Pubblicazione: 1910
L'Illustrazione Italiana. 9 ottobre 1910: "Sovra il breve tratto della doppia loggia, ancora fino ad oggi intatto, che divide la Piazza di Venezia dalla Piazza di San Marco, appaiono già operai e muratori, che cominciano a togliere le tegole. Anche di questa, dunque, come del Palazzetto; il fato è ormai compiuto: essa sta per scomparire.
Ricomparirà, dicono, nella riedificazione che sarà fatta in Piazza San Marco di tutto l'antico Palazzetto: ma in verità a questa specie di reincarnazione o metempsicosi, in fatto di opere d’arte, io non ho mai creduto molto.
Io capisco che si sia ricostruito il campanile di Venezia; perchè il gigante caduto non era di per sè un’opera d'arte: era soltanto un insigne monumento significativo che per ragioni storiche ed estetiche non poteva senza danno esser tolto a quel maraviglioso spettacolo di bellezza che è non solo la Piazza di San Marco, ma Ja città di Venezia nel suo insieme, vista specialmente da NV, chi viene dal mare.
Quell'alta cuspide e quell’angelo d'oro erano ormai, da secoli, parte necessaria di quella veduta: e se una triste fatalità li aveva abbattuti, era giusto e doveroso che fossero reintegrati.
Io dubito assai invece che necessità ci fosse di ricostruire una parte o un'appendice di un palazzo quattrocentesco, che non è per sè stesso, un'opera d'arte di singolare bellezza: ma il quale aveva, nella sua integrità, un magnifico e significante valore. Comunque, ora è inutile discutere: il Palazzetto sarà rifatto, ma da un altro lato del palazzo, contro, cioè, o almeno all'infuori della volontà e del programma dei suoi costruttori.
Ma, com'è noto, Corrado Ricci aveva proposto che dalla demolizione fosse salvata la doppia loggia che nell'interno del Palazzetto, cingeva il giardino: forte e leggiadra costruzione che, come si vede dalle nostre incisioni, avrebbe certo aumentata d'assai la sua bellezza quando ne fossero stati intieramente riaperti gli archi.
La proposta del Ricci, come si sa, ebbe caldi, anzi caldissimi fautori (basti citare Aristide Sartorio) e non meno fervidi oppositori: e questi hanno vinto. Hanno vinto sopratutto per considerazioni estranee all’arte, e di natura o finanziaria e politica: la conservazione di questa loggia, infatti, che bisognava consolidare e ordinare, avrebbe portato non solo una nuova e maggiore e non prevista spesa, ma avrebbe dovuto esser fatta in seguito a una nuova convenzione fra il governo, il municipio a cui appartiene l'area della Piazza, e l'ambasciata d'Austria a cui appartiene il palazzo.
E poichè, anche in linea d’arte, la proposta del Ricci era (e non poteva essere altrimenti) variamente discussa e giudicata, e d'altra parte il tempo stringeva è la sistemazione della piazza era urgente, il governo preferì rompere gl’indugi, e in seguito a deliberazione del Consiglio dei ministri ordinò che s' incomineiasse la demolizione.
Le nostre incisioni rappresentano la loggetta e il chiostro e il bel giardino che era nell’ interno del Palazzetto: hanno ormai dunque un valore storico: esse ritraggono uno dei punti più caratteris i quella Roma che se ne va, e che non si può vedere andarsene senza rimpianto e senza amarezza. Tanto più quando si tratta, come ora, di ‘una pura opera di quel maraviglioso quattrocento, che a Roma è ormai così scari mente rappresentato..."