Nei lavori per la sistemazione del Tevere urbano, incominciati al principio del marzo, demolendosi i muri medioevali non riconosciuti importanti per la storia e per la topografia, al così detto Museo nuovo sulla sponda destra si rinvenne, tra i materiali di fabbrica, il giorno 7 aprile un frammento di tavola marmorea, lungo met. 0,26, alto met. 0,17, in cui si legge: NE MA | MODORI | ...FECI
Giuseppe Fiorelli.
Nei disterri di quella parte dei giardini della Farnesina, che deve cedere il luogo al nuovo alveo tiberino, alla profondità di 4,00 metri sotto il piano moderno ed in suolo di scarico, è stata ritrovata una lapide marmorea larga met. 0,60, alta met. 0,38, del seguente tenore: COLLEGIO LIBERI PATRIS ET MERCVRI NEGOTIANTIVM CELLARVM VINA RIARVM NOVAE ET ARRVNTI ANAE CAESARIS CINNAMVS IMP NERVAE CAESARIS TRAIANI AVG GERM SERVOS VER NA DISPENSATOR OB IMMVNTAT D D CVRA AGENTIBVS ANN PRIO TI CLAVDIO ZOSIMO ET SEX CA ELIO AGATHEMERO LICINIO SVRA II SERVIANO II COS
Nella zona vicina sono stati scoperti molti dolî, del diametro massimo di met. 1,50, uno dei quali col bollo circolare: sic CNDOMITICRHYSERO palma
Rodolfo Lanciani.
Continuandosi gli sterri nel giardino della Farnesina, dappresso il sito del trovamento della lapide che ricorda i privilegi concessi al collegio di Bacco e Mercurio, sono stati scoperti due ordini di colonne doriche di travertino. di met. 0,73 di diametro, i quali sembrano determinare i lati di un atrio quadrilungo.
Delle colonne rimangono al posto i tronchi inferiori, alti in media met. 1,00, i quali poggiano sopra cuscini o plinti di travertino di met. 0,97 x 0,97 x 0,40. Innanzi alle colonne corre un canalone pure di travertino, destinato a raccogliere lo stillicidio del tetto dei portici
Rodolfo Lanciani.
Nel chiostro di s. Giacomo in Settimiana, è stato ricuperato un cippo di marmo, alto met. 0,96 largo 0,40, capovolto ad uso di labro per una vasca da lavare.
L'iscrizione è del seguente tenore: D M | L LAVTIO CELADO | LAVTIA TYCHE | CONI uGIRARISSIMO | (orciuolo) eT DESE BENEMERITO ET (patera) | NERIVS LAVTIVS | CELADVS FILIVS | PATRI OPTVMO | ET SANCTISSIMO | FECERVNT; Quivi pure esiste la parte inferiore di un cippo scorniciato con le lettere : MEI... TES | FRATRI pieNTISSIMO | FECIT.
Rodolfo Lanciani
Demolendosi la platea subacquea, che unisce la testata cistiberina del ponte Sisto col primo pilone isolato; si è ritrovato gran parte dell'arco del ponte stesso, che credesi caduto nella inondazione del 792. I cunei di travertino sono caduti in buon ordine, in modo che in alcuni punti conservano non interrotta la fascia modinata dell’archivolto. I cunei sono congiunti con ispranghe di ferro. Presso la testata del ponte, e sepolto dalla rovina dell’arco, è stato ritrovato un cippo o lastrone di travertino, alto met. 0,90, largo met. 0,80, grosso met. 0,20, sul quale è incisa a caratteri buoni ma assai corrosi la seguente iscrizione: eX AVCT Oritate | iMP CAESARis | VESPASIANI AVG | p M TR PVI IMP XIV PP | COSVDESIGN VICENS | CAECINA PAETVS | CVRATOR RIPAR ET | alVEI TIBERIS TERMIN | .... IT PROX CIPP PC.
Rodolfo Lanciani.
Negli sterri della villa Farnesina è stato scoperto, sul confine con l'orto di s. Giacomo in Settimiana, un elegante pavimento a musaico policromo, lungo e largo met. 3,25. È racchiuso da una fascia con treccia a chiaro-scuro, e diviso in circoli e semicircoli con festoni a smalto verde. Su questo pavimento giaceva un gruppo di eleganti lucerne.
Rodolfo Lanciani.
Nei disteni della Farnesina continuano ad apparire altre colonne dei portici, descritti in altre relazioni, ed appartenenti come sembra alle celle vinarie Nuova ed Arrunziana. Il terrapieno della villa è formato di frantumi di grandi doli, uno dei quali ha impresso il bollo PHILEROS M FVLVI.
Per mezzo delle draghe poi sono state estratte dal fondo del fiume monete pontificie in gran numero, un blocco di agata, alcuni frammenti di ornati in marmo, ed un brano di arcaica iscrizione in peperino che dice: ...SACRVM | ...TE COS DE | ..NTENTIA
Rodolfo Lanciani.
Negli scavi alla Farnesina sono tornate in luce altre nove colonne doriche di travertino rivestite di stucco, appartenenti forse alle celle vinarie Nuova ed Arrunziana. Misurano nel diametro met. 0,73, con met. 1,50 d'intercolunnio. Nel cortile, circondato da questo colonnato, stanno al posto parecchi doli, di met. 1,30 di diametro, screpolati ab antico e restaurati con grappe di piombo. In questo luogo si trovarono: Ventitre lucerne ordinarie fittili, con corona di globuli, una assai elegante dell'officina di Publio Asio Augustale, col rilievo di Minerva galeata. Alcuni pezzi di vasellame aretino coi bolli: AMA NNEI; M P P ed un bustino di marmo, ritratto incognito, alto insieme col pieduccio met. 0,34.
Rodolfo Lanciani.
Continuandosi gli sterri alla Farnesina, sono state trovate altre colonne dei portici delle celle vinarie Nuova ed Arrunziana; un lunghissimo tratto di canalone in travertino, destinato a raccogliere gli stillicidi del tetto; ed alquanti doli disposti a quincunce.
Questi hanno impresso il bollo Q TOSSI INGENVI CIMBEE FECIT
Un coperchio di dolio, largo nel diametro met. 0,95 ha il bollo semicircolare: ODOL MAMT VALEAT QVI FEC
Uno ha segnata la capacità con le sigle: XXXIIX S Tutti poi son collocati sopra un pavimento a musaico in chiaroscuro.
Dietro il convento di s. Giacomo in Settimiana, fra i ruderi di un torraccio medioevale, è stato trovato uno stemma del Comune di Koma con le lettere: +SPQR.
Le draghe hanno tratto dall' alveo del fiume questi oggetti : Masso di travertino di met. 1,00 x 0,55 x 0,35 con l'iscrizione:
L B ARRONI VS BARBA AED CVR GRADOS REFECIT
Ceutonovantatre monete papali o imperiali, fra le quali una assai corrosa di Vitellio. Trenta frammenti di lapidi latine e greche. Ventinove frammenti di scultura. Un vasellino d'argento di moderna fattura. Due palle di bombarda in pietra. Stocchi, pugnali, chiavi, tessere, medaglie di devozione, campanelli, anelli, smalti ecc.
Negli ultimi giorni del mese, al confine settentrionale della Farnesina, sono incominciati ad apparire avanzi di una nobilissima casa privata dell'epoca augustea, adorni dei più vaghi dipinti murali che mai sieno stati ammirati in Roma. Attenderemo la prosecuzione delle ricerche per darne preciso ragguaglio.
Rodolfo Lanciani.
La quasi permanente innondatone del Tevere, ha arrecato non lieve ritardo ai lavori di distacco dei dipinti scoperti nei giardini della Farnesina, come ha impedito la prosecuzione delle ricerche nel fabbricato che le contiene.
La prosecuzione delle ricerche nel giardino della Farnesina, è stata impedita dalla quasi permanente inondazione del Tevere. Nondimeno, sugli ultimi giorni del mese si è incominciato a scoprire un cubiculo di mediocre ampiezza, le pareti del quale hanno dipinti murali di artificio e conservazione singolare. Sono forse l'opera dell'istesso artista, che dipinse il cubiculo descritto nella relazione antecedente.
Furono raccolti negli scavi i seguenti oggetti : un bollo di mattone segnato con la lettera C altro con la leggenda: LBRVTTIDIAVGVSTALIS OPVS DOL EX FIG OCEA MINJCAE N (seguente frammento di un terzo EROS ...FVLVII), due antetìsse di terracotta alte met. 0,20, con rilievo rappresentante una testa muliebre, due vasetti ripieni di colori per pittura parietaria, un peso di stadera in forma di anforetta, frammento di titolo sepolcrale: ENVS ... KNA.
Rodolfo Lanciani.
Continuando gli sterri nella parte dei giardini della Farnesina, e più vicina alla sponda destra del fiume, sono stati scoperti altri ambienti di quella nobile residenza privata dell'età augustea, della quale si è parlato nelle relazioni antecedenti. Questi ambienti conservano, in tutto o in parte, le loro pitture murali di straordinaria vaghezza.
A tutto il giorno 26 corrente sono state distaccate 6 pareti intere, della superficie totale di met. q. 54,16. La maggiore, tolta in un solo quadro, misura met. 8,65 in lunghezza, met. 2,03 in altezza. Seguono altri 26 quadri minori, la cui superficie ascende in complesso a met. q. 27,64.
Una delle pareti conserva questa leggenda granita: CEAYKOC ENOIEI nella quale si è voluto riconoscere un indizio dell'autore di questi mirabili dipinti.
La celerità con la quale è stato eseguito il distacco, di mano in mano che tornavano in luce, vieta pel momento di darne un' accurata descrizione.
Il partito decorativo consiste generalmente, in uno zoccolo o zona inferiore a fondo scuro, divisa in compartimenti esprimenti scene diverse, con figurine alte in media met. 0.12.
La parte media è occupata da bizzarre architetture, con colonne e pilastrini. Negli specchi di ciascuno intercolunnio sono dipinti, o a contorno o a colore, quadri con figurine alte circa cent. 30. La decorazione è coronata da un attico, retto da Cariatidi o Telamoni.
Le seguenti scoperte sono registrate in ordine cronologico.
Il giorno 4 giugno, fra le sezioni 17 e 18, si è trovato un pavimento a musaico di met. 2,50 in quadro. Nel centro si vede un busto di Nereide, coronata di piante palustri, assai danneggiato.
Nel circolo che racchiude il busto, si veggono tre barche distinte a prua con teste di tigre, di asino e di mastino. Alcuni barcaiuoli hanno atteggiamento osceno, altri suonano la tibia. Nel campo nuotano coccodrilli e rinoceronti. Vi è pure nel campo la figura di un nomo, che ha posto sull'acqua un'anfora ad uso di barca, e sopra vi ha spiegata la vela.
Il giorno 10, nell'interno di uno stanzino dipinto, lungo met. 4.95 largo met. 2,31, si raccolsero più frammenti degli stucchi che ne ornavano la volta, con dischi pieni di frutta e fiori, figurine priapiche. altre di donne, di gemetti alati, paesi con fabbriche e alberi di varia specie ecc. Il pavimento di questa camera è di musaico a chiaroscuro, con ornati geometrici.
Il giorno 20 si trovò il primo indizio dell'esistenza di un piano superiore, mediante una scala di laterizio, larga met. 1,10 con 12 gradini. Nel ripiano largo met. 1,24 X 1,81 si conserva il pavimento a chiaroscuro, diviso in rombi quadrati, e meandri. Gli oggetti raccolti negli sterri sono: alcune antefisse fittili, ornate di maschera scenica e baccelli, dipinte a colore rosso, fondi di vasi aretini coi bolli; un frammento di coperchio di dolio, col sigillo PHILEKOS MFVLVI; molti embrici timbrati ed alcuni pesi detti da tessitore.
Fra le arene, tolte dal fondo del fiume con l'opera delle draghe, si trovarono questi oggetti. Torso acefalo di statuetta di Diana cacciatrice, alto met. 0,30. Testa di Baccante, alta met. 0,10. Torsetto acefalo di Venere. Frammenti d'iscrizioni, che leggono: a) PTOLEMVS VMATVS EST b) ASEPs FEC c) ANTIS R A E F d) ANN LXXX SINE VLLA MACVLA PAPIRIAESYNCL CE ET ALEXANDRIA F IL
quest'ultimo, trovato nella demolizione della chiesa di s. Francesco a Ponte Sisto; inoltre n. 125 monete imperiali, urbiche, pontificie
Rodolfo Lanciani.
Nell'area del giardino della Farnesina, espropriata per le arginature del Tevere, è stato condotto a termine il distacco delle belle pitture murali, già descritte nelle relazioni antecedenti. Della loro importanza per la storia dell'arte nei tempi augustei, della venustà del disegno, della maestria nella esecuzione, della varietà dei soggetti rappresentati, non è possibile dare ragguaglio in questa succinta relazione.
Le pitture si stanno riordinando, secondo il loro collocamento primitivo, nei locali dell'orto Botanico alla Lungara, che saranno fra breve aperti al pubblico. Contemporaneamente sono stati ricomposti in gran parte, e con circa un migliaio di pezzi, tre soffitti centinati in istucco, la cui perfeziono è degna di quella delle pareti nelle camere rispettive.
Continuandosi gli sterri a sud della casa dei dipinti, sono stati scoperti otto ambienti sotterranei, appartenenti forse alle celle vinarie Nuova ed Arrunziana. Yi è stata trovata un' arula di marmo, di met. 0,63 x 0,31 x 0,25, ornata coi pulvini, l'urceo, la patera, festoni ecc. Keca scritto nella fronte: COLLEGIO SALVTARI FORTVNAE REDVCIS HERMES COSMI VILICI VICAEIVS D D
Continuandosi gli sterri nell'ex-giardino della Farnesina, sono stati trovati altri dipinti di valore non mediocre, ed uguali nelle linee generali, e nel partito decorativo a quelli già distaccati dalle pareti del corridoio. Stanno nel giro di un'essedra, la quale ha il raggio esterno assai considerevole, di met. 18,50. Kappresentano marine e paesi, segnati con molto brio e franchezza, ed alternati a gruppi di maschere sileniche...
Nel mese di decembre, dalle pareti del quale furono distaccati gli affreschi, più volte descritti nelle relazioni precedenti. La parte del fabbricato scoperta, presenta una disposizione elegantissima, attorno ad un emiciclo del diametro di met. 28,00. Vi predomina la costruzione a cortina, e di cortina sono pure i fusti, basi, e capitelli delle colonne e dei pilastri. Il motivo della decorazione architettonica, che ricorre da per tutto, consiste in finti portici, con mezze colonne, e nicchioni negli intercolunni. Quando gli scavi saranno giunti a termine, e completata la pianta del fabbricato, la cui disposizione sembra sfuggire alle leggi comuni, forse se ne potrà riconoscere la probabile destinazione.
Rodolfo Lanciani.
Nel giardino della Farnesina, continua la scoperta di altre parti degli antichi edifici più volte descritti. Vi sono stati trovati i bolli figulini. Le draghe hanno raccolto nel fondo del fiume circa 230 monete, di nessuna importanza.
Continua ad apparire il selciato di una strada, che segna il limite meridionale di quel lunghissimo portico di colonne di travertino, il quale fu troncato e diviso in due dalle mura Aureliano. Sotto il selciato corre un tubo di piombo, improntato con doppia leggenda.
...La striscia di terreno espropriata nel Trastevere, fra il ponte Sisto ed il convento di s. Giacomo in Settimiana, per l'ampliamento dell'alveo del Tevere, e la costruzione del muro di sponda, è attraversata dal recinto di Aureliano, il quale la divide in due parti ineguali. La parte a settentrione, maggiore dell'altra, già compresa nel giardino della Farnesina, è stata sterrata fino al livello del suolo vergine, che è molto più basso di quello odierno delle acque di filtrazione. Gli antichi edifici quivi scoperti sono due, ed appartengono al primo secolo dell'impero; notevoli per la bella e regolare disposizione architettonica, per la vastità, per la conservazione, e per la ricchezza dei loro ornamenti.
Il primo edificio ABCD, sul lembo estremo della zona espropriata, è noto per le insigni pitture murali, le quali distaccate felicemente nella estate decorsa si conservano ora nelle sale dell'Orto Botanico alla Lungara. La costruzione del fabbricato deve attribuirsi ai buoni tempi augustei, prevalendovi l'opera reticolata, con legamenti e spigoli di piccoli cubi di tufa, senza mistura di opera laterizia. La sua destinazione è incerta, e ha dato luogo a diverse ipotesi, il valore relativo delle quali potrà essere misurato soltanto, quando gli scavi si estenderanno fino al vicino orto di s. Giacomo in Settimiana.
Benché niun indizio di tale destinazione, niuna memoria scritta o scolpita sieno stati ritrovati in questa parte degli scavi, l'esame architettonico della pianta sembra dimostrare, che l'edificio riunisse i caratteri di una domus patrizia urbana, e di una villa di delizia: il che è reso probabile dal fatto, che le continentia aedificia dell'antica città, erano circondale da una zona meno densamente abitata, e cosparsa di ville non dissimili da quelle, che i nostri patrizi principi della chiesa tornarono a creare nella zona disabitata, durante i secoli XVI-XVIIL
Il secondo edificio BCDEF contiene un aggregato di atri, circondati da lunghissimi portici, e divisi l'uno dall'altro da corpi di fabbrica, disposti a somiglianza delle horrea urbane e portuensi, con doppia fila di celle addossate ad una parete divisoria. L'età e l'uso di questo gruppo, sono stati rivelati dalla bella iscrizione di Cinnamo alla quale deve aggiungersi anche la basetta nella costruzione dei muri predomina il reticolato con legamenti laterizi: le colonne dei portici hanno il fusto di travertino con le scanalature di stucco, alla maniera più antica.
È importante l'osservare, che ambedue gli edifici non hanno subito cambiamenti o restauri nei secoli successivi, e che tutte le parti scoperte nel corso degli scavi, spettano alla fabbrica primitiva ed originaria: cioè al primo secolo por la casa delle pitture, agli inizi del secondo per le Celle vinarie Nova ed Arrunziana. Dalla qual cosa parmi poter dedurre la conseguenza, che dopo le prime minaccio di incursioni barbariche, la zona estramuranea deve essere stata abbandonata alla rovina, invasa dalle torbide del fiume, e ridotta a coltivazione.
Rodolfo Lanciani.
Durante i lavori di costruzione dei muraglioni del Tevere, demolendo un tratto delle mura aureliane sulla riva tra via della Lungara e ponte Sisto, viene scoperta la Tomba dei Platorini. La struttura viene demolita, ma i materiali, compresi blocchi di muratura, sono trasferiti alle Terme di Diocleziano, dove nel 1911, viene ricostruita ed esposta in occasione delle manifestazioni per il cinquantenario dell'unità d'Italia. Rodolfo lanciani racconta la scoperta:
Ben diversa è la condizione degli avanzi, scoperti in quella parte della zona espropriata, che è acchiusa dentro la cerchia di Aureliano, cioè fra questa ed il ponte Sisto. Rare e di niuna importanza sono le vestigia di manufatti della buona epoca quivi scoperte: e questi meschini avanzi servono di sostegno e di fondamento a case private del secolo terzo, ristaurate e rifatte in epoche anche più vicine. I pavimenti delle strade sono mal commessi ed irregolari, e tutto induce a credere, che questa parte della regione transtiberina, protetta com' era dalle mura, sia stata permanentemente abitata, anche dopo i grandi disastri dei secoli V. e VI.
Nel sito segnato in pianta con la lett. Q, sotto il selciato della strada, è stato scoperto un tubo di piombo segnato con la leggenda: L SEMPRONI RVF. Questo tubo ci apprende il nome di due diversi proprietari delle vicine case, i quali s'erano uniti in consorzio per fornirle dell'acqua impetrata da Cesare. Lo stagnaio Aurelio Fiorentino è noto per altri tubi, fra i quali ne ricorderò uno solo, ancora inedito, che ho copiato presso l'antiquario Chiarugi in via Alessandrina n. 11.
Il livello degli editici del terzo secolo in questa zona intramuranea, è superiore in media di met. 3,07 al livello degli edifici del primo secolo della zona estramuranea. Ciò avviene, non perchè il profilo longitudinale della sponda del Tevere mancasse in origine di uniformità, ovvero salisse con piano inclinato dal sito di s. Giacomo in Settimiana verso la testata del ponte. La sponda del Tevere, e la pianura transtiberina erano orizontali, almeno nel tratto espropriato e scavato. Di fatti le mura di Aureliano hanno troncato porzione del portico delle celle vinarie Nova od Arrunziana: e questa porzione (con le colonne stanti sulle basi rispettive), è stata da noi ritrovata al piano dello fondamenta degli edifici intrarauranei, a met. 1,62 sotto il punto pili basso delle strade.
Ciò dimostra che, alloraquando le mura furono costruite attraverso i fabbricati della decimaquarta regione, il piano esteriore fu lasciato tal quale; quello interiore fu sollevato, di modo che il profilo della sponda forma gradino dove stanno le mura, e questo gradino è alto met. 1,62.
Ho creduto opportuno premettere queste considerazioni, perchè giovano a spiegare la singolarità della scoperta di un sepolcro, pressoché integro, avvenuta a contatto delle mura il giorno 24 aprile. Il sepolcro ha la forma di un rettangolo, lungo met. 7,44, largo met. 7,12. Il giro esterno della cella è fasciato di travertini a bugna; il nucleo e la fronte interna dei muri sono di opera laterizia.
Il basamento consta di uno zoccolo doppio, alto met. 0,60 dipinto in rosso, e di una cornice modinata di toro gola e guscio, alta met. 0,30. Le bugne non coincidono con le commessure dei travertini : sono tracciate mediante canaletti, profondi mill. 10, larghi mill. 14, in modo che ciascuna bugna risulta lunga met. 1,92, alta met. 0,595. Il monumento era forse coronato da cornitje architravata, della quale non è stato tuttavia scoperto alcun frammento.
Si hanno bensì alcuni pezzi delle tegole e dei canali del tetto, terminati da antefissa di buona maniera. Una delle tegole ha nel centro un foro rotondo con battente, simile alle nostre cappuccine. La porta, larga met. 1,97, si apre nel lato opposto al Tevere, cioè nel lato che guarda il Gianicolo. Vi si accedeva mediante una scaletta di travertino, della quale rimane il solo pianerottolo. SuU' architrave era inserito a fil di muro un lastrone di marmo, lungo met. 1,32, alto come le bugne met. 0,595, grosso met. 0,28, profilato da cornicetta di gola e listello, nello specchio del quale è incisa la seguente iscrizione: C • SVLPICIVS • M • F • VOT • PLATORInVS.
Le lettere sono alte, nella quarta linea mill. 72, nelle altre mill. 65: la forma è perfetta. Evidentemente costui non può essere il C. Sulpicio Platorino, triumviro monetale dell'anno 786, con Caninio Gallo e Cosso Cn. f. Lentulo (Cavedoni, Ann. Inst. tm. XXII. p. 186), perchè non si hanno esempi di magistrati, i quali sul principio della carriera, abbiano esercitato due diverse funzioni del vigintivirato ; nè il marmo avrebbe taciuto intorno al triumvirato monetale, se per una singolarissima anomalia, il defunto lo avesse esercitato prima o dopo il decemvirato delle liti. Che però il C. Sulpicio Platorino della lapide, sia affine allo zecchiere del 736, è cosa evidente. Rimane soltanto a determinare il loro stemma genealogico.
La cella met. 0,26, alte met. 1,08. Tanto le colonne quanto i pilastri, hanno il nucleo di mattoncini ruotati, con rivostimeuto di stucco scanalato. Nei tre intercolunni di ciascuna parete, staiuio le nicchie destinate a contenere i cinerari: quella di mezzo è semicircolare , larga nel diametro met. 0,88 ; le due a lato sono rettangole, larghe met. 0,83, profonde met. 0,36. Il piano di alcune nicchie era ricoperto da una lastra di marmo: nelle altre era di mattoni. Numerando le nove nicchie, da destra verso la sinistra, secondo l'ordine della scoperta, descriveremo uno ad uno gli oggetti che contenevano.
I. nicchia. è distrutta sin quasi al piano della soglia, uè è rimasto vestigio dei suoi cimeli.
II. nicchia. Urna cineraria di marmo bianco, rotonda , alta met. 0,43, larga nel diametro met. 0,46, con coperchio conico alto met. 0,25, fissato con tre perni di ferro. Il cilindro è ornato con doppia cornice intagliata, e con rilievi rappresentanti bucranii e festoni di frutta, legati con nastri. Nel campo, gruppi di uccelli. Il tolo è intagliato a foglie di acanto, disposte a guisa di tegole, ed ha sul culmine un papavero a guisa di ansa. L'artificio è mirabile, la conservazione perfetta. Tolti i sigilli, si vide contenere acqua di filtrazione, ed ossami combusti.
III. nicchia. Urna c. s. rettangola, alta met. 0,50 x 0,47 x 0,40, con bucranii sugli spigoli, dai quali pendono gli encarpii. II coperchio, assicurato con quattro perni, è fastigiato. I pulvini hanno la forma di serti di papaveri, legati con nastri. I rilievi del frontone esprimono armi diverse. Conteneva ossa e ceneri, ed un'agata, assai malconcia dal fuoco, con intaglio di un leone giacente.
IV. nicchia. Urna cineraria rotonda, simile negli ornati a quella scoperta nella II nicchia. L'ansa del coperchio ha la forma di un gruppo di fiori. Fu trovata piena d'acqua a metà, con uno strato di ossa nel fondo, nel quale si raccolse un anello d'oro con la cassa del castone vuota. L'agata trovata nell'ossuario antecedente, ha le misure precise della cassa di questo anello.
V. nicchia. Vaso cinerario ansato, liscio, alto met. 0,49. Fra le anse è incisà la memoria MINATIA POLLAR.
VI. nicchia. Coppia di urne rettangole. La prima, di met. 0,42 x 0,38 x 0,37, liscia nel lato di fondo : negli altri tre, intagliata a guisa di portichetto, con pilastrini che sostengono la cornice, ed il tetto a due pioventi.
VI. nicchia, sono evidentemente lavoro dell' istesso artefice, e contennero probabilmente le ceneri di individui dell' istessa famiglia, morti a breve distanza di tempo, a meno che non fossero state apparecchiate tutte contemporaneamente alla erezione del mausoleo.
VII. nicchia. Con questa ha principio il lato sinistro del sepolcro, distrutto come si vedrà fra poco, quando furono edificate le mura della città. Può ad essa attribuirsi un cinerario quadrato , scoperto nella intercapedine che divide il sepolcro dalle mura. È alto met. 0,45, grosso met. 0,33x0,27. Sugli spigoli sono scolpite colonnine corinzie tortili, con capitelli ornati di delfini, e festoni appesi al sommoscapo. Nel campo, cartello scorniciato con la memoria: OSSA A • CRISPINI CAEPIONI S.
VIII-IX. A queste nicchie possono attribuirsi tre urne: la prima di travertino, con anse quadrate, sigillata in piombo, alta met. 0,39, larga met. 0,31: la seconda di alabastro diafano, cui appartengono tre scheggie trovate nella intercapedine ; la terza, pur di alabastro, ma con pareti più grosse, in un frammento della quale sono incise le sigle che possono supplirsi a questo modo: SVlpiciae .cf. platoKlNA
Compiuto cosi il giro delle pareti, esaminiamo i monumenti scoperti nel mezzo della cella. Vi giacevano due statue maggiori del vero, un busto, e qualche pezzo di suppellettile funebre. La prima statua alta met. 1,82, rappresenta una donna di fresca età e di fattezze regolari; La seconda è statua eroica imperiale, maggior del vero. Benché rotta in più parti per la caduta della volta del sepolcro, pure si è potuta ricostituire nella sua integrità; Busto di giovinetta assai avvenente.
Nella parete del sepolcro, che è rivolta al fiume, la seguente iscrizione è stata incisa in opera, nella superficie di due bugne lunghe assieme met. 1,67, alte met. 0,575. il piano delle quali è stato abbassato in modo, da poter ricavare del rustico la cornice che chiude l'iscrizione stessa. Questa sarà dunque piìi recente della prima costruzione del sepolcro, e deve ricordare persone morte dopo il titolare C. Sulpicio Platorino. Le lettere hanno forma perfetta, e sono alte 65 millimetri: ANTONIA • A • F • FVRNILLA • MARCII Q • F • C • N • C • ET • GEMINI • ARTORI PRO • NEPOTIS • BAREAE • SVRAE
Le due iscrizioni poc'anzi illustrate, non danno alcun indizio di parentela fra Marcii e Sulpicii, tanto meno poi si prestano a spiegare l'esistenza nel mausoleo del cinerario di un intruso, quale sarebbe l'Aulo Crispino Cepione. La soluzione della controversia ci è data da una terza iscrizione, la quale se non dice tutto, perchè mutila, dice moltissimo.
L' iscrizione è incisa, come quella di Barea Sura, su di una bugna di marmo, appartenente al rivestimento della medesima parete. È lunga met. 1,235, alta 0,60: le lettere, bellissime, sono alte 65 millimetri, e sembrano incise dallo stesso artefice delle altre iscrizioni. Fu trovata fuor di posto, nel lato del sepolcro che guarda il fiume, ad altezza uguale a quella dell'architrave della porta. R • STL • IVD • TR • MIL • TR • PL • PR TI-CAESARIS • AVGVSTI • ET AESARIS AVGVStI NA • CAEPIONIS • F • VXOR ICIVS • F • C • N • C • ET • GEMINI.
Ha dato luogo a varie supposizioni la scoperta di un monimiento, così ricco di oggetti d'arte e di valore, il quale benché danneggiato nelle pareti e nella volta, pure conservava i suoi tesori nè mossi, nè disturbati dal sito ove erano stati collocati, oltre a mille ottocento anni addietro.
Lo esame dello stato e delle condizioni del sepolcro, al momento della scoperta, dà forse il modo di risolvere la controversia. Il sepolcro è diviso dalle mura di Aureliano, da una intercapedine non piìi larga di 48 centimetri. Tanta vicinanza avrebbe reso impossibile, se non il gettare dei fondamenti, almeno la costruzione della cortina: non potendo ragionevolmente credersi, che gli operai lavorassero di sopramano, circa 50 metri quadrati di cortina. Per ottenere piena o almeno maggiore libertà di movimento, tolsero tutto il rivestimento di grossi travertini, dalla parete del sepolcro contigua alle mura : del quale rivestimento non si trova traccia, nè in opera, nè nel terrapieno vicino. Ora, se la rovina della parete fosse avvenuta per effetto del caso, le pietre sarebbero state ritrovate nell'atto dello scavo, come sono stati trovati tanti oggetti preziosi.
Tolto il rivestimento, la fodera interna laterizia, indebolita com'era dal vuoto delle tre nicchie, non resse alla spinta della volta, ma piegò dalla parte delle mura, trascinando la volta stessa nella caduta. Ne abbiamo scoperto tutta la parte di mezzo, rivestita di stucco bianco: dimostrava avere subito un movimento di rotazione, dalla destra verso la sinistra di circa 30°. Il disastro deve essere avvenuto, quando si rialzava con terrapieno il livello della zona fra il ponte e le mura. Avvenne certo qualche tempo dopo la costruzione di queste ultime, perchè la volta caduta si appoggia addosso la cortina. La costruzione delle mura, e l'innalzamento del terreno, produssero l'innalzamento delle acque di filtrazione del sottosuolo, ed a questa circostanza, la quale impediva ogni tentativo di scavo senza il soccorso di potenti macchine idrovore, siamo probabilmente debitori della bella scoperta, che ha dato origine a questo scritto.
Rodolfo Lanciani.
Nella sponda destra del Tevere, e nel sito già occupato dalla clausura di S. Giacomo in Settimiana, sono stati ritrovati tre sarcofagi; uno dei quali liscio; il secondo con ottimi alto rilievi bacchici; il terzo con rilievi cristiani, esprimenti fatti evangelici.
Rodolfo Lanciani.
Parimenti sulla sponda destra del fiume, nel sito già occupato dal giardino del monastero di S. Giacomo in Settimiana, alla profondità di m. 4,00 è stata ritrovata una fistula aquaria con l'iscrizione: PAEMIL aemiLIVS
Rodolfo Lanciani.
Sulla sponda destra del Tevere, distante m. 0,70 dallo spigolo sud-est del mausoleo di Sulpicio Platorino, alla quota di m. 9,90 sul mare, è stato ritrovato un cippo terminale di travertino, largo nella fronte m. 0,70, grosso m. 0,38. La metà superiore del sasso è perduta: nella metà inferiore rimangono le lettere: EX S C TERMIN R R PROXIMVS CIPP PED XXIIIIS. Il cippo spetta alla terminazione fatta nell'anno 746.
Rodolfo Lanciani.
Fra il ponte Sisto e le mura Aureliane, a m. 100 di distanza dalla testata di detto ponte, è stato ritrovato al posto uno dei cippi della terminazione ripuaria, fatta da Traiano fra gli anni 101 e 104, sotto la curatela di Tiberio Giulio Feroce. Il sasso è alto m. 2,25, largo 0,85, grosso 0,35: la fronte è liscia per m. 1,25, rustica per m. 1,00. Sta appoggiato alle mura di Aureliano di difesa alla sponda, grosse m. 4,00.
Rodolfo Lanciani.
Sulla sponda destra del Tevere, 60 m. a monte del ponte Sisto, alla quota di m. 9,40 sul mare, e aderente alle fondamenta delle mura ripuarie di Aureliano, è stato ritrovato un nuovo cippo terminale del Tevere in travertino, simile nella forma e nelle misure a quello trovato alcuni giorni or sono ed appartenente alla medesima restituzione di Traiano. La superficie del macigno è corrosa; molte lettere sono andate a male, ed i punti non si distinguono bene.
Distruggendosi il lato maggiore orientale delle Celle vinarie Nova ed Arrunziana, si è riconosciuto come la fabbrica avesse due piani. Il piano superiore è quello decorato con portico di colonne di travertino intonacate e striate, del quale è stata data la pianta nelle Notizie 1880, p. 127. Il piano inferiore è composto di cantine coperte a volta, il pavimento delle quali scende tìn quasi al livello attuale delle acque del Tevere.
Rodolfo Lanciani.
Sulla sponda della Farnesina, 30 m. a monte del ponte Sisto, sono stati ritrovati altri due cippi del Tevere, ambedue di travertino, e sagomati all'istessa maniera. La parte dei macigni che sporgeva da terra, è assai piccola in paragone della parte sotterra, tanto come lunghezza quanto come volume: e ciò era praticato espressamente, perchè la corrente in piena non portasse via, o non distogliesse altrimenti dal loro sito preciso, quei termini di confine.
Dall'alveo del fiume le draghe hanno riportato in luce i seguenti oggetti: Testa forse imperiale, grande al vero, di bronzo, alta dalla frattura del collo m. 0,34, ricorda i lineamenti di Augusto; Ermetta bicipite di Bacco barbato, di marmo bianco; Testina bacchica di giallo; Ventinove monete di bronzo; Due ampolle di vetro verde. Cinque lucerne fittili; Molti frammenti di scoltura figurata ed ornamentale, in marmo ed in metallo; Un pugnalo del secolo XVI; Frammenti di lapidi.
Rodolfo Lanciani.
Eseguendosi i disterri per l'ampliamento dell'alveo Tiberino, nell'area dell'ex-convento di S. Giacomo in Settimiana, si è incominciata a discoprire la parte settentrionale di quella casa romana del primo secolo dell'Impero, donde provengono i dipinti murali e gli stucchi già esibiti nel Museo Tiberino.
La disposizione del fabbricato è rigorosamente simmetrica, con la parte già illustrata e delineata nelle Notizie di aprile 1880.
Si riconosce soltanto, che mentre la porzione compresa entro il perimetro della Farnesina, è giunta a noi in istato perfetto di conservazione, questa compresa nel claustro di S. Giacomo ha sofferto gravissimi danni.
Rodolfo Lanciani
Proseguendosi gli sterri per la sistemazione delle sponde del Tevere presso la Farnesina, si rinvenne un cippo terminale in travertino, delle dimensioni di m. 2,20 X 0,80 X 0,50. Vi si legge la seguente iscrizione ben conservata:
C ASINIVS C F GALLVS
C MARCIVS L F CENSORINVS
Cos
E-XSC-TER RRPROX CIPP PXIIX
CVRATORES RIPARVM QVI PRIM TERMINAVER
EX S C RESTITVERVNT
Tale cippo api^artiene alla serie di quelli indicanti la terminazione fatta nell'anno 746 di E., essendo consoli i sopranominati Gallo e Censorino, e che furono restituiti poi al loro posto dai primi Curatores Riparum istituiti da Tiberio nell'anno 15 dell' e. v.
La giacitura topografica del nuovo cippo viene determinata come appresso. Distanza dal ponte Sisto, ra. 131,00. Distanza dalle mura Aureliano lungo la fronte sul Tevere, m. 12,00. Il piano di pesamento era alla quota di circa m. 7,00, e quindi ad un livello inferiore di circa m. 3,00 agli altri cippi, ivi scoperti per l'addietro, ed appartenenti alle serie di quelli collocati sotto Traiano.
Rodolfo Lanciani.
Demolendosi l'estremità nord del muraglione che sostruiva il giardino della Farnesina, sul confine con il giardino già annesso al monastero di s. Giacomo in Settimiana, sono stati tolti dal posto e trasportati ai magazzini delle Terme diocleziane i due cippi terminali del Tevere, appartenenti, il primo, alla terminazione di Gallo e Censorino, il secondo, a quella di Tiberio Giulio Feroce, curatore sotto Traiano.
Insieme a questi è stato trasportato alle Terme un altro cippo, che non oserei dire inedito, ma che è impossibile riscontrare nel Corpus, perchè le lacune del testo cadono appunto sulle sigle o sulle cifre caratteristiche.
Il travertino è alto m. 1,60, largo m. 0,76, grosso m. 0,35.
Rodolfo Lanciani.
Della draga Rana, nell'alveo del Tevere, presso la Farnesina furono raccolti vari pezzi.
Rodolfo Lanciani
Dalle draghe presso la sponda già occupata dai giardini della Farnesina, furono estratti dall'alveo del Tevere i seguenti oggetti: Manico di vaso di bronzo, raffigurante un'anitra ad ali spiegate.
Statuetta di bronzo, ritraente la Venere anadyomene, alta m. 0,30; lavoro assai pregevole per la correttezza del disegno, e più ancora per l'ottima conservazione. Specie di vassoio ovale in lastra di rame, di m. 0,85 X 0,17, il cui contorno è formato da verga di bronzo girata a cordone, ed impiombata sulla lastra. La lastra medesima era stata precedentemente usata per un'iscrizione, leggendovisi in lettere dei primi tempi dell'impero il frammerto:
PONTIFAVGVr IMP TRBVNIcia pot
Tra le terre estratte: dall’alveo del Tevere, e depositate presso il ponte della Ferrovia, a poca distanza dalla stazione di s. Paolo, fu recuperato un anello di oro, in cui è incastonata una corniola conservatissima, che reca inciso in stile severo e probabilmente di mano greca, un cesellatore in atto di lavorare a sbalzo un elmo.
La draga che ha eseguito lo spurgo dell'alveo del Tevere, in prossimità del nuovo ponte Principe Amedeo (oggi Mazzini), ha estratto i seguenti oggetti: Piccolo anello d’oro, di moderna fattura, che nel castone ha un'antica corniola incisa con arte mediocre. Vi è rappresentata una figurina distesa sulla terra e sovr'essa un'aquila ad ali spiegate; Genietto alato, di bronzo, alto m. 0,04, già servito ad ornamento di un vggetto al quale era innestato. È in atto di sedere, con la mano destra avvicinata alla bocca e col braccio sinistro, di cui manca la mano, sollevato; Frammenti di lastra marmorea.
Il consiglio comunale approva la messa in dimora di due filari di platani, uno per ciascuno dei lungotevere. I primi a essere piantati sono quelli tra Ponte Umberto e Ponte Margherita.
In occasione di lavori stradali fra il ponte Sisto e la Farnesina, si è trovato un pezzo di grande lastra marmorea (m. 0,45 X 0,30), su cui leggesi il seguente avanzo di titolo sepolcrale: oCCIAE | tHALLVSAE | ...OCCIVS | pRISCVS F
Giuseppe Gatti.
Per i lavori del collettore sulla destra del Tevere, fra il ponte Sisto e la Farnesina, sono stati recuperati due tegoloni, di m. 0,44 per ogni lato, che portano impresso il bollo circolare: EX FIGTONNABAPPIA PYRAMIDI. Il nome di Appia Pyramis esercente le figline Tonneiane non era conosciuto.
Giuseppe Gatti.
Dagli sterri pel collettore sulla destra del Tevere, presso ponte Sisto, provengono: una testa muliebre, in marmo, alta m. 0,30, mancante di una parte dell' occipite e del naso; due anfore fittili, alte m. 0,80; ed un frammento di cippo marmoreo sepolcrale, che conserva le lettere: OCCIAR. Sopra il nome è scolpita un' aquila con le ali spiegate.
Giuseppe Gatti.
Nei lavori per la costruzione del collettore sulla sponda destra del Tevere si sono incontrati, presso il ponte Sisto, avanzi di antichi muri laterizi, appartenenti a fabbriche private; e si è raccolto un fondo di tazza aretina, nel quale è impresso quattro volte il bollo: MENOHILVS M PERENNI
Giuseppe Gatti.
Nei lavori per il collettore sulla riva destra del Tevere, presso ponte Sisto, sono tornati all'aperto, a m. 4 sotto il piano stradale, alcuni resti di muri in opera reticolata di tufo. Essi si trovano in linea normale alla sponda del fiume, ed alcuni distano fra loro m. 1,50. Probabilmente sono avanzi di celle sepolcrali, simili a quella insigne dei Sulpicii Platorini, scoperta nel 1880 presso la Farnesina.
Giuseppe Gatti.
Presentazione al Duce Mussolini e al Governatore Gian Giacomo Borghese, del progetto definitivo per la grandiosa sistemazione dell'area della Farnesina e delle falde del Gianicolo, in conformità del Piano regolatore generale dell'Urbe:
"...in occasione di un'adunanza della Classe delle Arti all'Accademia d'Italia, alla presenza del Governatore di Roma, di un gran numero di Accademici e di una rapresentanza della stampa, il Presidente Luigi Federzoni ha posto in rilievo le ragioni dell'iniziativa ed i caratteri salienti della sistemazione della zona in parola, plaudendo în modo particolare all'opera di Marcello Piacentini, il quale è riuscito a dare (come ha detto il Presidente) la prova più alta e convincente del suo eccezionale talento nel campo dell'urbanistica.
Ed ha anche ricordato e lodato, il lungo e intelligente lavoro compiuto dalla Commissione presieduta da Ugo Ojetti e composta degli Accademici Giovannoni, Marangoni e Pession. È giusto accennare che al progetto Piacentini hanno collaborato l'ing. Fuselli del Governatorato di Roma e gli ingegneri Jacopini e Massari dell'ufficio tecnico dell'Accademia d'Italia.
Dopo il breve discorso del Presidente dell'Accademia, Marcello Piacentini ha fatto un'ampia lucida e colorita illustrazione del progetto di sistemazione della zona, con l'ausilio di fotografie, di piante topografiche e di un grande plastico.
Da piazza della Chiesa Nuova si dipartirà un grande rettifilo che, attraverso il ponte Mazzini, salirà fino alla terrazza belvedere aperta in cima al colle Gianicolense, in mezzo a un succedersi di scenari architettonici che avranno una cornice e un fondale di verde, mentre l'accesso al Gianicolo assumerà un'aspetto imponente che ricorderà quanto Valadier fece in Piazza del Papolo e sul Pincio. Roma si arriechirà così di una nuova magnifica prospettiva.
Subito dopo il ponte Mazzini si snoderà sul declivio del colle, un ampio viale inquadrato da nuovi edifici. La caratteristica via della Lungara sarà mantenuta nella sua attuale direttrice, ma rialzata nel piano stradale. Ancora più in alto, dipartendosi dal grande viale di accesso, si biforcheranno due rampe, una delle quali sì inserirà nella nuova strada dal Gianicolo a San Paolo e alla zona dell'E. 42, e l'altra discenderà verso le poetiche pendici di Sant'Onofrio.
La nuova sistemazione impone la demolizione di case di poco conto e dell'edificio del carcere giudiziario di Regina Coeli, mette in valore gli edifici monumentali della Farnesina e di Palazzo Corsini, la cui facciata verso il colle ha un aspetto elegante e severo ad un tempo, e dà un nuovo accesso alla R. Accademia d'Italia da un viale di alberi dell'Orto Botanico.
Il progetto di massima comprende edifici per il Conservatorio di Santa Cecilia, per l'Istituto dell'Arte Drammatica, per la Sala dei grandi concerti sinfonici, per un Teatro all'aperto e forse per la Biblioteca Nazionale. Comprenderà anche un edificio per la Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte, l'istituto fondato, da Corrado Ricci già a Palazzo Venezia e da poco trasferito in questa zona.
Attorno alla più importante istituzione della cultura quale è la R. Accademia d'Italia, dovrebbero sorgere quando il progetto sarà diventato realtà, enti culturali e artistici tali da formare di questo settore dell'Urbe la zona accademica per eccellenza.
In luogo adatto, quale sfondo al complesso architettonico, verrà collocata la fontana del Mosè, che per ragioni urbanistiche verrà spostata da Piazza S. Bernardo dove attualmente si trova e che nella nuova sede, verrà sistemata con opportuni, ampliamenti alle parti laterali in modo da renderla più proporzionata alla vastità dell'ambiente.
Ma la parte architettonica ed edilizia del progetto in discorso è subordinata all'importanza e alla vastità della zona arborea che deliberatimente si vuol lasciare protagonista di tutto il nuovo ordinamento, facendo assurgere la zona alla magnificenza delle ville tuscolane e tiburtine.
Parte essenziale del progetto è quindi l'utilizzazione, come parco pubblico, dell'Orto Botanico [...] di Villa Corsini, fatto risorgere a nuova Vita dal Pirotta nel 1885, ed ora affidato alle vigili cure dell'illustre prof. Enrico Carano, che l'insegnamento della botanica impartisce con l'ausilio anche del «giardino didattico» annesso alla Città Unversitaria, con la sistemazione ideata dal Piacentini potrà essere valorizzato e aperto al pubblico, mentre attualmento è si può dire, sconosciuto alla cittadinanza romana.
Il visitatore della zona, quando questa sarà opportunamente sistemata resa accessibile non soltanto a pochi privilegiati, sostando all'ombra delle palme e al murmure delle fontane e di cadute d'acqua, salendo la scalea cosiddetta garibaldina centro di uno degli episodi della gloriosa resistenza del '49, inoltrandosi poi lungo il viale che porta all’aerea terrazza da cui il monumento di Garibaldi e il monumento’ di Anita dominano il panorama dell'Urbe, respirerà il clima eroico di fasti memorabili, in cui Italia, nel brivido di un'ora sacra, ritrovava a Roma il suo cuore pulsante.
GIOVANNI BIADENE
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Scuola Giuditta Tavani Arquati
1909 scuole
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Convento di San Giacomo alla Lungara
1909 conventi
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Carcere di Regina Coeli
1881 edifici
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Targa del rione Trastevere a lungotevere della Farnesina
1748 targhe
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Giardini di Villa Farnesina
1508 giardini
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Villa Farnesina alla lungara
1508 ville
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Casino Farnese alla Lungara
1495 casali
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Sepolcro dei Platorini
sepolcri
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Casa Generalizia della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba
conventi
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Cappella della Casa Generalizia della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba
conventi
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Cippi della terminazione delle ripe del Tevere
targhe
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Mura Aureliane al Trastevere
fortificazioni
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Fontana maggiore di Villa Farnesina
conventi
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Celle vinarie Nova ed Arrunziana
archeologia
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Fontane Gemelle a Villa Farnesina
conventi
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Villa romana della Farnesina
domus