Informazioni storiche

Informazioni storiche artistiche sul monumento

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Codice identificativo monumento: 499

Cronologia

1831: Scavi promossi da Pietro Campana nella vigna di Giuseppe Sassi, tra la porta Latina e Appia. Viene scoperto il colombario del liberto Pomponio Hylas.

25/11/1991: Il Mibac con decreto ministeriale, dichiara un interesse archeologico particolarmente importante della porzione di Parco Archeologico dell'Appia Antica tra le mura Aureliane, la Cristoforo Colombo, la ferrovia Roma-Pisa e la via Latina, convenzionalmente denominato V settore.

Descrizione

L'ambiente rettangolare, in parte scavato nella roccia (m 4x3 circa) e parzialmente costruito in opera cementizia rivestita di mattoni, venne costruito nel periodo compreso tra il principato di Tiberio e quello di Claudio (14-54 d.C.), dati rilevati grazie alle scritte in due delle sue nicchie (una dedicata a un liberto di Tiberio e l'altra ad un liberto di Claudia Ottavia, figlia di Claudio e Messalina).

Lo spazio interno, coperto da una volta a botte e originariamente illuminato da due lucernari, presenta le pareti articolate in una serie di edicole su podio, inquadrate da colonnine o da pilastri che sostengono dei timpani, alcuni triangolari, altri spezzati che ne inquadrano uno centrale centinato.

Nella parete di fondo, al di sotto di un'ampia abside, si apre l'edicola principale, dove sono conservate due urne cinerarie contenenti probabilmente le ceneri dei primi proprietari, i cui nomi sono incisi nella tabella marmorea sottostante: Granius Nestor e Vinileia Hedone. Ai lati della nicchia contenente le urne sono raffigurati forse i due defunti. Granius Nestor è raffigurato con il rotulus in mano e accanto a lui vi è una capsa (scatola in cui venivano custoditi gioielli e oggetti da toletta).

La raffigurazione pittorica presente nel timpano dell’edicola, sembra ricollegarsi alla simbologia dionisiaca. Compare un giovinetto nudo identificato come Dioniso con la negride svolazzante sulle spalle, una corona di pampini sulla testa e nelle mani forse una cista mistica. Ai lati sono due tritoni che suonano la lira. Sull'architrave, la scena principale è tratta dalla mitologia greca di Orfeo tra i Traci, è ambientata forse in un luogo sacro a Dioniso, individuato dalla presenza di una piccola erma di Priapo e da due Menadi. La raffigurazione potrebbe essere identificata con un mito narrato da Apollodoro di Atene, erudito e filologo del II sec. a.C.: Orfeo, avendo impudentemente svelato i misteri dionisiaci, viene fatto a pezzi dalle Menadi istigate dal dio Dioniso in collera.

Di non chiara interpretazione, è invece la scena presente sull'arco che delimita il catino absidale, dove compare un uomo vestito all’orientale, con anassiridi (pantaloni) e berretto frigio, seduto, e a sinistra un giovane inginocchiato, coperto solo da un manto e con una spada nella mano. Alle estremità due figure maschili sdraiate hanno nelle mani un preferitolo e una patera, oggetti usati per le libagioni rituali.

Nel timpano dell'edicola vicina alla scala, è invece rappresentata la scena del centauro Chirone che insegna ad Achille a suonare la lira. Nella volta sono raffigurati amorini coronati di alloro con un rotulus in mano tra girali di vite.

La nicchia posta nella parete di fronte alla scala ospita la tomba di Pomponio Hylas, proprietario all'epoca di Tiberio. La cavità, dove era l’urna cineraria, ha la volta a botte rivestita di pomici delimitata da una fila di conchiglie di murex, alla maniera delle grotte e ninfei. Al di sotto un pannello in mosaico, delimitato da conchiglie e recante l’iscrizione Cn(naei) Pomponi Hylae Pomponiae Cn(aei) l(ibertae) Vitalinis, ornato da due grifi affrontati ai lati di una cetra. L'inscrizione ha anche una V (che significa vivit) sopra il nome di Pomponia, indicando che era ancora viva quando fu aggiunto il pannello.

All'età flavia sono da attribuire le edicole poste sul lato sinistro che si sovrappongono alla costruzione originaria simmetrica a quella del lato destro. Il ritrovamento di un'urna cineraria appartenente ad un liberto di Antonino Pio, conservata al Palazzo dei Conservatori, fornisce la prova che il colombario fu attivo fino al II sec., durante il quale venne utilizzato anche per seppellire una donna, inumata in un sarcofago fittile rinvenuto sotto il pavimento.

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