Codice identificativo monumento: 4493
L'archeologo Gavin Hamilton avvia una campagna di scavi a ostia antica.
Il pittore irlandese Robert Fagan avvia una campagnia di scavi nella zoona del cosidetto palazzo imperiale di ostia antica, riportando alla luce un mitreo.
Il cardinale Bartolomeo Pacca avvia nuove campagne di scavo ostiensi, affidando la direzione a Pietro Campana.
Viene ospitato nel Castello di Giulio II a Ostia, il primo Antiquarium degli scavi ostiensi.
I lavori per l'apertura della strada comunale fra Ostia e Fiumicino, sono stati condotti a termine soltanto nel tratto lungo 3090 m., che congiunge il Castello di Sangallo con la Torre Bovacciana, tratto che segue presso a poco l'andamento delle mura mediterranee dell'antica città.
Nel corso dei lavori sono avvenute scoperte degne di considerazione, tanto nella zona espropriata dal Municipio Romano, quanto nei terreni appartenenti al sig. principe Aldobrandini, ed al sig. Cartoni, nei quali terreni sono state aperte delle casse di prestito per i terrapieni della nuova strada. I monumenti scoperti, nella zona espropriata dal Municipio, sono:
a) fronte di sarcofago marmoreo, con cartello ansato retto da Genietti alati: D M L A VRELI L F PAL FORT VN ATI ANI FILI DVLCISSIMI PR PR SACR VOLKA VIX AN IIII ME VII D XVII
b) lastrone traforato da archetti centinati: VALENTI HAVE, PVLVERI HAVE
c) Lastrina di marmo: AGRIAE EROTIDI ET SIBI C AGRIVS ERO
d) Lastrina di marmo: D M C AGRIVS SVC CESSVS SENIRO VIVVS SIBI FECIT
e) Lastrina di marmo: D M AGRIAE SEVERAE C AGRIVS SVCCESSVs FECIT ETICNE MINELICEAT PONINESIDE MEIS
f) Frammento di lastra: MARCELLI RAFLISSASV GNA ACCLLIN...
g) Frammento c. s.: ...IAE HELPII... DIVS SABII... | ERANVS... | ...STAE ET CONI... | ...BENEMERENTI...
h) Frammento di lastrone di marmo scorniciato: M COR... | ...HO LIB ET CO... | CORNELIO PRIM... | O LIB | POSTERISQV | XXV INAGR
i) Frammentino c. s.: ..:SELPIDIO... MAXIMINA ERIOPRESIDI TRENTILIBERTI ISQVEEO
Seguono i monumenti trovati in terreno Aldobrandini.
a) Cippo di marmo, vagamente intagliato, alto met. 0,01: DlS MANIBVS A LIVI MODESTI LIVIATROPHIME CONTBERNALI SV0 BENEMERENTI ET LIVIAE TROPHIMENI
Finalmente nell'area Cartoni, sono stati trovati due titoli sepolcrali. Il primo è stato trasportato in Roma, prima di essere trascritto. Il secondo, inciso in travertino è del seguente tenore: L CAECILIVS L L L ZABDA | CAECILIA L L L AMIIA | L CAECILIVS L C L PINDARVS | CAECILIA L C L SALVIA | L CAECILIVS L VICTOR | L CAECILIVS C L MACHIO | CAECILIA L C L AVGE ! CAECILIA L C L LVSARlO | L CAECILIVS C L HELENVS | L CAECILIVS C L ISIO I NF P XX IN AGR P XXV
Tutti i descritti titoli provengono da sepolcri scoperti sui margini della via Severiana, e fuori della cosidetta porta Marina. Tali sepolcri in parte sono conservati, in parte gli ho fatti richiudere, per meglio garantirne i dipinti.
Rodolfo Lanciani.
Proseguono gli scavi che si vanno continuando modestamente nelle rovine di Ostia, non sono che la continuazione di quelli già intrapresi nel 1878, destinati a scoprire la parte della città che circonda il Foro ed il tempio di Vulcano.
I fabbricati scoperti sono bellissimi, tanto per la conservazione quanto per la disposizione architettonica; ma sembrano essere stati spogliati dei loro ornamenti, prima che ne incominciasse la rovina.
Infatti, benché quel terreno sia vergine da qualunque anteriore ricerca, pure non ha restituito fino ad ora altro oggetto di valore artistico o scientifico, all'infuori di un cammeo. Questa povertà del resto può spiegarsi, ricordando l'antica destinazione del gruppo di fabbricati vicini al tempio di Vulcano, consacrati esclusivamente ad uso di horrea.
La regione ha servito inoltre come luogo di scarico, per le terre degli scavi anteriori, di modo che l'avanzamento della scoperta è reso assai piìi lento e faticoso. Sono state ritrovate molte centinaia di mattoni, impressi col sigillo rotondo: M • D • P • F • L • SER ed altri, in minor numero, delle fornaci di C. Aufidienio Fortunato, e di L. Memraio Rufo. Abbondano pure le lucerne col sigillo graffito: DIA I DVM I INI
Negli ultimi giorni del mese, è stata scoperta la quarta parte del portico che circondava il tempie di Vulcano, verso oriente. Gli scalini e le colonne mancano completamente: è però assai bene conservato il pavimento, formato di grandi lastroni di marmo.
Rodolfo Lanciani.
Sono avvenute altre scoperte nel teatro ostiense, le quali in parte danno maggior luce, e più sicura conferma alle cose già dette: in parte rivelano fatti e date nuove, non del tutto conformi alle supposizioni già emesse.
In primo luogo il teatro mostra di essere stato ricostruito, e rifatto due volte dopo la sua prima edificazione. Questa prima edificazione è stata attribuita dai descrittori delle cose ostiensi ad Adriano : mentre tutto induce a credere, che il teatro esistesse un secolo e mezzo prima. Si distinguono in esso tre maniere di costruzione : la prima di opera laterizia perfettissima, con qualche traccia di reticolato ('): la seconda di opera laterizia dei tempi severiani: la terza di ogni maniera di materiali infarciti alla rinfusa, come avviene di riscontrare nelle fabbriche dell'ultima decadenza.
Con la cronologia architettonica ben s'accorda la cronologia delle iscrizioni, le quali ci consigliano ad attribuire lo stabilimento del teatro ai tempi di Agrippa: il primo risarcimento ai tempi di Settimio Severo e di Caracalla : l'ultimo ai tempi incirca onoriani.
Della primitiva costruzione rimangono tracce nella scena , nel corridoio che divide la scena dall'orchestra e dai sedili, e nel portico che circonda l'emiciclo dalla parte esterna. La scena è costituita da un muraglione robustissimo di cubi di tufa. largo met. 1,48. simile a quelli delle fabbriche urbane augustee. Le pareti del corl'idoio sono fasciate di cortina arruotata così perfetta, che può solo paragonarsi alle nostre cortine del Pantheon e degli archi nerouiani. Il portico che circonda l'emiciclo dalla parte esteriore è, o meglio era, di pilastri ed archi a bugna di tufa. I pilastri misurano met. 1.25 X 1,45, e sono intonacati con istucco grosso circa 10 centimetri. Ed ecco venir fuori dalle costruzioni della scena stessa due brani d'iscrizione, incisa a lettere bellissime, alte mill. 148, racchiusa da doppia cornice, ed insignita del nome di Agrippa.
E come, nell'epistilio del Pantheon, alla iscrizione di Agrippa fa seguito quella di Settimio Severo e di Caracalla, così sulla scena del teatro ostiense abbiamo ritrovato alcune centinaia di frammenti di una grande iscrizione a lettere di bronzo, alte mill. 146, recante il nome di quegli augusti.
L'iscrizione è incisa su lastroni di marmo, di diversa grossezza. Le tre ultime linee, che sono le sole ricomposte fino ad ora, sono incise su due lastre, maggiore l'una, minore l'altra, grosse mill. 55. lunghe assieme met. 3.20, alte met. 0.70.
Le due lastre che contenevano il principio della iscrizione, sono molto più sottili (mill. 34), cosicché i perni delle lettere di metallo le traforano da parte a parte. Egli è perciò che cadendo, si sono spezzate così minutamente, che ciascuna lettera fa da sè, e non è possibile riunirle e disciplinarle. L'intera epigrafe potrà restituirsi a questo modo:
IMP Cacs diui m antonini fil diu
commodi frater diui anitoNlNi pii
nEPos diui hftdrlANi proNEPOS diui
traiani aBNEPOS diui nerVAE ADNEPOS
L SEPTiMIVS SEVerrus pius peRTINAX AV
arab adiab parth max pontifx max
triiBVNiC POTEST IIii iMP uiII COS II ET
marcVS AVRELIVS ANTONINVS CAESAR
DEDICAVERVNT
I benefici conferiti da Settimio Severo e da Caracalla agli Ostiensi, furono in vero singolarissimi. L'intero quartiere, che dava sulla marina, fu costruito sotto i loro auspici: la via severiana, pose la città in comunicazione diretta con gli altri porti del Lazio, fino a Terracina. Nell'anno 1797, dalla i)arte di tor Bovacciana, nelle rovine di un sontuoso edifizio, furono scoperti i tre piedistalli (Nibby, Viaggio p. 77), il primo dei quali dedicato Victoriae augustor (wm): il secondo a Giulia Domna: il terzo a Severo ; e questo è copia esattissima dell'iscrizione del teatro , e reca le istesse date della potestà tribunicia per la quarta volta, dell' acclamazione imperatoria per la ottava, del consolato per la seconda volta. Cf. anche i tubi (Lanciani. Silloge 307, 398), trovati nell'istesso anno e nell'istesso luogo.
Il teatro fu rifatto quasi dalle fondamenta: ad eccezione della scena, che in parte è dei tempi di Augusto, in parte del secolo V, e del corridoio che divide la scena dalla cavea, tutto il restante è d'opera laterizia severiana. GÌ' infiniti marmi architettonici e decorativi scoperti nel corso dei nostri lavori, recano tutti l'impronta dei tempi severiani.
Dei restauri dei tempi onoriani ho ragionato nella prima relazione.
Rodolfo Lanciani
Le escavazioni ostiensi hanno avuto principio col corrente mese di dicembre. Il loro scopo è la riunione in un solo gi'uppo monumentale degli avanzi del Teatro e di quelli del Foro.
L'edilìzio più notevole scoperto in queste due prime settimane di lavoro, è un rettangolo di opera quadrata a massi di tufa, collegati insieme mediante perni di ferro. Credo che in origine cotesto rettangolo servisse per ricettacolo d' acqua : poiché non solamente le sue pareti erano (e sono tuttora in parte) rinfiancate da piloni, come avviene in tutte le piscine; ma perchè, a ridosso della parete meridionale, rimane ancora murato al posto un cippo di travertino, alto .m. 1,40, largo 0,43, grosso 0,24, con l'iscrizione:
AQVAE DVCTVS PER P P P P
Prescindendo dalla ripetizione delle sigle P P, della quale non so proporre spiegazione, io credo che la leggenda debba interpretarsi Aqitae ductus per p(uteum) p(ublicimi), per quanto ciò suoni male all'orecchio.
Intorno alle sigle P P veggasi il de Rossi Ann. List. 1873, p. 170 seg. La piscina corrisponde nel lato orientale su d'un' ampia strada (m. 8,48), parallela agli assi del Foro e del Teatro.
Rodolfo Lanciani.
La scoperta del quartiere commerciale fra il Teatro ed il Tempio di Vulcano prosegue regolarmente, a ragione di 40 metri quadrati al giorno, senza dar luogo a ritrovamenti notevoli, come del resto era da attendersi in un quartiere esclusivamente composto di magazzini.
Rodolfo Lanciani.
Ad Ostia antica, è stata eseguita la congiunzione nei nuovi scavi con quelli del teatro; di maniera che si ha ora una superficie continua scoperta di circa quattro ettari. Gli edifizî rimessi in luce nelle ultime tre settimane, comprendono alcune abitazioni di mediocre importanza, ricostruite nel secolo IV dell'era volgare, ed una domus signorile, egregiamente architettata, con le pareti coperte di dipinti ornamentali. Di questi edifizî si darà la descrizione completa, quando sarà condotta a termine la pianta dei novelli scavi, col finire dell' attuale stagione lavorativa. Benchè ci siamo per avventura imbattuti in una zona, frugata e devastata forse al tempo di Pio VI, pure abbiamo potuto raccogliere una quantità non dispregevole di suppellettile domestica, di marmi architettonici, e di frammenti epigrafici, senza parlare dei pavimenti tessellati, che sono molti, di buona maniera, e ben conservati.
Rodolfo Lanciani.
Ad Ostia Antica, la campagna di scavo 1885-1886, incominciata il giorno 30 novembre, è stata condotta a termine col giorno 8 maggio. In questo breve periodo, con n. 1990 opere di manovali, e con n. 600 opere di carri ad un cavallo, sono stati scavati 11952,66 metri cubi di terra, e scoperti 4818 metri quadrati dell'antica città. Scopo dei lavori era quello, di congiungere il gruppo del Teatro col gruppo del tempio di Vulcano, distanti l’uno dall'altro 202 metrti. L'intervallo fra scavo e scavo è ora ridotto a 103 metri, e sparirà del tutto nella prossima campagna 1886-1887. Gli edificî scoperti nel corso degli ultimi scavi, procedendo in ordine da est verso ovest, ossia dal Teatro verso il tempio, sono:
A. Una domus signorile, forse di L. Apuleio Marcello; B. Un mitréo annesso, come sembra, all'anzidetta domus; C. Quattro tempietti tetrastili, eretti su d'una platea continua; D. Uno stabilimento industriale incerto; E. Una piazza ed una strada; F. La piscina pubblica (?) antichissima, convertita in granaio sotto l'impero.
Il gruppo A, B, C, il più importante fra tutti, è qui descritto:
A) Ho detto che la domus può avere appartenuto ad un L. Apuleio Marcello. La supposizione è fondata sulla scoperta di un tubo di piombo, che si dirige verso la casa, e che porta l’epigrafe: L APVLEI MARCELLI A FABI DIOGENIS. Il tubo era consorziale, a meno che Aulo Fabio Diogene non debba ritenersi come un successore di Apuleio, nella proprietà del fondo. La fronte dell’edificio sulla pubblica via è di met. 12,00. La porta d’ingresso è fiancheggiata da una bottega, alla quale dovea essere annessa una stanza al primo piano: poichè la scaletta « non comunica con l'interno della casa, ma sbocca direttamente nella strada.
B) Dalla cucina, per mezzo di una scaletta e di un passaggio angusto e tortuoso, si entra nel mitreo B, lungo m. 10,59, largo m. 4,56, uno dei più conservati ed importanti mitrèi ch'io abbia visto, o dei quali io abbia avuto notizia. La sua specialità è quella di essere interamente coperto di mosaici, nel pavimento, nei banchi o sedili, e nelle pareti. La disposizione delle varie figure e dei varî simboli, tutte a color nero in campo bianco e-di ottimo disegno.
C) Dei quattro tempietti tetrastili; eretti su d’una platea continua, e convertiti ad altro uso in epoca assai recente, non posso dir molto, perchè i danni da loro sofferti nella trasformazione sono troppo gravi. La platea, o podio sul quale sorgono le quattro celle, è d'opera incerta, ed è coronata da cornice a grandi blocchi di tufa. Di tufa pure erano in origine le pareti delle celle e le sei colonne di ciascun pronao, coronate da capitelli ionici, ed intonacate " di stucco dipinto, furono successivamente restaurate con mattoni tagliati a segmento di circolo. Le soglie delle celle sono di travertino: il vano interno misura m. 5,45 in lunghezza, m. 5,80 in larghezza.
D) L'edificio che fa seguito alla casa ed ai quattro tempietti sopradescritti, verso occidente, sembra essere stato adibito per uso industriale, probabilmente per conciadi pelli. Ciò deduco primieramente dal numero delle vasche e dei bacini, che si ritrovano in molti ambienti: secondariamente dalla grandezza degli ambienti stessi: in terzo luogo della circostanza che alcuni vani hanno pavimento e pentagoni di lava, come le strade ed i cortili.
E) Dinanzi ai quattro tempietti ed al fabbricato ora descritto, si apre una piazza vastissima, la quale (come tutte le piazze ostiensi) non fu mai lastricata, ma messa a terriccio e ghiaia. Una particolarità degna di osservazione si è, che la piazza non è molto antica: fu aperta verso la metà o la fine del primo secolo dell'impero, mediante la demolizione di un’ isola di fabbriche repubblicane, delle quali si veggono le traccie in opera reticolata incerta, e di tufi a fior di terra, ossia al piano di copertura delle chiaviche dell'era imperiale.
F) La piscina pubblica. Anche qui v'è una particolarità da notare, ed è che mentre i muri a cortina si mantengono intatti, quelli costruiti in opera quadrata di tufi sono stati smantellati fin quasi al piano del suolo. Lo smantellamento è avvenuto quando fu costruito il « Casone del sale », dove alloggiano il custode degli scavi e gl’ ingegneri del Ministero.
Rodolfo Lanciani.
Furono ripigliati gli scavi di Ostia, nella zona tra la piazza del teatro ed il così detto tempio di Matidia. Si riconobbero finora due gruppi di edifici, il primo dei quali è di una terma, il secondo parve al prof. Lancianci essere la Statio Vigilum, ossia un'insula od una domus, tolta in affitto dalla prefettura urbana, per alloggiarvi il distaccamento dei vigili di servizio in Ostia ed in Porto; distaccamento fornito dalla coorte quarta.
Fece nascere questo sospetto un piedistallo marmoreo con iscrizione, di cui non si mancherà di dare l'apografo. Mi basti per ora il far conoscere, che lo scavo promette largo frutto scientifico ed artistico, non essendo il luogo stato frugato dagli ultimi quattro secoli, o non appartenendo quelle fabbriche alla categoria dei magazzini frumentari.
Nelle Notizie di aprile, p. 233, fu dato un breve cenno degli scavi intrapresi in Ostia per cura dello Stato, e fu detto che nella zona compresa fra la piazza del Teatro ed il cosidetto tempio di Matidia, si erano riconosciuti due edificii, il primo di carattere termale, il secondo destinato probabilmente a quartiere o stazione dei vigili. Interrotte le escavazioni pel sopraggiungere della estate, il problema concernente la origine, la natura, la destinazione dell'uno e dell'altro gruppo di fabbriche non è stato risoluto definitivamente: lo sarà fra breve con l'imminente campagna di scavo.
Frattanto devesi dar conto dei trovamenti avvenuti nella primavera scorsa, i quali non sono privi d'importanza, e per la topografia, e per i monumenti di quell'antica città.
L'edificio ad uso di bagni, del quale sono state rimesse all'aperto poche stanze, può dirsi relativamente intatto, conservando non solo le decorazioni architettoniche, ma anche le fisurate. La grossezza dei muri e delle volte, l'ampiezza e la nobiltà delle sale, lo dimostrano di carattere pubblico: le prossime scavazioni diranno se dobbiamo o no riconoscere in esso le ben note terme di Antonino iPio. Ecco la pianta dimostrativa della parte sinora sterrata.
Il frigidario B, lungo m. 14,09 largo m. 10,00, è terminato alle due estremità da piscine nobilmente decorate. La piscina orientale A era ed è divisa dal frigidario, per mezzo di un arco serliano a due pilastri e due colonne. I pilastri sono di cortina incrostata di marmo: le colonne di granito dell'Elba con basi attiche, e ricchi e bellissimi capitelli di marmo greco. Si discende in fondo alla vasca per mezzo di quattro gradini, anch'essi rivestiti di marmo. Le pareti sono decorate da nicchie, alternatamente rotonde e rettangole; a pie’ delle nicchie, oltre a numerosi frammenti architettonici, furono rinvenute le seguenti sculture figurate:
a) busto marm. grande al vero, di arte squisita e di conservazione perfetta. Rappresenta un personaggio barbato, con qualche rassomiglianza a Lucio Vero. Ha la spalla destra nuda, e la sinistra è coperta da clamide, assicurata per mezzo di fermaglio rotondo; b) busto virile intatto, con l’attaccatura delle braccia: porta barba e capelli corti, e guarda verso sinistra con vivacità di movenza e di espressione. Le pupille sono incise; c) busto di personaggio barbato, del tempo degli Antonini, con clamide gettata attraverso le spalle; d) testa-ritratto di donna, con acconciatura simile a quella di Plotina; e) testa-ritratto di donna, con capigliatura ricciuta e stefane (forse insegna sacerdotale) riccamente ornata; f) statuetta acefala della Fortuna con i consueti attributi; g) statua muliebre acefala, alta m. 1,65. E vestita di tunica e di manto, che tutta l'’avvolge nella persona, nascondendo le braccia e le mani; h) grande e bellissima statua atletica, mancante della testa, di una mano e della estremità della gamba sinistra; f) mezza statuetta in terra cotta, rappresentante una ninfa di fontana, col seno carico di frutti e di fiori. Oggetto raro e notabile.
La grande sala centrale D, della superficie di metri quadrati 188, aveva le mura non incrostate ma dipinte, ed era coperta a volta, come provano i blocchi caduti in disordine sul pavimento. Questo è tutto di mosaico chiaroscuro, con tardi restauri di marmi policromi. Le figure si succedono nell'ordine seguente, girando da destra a sinistra: Tritone con pedo (?) nella sin., Gazella, leone, ariete marini, Delfino, Toro, drago, tigre, cervo marini, Delfino cavalcato da un piccolo genio, Quadriga di cavalli marini, Figura incerta natante, Altro delfino con genietto.
Nei disterri di questa sala e della precedente, sono stati ritrovati vari monumenti scritti: a) base marmorea di statua, alta m. 1,10X0,67X0,55. L'iscrizione danneggiata nelle ultime linee; b) dieci frammenti di lastra marmorea, grossa m. 0,05, adoperati qua e là nei restauri ai pavimenti musivi; c) fondo di coppa vitrea, con leggenda di buon augurio a lettere d’oro, di forma eccellente; d) base marmorea, alta 40 centimetri, rovesciata in fondo alla piscina occidentale C.
Sulla linea E F, la grandiosa fabbrica termale confina con una ampia strada parallela al cardine, lungo la quale si aprono porte di case private, adorne di pilastri, con le membrature intagliate in mattone. Sotto il selciato corre un tubo di piombo con la leggenda: NASENNIVS MVS gevs fec.
Il secondo edificio, incominciato a pena a sterrarsi nella passata stagione, presenta l'apparenza di una vastissima domus rettangola, isolata e fiancheggiata da strade nei quattro lati. Esso occupa lo spazio compreso fra le terme descritte di sopra ed il Teatro. Il lato occidentale è lungo oltre 50 metri: il lato nord è stato scoperto per soli 28 metri: gli altri due sono stati appena tracciati in superficie del terreno.
La domus, costruita sulla fine del primo o sul principio del secondo secolo dell'impero, aveva tutto il giro del piano terreno occupato -da taberne. Ora tutti questi vani di porte, larghi m. 2,60, appariscono chiusi e murati con ottima muratura laterizia dei tempi Severiani. In alcune di queste pareti di chiusura sono state praticate feritoie, all'altezza di 3 metri dal piano stradale. Questa singolare condizione di cose, unita alla memoria che serbo di identico ritrovamento fatto in Porto dal principe Torlonia molti anni or sono, mi indusse a sospettare che l'edificio, in origine appartenente a privati, fosse espropriato o tolto in affitto dalla prefettura urbana, per alloggiarvi il distaccamento dei vigili, di servizio in Ostia ed in Porto.
Questa congettura è stata prima avvalorata, poi confermata, dalla scoperta di due documenti epigrafici. Il primo è inciso su d'un piedistallo marmoreo di statua, appoggiato alla parete di una stanza del lato nord. Il piedistallo, alto m. 1,55 X 0,58 X 0,56, conserva nel piano superiore i perni impiombati che tenevano ferma la statua imperiale. La pregevolissima iscrizione dedicatoria dice:
M OPELLIO | ANTONINO | DIADVMENIANO | NOBILISSIMO CAES | PRINCIPI IVVENTVTIS | IMP CAES M OPELLI SEVERI | MACRINI PII FELICIS AVG | TRIB POTEST COS DESIGN | II PP PROCOS FILIO | VAERIO TITANIANO | PRAEF VIG E M V | CVRANTE | FLAVIO LVPO SVB PRAEF
In altro vano dell’ edificio è stato raccolto un frammento di grossa latra marorea nel quale sono menzionati una coorte, due centurioni ed un tribuno dei vigili, non può considerarsi come fortuita, dopo quella del piedistallo di Macrino. Nè fortuita è la presenza di ambedue entro un edificio spazioso, disposto in modo da servire alla residenza di molti individui, ed appositamente chiuso e murato da tutti i lati. Un distaccamento adunque dei vigili urbani doveva alloggiare in questo luogo, come ne alloggiava un altro presso l'odierno Episcopio di Porto (cf. Lanciani, An. d. Ist. 1868, p. 185 sg.). Il proseguimento degli scavi ora appena iniziati, sarà certamente ferace di nuovi ed importantissimi ritrovamenti.
I muri finora scoperti sono quasi tutti privi d'intonaco: soltanto in una parete, ove questo è conservato, si è letto il graffito SAEC
Sotto il selciato della strada, che limita a ponente il lato della stazio vigelum, corre una condottura di piombo, con la leggenda ripetuta sei volte: IMP CAES ANTONI AVG SVB CVRA RATIONA | E PRIVATI AVG LIB PROCVR EX OFIC HERMETIS SERVI
Per i varii movimenti di terra, eseguiti dentro ed attorno gli edifici sopradescritti, sono stati ricuperati varî oggetti di uso domestico in terracotta, in metallo, in vetro, in osso: parecchie monete di mediocre conservazione: ed i seguenti frammenti epigrafici in lastre di marmo. I copiosissimi bolli di mattone portano date consolari, riferibili agli anni 123, 125, 126, 127, 129, 130 e 134.
Rodolfo Lanciani.
La stagione di scavi ha avuto principio col giorno 3 gennaio, ed ha per iscopo il compimento dei lavori intrapresi nella primavera scorsa, ossia il congiungimento degli scavi 1881-1886 con quelli del 1888, e la scoperta completa della stazione de’ Vigili.
Il primo scopo è già stato raggiunto e conseguito nel modo che segue. Esaminando la pianta annessa alla mia relazione edita nelle Mozzzze del 1881, tav. I si si vede, che la grande piazza del Teatro era limitata verso oriente da un muraglione continuo, ornato di portico a colonne laterizie, sotto il quale furono allogati gli uffici delle principali corporazioni ostiensi d'arti e mestieri (sacomarii, pellioni, navicularii, lignarii etc.). Ho seguitato quel muraglione per la lunghezza ulteriore di m. 51,32 (complessiva di m. 81,32), fino alla prima soluzione di continuità, ed ho così scoperto una strada spaziosa e diritta, la quale congiungeva, evidentemente, il quartiere del teatro con quello della porta Romana. La topografia generale della regione è indicata nel seguente bozzetto dimostrativo.
Il tratto di strada, che ora riunisce la caserma dei Vigili alla piazza, è largo m. 7,40 e lungo m. 27,87, sino al canto della prossima via. Le fabbriche che lo fiancheggiano hanno il carattere di edifici pubblici; ma non è possibile di esplorarle in questa stagione. |
La stazione dei Vigili sembra costituire un rettangolo, lungo m. 69,45, largo m. 39,36, della superficie di m. q. 2733,55, isolato da ogni parte da strade la cui larghezza varia da m. 7,40 a m. 3,80. Il lato settentrionale, parallelo al Tevere, è scoperto per la lunghezza di m. 22,77: il lato di occidente, parallelo alla piazza ed all'asse del teatro, per la lunghezza totale di m. 39,36: il lato di mezzogiorno, perpendicolare al teatro, per la lunghezza di m. 18,17. Il carattere delle tre fronti è caratteristico, e dichiara assai bene la natura e la destinazione dell’edificio. Si tratta certamente di una domus signorile, con botteghe, ed ingressi sulle quattro strade, tolta in affitto 0 comperata dal fisco, e trasformata in caserma. La trasformazione ha avuto effetto mediante la chiusura di tutti i vani di porte o botteghe, eon muro a cortina traforato da feritoie. I muri di chiusura hanno impronte figuline dei tempi di Severo e Caracalla: mentre il resto della fabbrica sembra appartenere ai tempi di Adriano.
Moderando la naturale impazienza che ne spingerebbe a penetrare ad ogni costo nel recinto della stazio, ed a investigare i misteri della vita di caserma di quel distaccamento di poliziotti, è stata presa la determinazione di scoprire innanzi tutto l'ingresso principale, che suppongo decorato con eleganza di intagli in mattone, conforme recava la moda architettonica ostiense del secolo terzo incipiente. La ricerca di questo ingresso porta di conseguenza lo isolamento della caserma dai quattro lati.
I soli monumenti scritti raccolti in questi primi giorni nel disterro delle strade, sono: Una lastrina di palombino di m. 0,10 X 0,11, con iscrizione che si direbbe volgare contraffazione moderna, tanto male è incisa o meglio graffita, con lettere che nulla hanno di comune col tipo classico.
D M MARCO AVRELIO PAR THENOPEO NONCOTFATA SET PALAME D E S
Nella linea seconda, quella S incisa per errore del quadratario, è stata trasformata in « edera distinguente ». Sembra voglia indicare più o meno palesemente, come il defunto fosse perito di morte violenta, per mano di Palamede. Tale è il senso più probabile della formula: non cot (quod) fata (voluerunt) set (quod voluit) Palamedes.
Rodolfo Lanciani.
Nuovi rinvenimenti nella caserma dei vigili ad Ostia antica.
La campagna di scavo, incominciata nella prima settimana di gennaio, ha avuto termine il giorno 20 aprile. In questo spazio di sedici settimane, sono stati rimessi in luce 2750 m. quadrati di antiche fabbriche o strade; trasportati agli scarichi 8850 m. cubi di macerie; scoperti oltre a 100 m. lineari di strada: la metà occidentale delle castra ostiensia dei vigili: tredici piedistalli di statue imperiali, con iscrizioni di grande importanza: sei iscrizioni (o frammenti) incise in lastre di marmo: ventidue graffite: una colonna di portasanta: un busto-ritratto in marmo: frammenti di statua di bronzo: bolli di mattone, monete in gran copia ecc.
La disposizione architettonica dell'aula, che si apre nel mezzo del lato minore occidentale dell'atrio dei vigili, potrà meglio intendersi confrontando la descrizione con la pianta qui appresso inserita.
L'aula è dunque preceduta da un vestibolo o pronao, con il prospetto ornato da due colonne e due pilastri. I pilastri sono laterizi; le colonne sono di bellissima portasanta, con basi attiche di marmo bianco, posate sopra zoccolo di travertino. Una colonna è completa, benché rotta a metà: dell'altra rimane il solo imoscapo. Dinnanzi a ciascun pilastro ed a ciascuna colonna, stanno in piedi basi di statue, nel seguente ordine, da sinistra a destra. I. Settimio Severo. II. vacat. III. Caracalla. IV. Giulia Domna. Il secondo posto doveva verosimilmente essere occupato dal simulacro e dalla base di Geta.
Abbiamo invece trovato al loro posto un’ara pulvinata di cipollino, alta m. 1,13, larga 0,76, grossa 0,50, senza iscrizione di sorta. Quelle di Settimio Severo e di Caracalla sono già state descritte nella relazione precedente (cfr. Notizie 1889, p. 41). La quarta di Giulia Domna, incisa in piedistallo alto m. 1,45, largo 0,63, grosso 0,63, è del seguente tenore:
IVALIAE AVG MATRI AVGVST ET KASTRORVM SVB CN M RVSTIORVFINO PR VIG E V CVRANTIBVS C LAECANIO NOVATILLIANO SVB PR ET M FL RAESIANO TRIB COH II VIG PRAEPOSITO VEXILIATIONIS
I nomi dei tre ufficiali ricorrono anche nelle basi di Severo e di Caracalla sopra riferite. Si noti la sostituzione della finale augVST, in luogo del legittimo au9G.
Il pronao misura di vano interno m. 9,68 in larghezza, m. 4,10 in profondità, ed ha pavimento diemosaico a chiaro scuro, disegnato con arte non comune. La scena rappresenta vivacemente quanto avveniva di fatto in questo stesso luogo nelle festive ricorrenze dei natalizî imperiali, vale a dire il sacrifizio di un toro.
Procedendo da sinistra verso destra si vede primieramente la figura di un ministro con corta tunica, in atto di menar colpi con la scure ad un torello, già stramazzato al suolo. Segue altro vittimario che spinge verso l’altare altro toro, percuotendolo con bastone: mentre un suo compagno l’attende con la scure sollevata in alto. A destra dell’altare, giovane tunicato in atto di suonare la doppia tibia, e figura di sacerdote barbato, velato, coronato di ulivo, con tunica che scende poco oltre il ginocchio. La scena termina con un gruppo simile a quello onde ha principio.
Il pavimento dell'aula è più alto di quello del pronao: il vano d’ingresso, largo m. 9,92, è diviso in tre sezioni per mezzo di due colonne, corrispondenti a quelle del pronao. Ne rimangono soltanto i dadi di posamento in travertino. Al tempo di Severo, la volta dell'aula minacciando forse rovina, si costruirono i due pilastri di rinforzo in mattoni, uno dei quali rimane ancora in piedi, l’altro giaceva abbattuto sul pavimento. L'aula è larga m. 11,68, profonda m. 6,60 e misura m. q. 77. Ha pavimento di mosaico bianco e nero, diviso in rettangoli e fasce, e pareti rivestite di marmo sino all'altezza di 2 m. ed intonacate nel resto. Il rivestimento di marmo, perito in gran parte, comprende uno zoccolo di bigio, e riquadri e specchi commessi d'intarsio, con lastrarelle di portasanta, giallo, africano ed altre breccie trasmarine.
Addossato alla parete di fondo sta un suggesto, lungo m. 8,80, largo m.: 1,57, alto m. 1,45, la cui decorazione marmorea è quasi interamente perita, salvo nel piano di sopra, protetto dalle are sacre agli imperatori. Queste are sono cinque, e si succedono nell'ordine qui appresso descritto, procedendo da sinistra verso destra.
I. Plinto rettangolo, largo m. 0,83, grosso m. 0,78, alto m. 0,49 con cornice di riquadratura. Le lettere di forma abbastanza buona, ma negligentemente incise, conservano l'antica rubricazione. Fu trovato rovesciato sul piano dell'aula:
M AVRELIO CAESARI IMP CAESARIS T AELI HADRIANI ANTONINI AVGVSTI PI FILIO DIVI HADRIANI NEPOTI DIVI TRAIAN PRONEPOTI DIVI NERVAE ABNEP COS OPTIMO AC PIISSIMO a. 140-144
II. Piedistallo di statua di marmo candido, con cornice di base e di coronamento, e controcornice di gola e listellino che riquadra l'iscrizione. A destra patera, a sin. urceo. Nell’abaco o listellone sono scolpiti di bassorilievo i simboli del sacrificio: bucranio, lituo, prefericolo, bucranio, patera, aspergillo, bucranio. Il piedistallo misura m. 0,90 X 0,71 X 0,70:
IMP CAESARI DIVI ANTONINI FILIO DIVI HADRIAN NEPOTI DIVI TRAIAN PARHICI PRONEP DIVI NERVAE ABNEPOTI M AVRELIO ANTONNO AVG PONT MAX TRIB POT XVI COS III COHORTES TES VIG a. 162
III. Piedistallo in tutto simile al precedente, salvo che porta la dedicazione rescritta:
IMP L SEPTIMIO SE VERO PERTNACI CAESARI AVG PONT MAX TRIB POT II IMP V COS II PRO COS P P COHORTES VV VIG.... PRAEF VIG CASSSIO LIGVRE TRIBVNO PRAEPOSITO VEXILLATIONS a. 195
IV. Piedistallo con cornice di base e di coronamento: alto m. 0,66, largo m. 0,75, grosso m. 0,83. Lettere di forma trascurata, ed incise con negligenza:
IMP CAESARI DIVI ANTONINI FILIO DIVI HADRIANI NEP DIVI TRAIANI PARTHICI PRONEP: DIVI NERVAE ABN L AVRELIO VERO AVG TRIB POT II COS II COHORTES VII VIG a. 162
V. Plinto di statua, scorniciato da tre lati, e scolpito in marmo tendente al bigio. Misura m. 1,01 X 0,71X 0,62. Fu trovato alquanto fuori di posto, in cima alla scaletta di quattro gradini che conduce al ripiano dell’altare. Si osservi non essere certo, che nelle voci DIVI l’incisore abbia realmente voluto prolungare le I oltre la misura costante delle lettere. La differenza nell'altezza è così poca, che potrebbe attribuirsi ad irregolarità d'incisione:
IMP CAESARI DIVI HADRIANI F DIVI TRAIANI PARTHICI NEP DIVI NERVAE PRONEP T AELIO HADRIANO ANTONINO AVG PIO TRIB POT COS DES II a. 138
VI. Sul lato destro dell'aula, a poca distanza dall'ultimo gradino della scaletta dell'altare, e addossato contro la parete, sta un piedistallo di statua, scolpito in travertino ed inciso da mano inesperta. È alto m. 1,56, largo m. 0,71, grosso m. 0,68. Le lettere conservano ancora traccie di minio. Punti incerti:
L AELIO CAESARI IMP TRAIANI HA DRIANI AVG PONT MAX TRIB POTEST XXI IMP II COS HI PP FILIO DIVI TRAIANI PARTHIC N DIVI NER VAE PRON TRIB POT COS II a. 137
Presso il limitare del portico o pronao, è stata raccolta fra le macerie una piccola base marmorea, alta appena m. 0,12, sulla quale è incisa, a pessime lettere, la dedicazione: C BIBIVS FELICLAN VS IVBE NIBVS DD. La sesta lettera della seconda linea presenta per difetto di incisione la forma di un L.
Nel centro stesso dell'aula, e dinanzi al suggesto su cui stanno le cinque basi, si vede il piantato dell’ara sacrificale. Dell’ara stessa nessuna traccia, forse perchè abbattuta dopo la propagazione della nuova fede in Ostia. Esistono infatti epitaffi di ufficiali dei vigili, manifestamente cristiani.
Al momento dello scavo si è trovata tutta la parete di fondo, una dietro l'altare, rovesciata, dal mezzo dell'altezza in su, nell'interno dell'aula. La linea lungo la quale ha colpito il pavimento, è marcata da un profondo solco o avvallamento.
Dalle scoperte narrate, e dai fatti esposti, mi sembra che possano dedursi queste conseguenze.
L'edificio deve essere stato costruito, o ridotto per uso di caserma, verso la metà dell'impero di Adriano, fra gli anni 123 e 129 all'incirca. I vigili, prendendone possesso, convertirono la sala principale, tablino, tribunale: contribuendo alla spesa le sette coorti, le quali fornivano per turno il contingente di quattro compagnie alla vexillatio ostiensis.
Le cinque are del suggesto furono dedicate con quest’ordine. In primo luogo il posto di onore, il mezzo dell’altare, deve essere stato riservato al costruttore o ricostruttore dell’edificio, all'imperatore Adriano. È vero che l'ara di mezzo non porta il suo nome, ma quello di Severo; ma la dedicazione a Severo è stata incisa di seconda mano, sulla rasura di un titolo più antico. La forma, la misura, i simboli scolpiti nell’abaco e nei fianchi dell’ara, sono assolutamente identici a quelli dell’ara n. II dedicata a Marco. Del resto non può ammettersi, che la sala principale accogliesse l’ara del figlio, Elio Cesare, dedicata vivente il padre, e che costui fosse escluso dagli onori del luogo. Segue in ordine cronologico l’ara testè mentovata di Elio Cesare, eretta pochi mesi prima della sua morte, nel 137: ma essa differisce veramente dalle altre in tutti i particolari, e della forma e della materia, ed è rilegata in un fianco della sala, e sul nudo pavimento.
Morto appena Adriano (ed Elio Cesare), fu eretta al nuovo imperatore l’ara n. V, che porta la data del 138. Segue quella di M. Aurelio (I), posta poco dopo la sua adozione a collega nell'impero. La serie ha termine con le are di Marco e Vero, dedicate nel 162 (n. II e IV).
Sulla fine del secondo secolo, la caserma fu restaurata da Settimio Severo. Come segno di gratitudine, i vigili dettero al loro benefattore il posto di onore nel mezzo dell’altare; e non contenti di ciò, innalzarono le quattro statue dinnanzi alla fronte del pronao. A questa seconda epoca appartengono le ali di muro dd’, che chiudono il pronao a maniera di arte, ed il pavimento di mosaico con la scena del sacrificio.
Come fu notato nelle precedenti relazioni, la caserma è circondata da quattro strade, orientate esattamente sull'asse del vicino teatro e delle vicine terme. La porta decumana, che deve essere ornatissima ed intagliata in mattone, corrisponde verso oriente, sulla strada delle terme, una delle principali della città. La porta principale sinistra, rivolta a settentrione, corrisponde sulla via parallela alla banchina del Tevere (« fiume morto »), che conduce dalla piazza del teatro al quartiere di porta romana. La topografia delle due altre strade non è ancora ben determinata.
Si noti con quanta cura furono chiuse al tempo di Settimio Severo tutte le aperture di porte o finestre, che potevano dare comunicazione irregolare e pericolosa per la disciplina, fra l'interno e l'esterno della caserma. Due sole scale comunicano indipendentemente con la pubblica via, quelle segnate G e Y. Credo che ambedue conducessero agli alloggiamenti del praepositus vexillationis, e dei suoi ufficiali.
I graffiti della stazione sono, o meglio erano, numerosi ed importanti: ma pochissimi sono giunti a noi, in istato da potersi trascrivere. E le ragioni di questo fatto sono varie. In primo luogo, tutta la parte bassa delle pareti del castro è intonacata di coccio pesto, grossolano, materia che male si presta alla incisione ed alla conservazione dei graffiti. In secondo luogo, l'intonaco fino, che va dallo zoccolone di cocciopesto al soffitto, è caduto quasi da per tutto: ed i pochi brani che ne rimangono qua e là, sono così guasti e corrotti dalla salsedine e dalla umidità dell’aria e del suolo, che le leggende si distinguono difficilmente.
In terzo luogo, benchè queste leggende siano incise, per regola costante, in caratteri epigrafici, di forma o buona o eccellente, pure reca ostacolo alla loro giusta trascrizione la « imbiancatura » delle pareti sovrapposta alla superficie graffita. Scrostando la imbiancatura con una lama bene affilata, si ritrova la vecchia superficie nereggiante, sulla quale i caratteri spiccano necessariamente in bianco, rimanendo i solchi pieni di calce. Ma per compiere questa operazione come si deve, non basta recarsi in Ostia per qualche ora, una o due volte al mese: converrebbe trattenersi sul posto molti giorni di seguito, ed essere forniti degli utensili necessari, e tornare più volte all'attacco della medesima leggenda, sotto giuochi di luce diversi. È opinione del ch. autore del volume IV del Corpus prof. Zangemeister, il quale ha visitato i nostri scavi il giorno 23 aprile, che forse una metà dei segni superstiti potrebbe in questo modo essere letta sicuramente.
Rodolfo Lanciani
Por favorire gli studi di restauro architettonico del Teatro Ostiense, intrapresi dagli alunni della Accademia di Francia, la Direzione Generale delle Antichità ha fatto eseguire due esavazioni, la prima sul prolungamento dell'asse dell'edilicio, per rintracciare il sito dell'arco maggiore d'ingresso, la seconda sulla estremità. orientale del diametro, per determinare la forma e la misura del portico semicircolare. L'uno e l'altro saggio di esplorazione, benché di misura assai modesta, ha dato risultati degni di essere presi in considerazione, specialmente se si riferiscono alle notizie ed ai disegni pubblicati nelle Nolbie del 1881 tav. I, all'epoca della prima scoperta del teatro.
L'arco principale d'ingresso, corrispondente nel mezzo della parte semicircolare, dal quale ha principio l'ambulacro conducente all'orchestra, sembra essere stato decorato con rara magnificenza, in occasione del restauro severiano. Vi era infatti un ordine architettonico, costituito da colonne di granito bigio, con capitelli di maniera composita, mentre in tutta la restante parte del giro vi erano soltanto decorazioni o di stucco, 0 di mattone intagliato. Altra scoperta notevole è quella di una strada parallela all'asse maggiore del teatro e del Foro che corre dietro le scholae dei Pellioaes, dei Navicularii lignarii, dei Measores fnmentarii^ luoghi delineati nella pianta del 1881 sotto i numeri 18-21. Si vede dunque che l'isola di fabbriche, la quale separa la stazione dei vigili dal teatro, era divisa in due zone per mezzo di questa strada, il cui pavimento trovasi visibile alle due estremità opposte. Misura in larghezza m. 5,50 ed è assai più alta del piano dell'orchestra e degli ambulacri.
Nello scorso aprile furono ripigliati gli scavi nell'area dell'antica Ostia, e fu proseguito lo sterro della grande strada fra il teatro e la caserma dei vigili, allo scopo di collegare tra di loro i più importanti monumenti scoperti in questi ultimi anni.
Due nuove iscrizioni ritrovate presso il teatro dell'antica città. Proseguito lo sterro dell'antica strada, che corre fra il teatro e la caserma dei Vigili (cfr. Notizie 1897, p. 519), sono stati rinvenuti fra la terra due marmi inscritti. Il primo è una piccola base, alta m. 0,13 X 0,10 X 0,07, con cornice e zoccolo, la quale sosteneva un donario votivo, di cui vedesi nel piano superiore il foro per l'impernatura. Sulla fronte della basetta è incisa l'iscrizione: M COELTR OPHIM MC OEL CRES TD S D D
Nell'ultimo v. è certa la lettura: d(e) s(uo) donum) d(edit) ovvero d(ederunt). Nelle linee precedenti poi sono nominate due persone: M. Coel(ius) Trophim(us) e M. Coelius C[h]rest(us), le quali sembra che unitamente offrissero il donario.
L'altro monumento è un pezzo di epistilio od architrave, lungo im. 0,67, alto m. 0,19, probabilmente spettante ad una edicola. Vi si legge: ...lIOLLIANO CALBINICO FATRE ....pETRONIVS FELIX MARSVS SIGNVM ARIMANIVM DO DE D
Assai rare nell'epigrafia sono le dedicazioni al deus Arimanius, che in qualche modo doveva confondersi con Mitra; poichè si trovano ricordati nelle iscrizioni sacre a quella divinità un pater patrum ed un /eo (C.I.L. III, 3415; VI, 47), i quali gradi erano proprî degli iniziati ai misteri ed al culto mitriaco. Questo culto mitriaco era abbastanza esteso in Ostia, essendone superstiti i monumenti e conoscendosi pure in quella colonia un album sacratorum (C.I.L. XIV, 286; cfr. 55-66), ove sono ricordati i medesimi gradi di pater e di leo.
Il frammento ora ritrovato ci dice che un Petronius Felix, nativo del paese dei Marsi, dedicò in qualche edicola una statuetta della mistica divinità (segnum Arimanium, che equivale a signum dei Arimanit), quando era pater, cioè, quando era nel settimo e più elevato grado, come capo dei sacrati, un Lolliano Callinico. Altre iscrizioni Ostiensi nominano varie persone, che colla dignità di pater, pater et sacerdos, pater et antistes (cfr. C.I.L. XVI, 62-66) presiedevano al culto di Mitra; e tutte queste memorie epigrafiche spettano agli ultimi decennî del secondo secolo, al quale periodo deve pure riferirsi quella testè rinvenuta.
Giuseppe Gatti
Facendosi un piccolo sterro in Ostia, per regolare il deflusso delle acque, in un'antica stanza posta di fronte all'edificio che un tempo serviva a deposito del sale ed ove ora risiedono i custodi delle antichità, a pochi centimetri sotto gli avanzi di un rozzo pavimento medioevale a grossi tasselli di marmo, si è rinvenuto un notevole deposito di grandi dolii da frumento. La parte principale della stanza è di forma quadrata, con un'appendice da un lato, e misura in complesso una superficie di circa 150 metri quadrati. I dolii, avvicinati uno all’altro in tante file parallele, occupano tutta l'area del magazzino: sono in numero di 35, e si trovano disposti nel modo che qui schematicamente è indicato.
Essi sono interrati quasi fino alla bocca, ed in ; molti manca, o totalmente od in parte, il grosso É labbro superiore, che andò spezzato quando si rialzò il livello della stanza e vi si costruì il pavimento medioevale. Alcuni dolii presentano rotture e screpolature anche assai lunghe, in vario senso, che fino da antico furono riparate per mezzo delle solite ricuciture con asticelle di piombo a forma di croce latina.
La capacità di ciascun dolio era segnata sul labbro in grandi e belle cifre numeriche, incise dopo la cottura dei vasi: ed è espressa col multiplo della misura unitaria, che è l’anfora, aggiuntavi sovente l'indicazione della metà di essa (S) e della frazione quarantottesimale in sestarii (C rovesciata). Queste cifre sono abbastanza ben conservate in 23 dei 35 dolii scoperti.
Da tali numeri risulta, che ognuno di questi grandi vasi aveva, in media, la capacità di 40 anfore, cioè di 120 moggi, rispondenti a circa dieci ettolitri e mezzo. Onde il deposito frumentario, che era contenuto nei 35 dolii del magazzino testè scoperto ascendeva a 1400 anfore, ossia alla quantità di circa 367 ettolitri e mezzo.
Su quattro dolii si è pure riconosciuto il bollo di fabbrica, di forma rettangolare, impresso sulla superficie del labbro. Due però di questi bolli (dolii nn. 15, 20) sono del tutto consunti ed illeggibili: gli altri due (nn. 16, 14) portano il nome dei servi preposti alla fornace in cui i dolii vennero fabbricati: GENIALIS RASIN PONTICI SER FE; RHODINVS SER FEC
Il primo è conosciuto per essere stato veduto dal Fabretti sopra un grande dolio trovato a Boville (C.I.L. XV, 2449); l'altro apparisce ora per la prima volta.
Giuseppe Gatti.
Matrici fittili per formarne pani da distribuire in pubblici spettacoli, scoperte presso il Casone.
Una importantissima scoperta fu fatta in Ostia, presso il Casone, dal solerte ispettore degli scavi cav. Angiolo Pasqui. In una cantina, entro dolii affondati nel terreno, si trovarono circa quattrocento stampe di terracotta, le quali vennero usate per formarne pani.
Le rappresentanze di queste matrici si riferiscono a scene del circo, dell'anfiteatro, delle venationes e del teatro tragico e comico; sono insomma tutte ricordanze di ludi pubblici. Probabilmente i pani che se ne traevano dovevano servire per essere distribuiti in occasione di questi ludi.
Le iscrizioni ostiensi ricordano spesso gli epula pubblica, e le distribuzioni del crustulum e del mulsum, e quindi i pani ricavati da queste forme potevano benissimo essere distribuiti in queste solenni occasioni. Unitamente alle stampe stesse, ogni coppia delle quali poteva comprimere e plasmare un panetto del peso di una libra, si recuperarono dentro i dolii le misure servite per la distribuzione del vino, le quali hanno tutte la capacità di tre quarti di litro.
Nell'autunno si riprende lo sterro nell'area di Ostia antica... mettendo anzitutto allo scoperto le tombe sulla destra della via dei sepolcri tra questa e la grande ria, in cui dovremo riconoscere, a quanto pare, l'Ostiense. In parte fu qui scavato sotto la direzione di Pietro Ercole Visconti il quale ebbe il torto di far ammucchiare sulle tombe la terra tolta dalla via dei sepolcri, se pure forse già questo non avvenne nei lavori che a suo tempo fece eseguire il cardinale Pacca.
Di fatto però il risultato di questo sterro ha superato ogni mia aspettativa. Non solo ho rimesso in luce un gruppo di monumenti per vari rispetti interessante e in taluni punti di bellissima costruzione, ma ho potuto constatare che i miei predecessori non approfondirono lo scavo, talvolta perchè ingannati da uno strato di terra battuta, ma più spesso, ritengo, perchè furono delusi nella speranza di rinvenire oggetti, il luogo essendo stato in massima parte devastato in antico.
Vi sono stanze sepolcrali con avanzi di pitture e mosaici, con colombari, e olle in nuda terra e inumazioni. Queste, che sembrano le ultime, e ad ogni modo non molto recenti, sono raramente isolate; ma per lo più le fosse sono regolarmente disposte nelle stanze, che occupano interamente e spessissimo a più ripiani. Talvolta contenevano la cassa in terracotta, ma per lo più esse erano semplicemente ricoperte da tegoloni, e questi alla loro volta da un forte strato di calce. Il ripiano più alto era poi spesso ricoperto di mosaico, purtroppo sinora però mai rinvenuto intatto. Nessuna di queste fosse contiene altro all'in fuori dello scheletro, non di rado completamente disfatto.
Riscoperta della Porta romana di ostia antica:
E qui venne in luce la porta desiderata, larga m. 5,10, lunga rimasta solo nella sua parte inferiore, privata della sua rivestitura marmorea. Senonchè sono tanti i begli avanzi di rivestimenti, di basi e cornici, di cui il più grande misura m. 1,85 X 0,85 X 0,39, che per certo ne sarà possibile una ricostruzione grafica. E innanzi alla porta si vede la via Ostiense, fittamente fiancheggiata da tombe (*).
La porta aveva nell'attico l'iscrizione incisa su varie lastre a grandi lettere, lunga otto piedi e alta quattro, con cinque linee, di altezza degradante, la prima essendo alta circa 20 cm., la quinta 10.
Certamente un'iscrizione era su ambedue le fronti. Lo vediamo, oltre che" per altri indizi, speeialmente perchè nella prima linea ricorreva due volte la parola populus. Le lastre erano di diverso spessore nella stessa facciata.
Nuove esplorazioni nell'area delle tombe.
Nel 1865 Pietro Ercole Visconti rimetteva in luce nel suburbano Ostiense verso Laurento due tombe contigue, quasi simili tra loro, di bellissima e caratteristica costruzione, adorne di graziosi stucchi e di pitture. Conservano ancora il nome di Tombe dei Claudii, col quale nome furono chiamate per il fatto che in una di esse furono sepolti liberti e schiavi dell' imperatore Claudio (cfr. Dessau, C. I. L., XIV, pag. 86; v. la riproduzione nell'opera Le scienze e le arti sotto il pontificato di Pio IX). L'altra tomba, come ci indica la sua iscrizione, fu fatta da un D. Folius Mela per sè ed altri; e furono in essa sepolti dei Livii, dei Settimii, una Salina- toria e un Clodio (C.I.L., XIV, 358).
Sia perchè il Visconti non isolò completamente i monumenti, sia perchè questi furono abbandonati, essi molto deperirono e si erano resi inaccessibili. Approfittando di un momento in cui erano sospesi gli altri lavori, ne curai la ripulitura interna e ne iniziai l'isolamento.
Nella tomba di Folio Mela, a destra di chi entra si vede un corridoio, che non era stato mai esplorato. Vi si scopri una scala molto stretta, che conduceva al piano superiore. La parte più alta di essa posa su due cippi di travertino, che servono di sostegno alla scala. Uno di essi, che misura, nel tratto visibile, m. 0,74 X 0,40 X 0,14, reca l'iscrizione: D FOLIVS C (rovesciata) L MELA IN FRONTPXXV IN AGRP XX e l'altro, che misura, sempre nella parte visibile, m. 0,80X0,36: D FOLIVS MEla IN FRONTP XXV IN AGR P XX.
I due cippi appartengono all' istesso monumento, che misurava piedi venticinque per venti. Questo Decimo Folio Mela, liberto di una donna, qui nominato, sembrerebbe diverso da quello sopra indicato {C. I. L. XIV, 358); il quale si dice liberto di Dionisio ed insieme figlio di un Decimo Critonio Dionisio tanto più che anche il monumento di questo è diverso, misurando esso piedi trenta per ventidue e mezzo, secondo la stessa iscrizione. Se ne dovrà inferire che qui esistesse già un sepolcro di un Decimo Folio Melii, che fu distrutto e poi rifatto da un omonimo di costui, appartenente all' istessa familia. Allora i cippi terminali dell'altro furono messi in opera nel nuovo. Senonchè mi sembrerebbe anche possibile che si tratti dello stesso liberto, indicato con due diversi patroni; e, infatti, se come è probabile, il patrono Dionisio è suo padre Critonio, potremmo supporre che il nostro Mela sia stato liberto di lui, ed insieme di una Folia, dalla quale avrà preso il gentilizio. B le misure in tale caso potrebbero spettare alla sua parte di monumento.
Qui si rinvenne pure un altro cippo di travertino (m. 0,45 X 0,30 X 0,09) con l'iscrizione: d. CRITONlVS C L QYINTIO CRITONIAC L ZOSIMA IN FR P XVI INAGR PXX. Questo cippo apparteneva ad un altro monumento, o ad una altra parte di questo? Anche questi Critonii appaiono congiunti con i Folii; Folio Mela infatti è figlio di D. Critonio Dionisio, di cui appare pure liberto, e di Critonia Chila e fratello di Critonia Auge.
Nella terra che stava nei due monumenti e intorno ad essi si raccolse; Marmo. Frammento di lastra marmorea (m. 0,18 X 0,17 X 0,03) col resto epigrafico: CLA EVTYC. Due piedi uniti, col principio delle gambe, che servivano come sostegno di un oggetto (m. 0,103). Terracotta. Testina con capelli lunghi, coperti di manto e con bocca aperta (m. 0,036). Mattoni con i bolli C.I.L. XV, 59, 618, 861 e FIGILINEIS CIVNEICE. Frammenti di vasi aretini con le marche, G. I. Z., XV, 5297 a (2° es.), 5388 e in pianta di piedi P DEIoREI, altro frammento fittile ornato, col graffito MINOS. Inoltre un fondo (medaglione?), su cui è rappresentata una Nereide, trasportata da un toro marino e sotto un tirso; un altro con testa di Medusa in vaso piriforme a vernice rossa (m. 0,103); due frammenti di un vaso a forma di gallo (in. 0,084 e m. 0,100); altri diversi. In un'ansa di aafora leggesi la doppia marca: VI CA VR. Lucerne: C.I.L., XV, 6461, 20; 6593, 76; una a vernice tirata a stecca con la inarca: ATI ME (cfr. C.I.L., XV, 6320); una a vernice nera con la marca: LMSA graffita a crudo; una con la rappresentanza di Giove trasportato dall'aquila ; una con anello e testa di satiro ; una con simplegma erotico e la marca C /. Z., XV, 6494a; una a vernice rossiccia con xm uccello su un ramo di alloro; una a vernice rossa e tracce di vernice nera con due delfini nell'acqua, affrontati e sotto due lettere graffite a crudo una sull'altra: P A , infine una a vernice rossa col becco e una rosa nel centro e altre diverse. Bronzo. Un asse di gr. 30,5. Anelli e altri piccoli oggetti.
Si è continuato, per quanto l'acqua lo ha permesso, lo studio della porta repubblicana e del terreno in prossimità di questa, ma non è ancora tempo di riferirne, prima che i lavori non siano più progrediti. Nella sabbia e breccia a pochi centimetri dalla fondazione repubblicana e innanzi alla sottofondazione dell'aggiunta imperiale è tornato in luce un vaso di terracotta ad ingubbiatura a stecca (m. 0,15 X 0,187).
Sotto i selci della strada più recente che passa per la porta si rinvenne un frammento di sarcofago marmoreo (m. 0,35 X 0,23 X 0,09), su cui si vede la metà superiore di una figura femminile nuda, col capo coronato di spighe, rivolta a sin. e coi capelli che cadono sul dinanzi delle spalle; a destra avanzo del clipeo.
D. Vaglieri.
Nuove esplorazioni lungo la via principale.
Com'è noto, la caserma dei vigili non fu esplorata se non nella metà posteriore. Si è iniziato lo scavo delia parte anteriore. La facciata, lunga m. 41,40, è ora tutta scoperta nella parte più alta. Nel centro s'apre la porta larga m. 3,62, arcuata con cordone sull'arco e fiancheggiata dai due pilastri in mattoni, consueti negli edifizì ostiensi; essa dà accesso ad un corridoio largo m. 4,22. A ciascun lato della porta si vedono tre finestre a feritoia e oltre a queste, all'angolo della caserma, sotto un grande arco di scarico, una finestra di m. 1,62X1,18.
Qui si raccolse: Marmo. Frammento di trapezoforo. Altro di urna cineraria. Terracotta. Mattoni con i bolli C.I.L., XV, 239, 401, 693, 958 a, 1075, 1084«, 1344. Dalle Terme piovengono: una lucerna C. I. L.,XY, 6544 a; ed i mattoni con i bolli C. I. Z., XV, 140, lllóe, 1368, 1531, 1615, e a) C P G T TE PA ET AP COS b) OSCIANI APR.
I quattro tempietti, che sorgono dinanzi al Mitreo, stanno sopra una piattaforma, di cui sì vedono i tufi aggettati, a circa mezzo metro sotto il piano attuale. Essi hanno listello, gola, un altro listello ed una fascia orizzontale, modanature, che, rivestite di stucco, dovevano essere evidentemente viste dal di sotto. Fu aperto quindi un cavo innanzi il Mitreo.
Sotto uno scarico misto, a m. 1,40 sotto la cornice su indicata, alla base di una parete ad opera reticolata con tufi molto piccoli e piuttosto informi, venne in luce la grandiosa base del monumento, che si estende lungo tutto il lato, e che si è rinvenuta anche sul lato orientale. Innanzi al lato sud vennero in luce due gradini di tufo della scala che saliva al monumento.
Parallelo al lato settentrionale ed orientale (lungo la casa di L. Apuleio), corre, a m. 0,54 di distanza, un muro, senza aperture, in opera laterìzia, che ha la fondazione alla medesima altezza. Sembra un muro di recinzione o di rispetto.
Negli scarichi che riempivano questi spazi si raccolse: Marmo. Quattro frammenti di lastra scorniciata con l'iscrizione: PAREN... | LVCILVS GamaLA | FILIVS F. Purtroppo null'altro si è rinvenuto di questa iscrizione, la quale forse potrebbe darci luce su qualche opera dei Lucilii Gamalae e sulla loro parentela. Frammento di lastra iscritta (m. 0,145 X 0,32 X 0,025): D COSSVTI. Frammento di simulacro di cane seduto sulle gambe posteriori (m. 0,215). Terracotta. Lucerne: fondo con la marca di fabbrica, graffila a crudo (C.I.L., XV, 6592 è): O P P I ; una a vernice nera argentea con testa del Sole sum ezza luna tra due stelle; una con un dromedario; una a vernice rossa con una conchiglia, tutte di epoca piuttosto antica; una di epoca più tarda, con due palme; ed un frammento di una a vernice marrone. Un'ansa di anfora con l'iscrizione: CSPOYCE Un frammento di anfora con la marca: INAFV. Un frammento di tegolone baccellato con tracce di color bianco. Frammento di decorazione con palmetta ed ovoli (m. 0,09X0,15); frammento di acroterio con volute e traccia di color bianco (m. 0,18X0,16); frammento di antefissa, di impasto molto grossolano, con due caproni cozzanti, e una palmetta (ra. 0,125 X 0,153). Un fondo di olletta, ad impasto fine, con graffiti verticali. È ben conosciuto quel muro di blocchi di tufo, che chiude ad oriente l'edifizio segnato con la lettera F nella pianta recentemente pubblicata dal Carcopino.
Di quei blocchi si vedevano sei file, coperte di stabilitura a cocciopisto. Fatto in saggio all'intercapedine, a ni. 0,48 dal piano presente, si è incontrato un pavimento a cocciopisto, a m. 0,60 sotto a questo un altro in opera spicata, e finalmente, a m. 0,75 più sotto, la fondazione del muro, che appare ora nella sua grandiosità. Innanzi ad esso corre una cunetta larga m. 0,38.
Si è iniziato uno scavo nella taberna prossima ad occidente (Carcopino, tav. citata f9), sotto la quale il muro di blocchi di tufo sembra piegare ad ovest. A m. 0,30 dal piano attuale si è incontrato le tasselle sciolte di un mosaico bianco-nero, e dopo m. 1,20 di scarico, il cervello di una fogna troncato dalle fondazioni della taberna.
D. Vaglieri.
Il Re Vittorio Emanuele III, in borghese, accompaganto solamente dal generale Brusati, giunge improvvisamente a Ostia, e visita il Teatro dove si eseguono gli ultimi lavori di scavo.
L'on. Mussolini, visita gli scavi di Ostia antica e inaugura il nuovo parco pubblico, il Giardino di Porto.
L'Antiquarium degli Scavi di Ostia antica viene trasferito dal Castello di Giulio II, al Casale della Salara Pontificia, all'interno del sito archeologico.
Piano generale di grandi lavori di scavo e di sistemazione archeologica della zona monumentale di Ostia:
"predisposto per volontà del Duce Mussolini, il Ministro dell'Educazione Nazionale on. Bottai e il senatore Cini, Commissario dell'Esposizione Universale, accompagnati dal Vice Commissario on. Oppo e dal dott, Marino Lazzari, Direttore generale delle Antichità e Belle Arti, hanno fatto un primo sopraluogo, ricevuti dal Direttore degli Scavi prof. Guido Calza e dall'architetto Gismondi che hanno illustrato conveniente il progetto.
Fra i monumenti più importanti da disseppellire nella zona di Ostia si possono annoverare il Tempio di Cibele, il Foro Vinario e l’edificio della Zecca fondata dall'Imperatore Massenzio. Non si dispera di trovare altri frammenti degli Acta Urbis, da mettere insieme con altri frammenti del genere custoditi nel Museo, dii scavare anche del nuovo materiale riguardante i Fasti ostiensi (avvenimenti pubblici, spettacoli, nozze, iludi, ecc.) pitture, stucchi, mosaici e suppellettili varie.
Il Duce Mussolini e il ministro dell'Educazione Giuseppe Bottai, visitano i nuovi scavi al Palatino ed a Ostia Antica.
Con decreto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, viene istituito il nuovo Parco Archeologico di Ostia Antica, per gestire, tutelare e valorizzare un territorio che si estende tra il X Municipio di Roma e il Comune di Fiumicino. Ne fanno parte: L'Area archologica di Ostia Antica e il Museo Ostiense; i Porti Imperiali di Claudio e Traiano; la Necropoli di Porto all'Isola Sacra.
Durante la campagna di scavo effettuata dall'Università di Catania e Politecnico di Bari, nell'are a sud ovest del Piazzale delle Corporazioni, è stato scoperto un antico bagno rituale ebraico.
Il mikveh, si trova all'interno di un sontuoso edificio, probabilmente di una famiglia di ebrei, che ha svelato una sequenza di ambienti impreziositi da pavimenti rivestiti di mosaici con figure floreali disegnate a tessere bianche e nere.
1914
Necropoli di Ostia antica
Rovine e scavi di Roma antica
1914
Pianta delle Terme di Nettuno a Ostia antica
Rovine e scavi di Roma antica
1914
Pianta delle Caserma dei Vigili a Ostia antica
Rovine e scavi di Roma antica
1914
Via della Fontana a Ostia antica
Rovine e scavi di Roma antica
1914
Sacvi di ostia antica
Rovine e scavi di Roma antica
1911
Aldo Molinari
Il Re visita gli scavi di ostia antica
L'Illustrazione Italiana 1911
1897
Pianta degli Sterri presso la caserma dei Vigili di ostia antica
1893
Dante Paolocci
Scavi di Ostia antica
L'Illustrazione Italiana 1893
1889
Ara sacre nella Caserma dei Vigili di Ostia antica
Notizie degli scavi di antichità
1888
Scavo di un Edificio ad uso di bagni ad Ostia antica
Notizie degli scavi di antichità
1886
Campagna di scavo 1885-1886 ad Ostia antica
1886
Pianta del Mitreo delle Sette sfere ad Ostia antica
1865
Paolo Cacchiatelli
Scavi di ostia gran cella con vettine
Le Scienze e le Arti sotto il pontificato di Pio IX
1865
Paolo Cacchiatelli
Terme ostiensi
Le Scienze e le Arti sotto il pontificato di Pio IX
1865
Paolo Cacchiatelli
Palestra nelle Terme ostiensi
Le Scienze e le Arti sotto il pontificato di Pio IX
1865
Paolo Cacchiatelli
Scavi d'Ostia Porta Romana
Le Scienze e le Arti sotto il pontificato di Pio IX
1856
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Ostia e di Porto
Gli edifizj antichi dei contorni di Roma
1856
Luigi Canina
Pianta di Ostia antica
Gli edifizj antichi dei contorni di Roma
1830
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Ostia e di Porto
Indicazione delle rovine di Ostia e di Porto
1830
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Ostia
Indicazione delle rovine di Ostia e di Porto
1819
Pianta delle Rovine di Ostia
Viaggio antiquario ne' contorni di Roma