Pubblicazione: 1908
L'Illustrazione Italiana. 25 ottobre 1908:
"Tra le molte feste popolari di Roma, l'Ottobbrata è certo delle più pittoresche e caratteristiche.
Nel Lazio l'ottobre è il mese il più ridente dell'anno. Prescindendo dal fatto della caccia, in quel mese comincia nel Lazio (paese vinifero per eccellenza) la vendemmia gioconda de' bei grappoli d'oro, e quindi, conviene vuotare le botti del vino vecchio.
Esso è il mese del nuovo abbacchio o agnello, il mese che ci reca l'addio della buona stagione allegra, e che quindi conviene festeggiare.
Ed è così che, in Ottobre (di domenica o giovedi) ma specialmente nella prima e nell'ultima domenica, non v'è famiglia romana, non v'è società di divertimento, che non faccia la sua Ottobrafa, cioè non vada, fuori di una qualche porta (se non in uno dei Castelli romani) a gozzovigliare allegramente.
Prima del 1870 ci si recava al Testaccio (o monte dei cocci, dalla sua origine), nelle grotte in cni si conserva gelido il vino dorato; adesso l'uso è abbandonato e la gente inonda (è la parola) le osterie suburbane, con landeanar (er landò) o carrozzelle (botte), o magari a piedi.
Si scende, si offre da bere al vetturino, e poi si prepara la merenda, il cui piatto forte è l'abbacchio al forno. La tavola è guarnita, rusticamente, ma gaiamente, spesso non mancano i fiori; il vino scintilla nei pesanti bicchieri, si beve, si mangia, si ribeve, si rimanvia: le ore così trascorron rapide, l'allegria aumenta, le risa vanno al cielo.
Poi le ragazze afferrano le tamburelle, dipinte e ornate di fiori finti, e squillano le allegre canzoni popolari, in dialetto romanesco, dette con una grazia biriechina non scevra da melanconia.
Le chitarre e i mandolini di frequente necompagnano, col famoso ritornello: A la Bellona, Domani vien la morte, e c'incorona!.
Intanto i camerieri, sudati, affranti, girano (magari in maniche di camicia) col tovagliolo sulle spalle, portando enormi piatti di maccheroni, di spaghetti e di fettuccine al sugo di pomodoro (usanza oggi più romana che napoletana) nuova gente arriva continuamente, sì che i tavoli non son più sufficienti.
Il diapason sale, non si parla più, si urla, si fa ogni allegra pazzia....
Finalmente, come Dio vuole, scende la sera, s'accendono i lanternoni, alla veneziana, dalle mille forme e dai mille colori; si beve e si mangia ancora, fino a che, stanchi, con le palpebre che cominciano ad appesantirsî, si rimonta sui landeaux, sulle botti, sulle giardiniere, coi cavalli tintinnanti di sonagli, e guarniti di fiori, în cui spesso stanno patriarcalmente assise file di vispe e tarchiate popolane, le minenti (forse dalla parola eminenti) tutte vestite eguali, e con fiori nei capelli; la frusta schiocca e rapidi i legni s'involan nel buio, mentre, nella fresca aria notturna, si vanno man mano spegnendo, in distanza, i cori femminili che cantano i vispi stornelli romaneschi..."