Pubblicazione: 1911
L'Illustrazione Italiana. 18 giugno 1911:
"Una terribile disgrazia ha funestato il giorno 8 il match di aviazione romana. Alle 14 doveva ricominciare al campo di aviazione dei Parioli il circuito del Tevere, di cui finora non erano state corse che le elimonatorie. Nell'ultima eliminatoria fatta il 6 era rimasto solo in gara, per il ritiro degli altri a causa di difetti di motori o di altri accidenti, l'aviatore romano Marra. La sua maniera di guidare era stata molto notata in questo mach anche dagli aviatori francesi. Nelle ul giornate di aviazione egli era riuscito a compiere il difficile percorso del circuito del Tevere, più di 200 chilometri, da compiere in quattro giri da Roma a Monterotondo, passando a Tor di Quinto. L'8 le gare dovevano ricominciare, come al solito, alle ore 14.
Egli era solo nella finale e per questo non attese nemmeno, come al solito, il colpo di cannone che annunzia il principio ufficiale delle gare, ma fece uscire qualche minuto prima delle 14 il suo areoplano Farman, tipo militare, dal suo hangar n.1. Egli era molto più confidente del giorno 6 e parlava coi giornalisti allegramente; accanto a lui era la moglie, vivente dal principio delle gare nell'hangar, sorvegliando le partenze e gli arriivi del marito, dando ordini ai meccanici e spiando poi per vedere se l'areoplano riapparisse sull'orizzonte. Il vento era abbastanza forte. La moglie di Marra, avendo seco il piccolo figlio, era molto inquieta. Ad un certo punto essa disse al marito: — Guarda che vi è molto vento. Non potresti attendere? Perchè? rispose Marra, che era molto sicuro di sè stesso ed aveva perduto tutte le piccole esitazioni che si potevano notare in lui altri giorni.
Oramai conosco il percorso e se vi e molto vento non avrò che a lavorare un pò di più. Il pubblico non era molto, ma la partenza di Marra fu subito notata e cominciarono gli applausi quando egli sali sul sediolino e cominciò a dare gli ordini ai meccanici.
Il biplano parti, come al solito, senza quasi nessuna difficoltà. Ma si vide subito che il Marra aveva molto da lottare col vento, specialnwnte alla curva stretta del campo, donde il vento soffia sempre molto forte. Dopo aver descritta la curva l'areoplano segui la linea dei monti Parioli e si diresse verso Tor di Quinto e dopo pochi minuti sparì. L'attesa abituale nelle corse degli areoplani cominciò, ma non impaziente, perchè si sapeva che non era possibile coprire il circuito, più di 50 chilometri, in meno di 46 o 47 minuti primi. Ma, purtroppo, indugio del ritorno era dovuto ad un'orribile disgrazia, la cui prima notizia fu portata da una telefonata da Tor di Quinto.
La notizia brevissima diceva semplicemente che Marra era caduto urtando nei fili della tranvia di Civita Castellana e che era in condizioni abbastanza gravi e che con un automobile era stato portato a Roma in uno degli ospedali perchè fosse immediatamente operato.
Ma subito dopo si ebbero notizie più esatte e più gravi.
Il signor Carlo Vitalini, appaltatore delle riparazioni alla ferrovia elettrica Roma-Civita Castellana, si trovava a 150 metri dal luogo dove il velivolo era precipitato.
Mentre egli lavorava presso l'ippodromo di l'Tor di Quinto, vide avanzarsi il Farman, che andava a discreta velocità a circa 5o metri di altezza. Improvvisamente lo vide descrivere un mulinello su sè stesso come per un colpo di vento e subito dopo l'aereoplano veniva rovesciato.
Il Vitalini, coi suoi uomini, accorse subito sul luogo dove l'aviatore era caduto. Il povero Marra giaceva a dieci metri di distanza dal viluppo di tela e d'acciaio. Era supino, tutto disteso; la testa inclinata sulla spalla destra, un po' rientrante nelle spalle: dalla bocca e dal naso colavano rivi di sangue. L'infelice respirava affannosamente: pareva che egli atteggiasse la bocca per parlare o per bere avidamente l'aria che sentiva mancargli. La parte destra del corpo era tutta sfracellata; l'occhio destro era ammaccato e nerastro, il naso orrendamente schiacciato; uno dei piedi appariva anormalmente attaccato alla caviglia, ciò diede agli accorsi l'impressione che fosse spezzato.
Intanto sopraggiungeva l'automobile col fratello del Marra e due meccanici. Immediatamente il corpo dell'aviatore fu trasportato sull'automobile, che si diresse verso l'Ospedale di San Giacomo, ma l'aviatore spirò per via fra le braccia del fratello.
Secondo la narrazione fatta dal pecoraio Pietro Giusti che si trovava sul luogo, l'aereoplano si avanzò a piccola altezza oscillando fortissimamente verso il posto dove avvenne il disastro. Dopo essere passato al disopra dei fili dei piloni della Roma-Civita Castellana, l'aereoplano voltò completamente a destra e si rovesciò fortemente. Probabilmente per impedire il rovesciamento, il Marra cedette al vento e virò completamente, in modochè ritornò sulla sua rotta rivolgendosi verso i piloni della Roma-Civita Castellana.
Dopo averli oltrepassati egli tentò di voltare di nuovo e riprendere la rotta naturale. ma poichè si trovava molto basso, dovette passare al disotto dei fili, ed essendo com-pletamente in balia del vento, non potè evitare che l'ala destra urtasse quasi in pieno nel pilone di ferro della tramvia. Infatti vedevasi ancora attaccata al pilone, una lunga balestra dell'ala e un grosso pezzo di tela. Tuttavia l'areoplano non si arrestò all'urto, ma balzò più avanti andando a cadere nel fosso schiacciandosi completamente."