelli, stalla per cavalli e buoi, gallinaro” al piano terra e cinque camere al piano superiore; due piccoli fabbricati che si trovavano “nell’appezzamento presso le sorgenti di Acquacetosa”, nella parte pianeggiante della proprietà, provvisti di stalla con fienile soprastante e, al piano superiore, alcune piccoli vani di abitazione per lavoratori e braccianti stagionali. La proprietà Glori, rifiuta l'indennità e ingaggia una battaglia legale che si protrae per un decennio, con ricorsi e sentenze in diversi gradi di giudizio per arrivare a stabilire un importo che non apparirà congruo a nessuna delle parti. I problemi riguardano la determinazione della effettiva redditività delle “attività estrattive di pietra da taglio dalle concrezioni calcaree”, non riuscendo a definire né la misura della produzione in corso (si parla perfino di “buon travertino”, mentre il sottosuolo risulta costituito principalmente da “strati di pietra e arena”, da cui si può ricavare invece materiali di poco pregio come pietrisco calcareo e sabbia) né della vastità dei giacimenti esistenti (da cui dipende l'aspettativa di durata della miniera). Le numerose perizie (d'ufficio e di parte) concorderanno solo nel fissare la superficie totale del possedimento a 271.451,47 metri quadri, suddividendoli secondo l'orografia variabile tra la parte collinare (definita montuosa, pari a 209.949,86 mq) e quella piana (che misura 61.501,47 mq) e corrisponde alla zona compresa tra la pendice orientale del colle, via di Acquacetosa e la via del Tiro delle Barche, lungo il Tevere. Questi due tracciati, insieme al vicolo della Rondinella (nel tratto dell’attuale via Venezuela), segnano i limiti del fondo che a sud-ovest del colle confina anche con le proprietà Aldobrandini.
Teresa Glori, si affidava al parere di due eminenti ingegneri, Pio Piacentini e Augusto Innocenti, per realizzare una perizia sul valore dei suoi terreni sul Monte Cacciarello, oggetti di una richiesta di esproprio da parte del Comune. La perizia considera il terreno come “fabbricativo” e stabilisce un prezzo complessivo di 1.350.750 Lire, somma che ascende a 1.800.750 se vi viene incluso il sottosuolo, sfruttato dalla cava della ditta Albertini.
Un Decreto prefettizio sancisce l'esproprio autorizzando l'occupazione della proprietà Glori al Monte Cacciarello, da parte del Comune: sono elencate tutte le particelle catastali che la identificano nella Mappa 153 del Suburbio di Roma e fissa a 309.386,06 lire il corrispettivo da erogare. La cifra, “elevata con criteri arbitrari” (come scriveranno in seguito i periti nominati dal Tribunale, gli ingegneri Iannetti, Guidi e Stefanucci-Ala), non soddisfa nessuno e viene fatto ricorso sia dal Comune che dalla proprietà.
Dopo una lunga vertenza giudiziaria tra il Comune e la proprietaria Teresa Glori, si conclude l'esproprio dei terreni di Vigna presso il Monte Cacciarello. In vista della realizzazione del monumento commemorativo dedicato ai patrioti caduti nel 1867, viene tracciato un percorso che, seguendo la mezzacosta della collina, raggiungeva uno spiazzo dove è il mandorlo sotto il quale morì Enrico Cairoli. Il resto dell'altura non viene comunque ancora sistemata a giardino ma affittata ad uso agricolo. Il casale viene concesso in uso alla marchesa Bianca Laureati, che vi istituisce una colonia agricola per bambini poveri e denutriti.
Il Consiglio comunale, per la necessità di provvedere i massi occorrenti per la “scogliera di imbasamento dell'argine ripuario presso l'Albero Bello”, accetta una concessione a trattativa privata, per il taglio parziale della rupe detta i Sassi di San Giuliano.
Il Ministero della pubblica istruzione, si opponende invano, al taglio parziale della rupe detta i Sassi di San Giuliano. La rupe è “contornata da elci secolari ha grandissima importanza storica, archeologica e geologica ed ha formato la delizia dei paesisti dal Rinascimento in poi” inoltre essa “conserva antichi sepolcri del tipo dei così detti colombari, di singolare importanza, già ricchissimi per la suppellettile che contenevano, ed ancora notevoli per la tecnica e le pitture decorative […] essi fiancheggiavano antiche strade oggi ancora riconoscibili; ed in quel luogo si nota […] l’antico taglio per la strada di alaggio della sponda sinistra del fiume, esempio rimasto unico ormai per la scomparsa di altri campioni”. .
Il generale Menotti Garibaldi, presidente della Società dei Reduci delle Patrie Battaglie, invia una proposta al Sindaco di Roma Emanuele Ruspoli, per realizzare un monumento in memoria dei garibaldini caduti durante gli scontri del 1867 a Vigna Glori, da collocarsi “a dodici metri verso levante dal mandorlo ove esalò lo spirito” Enrico Cairoli".
Il sindaco di Roma Emanuele Ruspoli, risponde al generale Menotti Garibaldi, presidente della Società dei Reduci delle Patrie Battaglie, approvando la sua proposta di realizzazione un monumento ai Caduti garibaldini presso di Vigna Glori. Il ministero dell'istruzione contribuisce all’opera donando un'antica colonna di marmo rosso di Pietrasanta recuperata dal Tevere nel 1871 e il Comune di Roma concorre con un grande blocco di travertino, preso dall'Orto botanico, che viene suddiviso in 140 parti per rivestire l’imbasamento realizzato con muro di laterizi provenienti dagli avanzi di antiche e demolite costruzioni rurali di pertinenza della tenuta.
Capitolato particolare d'appalto dell'Ufficio Tecnico Comunale, relativo alle realizzazione di sentieri stradali da eseguirsi nel parco di Villa Glori. L'impianto progettato, mantiene i percorsi preesistenti, e riguarda un sentiero rettilineo che dall'ingresso su via della Rondinella conduce al piazzale del casale, e un vicolo serpeggiante che si snoda lungo il versante occidentale della rupe.
Il Comune delibera di trasformare Villa Glori nel Parco della Rimembranza di Roma. Il progetto viene affidato a Raffaele de Vico, architetto del Servizio Giardini, che opera in soli otto mesi, articolando il parco in un giardino mediterraneo con zone distinte attraverso un uso diverso del verde e realizza un nuovo sistema di assi viari che privilegia un piazzale centrale, posto in posizione panoramica, sopra la cisterna dell'Ippodromo. A copertura del serbatoio, viene realizzata una pavimentazione in legno, sulla quale viene allestita un'ara, anch'essa lignea. Viene conservato l'uliveto che occupava il versante sud-ovest. Nel primo e il secondo tratto dell'antico rettifilo in salita (rinominato via dei Settanta e via del Mandorlo) sono piantati 70 cipressi in filari, in memoria dei 70 caduti garibaldini del 1867. Negli spazi delineati dalla trama dei viali, sono posti dei pini della memoria, fiancheggiati da filari di Quercus Ilex. L'area antistante il casale è sistemata con un bosco spontaneo di Fraxinus ornus, Carpinus betulus, Aesculum Hippocastanum, Quercus robur e Celtus australis. La regia del pellegrinaggio commemorativo è invece assegnata al viale trasversale est-ovest, che si snoda attraverso le pinete. Il percorso parte dal roccolo (architettura vegetale usata per l'uccellagione, qui inserito con valenza simbolica), quindi raggiunge il piazzale della colonna (fulcro dell'intera composizione, dove vengono piantate le 12 querce dedicate alle medaglie d'oro), e dopo aver scavallato il viale del Mandorlo raggiunge l'altare dei caduti (preceduto da due esedre inserite per offrire due punti di sosta prossimi alla meta finale).
Il segretario generale del Governatorato, accogliendo le lamentele apparse in un articolo della Tribuna, chiede agli uffici competenti di intervenire per impedire che il fabbricato in costruzione nell’angolo Nord della testata sinistra del Ponte Risorgimento occulti la visione del “Pettine di Villa Glori”. La “roccia cadente sulla via Flaminia” viene descritta come “uno dei più suggestivi sfondi estetici della città”. Viene proposto di conservare l'area giardino, ma viene invece venduta per area fabbricabile senza vincoli di difesa panoramica. .
A Villa Glori viene inaugurato un Sanatorio antitubercolare intitolato a Ettore Marchiafava. Una colonia estiva "per i bambini poveri più fragili a causa della denutrizione, o affetti da disturbi della respirazione e predisposti all'infezione polmonare, perché trovassero la migliore assistenza igienica, medica, educativa, beneficiando dell'aria libera e del sole e ricevendo le cure preventive, le terapie necessarie, il vitto sano insieme all’istruzione di base. . La struttura consiste in alcuni padiglioni prefabbricati in legno Docker già utilizzati per strutture scolastiche e sanitarie istituite a Roma.
Il Comune di Roma avvia lavori presso il Parco di Villa Glori per installarvi un campeggio in vista del giubileo. Restauri del casale storico e dei tre padiglioni lignei dell'ex Sanatorio antitubercolare. L'area delle antiche stalle viene ampliata per ospitare le cucine. Viene realizzato un ampio edificio limitrofo in cemento armato.
Per fronteggiare l'eccezionale affluenza dei forestieri per l'Anno Santo, il T.C.I. allestisce un campeggio sotto i pini e i lecci del Parco di Villa Glori.
Le nuove strutture della colonia elioterapica di Villa Glori vengono consegnate alla Ripartizione VIII (Ufficio d'Igiene), da cui dipendeva la gestione del Sanatorio.
Per ospitare i numerosi turisti in arrivo per le Olimpiadi, si decide di trasferire il Camping di Villa Glori presso il Monte Antenne. L'area della Pineta attorno al Forte, viene quindi ceduto dal demanio al Comune di Roma.
Il casale e gli edifici annessi di Villa Glori, vengono concessi alla Caritas Diocesana per l'istituzione di una casa famiglia dedicata ai malati di AIDS.