Storia
CronologiaIl giorno 10 maggio, nei disterri per la costruzione del palazzo di Giustizia, alla profondità di m. 8 sotto il piano del nuovo quartiere ed alla quota di m. 11 sul mare, furono scoperti due sarcofagi, messi fianco a fianco, in direzione quasi parallela all'asse del nuovo edifizio.
I sarcofagi erano collocati nel terreno vergine, che è marna fluviatile fangosa, nel fondo di un pozzo, scavato espressamente per l'occasione, e poi colmato coi materiali stessi dello scavo. Attorno per largo spazio non sì è visto che limo del Tevere e marna pura, senza traccia di sepolereto. Rimosse le sabbie entro le quali i monoliti si trovavano adagiati, si riconobbero i seguenti particolari.
Il primo sarcofago lungo m. 1,93, largo m. 0,56, alto 0,41, ha la fronte baccellata in un verso solo, e coperchio fastigiato con antefisse da un lato, e battente scorniciato dall'altro. In una delle testate del coperchio leggesi, a caratteri leggermente rubricati, il nome: Crepereia Tryphaena.
Nella corrispondente testata della cassa, sotto la scritta, è incisa in bassissimo rillevo una scena allusiva alla morte della fanciulla. La quale vi è rappresentata sul letto funebre con la testa appoggiata sulla spalla sinistra. Sulla sponda del letto dalla parte dei piedi, è seduta una matrona velata con lo sguardo fisso sulla defunta. Presso il capezzale una figura virile, clamidata, atteggiata a dolore.
Il secondo sarcofago, anch'esso di marmo, ma liscio da ogni parte, è lungo m. 1,98, largo m. 0,51, alto senza il coperchio m. 0,36. Porta scritto, o piuttosto graffito nella testata il nome: D M CREPEREI EVHOD
Il nome scritto da principio in caso dativo, fu volto in caso genitivo mediante la sbarra verticale, che dà all'ultima lettera l'apparenza di un g. Ciò si deduce dall'osservare, che l’asticciuola verticale è rubricata come tutte le altre lettere, mentre la O non porta traccia di minio. Questo secondo sarcofago conteneva il solo scheletro, senza alcun oggetto od ornamento della persona.
Il primo sarcofago, che fu trovato chiuso con grappe di ferro impiombate, era pieno di acqua, attraverso la quale appariva lo scheletro con tutti gli ornamenti. Il cranio era leggermente rivolto verso la spalla sinistra, e verso una gentile figurina di bambola, intagliata in legno di quercia, di cui si dirà qui sotto.
Tanto desumo da un rapporto del prof. R. Lanciani, inserito nel Bullettino della Commissione archeologica comunale (maggio 1889, p. 173-178). Degli oggetti trovati nel sarcofago in parola il ch. comm. Augusto Castellani diede la descrizione seguente, inserita nel Bullettino sopra citato.
Un terzo sarcofago fu rinvenuto a m. 3,70 sotto l'attuale piano di campagna, e misura m. 2,05X0,66X 0,555. Di questo così riferì l'ingegnere degli scavi d Marchetti.
Era composto di lastroni di marmo, uniti nelle testate con grappe di ferro. Il coperchio formato da grosso lastrone di travertino, di m. 2,15 X 0,70 X 0,20, era lavorato nella faccia interna, e senza dubbio faceva prima parte della composizione di un soffitto, decorato e intagliato a lacunari, spettante ad altro monumento. La testata superiore del sarcofago decorata a graffito, rappresenta un canestro di fiori e frutta. La fronte è baccellata, con tre figurine di pessima modellatura. Lo scheletro contenutovi era intatto, e giaceva supino rivolto a sud. È lungo m. 1,80. Esplorato il fondo non vi si trovò alcun oggetto.
In altri sterri, che si eseguiscono per la fondazione del citato palazzo di Giustizia, oltre i sarcofagi superiormente descitti, sono stati raccolti i seguenti oggetti: Statua marmorea, togata, mancante della testa, delle braccia e di parte del panneggiamento.
Parte superiore di un candelabro di marmo. Parecchi frammenti di lastre e rocchi di colonne di marmi diversi colorati. Quattordici frammenti di fregi in terracotta. Varie lucerne comuni, e tubi fittili. Due tubi acquarî, in piombo, con la leggenda: a) c. c|RISPI PASSIENI e b) ... post|VMIVS FELIX FEC
Parte superiore di una basetta di marmo, che conserva il principio della dedicazione: PRO SALVTE D N M AVRELL.
Giuseppe Gatti
Sulla linea di prolungamento del lato orientale del nuovo palazzo di Giustizia, ed alla distanza di circa m. 20 dall'angolo sud-est, sono stati ritrovati due sarcofagi in marmo, posti l'uno a contatto dell'altro quasi sulla stessa linea, da est ad ovest: Giacevano alla profondità di m. 9,28 dall’odierno piano stra- dale, cioè circa cinque metri dall'antico piano di campagna.
Il primo sarcofago, lungo m. 2,01, alto m. 0,60 e profondo m. 0,65, porta scolpito nel mezzo della fronte il busto effigiante la defunta, entro un clipeo sostenuto da Genii alati. Il coperchio, che chiudeva il sarcofago per mezzo di grossi perni di ferro impiombati sui lati minori, è decorato da un fregio alto m. 0,37, ove sono rappresentate di basso rilievo le consuete scene della vendemmia fatta da piccoli Genii. Agli angoli sono due altri Genii con gli emblemi della caccia. Nel mezzo havvi un cartello per l'iscrizione, la quale non vi fu mai incisa. Tutta la scultura, che può attribuirsi alla fine del secondo secolo od agli inizii del terzo, era dorata; ed in più luoghi sono ben conservate le tracce di cotesta doratura.
L'altro sepolcro consiste in una grande e pesantissima cassa di marmo, lasciata grezza in tutti i quattro lati, e coperta da un lastrone lungo m. 2,30, largo m. 1,05 e grosso m. 0,33. Il sarcofago è lungo m. 2,20, largo m. 0,90 ed alto m. 1,05.
Aperti ambedue i sarcofagi il giorno 17 novembre, alla presenza dell'on. sindaco di Roma e dei rappresentanti del Ministero della P. I. e dell'ufficio archeologico comunale, il primo si riconobbe essere stato altra volta frugato, mediante un'apertura fatta all'estremità destra del coperchio. Le ossa dello scheletro erano tutte scon- volte, e miste a terra e ad arena fluviale. Non vi si ritrovò alcun oggetto; quantunque un piccolissimo briciolo di vetro, trovato nel vagliare accuratamente il terriccio, fosse indizio che almeno qualche balsamario doveva in origine essere stato collocato nel sepolcro.
L'altro era del tutto inviolato. Si trovò ripieno di acqua limpidissima; e lo scheletro giaceva nel fondo in mezzo ad uno strato melmoso. Parte delle ossa erano fuori di posto per aver galleggiato in seguito alla prima infiltrazione delle acque. Nessun oggetto, benchè minimo, era stato deposto nella tomba. Vi si rinvenne sol- tanto una scheggia di grossa lastra marmorea.
Il pesante coperchio, che chiudeva questo secondo sarcofago, e misura m. 2,30 X 1,05 X 0,33, nella parte interna conserva il principio di una grande iscrizione monumentale, composta di tre sole righe. Le lettere del primo verso sono alte m. 0,18, le rimanenti m. 0,13: IMP CAESARI ...| TRIBVNIC PO... | PROVIN...
La paleografia è dei primi tempi imperiali; ed il titolo era certamente ad onore.
Giuseppe Gatti.
Nell'aula magna della Corte di Cassazione, è in programma il processo al ex Questore Pietro Caruso, accusato di corresponsabilità in decine di omicidi perpetrati dai repubblichini e forse di occupazione tedesche. Prima dell'apertura del tribunale una folla, tra cui molti parenti delle vittime, si era radunano davanti all'edificio. In qualità di testimone per l'accusa, compare in aula il direttore del carcere di Regina Coeli, Donato Carretta. Alcune persone presenti lo accusano della morte dei detenuti all'interno del carcere. In realtà, secondo anche un attestato fornitogli da Pietro Nenni, nell'imminenza della liberazione aveva collaborato attivamente con il Comitato di Liberazione Nazionale. La folla inferocita trascina Carretta fuori dal Tribunale, e presso le rotaie della linea tramviaria, cercando di farlo investire. Il conducente del primo mezzo in arrivo, si rifiutò però di fare proseguire la macchina, bloccando i freni e allontanandosi con la manovella in tasca. Carretta viene allora gettato nel Tevere, dove muore a causa dei colpi di remi sferrati da alcuni barcaroli accorsi. Il cadavere viene successivamente recuperato e appeso alle sbarre di una finestra del carcere di Regina Coeli.
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