Archeologo
Nascita: 25/4/1859 Venezia
Morte: 10/7/1925 Roma
1/1875
Durante scavi effettuati nella tenuta di Adriano Ranucci a Tor di Quinto, finalizzati alla ricerca di marmi da rivendere sul mercato antiquario, viene scoperto il basolato di un diverticolo della via Flaminia, e a poca distanza dal margine occidentale della strada, appena quattro metri di profondità, molti massi in marmo "parte ornati e parte semplici", riconosciuti come pertinenti ad un monumento funerario. Nel corso degli scavi, durati circa un anno, vengono recuperati capitelli, pezzi di bugnato, cornici intagliate e frammenti di bassorilievo con rosoni, fogliame ed uccelli.
1897
I marmi del sepolcro scoperto nel 1875 nella tenuta di Adriano Ranucci, vengono proposti in vendita al Museo Nazionale Romano, che non li acquista per mancanza di fondi. Vengono quindi acquistati dal barone Alberto Blanc e riutilizzati per la ricostruzione parziale del monumento, nella ristrutturazione della sua proprietà in via Nomentana, eseguita su progetto dello stesso Boni.
1898
Il ministro Guido Baccelli, affida all'archeologo Giacomo Boni, la direzione degli scavi nel Foro Romano.
10/1/1899
L'archeologo Giacomo Boni, durante una campagna di scavi presso la zona del comizio al Foro Romano, scopre i resti del Lapis niger. "Il 10 gennajo corrente (gli archeologi ne hanno notata la data come memoranda) si è scoperta sulla Via Sacra un’arca di pochi metri-quadrati, lastricata di massi di pietra nera ben diversa dalle selci, provenendo essa dal capo Tanaro (ora Matapan) nella Grecia. Secondo Varrone, il luogo dove fu sepolto Romolo era lastricato di pietra nera; e bastò questa scoperta di pietre nere perchè i cronisti telegrafassero ai quattro venti che era stata trovata la tomba di Romolo!"
6/1899
Prime ascensioni e riprese realizzate su un pallone frenato della Brigata Specialisti ad altezze variabili fra 300 e 500 metri, sulla cui navicella di vimini, l'archeologo Giacomo Boni (direttore degli scavi) era accompagnato da due uffi ciali del Genio. Le attività erano finalizzate a documentare la situazione degli scavi in corso nell'area centrale della città, in particolar modo nella zona del Comizio. In una lettera indirizzata al suo amico St. Clair Baddeley, il Boni scriveva: «Ho fatto tre ascensioni nel pallone del genio militare a 400 metri sopra il Palatino e il Foro Romano, e ho preso qualche dozzina di fotografi e delle piante dei monumenti e delle vedute panoramiche".
3/1900
Prosegue la campagnia di scavi di Giacomo Boni al foro romano: viene dissotterrata la facciata della Curia; scoperto il Sacello di Venere Cloacina; demolizione della chiesa di Santa Maria Liberatrice; nuovi scavi nella casa delle Vestali; rimozione delle fasi imperiali del basolato all'altezza dell'arco di Tito:
"Ma non era soltanto una esigenza estetica quella che ha determinato la demolizione di Santa Maria Liberatrice. Come in tutte le opere d'interesse archeologico compiute dal ministro Baccelli in Roma, così pure questa, Ja più grandiosa di tutte, degli scavi del Foro è informata a due principii, che spesso vengono fraintesi e raramente vengono applicati di conserva: i resti dell'antichità servono all'indagine scientifica e all'arte e quindi l'uno dei principiî non deve sopraffare od escludere l’altro.
La demolizione di Santa Maria Liberatrice serve dunque anche alla scienza e noi ci attendiamo dalle sue fondamenta qualche nuova conquista per la topografia di Roma e per la storia delle chiese primitive. Essa occupava infatti il posto dell'antica Via nova, che scoperta in parte negli scavi del ministro Baccelli nel 1882, tornerà ora completamente in luce per mostrarci come, secondo dice Varrone, essa comunicasse col Velabro e come dal Foro si salisse al Palatino per la porta Romanula; è questo un punto molto oscuro della topografia del Foro.
Più fondate sono le speranze nel ritrovamento degli avanzi di un’antichissima chiesa cristiana che si debbono nascondere nelle fondamenta di Santa Maria Liberatrice e di ciò saranno lieti coloro che nella demolizione di una chiesa moderna han visto una specie di sconsacrazione dell'antica Roma e noi che in questo monumento primitivo del cristianesimo uscito dalle viscere delia terra all'aria libera, vediamo una pagina della storia della civiltà un saggio di quell'arte tornata bambina per rivivere una seconda volta nella città eterna.
E anche a proposito di questa antica chiesetta c'è controversia tra gli studiosi: alcuni credono che sia S. Maria antiqua, o S. Maria de inferno, la più vetusta delle chiese di Roma dedicata alla Vergine Maria, nel luogo stesso sacro alla Vergine dea pagana, a Vesta; la costruzione di essa risale a papa Silvestro nel primo quarto del IV secolo, altri che tale chiesa fosse ove sorse poi Santa Francesca Romana e perciò anche a risolvere questo problema della topografia di Roma cristiana sono utili gli scavi del Foro e la demolizione di Santa Maria Liberatrice."
21/4/1900
In occasione del Natale di Roma, Re Umberto e la regina Margherita, visitano gli scavi al Foro Romano, accompagnati dall'onorevole Baccelli, il prof. Boni direttore degli scavi e il sindaco Colonna.
2/1902
L'archeologo Giacomo Boni scopre una sepoltura arcaica durante gli scavi al Foro:
"Sterrando nell'angolo sud-est del Tempio di Antonino e Faustina, a quattro metri di profondità dal piano della Sacra Via, e a metri 1.15 dalla platea di fondazione del Tempio stesso, si rinvenne una tomba primitiva a cremazione. La tomba è composta di un dolium, in terracotta rossastra, coperto da un coperchio di tufo cinerino, doglio che era accomodato in un cavo del terreno è stretto, alla bocca, con una macera di pezzi di tufo della stessa lità.
Contiene nove vasi: un olla o cinerario, quasi interamente riempito coi resti del cadavere che aveva subito una completa cremazione tanto che le ossa sono ridotte a minuti frammenti e fuso lo smalto dei denti. Vi sono due vasi, con rilievi imitanti lo corde e le legature di cuoio dei vasi primitivi, una coppa, a forma di olla, una tazza ansata, tre ciotole ed una ciotoletta. Il cinerario ha il coperchio in forma di tetto di capanna laziale, con l'imitazione, a rilievo, della ossatura a travi, come era l'uso degli abitanti primitivi del Lazio.
Un folla di curiosi è tutto il giorno sul posto degli scavi; tutto il giorno è un pellegrinaggio di stranieri, di autorità. Anche S. M, il Re, accompagnato dal ministro Nasi, si è recato per la seconda volta al Foro Romano, interessandosi vivissimamente alle scoperte colà avvenuto specialmente a questa ultima."
1/4/1903
Il 1 aprile, nell'aula massima del Collegio Romano si tiene l'adunanza preparatoria del Congresso storico internazionale: "Il presidente del Comitato direttivo del Congresso, senatore Villari, presiedeva. E. per acclamazione, si nominarono: presidente del Congresso il Villari; vicepresidente l'Harnach di Berlino; il Meyer di Parigi; il Pryce dell'Università d'Oxford, e il prof. Modestow di Pietroburgo, dottore nella letteratura latina; infine il professor Paetor di Vienna. Presidenti onorarli si nominarono, pure per acclamazione, i ministri Nasi e Moria, il sindaco di Roma e il grande storico dell'Urbe, Mommse, assente."
2/4/1903
Inaugurazione in Campidoglio del Congresso storico internazionale a Roma: "L'inaugurazione riuscì solenne, coll'intervento del Re in alta uniforme di generale, e della Regina, che vestiva un abito cremiso. I sovrani presero posto sul trono nell'aula del Consiglio, fra i ministri e il sindaco Colonna, che pronunciò un discorso.
Le Loro maestà, passando per la costruzione provvisoria che unisce il Palazzo Senatorio a quello dei Conservatorii, si recarono a un'altra inaugurazione: a quella della Forma Urbis, chi la più antica pianti di Roma, parzialmente ricomposta su di una parete del giardino del Palazzo dei Conservatori.
Pittoresca la sfilata, il passaggio per le scale fatte coetruire dal sindaco Colonna per ingrandire e migliorare i locali dalla Pinacoteca Capitolina e costruzioni magnifiche. Toccò al prof. Lanciani, il noto studioso di topografia romana antica, fare la spiegazione della Formo Urbis, pazientemente ricostruita. Nel giardino del palazzo dei Conservatori in Canipido gli fu fabbricata infatti apposta una parete di metri 14 per 18, sopra la quale, in rosso, fu dipinta, nelle sue linee principali, la pianta di Roma Moderna. Sopra questa pianta vennero collocati, al loro posto, con iscrizione in nero, i frammenti dell'antica pianta di Roma, limitatamente però alla zona monumentale. I frammenti di questa antica pianta, messi a posto, sono circa ducento. Ne rimangono ancora mille circa; ma questi non si possono collocare perché non offrono alcuna indicazione che permetta d'identificarli e di collocarli con esattezza."
5/4/1903
I parecipanti al Congresso storico internazionale a Roma si riuniscono al Foro Romano per ascoltare le illustrazioni degli scavi del comm. Boni: "Molto osservata l’area nella quale fu scoperta la pritna tomba a cremazione, e dove si sta ora esplorando il sepolecreto dell’VIII solo avanti Cristo. Osservata pure l'ara di Cesare e ai confini tra i Comizi e il Foro, il comm. Boni mostrò il Niger-Lapis, il sepolero di Romolo."
17/4/1903
L'archeologo Giacomo Boni, durante una campagna di scavi al Foro, scopre il Lucus Curtius.
10/7/1906
In una lettera al Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, l'archeologo Giacomo Boni invita le autorità competenti ad intraprendere uno scavo più approfondito per raggiungere il livello della strada antica su cui si affacciava il monumento di Caio Bibulo. L'Ufficio Tecnico nega l'attorizzazione, adducendo come motivazione i ritardi che tale operaziore avrebbe potuto recare alle attività di cantiere del Vittoriano.
13/3/1910
Censure dei critici e degli artisti alla realizzazione della passeggiata Archeologica:
"Roma, finalmente, va ad avere la famosa passeggiata archeologica, che il divo Guido Baccelli annunziò ventitrò anni addietro, e che, allora, doveva essere attuata con la spesa di cinquanta milioni, ed oggi si cerca di attuare spendendone appena sei. Roma, la città dalle passeggiate deliziose, romantiche, classiche, signorili, incantevoli (Villa Borghese e Villa Doria Pamfili prime fra tutte) non aveva probabilmente bisogno di questa nuova passeggiata archeologica . Ma, tant'è, essa era stata messa come uno dei numeri principali nel programma delle grandi novità che Roma deve inaugarare nel 1911, ed oramai il piccone demolitore ha spinta molto avanti la sua opera di trasformazione, che, a gindizio di critici e competenti, gelosi della classica bellezza di Roma antica e medievale, è stata opera deplorevole di devastazione.
Diego Angeli, nel Marzocco del 27 febbraio ha fatto un molto malinconico inventario di questa opera di distrazione: C'era un parapetto quattrocentesco, che si chiamava graziosamente la Vignola, e che qualcuno voleva perfino attribuire al Bramante, ed è stato demolito, nascostamente, maliziosamente, di notte, dopo aver promesso che si sarebbe rispettato; c'era una edicoletta cristiana, alla cui grata i pastori che entravano da porta San Sebastiano appendevano i fiori dell'Agro come una dolce offerta votiva, ed è stata atterrata nonostante che Corrado Ricci se ne fosse interessato personalmente: c’era un gruppo di costruzioni medievali sull'antica porta Capena, costruzioni importantissime per la topografia della Roma cristiana e sono oramai via di demolizione senza speranza dî un tardo ravvedimento; c'erano due bei portali che aprivano l'ingresso dell'Orto Botanico sulla piazza di San Gregorio, portali che Gregorio XVI aveva fatto edificare per nascondere l'asimmetria di quella piazza e che del pontefice portavano le consuete iscrizioni magnificative, e sono stati demoliti; c'era la cancellata di Villa Guidi, caratteristica per i molti frammenti antichi murati nei smoi pilastri e per una curiosa lapide che rammentava una piacevole visita di Pio IX, una di quelle cancellate romane, quasi nascosta dai cespugli dei lauri e degli oleandri, ed è stata abbattuta, scomparsa la lapide, schiantati al suolo gli alberi e gli oleandri; c'erano parecchie centinaia di alberi d'alto fusto e se n'è fatta legna da ardere nell'unico scopo di livellare il terreno, togliendogli appunto così la caratteristica dei terreni nostri, che sono pieni di movimento e hanno suggerito le più belle architetture di paceaggio che un artista possa concepire.
Non meno amara quella di Diego Angeli è la critica mordace di Ugo Ojetti nel Corriere della Sera del 5 marzo: Dalle Terme di Caracalla alla villa Mattei sul Celio; dalla chiesa di San Nereo e Achilleo fino al Settizonio e al Circo Massimo che, come si sa, è stato da noi romani moderni convertito in gasometro, non esiste più che un deserto polveroso; una bella piazza d'armi, se non per le truppe vere, pei soldatini lattanti dei ricreatori romani. Vigne, case, casupole, compresa la bella Vignola, di Prospero Boccapaduli, archi, mura, ruderi, prati, alberi, alberate, compresa l'olmata a piè della collinetta di Santa Balbina, tutto è scomparso. Polvere e fango, all'infinito. E su da quella spianata irta di biffe bianche e rosse, le muraglie delle Terme e gli archi colossali del Settizonio appaiono rimpiccioliti della metà.
Saturo d'indignazione è l'articolo di Angelo Conti nel Marzocco del 6 marzo: La legge per la zona archeologica (egli dice) si sarebbe dovuta limitare alla sola espropriazione. Le somme che si spendono oggi per fare questi inutili e orrendi viali, si sarebbero dovute destinare agli scavi; e la terra ci avrebbe dato tesori per l'arte e per la cultura. In nome delle quali unicamente noi facciamo la nostra viva protesta. Noi non vogliamo essere confusi con gli esteti che cadono in delirio dinanzi ad ogni alberello abbattuto. Comprendiamo ed apprezziamo i bisogni nuovi delle città; in questo momento vertiginoso del vivere sociale; siamo convinti della necessità di rinunziare spesso a ciò che serve solo al godimento estetico, quando sia d'ostacolo al libero sviluppo della vita cittadina. Ma questa distruzione inutile, in un luogo lontano e malsano, dove nessuno andrà mai a divertirsi, dove d'estate si soffocherà per la polvere e d'inverno sì nuoterà nella mota, dove al più qualche coppia malinconica andrà a meditare sulla vanità delle cose umane; questa stupida e vana opera distruggitrice, è il fatto più assurdo e sarà la maggior vergogna che abbia sinora veduta la terza Italia.
Della commissione preposta alla costruzione della passeggiata archeologica, un solo uomo dava indiscutibili affidamenti che non si sarebbe fatto nulla che sminuisse la grandiosità gloriosa di Roma, Giacomo Boni, ed egli si è dimesso, per non avere la responsabilità di ciò che si compie.
Hanno protestato e protestano uomini come il Venturi, il Lanciani, il Tomassetti, il Gnoli, il Marncchi, l'Hermainn; nella Zribuna Attilio Rossi ha fatto una vera campagna; il Times, in nome di quanti al mondo amano intellettualmente Roma come patria comune, ha pubblicati severi articoli.
Ora quindici deputati (Rogadi, Fradeletto, Torre, Ciccotti, Pescetti, Mazza, Caetani, Manfredi, Molina, Comandini, Viazzi, Poscanelli, Rota, Bizzozer, Nava), hanno presentata questa mozione: La Camera, convinta che la sistemazione della Zona Monumentale di Roma non possa essere eseguita da una Commissione non tecnica, non completa, non soggetta alle norme comuni di tutela d'ogni opera d’archeologia è d'arte: convinta che una siffatta esecuzione reca grave pregiudizio alle fature opere di scavo e irreparabile danno attuale all'aspetto del paesaggio: convinta che le ragioni della storia e della bellezza di Roma. sono ragioni universali: invita il Governo a provvedere in virtù dei mezzi che sono in suo potere o altrimenti a presentare subito un disegno di legge affinchè la sistemazione della Zona Monumentale di Roma sia sottoposta all'esame ed alla responsabilità degli Uffici competenti del Ministero dell'Istruzione."
1918
Scavi di Giacomo Boni presso la Salita di San Bonaventura:
"In questo suolo, dove nacque Roma, feci nuove importanti scoperte. Ad oriente dell’ Area Palatina, sul clivus sacer a grossi poligoni, che dalla Via sacra ascendeva al palazzo dei Flavî, sono apparse le vestigia di una grandiosa porta trionfale; un pilone è già scoperto e fa credere che il monumento, attribuibile a Domiziano, avesse dimensioni assai maggiori dell'Arco di Tito; l’altro è nascosto dalla Via di San Bonaventura, ma ho ferma speranza che il principe Colonna, sindaco di Roma, mi aiuterà a rimettere in luce tanto caposaldo della topografia imperiale romana.
Sul centro dell'Area Palatina rinvenni il simulacro di una Vittoria scolpita in marmo pentelico nel V secolo av. C., nel momento più fulgido del pensiero e dell'arte ellenica, quando Pericle voleva unire in federazione le colonie greche mediterranee sotto l'egida del Partenone, dedicato all'Intelligenza divina sull'Acropoli di Atene.
La statua della Vittoria era murata tra gli squarci del fortilizio medioevale in cui nel 1118 fu prigioniero il pontefice Gelasio Il della famiglia Caetani; le supposte Turres domnae Bonae et Iniquitatis, demolite pro pace servanda l'anno seguente."
11/7/1925
Nella chiesa di Santa Francesca Romana, si svolgono i funerali dell'archeologo e Direttore delle Belle Arti, Giacomo Bono. Il Corteo Funebre parte della sua abitazione, nel Ninfeo della pioggia degli Orti farnesiani, e dopo la funzione religiosa, la salma viene tumulata sotto una palma del palatino.