Pubblicazione: 1897
L'Illustrazione Italiana. 17 ottobre 1897. "Ci sono parecchi feriti, — più fra le guardie e i soldati che fra il popolo, — e molti contusì. Vi sono anche moltissimi vetri rotti.
Come conseguenza di fatto, un po’ meno di quel che succede nei tafferugli della domenica, e del lunedì che n’ è la continuazione.
Tuttavia non è cosa da mettere in burletta. Il fatto gravo è questo: che noi abbiamo una capitale storica, gloriosa, eroica, eterna, intangibile, incrollabile, tutti gli aggettivi che volete; aggiungetene anzi un altro: e pericolosa.
Vi domina una plebe feroce che ad ogni occasione fa la sua comparsa. Le aitorità devono sempre stare sul chi vive. Alla menoma dimostrazione, una festa o un comizio o un funerale, bisogna mettere in moto tutte lo guardie, tutti i carabinieri, tutti i soldati. Una sorpresa è sempre possibile e rischia di essere sanguinosa. Non è mai una rivoluzione; ma se ne fa le prove.
Lo Stato maggiore conta le sue truppe, le addestra. I sassi e le selci volavano l'altro giorno; alle bastonate si aggiungevano i colpi di revolver. Ai capitani dell'esercito regolare occorre un gran sangue freddo, una grande autorità, per frenare i soldati, — che pur son popolo, — provocati, inviperiti. Il fucile scatta alle volte, — tirato in aria, colpisce qualcuno, — per solito, il cadavere è di un curioso, di un innocente. È ciò che vogliono i rivoluzionari per suscitare la pietà, per convertirsi in vittime. Questa volta, il gioco non è riuscito; ma si ripete tanto spesso che una volta o l’altra...
Anche l'occasione questa volta mostrava che a Roma tutto è buono per tumultuare, Qual è il capo che seguivano i 20.000 dimostranti, diventati man mano 30000 e poi forse 50.000? seguivano un tribuno del popolo, un Ciceruacchio o un Coccapieller? no, seguivano un presidente della Camera di Commercio, un effe effe di sindaco! Questi pacifici personaggi andando a conferire col primo ministro, non s'immaginavano di trascinarsi dietro una tal coda di gente, di esser diventati capi di una banda, anzi di un esercito rivoluzionario, Poveretti! essi avevano garantito la tranquillità. Il buon biglietto che aveva il signor prefetto! Del resto, come credere che socialisti, anarchici, nullatenenti, se la pigliassero tanto calda per quella tassa di ricchezza mobile che colpisce i borghesi, gli industriali sfruttatori, i bottegai esosi? Quell’imposta, là dove non hanno la felicità di averla, è reclamata proprio dai demagoghi, dai socialisti."