Codice identificativo monumento: 8209
Vittorio Emanuele II acquista la Villa Pallavicini a Via Salaria. Avvia lavori per migliorarne la funzionalità, con la costruzione di utilità come le scuderie. L'ex Casino nobile risulta inadatto agli impegni di rappresentanza ed alle esigenze della famiglia reale, per cui viene avviata la costruzione della Palazzina Reale, nell'area un tempo della Vigna Barigione.
Umberto I vende Villa Savoia a prezzo di favore al conte Tellfner, amministratore dei beni della famiglia reale, che la intitola alla moglie Ada. Il Re non ama vivere in campagna e preferiva infatti vivere al Quirinale.
Vittorio Emanuele III riacquista Villa Ada per circa 610.000 lire, e la dona simbolicamente alla sua consorte Elena di Montenegro.
Decreto del presidente della Repubblica per una variante al Piano Regolatore che trasforma il vincolo sulla zona di Villa Savoia da parco privato in parco pubblico.
Atto notarile che sancisce la divisione di VIlla Ada in una zona privata di 84 ettari (delle principesse Savoia e dei loro eredi) e una zona pubblica, pari a 34 ettari, cui si aggiungono in seguito 32 ettari relativi alla tenuta di Monte Antenne.
Deliberazione del Consiglio Comunale n.1577. L'amministrazione comunale prende in consegna provvisoria i comprensori di Monte Antenne e parte di Villa Ada Savoia dal Demanio dello Stato.
Il Comune di Roma, acquisiti gli ultimi terreni privati di Villa Ada Savoia (esclusa le zone della Palazzina Reale, il Casino Pallavicini e Villa Polissena) apre al pubblico l'intero comprensorio, ora di 160 ettari.
Con fondi del Giubileo (3 miliardi e 800 milioni) si avviano i restauti del Belvedere, la casa del Custode e la Coffee House di Villa Ada.
Il fronte principale, verso il sentiero di ingresso, ha l’aspetto di un tempietto dorico tetrastilo, con quattro colonne in stile dorico sulla fronte, adorno nella trabeazione da croci e aquile, forse aggiunte da casa Savoia.
All'interno una saletta circolare con un’abside curvilinea che, riprendendo il motivo del colonnato, viene scandita da paraste doriche che incorniciano grandi finestroni aperti su un invaso ad anfiteatro, con al centro una fontana in ghisa tardo-ottocentesca.
Sulla destra della struttura, si intravede nella vegetazione un massiccio ponte che superava il laghetto settecentesco oggi non più esistente.