Informazioni storicheCodice identificativo monumento: 5583
Cronologia Dietro la scena del teatro ostiense, verso il nord e verso il ramo maestro del Tevere, si stende una. piazza, larga met. 78,70, lunga altrettanto. Sembra che fosse circondata da portici in tutti quattro i lati. Il lato aderente alla scena, che è quello di mezzogiorno, conta quattro piloni di muro, e quattordici colonne di marmo (bianco, bigio, cipollino), alte met. 3,65, larghe all'imoscapo met. 0,47.
Negli altri lati le colonne sono di mattoni, intonacati di stucco dipinto e scanalato, larghe met. 0,77. Se ne veggono qua e là alcuni tronchi, che sopravanzano pochi palmi da terra. Le colonne di marmo riposano sopra cuscini di tufa, conservati tutti al luogo loro, dimodoché se ne può trarre la misura precisa dell'intercolunnio, che è di met. 2,81.
Quasi tutti i fusti sono stati ritrovati; alcuni integri, altri rotti in più tronchi: e si vanno ora rialzando sulle basi rispettive. Il pavimento del portico è di battuto « alla veneziana » nel lato di mezzogiorno ; di musaico a chiaro scuro negli altri lati. Alle estremità del colonnato meridionale corrispondono due camere, di uguale disegno, lunghe met. 4,45 larghe met. 3,48, con un altare di fabbrica nella parete di fondo, e sedili sui fianchi, rivestiti di marmo. Nella camera dalla parte di ponente è stata ritrovata un'ara marmorea, che io stimo essere il monumento più bello ed il piii erudito venuto in luce negli scavi ostiensi dal 1870 in poi.
L'ara è scolpita da artefice espertissimo, in marmo bianco di Carrara. È alta met. 0,945 fino all'orlo della cornice, met. 1,095, compresi i pulvini: ed è larga in tutti i sensi met. 0,90. La cornice inferiore, che riposa sullo zoccolo alto met. 0,07, è intagliata di fusarola e di gola diritta, coi listelli rispettivi ; la cornice di sopra è intagliata di doppia gola e dentello.
Sugli spigoli, in alto, si veggono teste di ariete, dalle corna delle quali pendono vezzi di perle e festoni di frutta e di fiori, addoppiati di nastri; in basso, si veggono le tracce di quattro sfingi, o altro qualsiasi animale fantastico. I pulvini sono intagliati a foglie d'alloro, con rosoni nelle testate. Nel piano fra i due pulvini, si veggono le impernature di un simulacro. « L'argomento dei rilievi, svolto sulle quattro faccie del piedistallo, è allusivo al mito delle origini di Roma.
Nella prima scena, che costituisce la fronte dell'ara, e che perciò contiene le iscrizioni più importanti, si veggono le figure di Marte e di Venere, stipite della gente Giulia, ignudo l'uno, succinta l'altra. Marte distinguesi dall'elmo cristato, e da una leggera clamide, gittata sulla spalla e sul braccio sinistro : Venere ha la metà inferiore del corpo bellissimo velato dalla tunica: un balteo le attraversa' il busto, e armille le adomano le braccia. Tra i due amanti, in alto, un erote alato che sembra tentare di ravvicinarli: in basso, un'oca. A sinistra di Venere è espressa la figura di un giovinetto ignudo, con un oggetto di forma triangolare nella mano destra, che non saprei definire.
La scena, nel lato che segue girando a destra, rappresenta la biga del nume battagliero, affidata alla custodia di quattro genietti alati , espressi in movenze diverse e gentilissime. Uno, quasi peritoso di salire sul carro, con il piede sinistro a terra, e l'altro posato sul montatoio, si attenta a sferzare i cavalli: i quali, impazienti del freno e della sferza, son trattenuti a stento da una coppia di amorini, uno in terra, l'altro librato sulle ali. La quarta figurina sta accovacciata dappresso, o sotto il cavallo a mancina. Sul plinto è incisa la data del 1 ottobre 124.
La scena del terzo lato, a sinistra della fronte, forma in certa guisa la continuazione di quella testé descritta. Una coppia di eroti regge la corazza del nume : un'altra il suo scudo, ornato della testa gorgonica: un quinto genietto maneggia la lancia poderosa: un sesto le vvc;uòsg o ocree. L'elmo non apparisce in cotesta panoplia, perchè il nume se l'è lasciato sul capo. Sul listello della cornice è scritto: VOTVM SILVANO, dedicazione che ben si collega con quella del genio del collegio de' sacomarì.
...
Ho parlato, nella prima relazione, dei piedistalli marmorei scritti, coi quali sono state rinforzate e addoppiate le pareti dell'ambulacro che mette nell'orchestra. Sarebbe cosa utile per la topografia e per la istoria di Ostia, il determinare donde (juei piedistalli sieno stati sottratti, da colui che indegnanu'nte ristaurò il teatro sulla line del secolo quinto. Io aveva pensato, sul principio, che provenissero dal Foro maggiore, il quale dista dal teatro di 300 metri: ma forse non lianno percorso così grande distanza. Infatti è d'uopo considerare, che delle sette basi lette tino ad oggi, cinque furono dedicate da collegi e da corporazioni ai loro benefattori: due sole da amici e parenti a parenti od amici.
La base (e s'intende altresì la statua) di Q. Calpurnio Modesto, fu posta dal corpus mercalorum frumentariorum : quello di Q. Acilio Fusco e di Q. Petronio Meliore dal corpus me{ì\)sorum frumentariorum [adiulorum H acceptorum ostiensium): quelle di C. Giulio Tiranno e di M. Licinio Privato, dall'insigne collegium fabrurn tignuariorum. Da ciò ne consegue, che il gruppo dei monumenti deve appartenere alle scliolae delle corporazioni rispettive, piuttosto che al Foro della colonia; poiché questo, popolato com'era di statue, anche equestri di imperatori, di uomini illustri, di patroni e benefattori dell'intera città, mal si sarebbe prestato ad ospitare statue e piedistalli di modesti cavalieri, benemeriti di questo o quel collegio di cittadini, la cui fama non oltrepassava la cerchia delle patrie mura.
Del resto, le corporazioni religiose e d'arte e mestieri nel porto di Roma erano così numerose, che se ciascuna di esse avesse eretta una sola statua nel Foro ostiense, la popolazione dei vivi non avrebbe potuto più muoversi fra quella popolazione di marmo. Le fabbriche che circondano il Foro annesso al teatro, non solo non hanno l'aspetto e la disposizione di case private -, ma sono fabbriche positivamente erette in suolo pubblico, sottoposto cioè alla giurisdizione dei decurioni, e si prestano benissimo a servir di sc/ioio . di luogo di riimione, di uffici ai vari collegi.
La sala nella quale fu ritrovata l'ara del natale di Roma, ornata di ricco pavimento marmoreo, certamente di spettanza del collegio dei Sacomarii, ha attorno le pareti quel sedile di muro, che sembra essere la caratteristica di una schoU'. Alla estremità opposta del colonnato v'è una sala di identica fattura (tav. cit. lìg. 17), che possiamo credere avere avuto identica destinazione.
Eseguendosi una pulizia generale ed accurata dei monumenti di Ostia, sono stati rimessi allo scoperto e restaurati i mosaici delle Scholae nel così detto « Foro » dietro al Teatro, ritrovati nel 1882 e poscia ricoperti dalla terra, e quello del Mitreo del palazzo Imperiale, che più non si vedeva dal tempo degli scavi del Visconti. In questa occasione si sono fatti i seguenti ritrovamenti:
In fondo al Mitreo del così detto palazzo Imperiale (vedi la pianta in Casi Texles et monuments, II, pag. 240) il ripiano, cui si sale mercè i gradini, tot a sinistra dal muro di cinta m. 1,20. A m. 0,55 dal muro sinistro di cinta e a m. 0,50 a 0,60 dalla scala, a m. 2,25 di distanza dal muro di fondo, s'alza per “ba una lunghezza di m. 2 un muro costruito con cocci, mattoni, selci, sassi e terra, con- mi: servato per un'altezza di m. 1,40. Tra questo muro e la scaletta si sono rinvenuti, coricati per terra: vi un'anfora (C.I.L. tav. II, n. 28) alta m. 0,47 e col diametro alla bocca di m. 0,11; un frammento di dolio, su cui è scritta la lettera N; altri grandi frammenti di cocci. Tra il muro suddetto e quello di fondo, in mezzo a frammenti di nessun conto: un collo di anfora con turacciolo a metà del collo, coperto superiormente di calce; ne 4 un'antefissa con una testa nel centro di una palmetta (m. 0,16 X 0,10); un fondo di vaso aretino con la scritta (C.I.L. XV, 92): LGELLI
Nell'istesso Mitreo, presso l'edicola accanto all'ingresso, si è notato un vuoto nel muro, chiuso inferiormente da rozzi pezzi di tufo. Dietro si vedevano delle anfore coricate. Aperto un cavo della stanza adiacente, il cui pavimento è m. 1,20 più alto del piano del Mitreo, a un metro sotto a quello, si sono rinvenuti: un'anfora (C.I.L. XV, tav. II, n. 20) col bollo SER sull’ansa (C.I.L. XV, 3180) (alta m. 0,65; diam. al ventre m. 0,56); un frammento d'anfora (forma c. s.) col bollo CHRYSANT; un'ansa di anfora con il bollo MON; un ventre ‘l’anfora con la lettera R alta m 0,15; un vasetto di terra rossa (alt. m. 0,45; diam. m. 0,12); molti frammenti di vasi aretini, di vasi di terra verniciata in rosso e di altri più grandi di impasto rozzo scuro; tre frammenti di rozzo mosaico bianco-nero; una laminetta di bronzo (m. 0,08 X 0,09 X 0,01); un chiodo di bronzo; una lucerna (C.I.L. XV, tav. III, n. 30) con la marca: FLORENT; un frammento del bollo di mattone C.I.L. XV, 368; tre frammenti di vasi di terracotta a vernice invetriata, su uno dei quali sono rappresentate foglie e ghiande; molte ossa di animali. Il buco nei muro e tutto questo materiale colà scaricato doveva servire a facilitare lo scolo dell'acqua. Nell’intercapedine dei magazzini, accanto al muro di massi squadrati di tufo, sono tornati in luce alcuni bolli di mattoni: C.I.L. XV, 658 a, 658 b, 2150 (2 es ), 2197 e: ENNI EVTYCH forse: Her]enni Eutyeh[etis] (cfr. C.I.L. XV, 2171) e EX OFICINA EGRILI EVTYCH. Il nome Egrilius ricorre di frequente nelle iscrizioni di Ostia.
Nelle due prime stanze, a destra per chi vien dal Tevere, nel così detto « Piccolo mercato » sono tornati in luce molti frammenti di bolli di mattoni (C.I.L. XV, 19 d, 25 c, 495 (16 es.), 525 c (2 es.). 693 (2 es.), 633 c, (2 es.), 1347, 1348 3); un mezzo follis di Costantino IV Pogonato, Eraclio e Tiberio (a. 668-669 d. C.; Sabatier, II, pag. 16, n. 18, tav. 36,7); un frammento di sarcofago (m. 0,14 X 0,15 X 0,07) della cui rappresentanza resta soltanto parte della figura di Diana, che si rivolge indietro mentre sale sul carro, ed un frammento di cornicione in terracotta (m. 0,18 X 0,12 x 0,08).
Dante Vaglieri
Essendosi ripulita in parte la fogna che passa innanzi alla scena del teatro, con pendenza da sud-ovest a nord-est, a venti metri dall'angolo sud di questa si riconobbe che in antico ne fu restaurata la volta con parallelepipedi di travertino appartenenti a qualche edificio e con un cippo marmoreo scorniciato (m. 1,19 X 0,35 X 0,934) adorno di patera a d. e di prefericolo (scalpellato) a sin. Nello specchio del cippo (m. 0,72 X 0,245) è incisa l'iscrizione: NVMINI DOMVS AVGYVSTI VICTOR ET HEDISTVS VERN DISP CVM TRAIANO ba AVG LIB A X M. Cioè: Numini domus Augusti Victor et Hedistus, vern(ae) disp(ensatores) cum / Traiano Aug(usti) lib(erto) a .... X mo .... (ovvero a Xm..... o). Non si intende quale indicazione sia contenuta nelle tre lettere dell'ultima linea, se di un ufficio ignoto, o di qualche altra cosa. Su uno dei pezzi di travertino si legge la lettera P alta m. 0,185.
Fra la terra che riempiva la fogna si sono rinvenuti, oltre a frammenti di minor conto, i bolli di mattoni C.I.L. XV, 171, 228, 1436; un medio bronzo di Valeriano padre, piccoli bronzi di Valente, Teodosio, e due altri postcostantiniani, irriconoscibili; un frammento del braccio destro di una statuina (m. 0,105); una piastrina di bronzo di rivestimento di un mobile (m. 0,055), ecc.
A m. 24 dal suddetto angolo sud della scena la fogna era tagliata da un muro che la ostruiva completamente. Nella strada che corre innanzi al teatro, proprio davanti alla porta, a m. 0,40 sotto il piano stradale, fu scoperto un tubo di piombo, del diam. di m. 0,085, che attraversa obliquamente la strada. A m. 1,55 sotto il piano stradale si incontra la volta della fogna, la quale corre da nord a sud, nella direzione della strada. È alta m. 1,05 e larga m. 0,60. La volta, alla cappuccina, è formata da grossi tegoloni (m. 0,60 x 0,60). A quasi cinque metri dall'ingresso del teatro, verso sud, la fogna si divide, un ramo scendendo verso sud-ovest e un altro verso est. Quest'ultimo è più largo e più alto: ha i muri in opera laterizia, vôlta arcuata con grossi tegoloni al di sotto e pavimento rivestito ugualmente da grossi tegoloni. Ad ambedue i gomiti la fogna è munita di archi regolari a tutto sesto, dove pure si trovano adoperati frammenti marmorei.
Dante Vaglieri.
Proseguendosi le ricerche sulla linea meridionale del così detto Foro di Cerere, sono tornati in luce i mosaici di due altre scholae. La prima di esse, più settentrionale, presenta il mosaico bianco inquadrato da una fascia nera e da una bianca (m. 2,85 X 2,30). Nel centro si vede in nero un modio (m. 0,30 X 0,31) con tre spighe (m. 0,62).
La seconda, contigua, ha egualmente il mosaico bianco, inquadrato nello stesso modo. Vi è rappresentata in nero una barca lunga m. 1,14, alta m. 0,30, con albero, alto m. 0,70, sostenuto da corde, che formano quattro scale. Più ad occidente, all'altezza della barca, si vede un modio con tre piedi e due manichi e sopra il regolo. Al di sopra v'era una scritta in tesselle bianche, ma un restauro antico l'ha in massima parte distrutta: vi si vede ancora OMS
Così sono tre le scholae finora scoperte relative al commercio dei grani: una, di fronte a queste, appartenente al collegio dei mensores frumentarii, e queste, di cui una può appartenere ai navicularii frumentarii.
Sotto la prima camera scavata quest'anno in via della Fontana si è notato un forte strato di sabbia misto a frammenti di cocci. Entro questo strato si sono osservati gli avanzi di almeno quattro costruzioni anteriori. Procedendo dall'alto anzitutto le traccie di un pavimento di calce e cocciopisto. Un piccolo strato di terra separa questo da un altro pavimento consimile.
Un altro strato di terra, alto cm. 29, divide questo da un pavimento ad opera spicata, che si estende fin sotto la strada e sotto il corridoio dietro la stanza suddetta. Al disotto poi di un altro strato di terra di cm. 23 havvi un muro di opera reticolata con ricorsi di mattoni, che sta a m. 0.81 sotto il piano della camera con la quale non è orientato. Anche qui si nota una rapida successione di costruzioni diverse in Ostia.
Dante Vaglieri.
Sterri intorno al Teatro. di ostia antica
Lo sterro si è anche allargato verso il lato orientale del teatro, cioè verso il portico che lo cingeva da questa parte e le taberne, nelle quali sono precipitate le grosse vòlte che le ricoprivano.
La scoperta più notevole qui fatta è quella di un cippo (m. 1,05 X 0,58 X 0,52), ornato di patera e prefericolo ai lati. Sulla fronte si legge la seguente iscrizione: PAVFIDIO | P FIL QVIR | FORTI | II VIR Q AER OST V | P C | fa VSTIANVS EPICTETVS | eu PROSYNVS IANVAR1VS | PATRONO | INDVLGENTISSIMO cioè: P(ublio) Aufìdio P(ublii) fil(io) Quir(ina) Forti, [II] vir(o), q{uaestori) aerarli) Osl(iensis quintum), p(alrono) c(oloniae) [meglio che patrono collegi], [Fa]ustianus, Epictetus, [Eu]frosynus, Iannuarius patrono indulgentissimo. Faustianus, Epictetus, Euphrosynus e Ianuarius sono liberti di P. Aufidius Fortis. I primi due sono ricordati insieme nell'iscrizione C.I.L. XIV, 161; il primo come quinquennale, il secondo come questore del corpus mercatorum frumentariorum ; questo cippo proviene dallo stesso teatro (')• Probabilmente dello stesso P. Aufidius Epictetus è l'iscrizione sepolcrale C.I.L. XIV, 686, postagli dalla moglie. Di lui, morto in età di 77 anni, si dice nel carme che ...fuit ad superos felix, quo non felicior alter aut fuit aut vixit. Simplex, bonus atque beatus, numquam tristis erat, laetus gaudebat ubique.
Il patrono cui l'iscrizione è dedicata, P. Alfidius Fortis, fu in Ostia duumviro, questore dell'erario per cinque volte e patrono della colonia. In epoca tarda questo nostro cippo venne riadoperato, essendovi stata incisa nel lato posteriore la seguente epigrafe (fig. 8): cioè: Ragnnius Vinceatius Celsus, v. e, praefectus annonae Urbis Romae, urbi eidem propria pecunia civilatis Ostiensium collocava. lìagonio Vincentio Celso praefectus annonae urbis Romae non è certo persona sconosciuta. Anzi le memorie che ne abbiamo, meno l'iscrizione trebulana C.I.L. X, 4560, male tramandataci, tutte si collegano con l'attività da lui spiegata ad Ostia ed in Porto. Nota è l'iscrizione, trovata nell'isola Tiberina e conservata nel Museo Vaticano (C.I.L. VI, 1759) dedicata a lui dai mensores Portuenses nel 389, dopo che egli ebbe deposta la carica:
Ragonio Vincentio Celso v. e, a primo aetatis introito in actu publico fitteli exercitatione versato, cuius primaevitas, officio sedis urbanae advocationis exercito, fidem iunxit ingenio, prudentiae miscuit libertatem, ita ut nemo de eius industria, nisi Me, cantra quem susceperat, formidaret ; cuius accessus aetatis amplissimi honoris et qui solet seniorib(us) provenire, ornamenta promeruit: nani rexit annonariam potestatem urbis aeternae ea aequitate, ut inler omnes, qui ad eum animo litigantis intrassent, parenlem se plerumq(ue) magis his quam iudicem praebuisset. Rine etiam factum est, ut mensores nos Portuenses, quib(us) velus fuit cum caudicariis diulurnumq(ue) luctamen, voti compotes abiremus, ut utrumq(ue) corpus et beneficio se et Victoria gratuletur adfeclum; nam ut hoc esset iudicio, iam posilo magistrato staluam patrono praestantissimo testimonio gralulalionis exsolvimus, cum res non adulatione, privato, set iudicio, posilo in olio et quiete reddatur. Dedicata Vili Kal(endas) Sept(embres) Fl(avio) Timasio et Fl(avio) Promoto vv. ce. conss.
Un'altra memoria epigrafica, conservata solo nel codice di Oliva e copiata forse a Roma, molto simile alla precedente, è probabilmente di origine portuense od ostiense (C.I.L. XIV, 173). Una terza proviene da Porto, dove fu rinvenuta nel 1866 negli scavi Torlonia (C.I.L. XIV, 138). Molto affine però al nostro è un cippo, conservato nel Museo Vaticano, proveniente secondo il Suarez, « e ruinis Ostiae » (C.I.L. XIV, 139): Guravit Ragonius Vincentius Celsus, v. e, praefeclus annonae urbis Romae et civitas fecit memorata de proprio. La nuova iscrizione dimostra che a torto il Dessau (1. e, cf. pure Inscriptiones selectae ad n. 1272) l'ha attribuito all'istesso edilìzio di Porto, cui appartiene l'altra su citata C.I.L. XIV, 138. L' indicazione del Suarez è evidentemente esatta e quel cippo costituiva un perfetto monumento corrispondente al nostro, per quanto scritto in un latino meno barbaro.
La nostra epigrafe sembra avere lo stesso significato: Ragonio collocò in Roma una statua dedicata Urbi, che la città di Ostia fece a proprie spese. Comunque sia l'iscrizione ha particolare importanza per l'epoca tarda cui essa spetta, cioè per' il penultimo decennio del IV sec. d. C. Perchè gli edifizi di Ostia, quali noi li vediamo, sono nel loro complesso sorti tra il secondo e la prima metà del terzo secolo d. C. ; poi, specialmente forse dal principio del quarto (dopo la concessione dei diritti municipali a Porto?) sembra sopravvenuta una stasi: finalmente un breve periodo di risorgimento si dovrà riconoscere verso la fine dello stesso secolo, dopo il quale cominciò il definitivo abbandono della città.
Qual parte ebbe Ragonio in quel risorgimento? Poiché venne trovato il cippo di Aufidio insieme alle altre basi onorarie nella piazza dietro il teatro, forse devesi ritenere che fosse stato qui stesso rialzato col nome di Ragonio? Ovvero si dovrà attribuire a tempo anteriore a questo la dispersione di tutte quelle basi e a quello o a questo il loro uso nel rifacimento del teatro? E in tale caso, la base di Ragonio stava in rapporto con questo edificio e col suo riadattamento che a questo tempo circa si deve attribuire?
Nell'istesso posto si raccolse: Marmo. Lastre iscritte: 1. (m. 0,26 X 0,28 X 0,04): D | PETRONiae... | IAE CON iugi... | SIMAE C... | CANIV; 2. (m. 0,42 X 0,24 X 0,02): SEP | LESTI | IILIOCA | MOPE | VIXNA | M D (invertita); Terracotta. Un mattone col bollo C.I.L. XV, 2729 e uno delle figline Tempesine come quello pubblicato nelle Notizie, 1909, pag. 57 b.
L'edificio di fronte al teatro presenta una serie di taberne (ricavate, almeno in un tratto, da un portico originario?), e avanzi di riadattamenti tardi. Sotto uno strato d'incendio si raccolse una lastra marmorea (m. 0,33 X 0,20 X 0,04): M | ...RSIL | SANCTIS | VIVS AS | ...MEREN
In uno di quei vani, proprio di fronte all'ingresso del teatro, fu scoperto un piccolo forno: la parte inferiore è fatta con pezzi di cornice, lastre marmoree, pezzi di travertino e altro materiale di edifici antichi, le pareti e la vòlta con tegolozza.
La bocca era chiusa con una lastra marmorea iscritta (m. 0,55X0,73X0,032): A DAPHNE feci T SIBI ET | a egri LIO PATERNO | aed I LICTOR CVRI | atio flam div VESP SACR VOL K F ET | a egrili O ONESIMO CONIV | gi suo se VIRO AVGVSTALI IDEM Q Q | curato RI EORVM ANNIS CONTINVIS a. eg RILIO MARONI DIGNISSImo | lib. liber in fron LIBERTAB POSTER ISQEOR um | PXL IN AGRO P XX cioè: ...... a Daphne [feci]t sibi et [A. Egrillio Paterno, [..... aedili, lictor(i) curatio, flam(ini) div]i Vesp(asiani), sacr. Volk (ani) f(aciend.) et [A. Egrililo Onesimo coniugi suo, se]viro Augustali, idem quin)q(uennali), [curato]rieorum annis continuis (quinque), [A. Egrilio Maroni dignissimo lib(erto), libert(is) libertab(us) posterisq(ue) eorum. In fron]t(e) p(edes) XL, in agro p(edes) XX... Il gentilizio di Egrilio, comune in Ostia, è assicurato dalla linea nona. Egrilio Paterno, forse patrono, forse figlio di Daphne (e patrono o filio suppliremo nella quarta linea), fu littore curiazio a Roma; conseguì l'edilità ad Ostia, come C. Domizio Fabio Ermogene, che era stato scriba degli edili curuli e L. Licinio Erode, che era stato viatore consolare (C.I.L. XIV, 373), e fu flamen divi Vespasiani. Strana è la forma che segue: sacr. Volkani faciend., che non mi sembra doversi semplicemente interpretare siccome sacrorum Volkani faciendorum quale ufficio a sè. Sono ben noti ad Ostia i praetores e gli aediles sacris Volcani faciendis; onde ritengo che nella nostra lapide manchi per errore o pro aed. Il marito di Daphne, A. Egrilius Onesimus, fu seviro Augustale, quinquennale e curatore dello stesso corpo per cinque anni continui. Un altro seviro, A. Livius... (C.I.L. XIV, 12), fu [cura]tor annis [continuis . . . .], mancando il numero degli anni; in un'altra epigrafe (316) si dice che al seviro L. Carullius Epaphroditus, i colleghi post curarti quinqueanalitatem optuler{unt), qui agit annis continuis fili, dove sarà da intendere che per quattro anni egli sostenne l'ufficio di curator.
Presso lo stesso forno si raccolse un vaso di alabastro a pancia molto stretta (alt. m. 0,105).
In questi stessi vani di fronte al teatro si raccolse: Marmo. Testa muliebre (alt. m. 0,26) con capelli divisi e graziosamente raccolti sulla nuca (fig. 9); Un frammento di lastra (m. 0,155 X 0,186) con due ligure rozzamente incise, l'una giacente a terra, l'altra in atto di cadere da cavallo (fig. 10). Bella mensoletta con foglie di acamto, palmette e rosoni (m. 0,44 X 0,18X0,13); Colonnina scanalata e perforata (m. 0,77; diam. m. 0,102); Frammento di colonna con foglie e bacche d'edera (m. 0,19 X 0,138); Bacinella con quattro anse (m. 0,10 X 0,35); Urna cineraria circolare (m. 0,32 X 0,34). con rappresentanze relative al mito di Medea, espressa coi tipi consueti dei sarcofagi. Da una parte Creusa (fìg. 11), indossata la veste avvelenata, presa da pazzia, salta dal suo letto, mentre il padre, disperato, si strappa i capelli. Dall'altra Medea, brandendo la spada nella d., nel carro trascinato dai dragoni alati porta seco i due figli uccisi, uno sul carro stesso, l'altro sulla spalla. Tra le due rappresentanze (fig. 13) si legge l'iscrizione D M | T FL CARPVS | GEMINIAE | EVCHARISTU | CONIVGI B M | ET GEMINA | PANTHERIS | FILIAE | PIENTISSIMAE. Sotto l'iscrizione è rappresentato un fiume recumbente con cornucopia. Due frammenti di lastre iscritte: 1. (m. 0,17X0,105X0,025) a piccole lettere: FRVC | S INVER | HERCLIA | CRATE | S ANVLLIIN us | iRENAEV s | VS FEL | VS BOETHO | VS FELIX; 2. (m. 0,18 X 0.11 X 0,028): ERTE | SERI | M NI | IA PAX; Terracotta. Mattoni con i bolli C. I. L. XV, 1437 (2 es.) e EX FIG SE....X | MAMER E SEPTM (cf. C.I.L. XV, 2159 e Notizie, 1909, pag. 167). Frammento di tegolone decorativo (m. 0,11 X 0,22) con amorino che regge un festone di frutta e ala di un altro amorino.
Dante Vaglieri.
Stampe antiche