Data: 1906 / 1911
Codice identificativo monumento: 70
Intrapresi i lavori per la costruzione del nuovo fabbricato, che sorgerà in piazza Venezia, nell'area già occupata dal palazzo Torlonia, alla profondità di m. 7,25 sotto il piano stradale è stato scoperto, nel fondare il pilone sull'angolo prospiciente il Corso Umberto I, un tratto di antico selciato stradale, limitato da una guida in travertino. Su questa si trovò poggiato un cippo terminale, pure in travertino, alto m. 2,00, largo m. 0,75.
Nello sterro si sono recuperate due colonne scanalate, di cipollino, lunghe m. 2,40, diam. m. 0,30; una colonna di palombino, in due pezzi, lunga m. 2,15, diam. m. 0,30; un rocchio di colonna in marmo bianco, lungo m. 1,10, diam. m. 0,25.
Nei lavori pel monumento al re Vittorio Emanuele è stato trovato un antico mensolone di marmo (m. 0,64 X 0,28 X 0,30), che nella fronte porta scolpita una testa di ariete, il cui collo finisce con foglie ornamentali d' acanto. La scultura è di buona fattura e ben conservata.
Giuseppe Gatti.
Al di sotto dell'antico selciato stradale scoperto nell'area ove sorgeva il palazzo Torlonia, in piazza Venezia, si sono rinvenuti due pezzi di fistole acquarie, di medio modulo, in direzione trasversale della strada predetta. In uno di questi tubi plumbei si legge, ripetuta sopra ambedue i lati, l'iscrizione: LAVRENTI VC REGIONE VII
Nell'altro, che è frammentario, resta soltanto la metà della stessa leggenda, egualmente ripetuta in ambo i lati: VC REGIONE VII. L'antica strada era fiancheggiata da una serie di grandi cippi terminali, in travertino, alti m. 1,90 X 0,75 X 0,45. Ne sono stati scoperti cinque, posti alla distanza di m. 4,15 l'uno dall'altro: sono tutti anepigrafi.
Negli sterri è stato recuperato un bellissimo busto in marmo, rotto in tre pezzi, ma perfettamente conservato in tutte le sue parti e di buona fattura. Rappresenta una giovane donna imperiale, ed è alto, compreso il pieduccio, m. 0,70. Si raccolsero pure fra la terra frammenti di colonne diverse, in marmo bianco, bigio e di granitello; due altri piccoli rocchi di colonne baccellate a spira, in marmo giallo; un peso di marmo, di forma ovale; varî pezzi di utensili in rame e in ferro, bruciati e assai consunti; ed alcuni frammenti epigrafici tra cui una Lastrina di marmo, di m. 0,19 X 0,12:
D M OCTAVIAE
QVIETE PONTIA
DANAE FECIT FIL
IAE SVAE CARISSIM
E VIXI TANNIS XY
MESES DVO DIEBY
Giuseppe Gatti.
Il Caffè Faraglia si trasferisce dai locali del Palazzo di Montecani nel nuovo Palazzo delle assicurazioni Generali. Occupa i primi quattro saloni tra Piazza venezia e via Nazionale. Il Messaggero scrive prima dell'inaugurazione: "Il Gran Caffè Faraglia rappresenta il trionfo del buon gusto e non poteva essere diversamente poichè ideò la disposizione e gli addobbi l'insigne prof. Basile, il quale oltre al Faraglia ebbe collaboratori intelligentissimi nel Ducret che disegnò e mise in opera sapientemente il mobilio e gli arredamenti ispirati al moderno stile inglese, sobrio, serio, simpaticissimo; il pittore Mataloni che decorò con originalità, spesso assai felice, le varie sale, esornò di quindici gruppi femminili che non offendono alcun occhio pudico, il bel salone del Caffè; il Radaelli che abbellì l'ambiente con apparecchi di illuminazione elettrica, elegantissimi e ben appropriati alle varie sale".
Il Caffè Faraglia si allarga occupando con un ristorante anche il lato destro del Palazzo delle Assicurazioni a Piazza Venenzia.
Giovanni Faraglia cede la proprietà del Caffè di Palazzo Venezia che cessa le attività.