Codice identificativo monumento: 8458
I lavori per lo scavo del Canale della Vignola, eseguiti nelle adiacenze dell'antico Porto Traiano, hanno dato luogo alle seguenti scoperte.
Alla sezione 42 di detto canale, e precisai»«nte a m. 35,00 dai ruderi di un edificio rotondo attribuiti al tempio di Portuno, sono state ritrovate una ventina di antiche sepolture, alune intatte, altre guaste.
Le tombe erano di due tipi, o a grossi tegoloni di 0,75X0,45, alla cappuccina, o a grossi tubi di terracotta, innestati fra loro e contenenti il cadavere. Gli scheletri generalmente ben conservati, avevano a destra del cranio una piccola tazza o ciotola di terracotta.
Questo gruppo di tombe era chiuso ad oriente e ad occidente da robusti muraglioni paralleli, di l)uona maniera reticolata, misuranti m. 1,50 di spessore e distanti tra loro m. 35,00. Non si potè conoscere la lunghezza di tali muri, proseguendo sotto gli argini del canaio da ambo le parti. Unitamente a questi tumuli, è stata scoperta una quantità considerevole di cocci d'anfore, dolii, e grossi tegoloni con bolli notissimi dell'età traianea.
Tra le sezioni 46 e 40, si ritrovarono muraglioni di reticolato variamente orientati, e tumuli come quelli ora descritti, anfore infrante, tegoloni bipedali, e copiosa quantità di marmi. Ho notato diversi blocchi e frammenti di porta santa, tra quali uno colle cifre :
Si ebbero inoltre molti pezzi di cipollino, di cui un solo blocco misura m. 2,00 X 1,00 X 0,76; diverse scaglie e. pezzi di granito rosa e bigio; due colonne di granito rosa, l'una del diametro di m. 0,60, l'altra di m. 0,50. Non se ne conosce la lunghezza, restando ancora interrate al sommoscapo.
Verso la sezione 49, presso allo sbocco del canale della Vignola nella fossa Traiana sotto l'episcopio di Porto, oltre ad un centinaio di monete de' bassi tempi imperiali, fu ritrovata una calotta di elmo in ferro, una spada lunga m. 0,80, due punte di lancia parimenti in ferro, e un frammento d'iscrizione, che deve attribuirsi a Settimio Severo, come le altre ritrovate dal 1863 al 1809; nel qual periodo tutto l'antico porto Trajano fu scavato dal principe don Alessandro Torlonia.
Passando ora a fare qualche osservazione su queste scoperte, dirò che nei muraglioni ora rimessi in luce, e nei vasti ambienti che detti muraglioni formano, dobbiamo riconoscere i magazzini portuensi, costruiti da Trajano sulla sponda destra della sua fossa, e distinti in magazzini frumentarii, vinarii, olearii e marmorarii.
Dei primi tre danno contezza l'abbondanza dei cocci di dolii e d'anfore, da formarne quasi una collinetta, l'ultimo potrebbe essere quello, donde è uscita tanta dovizia di marmi e materiali.
Come poi i magazzini portuensi abbiano subita una metamorfosi, e sieno cioè divenuti necropoli, parmi non difficile a spiegare, se si considera, che negli ultimi tempi dell'impero, la città di Porto andò man mano perdendo della sua importanza commerciale; e che in conseguenza molti dei vasti e innumerevoli magazzini rimasero chiusi, ed abbandonati.
Quindi nulla di più facile, che fossero destinati per le sepolture, che i recenti scavi hanno disolterrate.
Luigi Borsari.
Presso il Casino Torlonia, fu rimessa in luce una colonna grezza di marmo bianco, lunga met. 4,10; e fra il casino Torlonia e l'Arco di Nostra Donna, sì riconobbero circa trenta pareti parellele di horrea o magazzini, costruiti di reticolato con fascie e spigoli a cortina.
Lungo il lato meridionale dell'esagono di Traiano, riapparve un pavimento di strada antica, la quale prosegue poi in direzione dell'Episcopio.
Presso il bivio della strada di Fiumicino con quella che mena all'Episcopio, si videro bellissimi avanzi di antiche fabbriche, che sembrano differire dal consueto tipo dei magazzini portuensi, ed un muro costruito con statue e piedistalli spezzati; fra i quali ultimi, un frammento con le sigle SONON a lettere del secolo IV.
Presso il cancello d'ingresso al Camposanto di Fiumicino, si trovò una colonna marmorea grezza alta met. 1,30, e coperta da questa iscrizione greca.
Presso il nominato cancello del Camposanto, si è ritrovato il pavimento di una grande strada, larga 7 metri, la quale corre parallela al canale di comunicazione, fra la darsena Traiana e la fossa del medesimo imperatore (ora canale di Fiumicino).
Quanto ad oggetti mobili minuti, ho vedute alcune monete, e lucerne con importanti vignette (specialmente cristiane); un fondo di tazza finissima, con la protome dell’Oceano: una forma per lavori di stucco, rappresentante un coniglio che mangia un grappolo: un rocchio di cristallo di monte.
Rodolfo Lanciani.
Indagini archeologiche di Jérôme Carcopino presso il Porto di Claudio:
Dietro raccomandazione amichevole del conte Giuseppe Primoli, pronto sempre > con illuminata gentilezza di cuore a facilitare le ricerche degli studiosi, Sua Eccellenza il prinsipe Giovanni Torlonia si è degnato di concedermi (essendo vietato lo scavo) la facoltà di eseguire qualche indagine nella sua tenuta di Porto, all'effetto di determinare con una maggiore precisione il sito e la configurazione del Porto Claudio Ostiense [ Po(rtus) Ost(iensis) Augusti]. La stagione essendo già avanzata, il Direttore Generale delle Antichità, comm. Corrado Ricci, si affrettò a farmi ottenere l'autorizzazione ministeriale di iniziare i lavori.
Riguardo alla sorveglianza che su di E essi doveva, ai termini della legge, esercitare l'Ufficio degli scavi, essa fu per me un aiuto tanto prezioso, per l'alta competenza scientifica del ff. Direttore, prof. Dante Vaglieri, quanto proficuo, per l'interesse che egli ha preso alle mie ricerche. Il mio amico, architetto Ernesto Hébrard, dell'Accademia di Francia in Roma, ha assistito alla fine dei lavori e ne ha disegnata la pianta indispensabile. Se dunque i miei tasti, durati appena otto giorni, hanno dato qualche piccolo risultato, debbo ringraziare tutti quanti della benevolenza con cui hanno cercato di agevolare il mio compito.
Ammessa l'ipotesi geniale del Canina, considerando con lui che il Porto Claudio non poteva estendersi all'ovest, ma al nord-ovest del Porto Traiano, persuaso d'altronde come lui che il Monte Giulio, alto quattro metri, ed il Monte dell'Arena, alto sei metri al di sopra della pianura circostante, seminati ambedue, ad ogni passo, di pezzi antichi (tufo, mattoni, marmo), ricoprono, l'uno il molo destro, e l'altro l'isola del faro, che faceva anche da antemurale (cfr. il lavoro complessivo del professore Lanciani, Antichità di Porto, in Annali, 1868, p. 114 sgg.) mi proponevo: a) di misurare l'entrata del porto fra il molo destro e l’antemurale; 2) di ritrovare il molo sinistro più visibile nelle ricostruzioni degli architetti che sul terreno; e) di studiare la relazione coll'antemurale.
a) Sul primo punto le mie indagini hanno avuto un esito favorevole. Dapprima c'era una specie di contraddizione fra l'aspetto dei luoghi ed i disegni del Canina e del Texier. Infatti, se guardiamo la restituzione dell’uno (Canina, VI, tavv. CLXXXI e CLXXXII) e dell'altro (Texier, /tevue générale de l'architecture et des travaua publies, XV, 1857, tavv. 31 e 32), l'antemurale vi è protratto assai innanzi ai moli (100 m. dal Canina, 90 m. dal Texier), dimodochè il porto non ha più che uno sbocco solo, largo 500 m. dal Canina e 200 m. dal Texier. Invece, se dai bassi fondi della Trajanella si segue coll’occhio la linea del Monte Giulio, pare che finisca al nord "del Monte dell'Arena, ad una ventina di metri dal lato esterno e così l’antemurale sarebbe stato interamente rinchiuso dentro i moli.
Questa vera antinomia fra le realtà presenti del suolo e le necessità di una ricostituzione ragionevole della realtà passata, l'hanno risolta i miei tasti in un modo abbastanza soddisfacente. Quando, venendo dal Lago Trajano, si cammina verso il Monte dell'Arena, si riscontrano, a 70 metri a sud-est dal ponte eretto sul Fronzino, traccie di costruzioni antiche (opera a sacco) che emergono a fior di terra, nel mezzo del sentiero. Dei tasti positivi hanno fatto riconoscere, all'est del sentiero, e ad una profondità variante fra m. 0,80 e m. 1,20, la presenza di murature simili, che andavano a collegarsi cogli avanzi ora nascosti sotto il Monte Giulio.
Invece le indagini eseguite così al mezzodì ed all'ovest del sentiero, come al nord, appiè nel monte stesso, benchè spinti fino a m. 2,25 e m. 2,50 in questa pianura di un livello poco superiore a quello del mare, sono riusciti vani. Quindi il molo destro, invece di proseguire fino all'estremità del Monte Giulio, doveva fermarsi un centinaio di metri prima, incurvandosi verso l’isola del faro, in quel punto del sentiero dove si scorgono gli ultimi suoi vestigi (sulla pianta fig. 1, n. 10).
E l'antemurale, cominciando presso a poco dove finisce il molo destro, doveva estendersi verso il porto sulla stessa linea dei moli, poco innanzi verso il mare. Poichè non conoscevo nè potevo riconoscere i veri limiti dell'antemurale sotto quello dell’attuale Monte dell'Arena, non mi è lecito indicare la misura esatta dello sbocco del porto fra l'antemurale ed il molo destro.
Ma è evidente che siamo ben lontani dalle misurate cifre del Canina e del Texier, giacchè circa 125 metri soltanto dividono oggidì il Monte dell'Arena dall'estremità del molo destro, almeno quale pare che risulti mediante i tasti da me eseguiti. Ma vi è di più. Un esame minuto ed accurato delle pareti del canale Fronzino ha dimostrato che al nord del punto dove questo riceve le acque di un canaletto che non porta nome speciale, e proviene dalla parte meridionale della Trajanella, esse si trovano interrotte, per una lunghezza di m. 7,50, da un muro antico, fatto di tufo e di pozzolana e legato strettamente al Monte dell'Arena.
Uno degli operai ravennati, che impiegavo nei tasti, dichiarò di ricordarsi che, quando, al principio della boni-fica, si cavò nuovamente il canale Fronzino, furono costretti ad aprirgli colla mina un passaggio in questa costruzione resistente assai e compatta. Essa attraversa il Fronzino nella direzione est-nord-est, segue prima a fior di terra, ovvero a qualche centimetro sotto terra, la stessa direzione, poi una direzione nord-sud, e finalmente si smarrisce ad una distanza dal canale di circa m. 40 (fig. 1, nn. 8-9).
Almeno tutti i tasti fatti intorno ad essa, oltre questa distanza, fino a m. 2,50 in questo terreno appena più alto del livello del mare, sono riusciti negativi. Sarebbe dunque da ammettere che dall'antemurale partiva all’est un muro di 25 piedi romani di spessore (= m. 7,50), che faceva da molo supplementare, e prolungava nell'interno del porto l'effetto di protezione contro i venti e le sabbie raggiunto all'entrata della massa imponente dell'antemurale stesso.
Siccome il grano era già alto nella Trajanella, e siccome in questa pianura così uguale in tutte le parti sue, nessun indizio guidava le indagini, non ho cercato di sapere se un muraglione simile, con uno scopo identico, esistesse anche ad ovest. Credo però che un architetto, nell'ordinare i particolari di una nuova ricostituzione del Porto Claudio, non esiterebbe a supporre di sì.
b) Cosa più difficile è l'andamento del molo sinistro. Non se ne riconoscono sul terreno che i principî, cioè la parte congiunta alla depressione del fosso Trajanello, ove, nei tempi dell'impero, passava il canale che metteva in comunicazione il porto di Claudio con quello di Trajano. Una boscaglia li nasconde in gran parte. Cresciuta su un dorso di terreno, è diretta da sud-est a nord-ovest e prende termine fra il fosso TraJanello ed il canale Fronzino qualche metro prima di giungere alla ferrovia.
In mezzo ai boschi che gli affittuarî del principe Torlonia, signori Calabresi, fecero potare quattro mesi fa, si vedono dei nuclei antichi, una linea appena interrotta di avanzi in calce e mattoni, alti m. 0,60-1,20, e che non appartenevano al molo stesso, ma a costruzioni erette sul molo, e, con grande probabilità, ad un muraglione che doveva dalla parte del mare proteggerlo e proteggere il bacino interno contro i venti dominanti del sud-ovest (libeccio); ancora oggi nei più grandi porti d'Italia, a Palermo per esempio, un muro di parecchi metri di spessore serve di difesa al molo più direttamente esposto all'impeto delle bufere.
A sei metri ad ovest del fosso, ad una diecina di metri a sud della ferrovia, la linea degli avanzi sì smarrisce dopo un ultimo masso presso il quale giaceva a qualche centimetro sotto terra un cippo di cipollino grezzo (m. 1,68 X 0,45 X 0,45), su uno dei cui lati era inciso trasversalmente ed in caratteri di m. 0,065 di altezza il seguente bollo di cava: AIGVRINCOS = dAugurin(us) co(n)s(ul), dell’anno 132 d. C. (cf. Bruzza, Annali, 1870, p. 173, n. 6 sg.).
Nel cinquecento quelli che visitavano le rovine di Porto perdevano già il contatto con esse nello stesso punto; ed Antonio Labacco, che non ha capito come questo corto braccio di costruzione fosse il principio del molo sinistro, l'ha disegnato con qualche particolare di più, ma colle stesse misure e negli stessi limiti che dobbiamo attribuirgli oggi (Labacco, ed. del 1552, tavv. 29 e 80). Arrivato lì, il Canina impone al disegno del molo un cambiamento di direzione, lo fa girare ad ovest e continuare verso nord sotto un monticello distante di là circa 200 metri, sul quale non ho mai riscontrati, camminando, pietre antiche o mattoni, e che sta così basso che non è segnato neppure sulle mappe dello Stato maggiore.
Il Canina non osò disegnarne sulla sua pianta che l'estremità nord (V, CLXXX). Io stesso non l'avrei seguìto così facilmente, se, per fortuna, non fosse stato trasformato al sud in una cocomeraia, che spiccava, quando io vi giunsi, come una lunga striscia nera fra le messi verdeggianti della Trajanella all'est, ed, all'ovest, il tappeto multicolore dei prati di Centorubbi. Dovevo provare con scandagli adatti l'ipotesi del Canina, e nel caso che fosse verificata, cercare come le due parti di questo molo si sarebbero riunite.
Feci il mio primo tasto appiè degli ultimi avanzi accennati qui sopra: giacchè ritenevo che essi avessero fatto parte di un muro costruito sul molo; speravo di trovare là, cavando un buco di m. 3 di lato, il molo medesimo (fig. 1, n. 1), e ne fui deluso. A qualche centimetro sotto terra furono rimessi in luce parecchi mattoni provenienti probabilmente dal muro crollato e su uno dei quali si leggeva, rotto, questo bollo rettangolare in lettere alte due centimetri: BISI s = dis[ms], come bisogna completarlo secondo un altro bollo trovato due anni fa a Porto nelle vicinanze del così detto tempio di Portumnus, ma di cui non saprei nè spiegare le sigle, nè indicare l'epoca.
A m. 1,50 si riscontrò il livello dell’acqua; a m. 1,80 si rinvenne un selciato di pietre vulcaniche irregolari. Questo primo saggio dunque recava un doppio vantaggio: insegnava che il molo sinistro, fiancheggiato dalla parte del mare da un muraglione, era costeggiato dalla parte opposta da un viale lastricato come tutte le strade romane; insegnava inoltre che, partendo altrove da livelli uguali oppure un po’ inferiori, si doveva trovare a non più di m. 1,80 di profondità la parte superiore del molo. Alcuni tasti eseguiti am. 2,50 di profondità fra il primo (n. 1) e la ferrovia, ed all'ovest della boscaglia furono negativi.
Trasportai allora la mia squadra di operai nella cocomeraia. Siccome non avevo il diritto di aprire lunghe trincee, feci forare tre buchi di m. 3,80 X 2,75 nella parte più bassa del monticello (m. 162 al di sopra del livello del mare) nei tre punti segnati 2, 3, 4 nella pianta (fig. 1). Benchè l'acqua che si incontrava subito, e le frane di queste terre sabbiose avessero ostacolato il lavoro, gli scandagli furono spinti fino a 3 metri di profondità, ma senza alcun risultato.
Se siamo andati avanti abbastanza, come io credo, il monticello della cocomeraia non ha la stessa origine del Monte Giulio; esso è una duna naturale, e bisogna, questo mi sembra, che il molo sinistro sia fra questa ed il mucchio di materiali antichi (specialmente marmi) accumulato nel punto segnato 11 sulla pianta. Infatti, quando interrogai in proposito gli operai che avevo con me, essi mi assicurarono che questi materiali che provenivano dal risarcimento, durante la bonifica, del canale Fronzino, erano stati adoperati dai costruttori del fosso primitivo. Ma alcuni tasti eseguiti in piccolo numero (si stava in mezzo ai raccolti) e ad una piccola profondità (m. 1,80-2,25) la terra è formata lì da una sabbia salda e dura come la pietra riuscirono tutti assolutamente vani (fig. 1, nn. 12, 13, 14, 15).
Non è da meravigliarsi che il molo che ebbe maggiore lotta da sostenere contro gli elementi scatenati, e di cui i materiali furono utilizzati nelle opere dei tempi posteriori, si nasconda ora molto al di sotto dell'antico livello del mare, e non abbia forse serbati che i proprii fondamenti.
c). Può sembrare imprudente, anzi irragionevole, quando confessiamo di non avere ritrovate le tracce del molo sinistro al di là delle vicinanze immediate della terraferma, di parlare ancora della sua relazione nella parte del mare. coll'antemurale. Eppure c'era una quistione che valeva la pena di prendere in serio esame. Tanto la moneta di Nerone (Cohen?, 33-41; Donaldson, Arehitectura numismatica, n. 890) ed il bassorilievo del Museo Torlonia (C.L. Visconti, Musei Torlonia, n. 430), quanto la tradizione letteraria (Suetonio, Claud., 20; Plinio, N. H., passim; Giovenale, XII, 75-81; Dione Cassio, LX, 11, ecc.) ci rappresentano l'antemurale come indipendente dai moli.
Ora sul terreno, il Monte dell'Arena, che corrisponderebbe all'antemurale antico, non si erge isolato, ma diviso ad est dal Monte Giulio mediante una depressione larga m. 175, è invece continuato ad ovest, su una lunghezza di m. 425, da un monticello, che, più basso di 2 metri sovrasta alla pianura 3 0 4 metri ancora. Volendo raggiungere un accordo fra le indicazioni innegabili del terreno e le testimonianze concordi degli autori e delle rappresentazioni figurate, il Nibby (Viaggio a Porto, p. 57) immaginò che, per difendere il porto dall'invasione delle sabbie, avevano dovuto chiuderlo dalla parte dei venti dominanti, e congiungere il molo sinistro coll'antemurale; e forse perchè nella tavola di Peutinger (Desjardins, Zatable de Peutinger, segment IV, C, II) il faro sta ancora isolato dai moli, il Nibby è sceso ad epoca tardissima, e fece onore a Teodorico di questa costruzione sopraggiunta, alla quale nessun testo non ha mai accennato.
Gli scandagli recenti, senza distruggere assolutamente questa ipotesi, mi pare che l'abbiano scossa. Li iniziai al principio del monticello, ad est di un fontanile costruito dall'amministrazione di casa Torlonia, ma non diedero risultato che a circa 200 metri da questo. Il lavoro proseguì con qualche difficoltà: tutto il colle era coperto di avene magnifiche le quali mi dispiaceva tagliare. Facevo i buchi tanto ristretti quanto era possibile, di preferenza nei sentieri che dal nord al sud attraversavano la messe, e quando gli operai non potevano più approfondire col piccone, impiegavano la paramina, in tale modo che non si sono mai fermati prima di metri 20 2,50.
Il primo scandaglio positivo riscontrò ad una profondità di m. 0,35 un massiecio di tufo e pozzolana che un po’ più all'est appariva su una lunghezza di m. 12 a fiore di terra (fig. 1, n. 5). Altri tasti, eseguiti nella stessa direzione ovest-est su ogni sentiero, a profondità varianti fra m. 0,50 e m. 1,35, raggiunsero lo stesso risultato. I tasti segnati 6 sulla pianta ebbero il peculiare vantaggio di darci preziose nozioni non soltanto sulla direzione della muratura, ma sulla composizione e forma di essa. Costituita saldamente da sassi di tufo mescolati a lapilli ed a pozzolana, essa sì è potuta seguire facilmente su una distanza di m. 6,30 dal nord al sud (cf. fig. 2).
Nel punto A stava a m. 0,40 al di sotto del suolo attuale; m. 4,80 al sud di A, a m. 0,55; m. 5,30 al sud, a m. 0,80; m. 6,30 al sud, a m. 1,25. Invece un sondaggio spinto al nord di A fino a m. 2,80 di profondità è rimasto inutile. Quindi la muratura era costruita, a sud, cioè dalla parte del bacino, a scivolo, con un pendìo dapprima lento, dopo rapido assai; a nord scendeva a picco nelle onde del mare. A m. 135 ad ovest del tasto n. 5 le nostre ricerche cessarono di rivelare qualsiasi vestigio antico. La distanza fra l'ultimo tasto positivo (fig. 1, n. 7) ed il Monte dell'Arena è circa 120 metri, cioè a dire presso a poco uguale alla distanza che abbiamo misurata fra il Monte dell'Arena ed il termine probabile del molo destro (fig. 1, n. 10).
Può darsi che, se i miei tasti fossero giunti a maggiore profondità, essi ci avrebbero mostrati gli avanzi dell'opera di Teodorico. Ma il fatto che avrei dovuto ricercarli assai più avanti delle murature anteriori, attesta che, se mai questi ci furono, essi furono costruiti ad un livello inferiore di quelle, ovvero con materiali molto peggio perchè, posti in condizioni identiche di resistenza, si trovano oggi rovinati di più. Intanto l'uguaglianza delle distanze fra il Monte dell'Arena ed il molo destro da una parte, il Monte dell'Arena ed il tasto n. 7 dall'altra parte, ci permette, almeno pel momento, di ritenere che il molo sinistro fosse in questo punto.
Di questo molo sinistro abbiamo dunque tanto il principio (tasto n. 1) che la fine (tasti n. 5, 6, 7). Ci manca sempre la parte di mezzo, che, direttamento esposta al libeccio, opponeva minore ostacolo alle forze di distruzione del mare e dei venti. Ma, siccome i tasti 1 e 5 determinano una linea che può quasi integrarsi in un disegno simmetrico dei due moli, abbiamo ora una ragione di più per ritenere che i fondamenti di questa parte del molo sinistro, se non furono distrutti interamente anche essi, si ritroveranno sicuramente fra il punto n. 11 e la duna dell'ovest.
Ma lì non sono sufficienti i buchi di tre metri di lato. Per scendere alla profondità necessaria bisognerebbe o forare largamente ma questo poi somiglierebbe troppo davvicino ad uno scavo e costerebbe troppo tempo e troppe spese; o meglio dietro consiglio del conte Cozza adoperare la trivella: allora, anche su piccole estensioni di terreno, con danni ancora minori che non nei tasti già eseguiti, si potrebbe andare sino a 9 e 10 metri sotto il suolo attuale.
Oso sperare che Sua Eccellenza il principe Giovanni Torlonia, se mi sarà lecito di tornare a queste ricerche in una stagione più favorevole, quando i lavori dell'archeologo non potranno intralciare quelli del coltivatore, nè guastarne le messi, vorrà accordarmi il permesso di ricorrere a questo ultimo mezzo di indagine: la trivella. Con essa, dopo i risultati già ottenuti, due giorni di lavoro dovrebbero bastare a risolvere la questione del molo sinistro. In caso contrario, occorrerebbe confessare che questo problema sia di quelli che oramai non si faranno più strappare il loro segreto.
Durante i lavori di bonifica delle paludi malariche di Isola Sacra, ad opera di cooperative ravennate di reduci della Prima guerra mondiale, viene scoperta la Necropoli di Porto, sorta ai lati della via Flavia Severiana.
Con decreto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, viene istituito il nuovo Parco Archeologico di Ostia Antica, per gestire, tutelare e valorizzare un territorio che si estende tra il X Municipio di Roma e il Comune di Fiumicino. Ne fanno parte: L'Area archologica di Ostia Antica e il Museo Ostiense; i Porti Imperiali di Claudio e Traiano; la Necropoli di Porto all'Isola Sacra.
1933
Pianta di Porto
1907
Pianta delle indagini archeologiche di Carcopino presso il Porto di Claudio
1868
Pianta di Porto
1856
Luigi Canina
Porti Ostiensi di Trajano e di Claudio
Gli edifizj antichi dei contorni di Roma
1856
Luigi Canina
Porti Ostiensi di Trajano e di Claudio
Gli edifizj antichi dei contorni di Roma
1856
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Ostia e di Porto
Gli edifizj antichi dei contorni di Roma
1830
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Porto
Indicazione delle rovine di Ostia e di Porto
1830
Luigi Canina
Pianta ricostruttiva di Porto
Indicazione delle rovine di Ostia e di Porto
1830
Luigi Canina
Pianta delle rovine di Ostia e di Porto
Indicazione delle rovine di Ostia e di Porto
1819
Pianta delle Rovine della città di Porto
Viaggio antiquario ne' contorni di Roma