Data: 1911 / 1920
Codice identificativo monumento: 928
La Fontana del Prigione viene spostata dai giardini di via del Quirinale e ricostruita come fondale monumentale di Via Genova su un prospetto del Palazzo del Viminale. In questa fase sono ricostruite le parti mancanti in travertino, la nicchia, la scogliera e la vasca: "La fontana detta del Prigione, venne in potere del Comune con la espropriazione della villa Massimo alle Terme. Fu quindi con approvazione della Commissione edilizia destinata a far mostra nell alto del muraglione del nuovo giardino del Quirinale di contro la via che si congiunge con la via Nazionale e a tale scopo il lavoro della sua erezione fu incluso nel contratto aversionale stipulato col Sig Cav Huffer per la definitiva sistemazione di detto giardino. In atto pratico però per estetiche ragioni e nuovamente udito il voto della Commissione edilizia si ritenne miglior partito di non erigere la fontana nel giardino del Quirinale ma di addos sarla ad un muraglione da costruirsi a sostegno del terrapieno dell Orto botanico di Panisperna là ove termina la via Genova."
Inizia il trasferimenti degli uffici del Ministero degli Interni e del Consiglio dei Ministri, nella nuova sede realizzata al Viminale:
"La spesa era preventivata in otto milioni, ma a lavori compiuti (dato il rincaro dei materiali e della mano d'opera vei ificatosi durante e dopo la guerra) la spesa raggiungerà i diciotto milioni.
Nella spesa sono compresi gli impianti tecnici (radiotelegrafici, telegrafici e telefonici). I sotterranei dell'edificio sono appunto utilizzati per l'impianto della centrale telefonica interurbana e della centrale telefonica del Viminale.
L'edifizio può dirsi compiuto: ora si sta provvedendo all'arredamento dei locali, arredamento quanto mai semplice e ispirato a criteri di economia. Finora si sono utilizzati tutti i vecchi mobili di palazzo Bruschi e degli altri palazzi adibiti ad uffici del Ministero e si continuerà in questo sistema fino al sorgere di tempi migliori per I erario dello Stato.
Ciò per desiderio esplicito dell'on. Giolitti, il quale, visitando, circa due mesi fa, il nuovo palazzo, diede ordine che venissero sospesi i lavori di decorazione direzione e l'amministrazione della Gazzetta LI-ficiale de! Regno, con legittima soddisfazione del suo direttore comm. Dario Peruzy, il quale nella sua lunga carriera giornalistica, non ebbe forse a sua disposizione locali di redazione così ampi e decorosi come quelli che occupa attualmente.
Vi presero stanza pure dal gennaio la Direzione generale della Sanità Pubblica, la Consulta Araldica, l'Ufficio del Credito Comunale e Provinciale e tutti gli altri uffici del Miniistero che erano situati in alloggi privati.
Successivamente si trasferirono alla nuova sede del Ministero la Direzione generale delle carceri, la Direzione generale dell'amministrazione civile, la Ragioneria centrale, parte della Direzione generale della Pubblica Sicurezza, la Divisione prima (personale). Di questi giorni (come abbiamo detto) si sta provvedendo al trasferimento dei titolari del Ministero e dei sottosegretariati e dei rispettivi gabinetti."
Il Ministro dell'Industria e del Commercio, Belotti, dispone il sequestro di Villa Falconieri.
Il Consiglio Comunale delibera che la Fontana del Prigione venga spostata dai via Genova e ricostruita come quinta monumentale a via Mameli. Al suo posto viene costruita un finto portale. Con la costruzione del palazzo del Viminale, il fondo di via Genova doveva essere utilizzato come accesso a garage o magazzini del nuovo complesso.
Il Ministero degli Interni si sposta da palazzo Braschi al nuovo edificio costruito al Viminale.
Inaugurazione ufficiale del Palazzo del Viminale, nuova sede del Ministero degli Interni.
Celebrazione dell'VIII annuale di fondazione della Milizia. Il Duce Mussolini inaugura il Sacrario della Milizia al Palazzo del Viminale.
Il Consiglio dei Ministri, riunitosi al Viminale alle ore 15 sotto la presidenza di Benito Mussolini, emette il seguente comunicato: "Il Consiglio dei Ministri, esaminata la situazione determinatasi in Europa in conseguenza del conflitto tra Germania e Polonia la cui origine risale al trattato di Versaglia, presa conoscenza di tutti i documenti presentati dal ministro degli esteri, dai quali risulta l'opera svolta dal Duce per assicurare all'Europa una pace basata sulla giustizia, ha dato la sua piena approvazione alle misure militari fin qui adottate che hanno e conserveranno un carattere semplicemente precauzionale e sono adeguate a tale scopo; ha approvato altresì le disposizioni di carattere economico-sociale necessarie data la fase di grave perturbamento in cui è entrata la vita europea; dichiara e annuncia al popolo che l'Italia non prenderà alcuna iniziativa di operazioni militari; rivolge un alto elogio al popolo italiano per l'esempio di disciplina e di calma di cui ha dato, come sempre, prova".
Attentato in Via Rasella durante il transito a piedi di una compagnia del I battaglione del Reggimento Polizei SS Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, in assetto di guerra, con mitraglatrici montate su carrelli in testa e in coda alla colonna. Lo studente in medicina Rosario Bentivegna, con la copertura di un altra giovane studentessa, Carla Capponi fanno brillare una mina collocata in un carrettino metallico da spazzino. Subito dopo, due squadre dei GAP Centrali, una di sette uomini l'altra di sei, al comando di Carlo Salinari (Spartaco) e Franco Calamandrei (Cola), lanciano a mano bombe da mortaio leggero Brixia, modificate per esplodere per accensione della miccia, e sparano con armi leggere. L'azione si concluse con la morte di 32 militari e 110 feriti. persero la vita nell'attentato almeno altri due civili italiani tra cui il tredicenne Piero Zuccheretti. I gappisti non subirono perdite. I superstiti del Bozen, coadiuvati da forze tedesche e fasciste affluite sul posto, iniziarono a rastrellare la popolazione della zona circostante, arrestando abitanti e passanti. I rastrellati sono fatti allineare sotto contro la cancellata di accesso a Palazzo Barberini e quindi condotti in parte presso l'intendenza della Polizia dell'Africa Italiana (PAI), in parte presso il palazzo del Viminale, dove nelle cantine, circa trecento persone sono trattenute per accertamenti sino alla mattina successiva.
Nella notte viene intrapreso un tentativo di colpo di stato. All'interno del Ministero dell'Interno inizia la distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori; il generale dell'Aeronautica militare italiana Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio presero posizione al Ministero della Difesa, mentre un gruppo armato del Corpo Forestale dello Stato, di 187 uomini, guidato dal maggiore Luciano Berti si apposta non lontano dalle sedi televisive della RAI. Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente Junio Valerio Borghese, ne ordina l'immediato annullamento.
Alle ore 4.03, esplode un ordigno collocato su uno scooter parcheggiato all'angolo tra e via Palermo. L'ordigno sventra alcuni cassonetti dell'immondizia e manda in frantumi alcuni vetri dello stesso ministero dell'Interno e dei palazzi limitrofi.