Codice identificativo monumento: 6071
Una formazione di navi inglesi apre il fuoco contro delle postazioni francesi, installate ad Anzio dopo che Napoleone Bonaparte aveva occupato lo Stato Pontificio. I bombardamenti portano anche alla distruzione della Torre di Capo d'Anzio, parte della Torre di Caldano e le strutture portuali.
L'ingegnere capo del Genio civile ed il sindaco di Anzio riferirono sui primi di gennaio, che il mare burrascoso negli ultimi di decembre, investendo il piede del promontorio di Anzio, nel punto detto l'Arco muto, rimise allo scoperto un muro rivestito di cortina, costituito da riquadri o scomparti di opera reticolata di tufo e finti pilastri di cortina di mattoni, ed ornato di una nicchia parimenti in cortina di mattoni, entro la quale si rinvenne una statua muliebre di marmo pario, mancante della testa, delle braccia, e di una parte del petto. Tale statua, posta su piedistallo è alta met. 1,50.
Fatte fare accurate ricerche, sotto la guida dell'ispettore sig. Venanzio Scagnoli, il giorno 4 gennaio si rinvennero con la testa altri pezzi della statua, ed un altro piedistallo, che diede speranza di ulteriori scoperte. La statua depositata nella villa del principe di Sarsina, rappresenta una giovane donna tutta intesa a riguardare qualche cosa che sosteneva colla sinistra, dove è restato solo una piccola base marmorea frammentata con avanzi dei piedi di un animale.
I ruderi scoperti appartengono alle sostruzioni del tempio della Fortuna Anziatina; ed il eh. senatore P. Rosa, ispettore generale dei musei e degli scavi, essendosi recato sul luogo della scoperta, comunicherà quanto prima altre notizie, che a suo tempo avrò l'onore di presentare alla R. Accademia.
Rodolfo Lanciani.
La fortuita scoperta di una pregevole statua muliebre, che per le burrasche degli ultimi giorni del dicembre 1878, ebbe luogo sulla riva del mare presso il promontorio di Anzio , richiamò le cure del Ministero, secondo che ebbi occasione di annunziare nelle Notizie del passato gennaio p. 159 (cf. febbraio p. 207. tav. I, n. 4).
Essendosi recato sul luogo l'ispettore generale degli scavi e dei musei, il eh. comm. P. Rosa, diede egli le seguenti informazioni.
Il ritrovamento della statua non avvenne per mezzo di opere di escavazioni o di lavori qualsiasi, ma per caso fortuito, come accennano i rapporti della R. Prefettura di Roma e dell'ispettore locale, cioè per le onde burrascose del mare, le quali negli ultimi giorni del dicembre u. s . giungendo fino ad investire i piedi del promontorio di Anzio, cagionarono una lunga e grande frana, che pose allo scoperto un antico muro di sostruzione in opera reticolata, suddiviso a riquadri, intelaiati da una fascia orizzontale e verticale d'opera ordinaria di mattoni.
Il riquadro centrale contiene una grande nicchia rivestita di stucco, con la semicalotta a forma di conchiglia , entro la quale ritta sulla sua base , anche in laterizi, fu ritrovata la statua.
Rovesciata a terra da alcuni terrazzani di Anzio, forse col proposito di trasportarla altrove, fu privata della testa congiunta alla parto scoperta del petto, e del braccio destro, fin da origine riportato. E poiché questa parte era la più facile ad essere trasportata, si trafugò; ma prima del mio arrivo in Anzio fu riconsegnata al sig. Falconi, agente del principe di Sarsina, il quale aveva già riposto in alcuni locali del suddetto principe l'altra parte della statua.
Mi fu dato cosi di poterla vedere ed esaminare, si può dire completa, poiché oggi trovasi solamente mancante dell'avambraccio destro, e della estremità del sinistro.
La statua è di proporzioni poco più grandi del vero, essendo alta, senza la pianta, met. 1,95.
Dagli studi da me fatti mi risulta, che essa non può rappresentare una divinità, come taluno fece supporre, ma una figura allegorica al culto antichissimo, che in Anzio si professava alla Fortuna Gemina Ànziate , cioè Felice e Forte, come ci indicano le molteplici notizie, e le iscrizioni per lo innanzi rinvenute in quella località. E più precisamente io credo, che questa statua rappresenti una di quelle giovani sacerdotesse, che assistevano i sacerdoti nelle solenni cerimonie dei responsi della Fortuna Gemina Anziate.
Ed infatti, perfettamente concordano con quel culto gli attributi che si veggono scolpiti sul bacile, che sorregge con la sinistra, quali sono il ramo di olivo, il leone, del quale solo rimangono i piedi, ed una pergamena arrotolata, più i resti di una corona, anche essa di olivo, che doveva sorreggere con la mano destra.
L'esecuzione non è di prim'ordine. La statua si compone di due pezzi, i quali si riconnettono fra loro, là ove il nudo del petto comincia ad essere ricoperto dalle vesti ; stile e sistema che spesso si è verificato nelle opere riferibili alla prima epoca degli Antonini, e perciò il suo pregio non può essere che unicamente di una importanza monumentale locale.
Dico importanza monumentale locale, poiché il caso non comune di avere ritrovato questa statua ritta al suo posto, di più munita di quegli speciali attributi, ci dimostra chiaramente che quei grandiosi resti non possono riferirsi, che al celeberrimo tempio della Fortuna Gemina Anziate. Cosa che trovasi in perfetto accordo, come già dissi sopra, con le molteplici notizie che di questo tempio ci hanno tramandato i classici scrittori antichi, ed ispecie Marziale, il quale indica la posizione del tempio fuori della città, sull'alto del promontorio, rivolto al mare in vista dei naviganti, e facilmente accessibile dal mare stesso.
Da ciò che soggiunge il suddetto coram. Kosa nella fine del suo rapporto, il sig. principe di Sarsina, che fece collocare la statua nella sua villa presso Anzio, si propone di fare scavi, allo scopo di scoprire i frammenti che mancano per completare il monumento.
L'ispettore di Anzio, sig. conte Guido Bentivoglio, segnala un ritrovamento accidentale, avvenuto a circa due chilometri dall'abitato, in un fondo di proprietà del principe di Sarsina, poco lungi dalla Fornace.
AI limite di un’altura prospiciente il mare, potè ricuperarsi il torso di una statua acefala di eroe, e la base della stessa co’ due piedi ed un superbo partito di pieghe, che asconde la parte posteriore di grosso uccello acquatico. La statua, oltre che della testa, è mancante pure del braccio destro, e di buona parte del sinistro. Il torso è traversato in prossimità del collo da una fascia, ed è abbastanza bene conservato, specialmente nella parte posteriore. Il solo torso misura più di un metro.
Mentre si frugava intorno, colla speranza di rinvenire le parti mancanti della suddetta statua, si ebbe la fortuna d’imbattersi, a lieve profondità, in altra piccola e graziosa statua quasi intera, con testa di riporto adattata nel suo incavo, in senso inverso.
Questa statuina è di marmo greco, come l’altra, e misura con la base m. 1,32. Manca del braccio destro, e dell’ indice e del pollice della mano sinistra, la quale sembra stringesse un oggetto o attributo. La testa di riporto è molto corrosa nella sua parte anteriore, sì che lascia poco distinguere la fisonomia e l’acconciatura, che per altro presenta il carattere di un Mercurio giovinetto; il panneggio semplice che ricade sul braccio sinistro, nasconde una pianta, che a giudicarne dal tronco sembra debba essere un palmizio.
Queste sculture furono trasportate nel palazzo del principe di Sarsina in Anzio
Nel mese di maggio e nelle due prime settimane di giugno la signora principessa di Sarsina ha fatto eseguire alcuni scavi nella villa Anziate. Il suolo è stato scavato per pochi metri quadrati in sette o otto punti diversi, senza alcun concetto direttivo, ed il lavoro è stato abbandonato, anche quando evidentissimi apparivano gli indizî di successo. Di questi tentativi saltuarî non è possibile dare descrizione. Accennerò solo alla scoperta di un angolo di sala balneare, ad oriente del teatro imperiale così ben descritto ed illustrato dal della Torre.
Questa sala, circondata da mura grosse sei piedi (m. 1,74), misurerebbe, se interamente scoperta, la superficie di mo 204,91. Addosso alla parete di ponente, alla ‘destra di chi guarda il mare, corre una specie di suggesto, largo m. 1,40 e sostenuto da volticella di m. 1,20 di diametro, cui si accede per mezzo di quattro gradini rivestiti di marmo. Le mura sono addoppiate di tubi caloriferi. In questo e negli altri tasti fatti su tutta la superficie delle fahbriche neroniane, sono stati trovati pezzi di lastre di marmi colorati, chiodi di rame, lastre di piombo, ed uno solo frammento di bollo figulino delle fornaci domiziane.
Rapporto del prof. Rodolfo Lanciani.
Per conto dell'amministrazione di casa Sarsina, cominciano alcune ricerche nell'area della villa imperiale anziate, al promontorio dell'Arco Muto in terreno vocabolo Batteria, pure di proprietà della casa predetta. Le indagini fm"ono dirette dal sig. Luigi Boccanera. A poca distanza dal sito prescelto per queste nuove investigazioni avvennero le scoperte delle quali è parola nelle Notizie del 1889 p. 164.
Gli scavi, condotti qua e là col semplice scopo di ricercare antichi oggetti, hanno messo in luce varie stanze della villa che, e dalla cortina delle pareti e dalla tecnica con cui furono composti i mosaici dei pavimenti, debbonsi indubbiamente ritenere del tempo di Adriano, il quale, come è noto, restano le costruzioni neroniane, in Anzio. I mosaici sono pressoché tutti uguali, rappresentano cioè intrecci di ornati e vilucchi, su fondo bianco. Nel mosaico di una sala che ha m. 8 X 8 di superficie, negli spazi lasciati dagli ornati e vilucchi predetti, vedonsi tanti piccoli buisti femminili, ornamentali. In altro mosaico, invece dei busti è rappresentato uu genio alato, con cornucopia nella sinistra e ima verga nella destra, in atto di incedere a dritta. Dietro vedesi la figura di un cane in corsa. Il contorno del mosaico è formato da un intreccio ornamentale, che si diparte da alcuni crateri. La camera ove fu rinvenuto questo mosaico, fu ridotta, in tempi posteriori, a proporzioni più ristrette, con la costruzione di altri muri che intersecando il mosaico lo dividono in parti irregolari e non simmetriche.
Nuovi saggi praticati in altri punti della villa, hanno fatto conoscere alcune sale destinate ad uso balneario, come fu rilevato dalla presenza delle condotture nelle pareti, del duplice pavimento con suspensurae, e di un ipocausto. Il mosaico, in queste sale balnearie, era semplicemente a grossi tasselli di manno bianco.
Si è potuto constatare, che la villa è stata tutta quanta scavata e rovistata nei passati secoli, con lo scopo evidente di trarne materiale da costruzione, tanto che mentre le stanze conservano ancora intatti i pavimenti a mosaico, ne furono asportati i marmi che rivestivano le pareti.
In un rapporto del prof. Laudani, in cui si parla di lavori eseguiti nelle due prime settimane di questa nuova ricerca, è fatta parola di una lastra marmorea trovata fuori posto in fondo ad una piscina, ove sono segnate col carbone varie linee di cifre numeriche.
Merita qui essere ricordato che innanzi al grande muraglione neroniano-adrianeo, in cui furono trovate le statue, ancora al posto, entro le nicchie verso la fine del 1887 per l'impeto dei marosi fu messa in luce una statua marmorea femminile (la cosidetta Fanciulla di Anzio), che unitamente alle sculture rinvenute nel 1879, trovasi nell'ingresso della villa Sarsina.
Ora essendo state in questo luogo medesimo eseguite alcune indagini, si riconobbe che il detto muraglione altro non era se non la parete interna di spazioso porticato, largo circa m. 7, decorato con colonne di cipollino, delle quali vari rocchi osservansi a fiore d'acqua. Dalla parte del mare, innanzi a detto muraglione, sono stati scoperti alcuni pilastri laterizi, sui quali poggiò la volta, oggi tutta franata, e della quale si raccolsero pezzi di finissimo stucco.
Pezzi di colonne antiche rinvenute presso il porto di Anzio: Nella località Sconciglio, presso il porto di Anzio, sono stati ricuperati dal fondo del mare tre rocchi di colonne, due di travertino appartenenti probabilmente alla medesima colonna, e l'altro di marmo bianco; i due primi rocchi misurano m. 2,40 e m. 1,60 di lunghezza col diametro rispettivamente di m. 0,70 e m. 0.65; quello di marmo bianco misura m. 2,00 di lunghezza per m. 0,35 di diametro.
Tutti e tre i frammenti sono in cattivissimo stato di conservazione, e in special modo quelli di travertino la cui porosità ha facilitato il disfacimento per mezzo dell'acqua marina.
Eduardo Gatti.
Finalmente, dopo lunghe trattative e pratiche laboriose, che hanno acuito in questi ultimi due anni la curiosità del pubblico, la celebre statua muliebre di Anzio, appartenente ai principi Aldobrandini di Sarsina, è diventata patrimonio dello Stato. Questo acquistava l'insigne monumento di scultura per la cospicua somma di 450 mila lire, con contratto firmato il giorno 9 ottobre 1909, e prendeva possesso del cimelio, che trasportato a Roma con ogni cura, il giorno seguente, veniva accolto nel Museo Nazionale Romano nelle Terme Diocleziane e provvisoriamente situato all'angolo NE del chiostro, in fondo all'ala II.
Si sta preparando intanto una più degna sede, nel piano superiore, ove una luce adeguata ed un fondo armonico facciano valere tutte le qualità estetiche della statua. Dal giorno 17 ottobre, il pubblico è stato ammesso ad ammirare la statua; e da quel momento sono incominciate le discussioni sul « valore » di essa e, come suole normalmente avvenire, gli osanna ed i crucifige si sono alternati e rimbeccati a vicenda prò e contro il ministro Rava ed il direttore delle Antichità e Belle Arti, che secondando il desiderio di tanti archeologi, ed accettando il voto del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, hanno voluto acquistare il prezioso monumento.
I giornali quotidiani da qualche tempo stanno facendo attorno ad esso una ridda di articoli, nei quali, non sempre con esattezza, si riferiscono opinioni espresse da competenti e da incompetenti sulla enigmatica statua. Sarebbe opportuno che intorno ad essa non circolassero idee che possano fuorviare l'opinione pubblica; e noi, mentre sentiamo il dovere di unire il nostro plauso per un atto di coraggio ben inteso della Amministrazione delle Antichità, non possiamo rimanere indifferenti alle discussioni che si fanno intorno alla misteriosa fanciulla di Anzio, della quale ogni rivista archeologica ha tenuto parola.
Senza la intenzione di ripetere cose ormai molto note e senza la speranza di squarciare definitivamente il mistero impenetrabile della strana figura, crediamo opportuno riassumere brevemente quanto di più sensato si è detto su di essa, e portare il nostro modesto contributo al giusto apprezzamento del suo significato e del suo valore artistico.
Gioverà forse ciò ad impedire che più oltre un simile argomento sia bistrattato impune- mente, dando origine a deplorevoli fantasie sul soggetto e sul pregio della statua. Ciò che più aguzza la fantasia di chi si occupa della statua Anziate, è il mistero che la avvolge: leggendaria è la storia del suo trovamento quasi miracoloso, oscuro è il significato della figura, ignoto ne è l'autore ! Noi esamineremo perciò criticamente questi tre punti della questione.
Sono ormai noti, perchè ripetuti a sazietà, i dati relativi alla scoperta, quali sono espressi nelle relazioni ufficiali. Nelle Notizie degli scavi del 1879 si racconta come negli ultimi di dicembre del 1878, il mare burrascoso, battendo furiosamente contro il Capo di Anzio, presso l'Arco Muto, avesse fatto franare parte del terreno che costituiva la fronte del promontorio.
Evidentemente questa era costituita dal materiale crollato dagli antichi edifici soprastanti, poiché la frana mise allo scoperto tutta una grande parete a cortina, con nicchie, che serviva di sostruzione alla terrazza superiore. Su questo ripiano si trovano le rovine che dapprima si credevano del tempio della Fortuna Gemina Anziate: più probabilmente sono i resti della sontuosa villa imperiale. Pare che esistesse quivi una doppia terrazza rivolta verso il mare, la cui parete di fondo fra i due ripiani era adorna di decorazioni architettoniche, di stucchi, e di statue nelle nicchie.
La Fortuna Anziate volle restituirci in quella occasione uno dei più cospicui saggi del buon gusto artistico di Nerone: in una di quelle nicchie ornate nel catino da conchiglia in stucco, 80 m. ad ovest del Faro Nuovo, e precisamente in quella a sinistra sopra un piedistallo di muratura, stava ancora in piedi la nostra statua, che si celava da secoli sotto le macerie. I primi ad avvedersene all'indomani della sua apparizione, in quel luogo poco frequentato, furono alcuni pescatori, che si dice si appropriassero la parte distaccata della statua, la quale poi restituirono, dopo ottenuto un premio e dopo lunghe tergiversazioni, al legittimo proprietario, il principe di Sarsina, che fece collocare la statua nel suo palazzo, dove è rimasta fino all'estate scorsa.
Il giudizio poco favorevole circa il pregio della scultura, espresso dal Sopraintendente degli scavi Sen. Pietro Rosa nel suo primo rapporto, e la prima fotografia pubblicata, presa da un falso punto di vista, han fatto sì che la statua rimanesse per parecchi anni quasi sconosciuta agli archeologi, non così però ai commercianti di antichità. E fu appunto una fotografia di essa, esistente presso un antiquario, che richiamò l'attenzione di un archeologo straniero, il quale comunicò quella che può dirsi la seconda scoperta della statua, al Klein, nel 1898. Questi riconobbe in essa l'originale di un piccolo schizzo che nel repertorio delle sculture del Reinach andava per le mani di tutti.
Da quel giorno fu un continuo pellegrinaggio di archeologi al palazzo Sarsina e, naturalmente, furono primi gli stranieri ad interessarsene, mentre la fama del cimelio che da quel tempo in poi si è andata aumentando, per la cupidigia dei commercianti, ne faceva salire a gradi smisurati il valore. Sfuggita quasi miracolosamente alla esportazione, quando il suo prezzo non era ancora altissimo, richiamò più volte l'interessamento della predetta Direzione Generale, eduna Commissione composta dai professori Loewy, De Ruggiero e Gatti, recatasi per incarico del Ministero a visitare la statua, ne pose in rilievo il pregio in una relazione che fu il primo « atto di giustizia » reso al monumento.
Essendo stato poi chiesto nel 1902 il permesso di esportazione, ed andata in vigore nello stesso anno la nuova legge per le antichità, si venivano stringendo sempre più attorno alla statua le reti dei cacciatori, mettendone sempre più in pe- ricolo la sua permanenza in Italia. Fu allora incaricata un'altra Commissione di riferire intorno ad essa, e cioè Ettore Ferrari, Gherardo Ghirardini ed Emanuele Loewy.
Da quel tempo si sono succedute le trattative da parte del Ministero colla casa Aldobrandini per l'acquisto, il quale si rese alla fine necessario, quando il pericolo reale della esporta- zione e il crescere minaccioso del suo prezzo decisero il Go- verno a trattenerla per le collezioni governative. In pari tempo si succedevano le pubblicazioni che ne trattavano.
L'Altmann negli Jahreshefte dell'Istituto archeologico austriaco, poi l'Amelung nei Denkmaeler del Bruckniann, ne fe- cero oggetto dello studio più profondo ('). Ma la conoscenza di essa rimaneva sempre un privilegio del cenacolo scientifico: e solo il 50 maggio 1907. nella bella conferenza tenuta dal Loewy all'Associazione Artistica internazionale, può dirsi che la statua di Anzio sia entrata a far parte degli argomenti che interessano il così detto « gran pubblico ».
Lucio Mariani