Nella vigna Spithoever, tracciandosi una strada parallela alla via di porta Salaria, è stato scoperto un brevissimo tratto delle mura di Servio, già visibile sul piano del suolo; alquante pareti di laterizio e di reticolato, che si collegano col ninfeo degli orti Sallustiani, e racchiudono pavimenti di musaico monocromo; frammenti di colonnine baccellate di giallo con la trabeazione rispettiva; ed un catillo di molino intatto, con le sigle HIL
Rodolfo Lanciani.
Il sig. Giuseppe Spithoever cominciò gli scavi del ninfeo negli orti Sallustiani, sotto la vigilanza dell'ing. cav. Rololfo Lanciani, il quale intorno alle scoperte finora avvenute in quel luogo e nelle adiacenze, compilò il rapporto che qui appresso trascrivo:
Furono rinvenute finora cinque opere di scultura, di non comune importanza, queste sono: 1. Statua marmorea grande al vero, rappresentante il giovinetto Endimione addormentato sulle rupi del Latmos. Benchè la scultura sia men che perfetta, pure la rarità della rappresentanza rende questo marmo pregevolissimo. 2. Statua marmorea alquanto minore del vero, rappresentante Leda col cigno stretto al seno, sul motivo della Leda capitolina. Il volto è alquanto corroso; il cigno è appena riconoscibile. 3. Statua marmorea grande al vero, riproduzione trascurata del Fauno di Prassitele. Manca della testa e delle mani. Al tronco d'albero è sostituita una stele. 4. Statua marmorea grande al vero, di personaggio barbato e togato. Manca delle braccia. 5. Figura di montone in rosso antico, molto danneggiata. I num. 1,2, 4, 5, sono stati trovati negli sterri per le nuove strade del quartiere, e nelle fondazioni delle nuove case sull'area già occupata dagli orti Sallustiani. Il n.3 è stato trovato negli scavi del ninfeo. Per ciò che spetta alla topografia degli orti Sallustiani, due scoperte meritano speciale attenzione.
La prima è quella del selciato della Salaria, a circa 150 met. dalla porta Collina, dalla quale aveva origine. È avvenuto presso l’attuale bivio delle vie Venti settembre e di porta Salaria.
La seconda è quella delle fondamenta del famoso tempio di Venere Ericina, più comunemente detta Venus hortorum Sallustianorum. Il tempio, fondato com'è sul terrapieno Serviano, ha sostruzioni robustissime, grosse più che due metri, profonde dodici.
Sono costruite a scaglie di selce, impastate col cemento fra le shadacchiature, delle quali possono riconoscersi i più minuti particolari. In due mesi di lavoro continuo, non si è riusciti a demolirne che una piccola parte, non ostante l’uso della dinamite. Dalla pianta delle fondamenta può dedursi, che il tempio fosse periptero esastilo. All’infuori degli accennati muri -a sacco, non è stato ritrovato il più piccolo frammento d’architettura. Ho visto un solo tronco di colonna di granito rosso, troppo piccolo per potersi attribuire ad una fabbrica così grande.
Il Consiglio Comunale di Roma delibera sulla toponomastica di alcune strade del Rione Sallustiano, Ludovisi e Castro Pretorio: Via delle Finanze (oggi suddivisa in Via Antonio Calandra e Via Giosuè Carducci); Via Ludovisia (oggi Via Ludovisi); Via Sallustiana; Piazza Sallustio; Via Aureliana; Via Servio Tullio; Via Nerva; Via Flavia; Via Collina; Via Ericina (oggi parte di Via Collina); Via Belisario; Via Cadorna.
Nella regione degli Orti Sallustiani, facendosi un cavo per il pilone angolare della nuova fabbrica appartenente al sig. Cesare Bai, quasi dicontro la fronte del noto Ninfeo, è tornata in luce, alla profondità di m. 15,00, un'ara rotonda di marmo .alta m. 0,70; nel giro della quale sono scolpiti di altorilievo i Genietti delle stagioni, divisi fra loro da quattro colonnine, sorreggenti un panneggio.
Nell'istesso luogo sono stati ritrovati: la parte posteriore, la testa, e una zampa di cerva, ed un piede di statua munito di calzare.
Rodolfo Lanciani
Nel nuovo quartiere agli orti Sallustiani, quasi di contro al noto ninfeo, ed alla profondità considerevole di m. 18, è tornato in luce un vano di gentile architettura rustica, con le pareti incrostate di smalti, di pomici, e di conchiglie, e col piano di lastroni di peperino. Furono ritrovati giacenti su questo piano: un bel torso di statua di Diana, dal collo alle ginocchia; altro simile col panneggio svolazzante; una statuetta acefala di Silvano; moltissimi altri frammenti da ricomporsi.
Rodolfo Lanciani.
Nei fondamenti del fabbricato posto in via Sallustiana, n. 1A, ove fu ritrovato nell'anno 1886 un pregevole frammento di statua, che sì è creduta rappresentare una fanciulla spartana nell'atto di correre nello stadio (cfr. Bu. Com. 1886, pag. 299, 390), il sig. prof. Studniczka ha fatto eseguire nuove indagini allo scopo di ricercare, se fosse possibile, qualche altro frammento di quella rara scultura.
Alla profondità di m. 13,30 dal piano stradale è stata scoperta una platea composta di grandi lastroni di pietra albana, e fra la terra si sono rinvenuti: tre piccoli frammenti scolpiti in marmo greco, appartenenti al panneggio ed al braccio di una statua; un pezzo di tazza in portasanta, alto m. 0,19 X 0,80; sette frammenti di cornici marmoree, intagliate; un frammento di antefissa fittile baccellata; un pezzo d'intonaco dipinto a fondo nero, con fascie gialle; parecchi piccoli pezzi di lastrine in marmo bianco, e un mattone col bollo di Epagato, servo di Claudio Quinquatrale (ofr. C.I.L. XV, 10750).
Giuseppe Gatti.
Statua di una Niobide, scoperta nell'area degli Orti Sallustiani.
Nel giugno del 1906, dentro un cunicolo a volta, profondo dal piano stradale moderno circa m. 11, in uno stabile pertinente alla Banca Commerciale Italiana, situato nella Regione VI, fra piazza Sallustiana, via Collina, via Servio Tullio e via Flavia e precisamente presso l'angolo di via Collina, fu trovata una statua muliebre, della quale do qui, per dovere d'ufficio, una breve descrizione. Quando io la vidi, pochi giorni dopo la scoperta, la statua era depositata nella casa del cav. Enrico Maraini, in via di Porta Salaria, e trovavasi ancora nelle condizioni in cui era stata rinvenuta: cioè ottimamente conservata, tranne il braccio destro spezzato, ma che potevasi facilmente ricongiungere, e qualche piccola scheggiatura e corrosione, ricavata da una fotografia gentilmente datami dallo stesso cav. Maraini.
Come ero stato sollecito a comunicare, per il primo, notizia della scoperta al Ministero, così mi affrettai a mandare una relazione sommaria della statua, quando ancora non s'era levato troppo rumore intorno ad essa, e quando alle parole, forse un po' premature, di un archeologo autorevole e meritamente famoso, non s'erano ancora mescolate le voci di lodatori incompetenti ed esaltati. Dirò, anzi, francamente, che questo eccessivo clamore e la pubblicità non ne- cessaria data alla scoperta, avevano contribuito a distogliermi dal proposito di far seguire, al mio rapporto ufficiale mandato al Ministero, la relazione destinata alle Notizie degli Scavi. Ma non era possibile che nei veri e proprî « annali » delle nostre scoperte, mancasse una breve illustrazione di questa scultura, che sarà molto e variamente discussa.
La statua è di marmo greco di grana media, con cristalli bianchi e lucenti, molto probabilmente pario, di patina calda c severa. La conservazione è ottima; il braccio destro, che ‘era spezzato quando la statua fu. scoperta, è stato ricqngiunto 3 dal restauratore addetto al Museo Nazionale sig. Dardano Bernardini; e mancava sol. tanto una scheggia che fu necessario restaurare col gesso; un’altra scheggiatura è rimasta dietro l'omero destro. Le dita della mano destra sono spezzate. Della mano — sinistra manca il pollice, già restaurato nell’ antichità, come dimostra il pernio di ferro, ancora al suo posto.
Una tassellatura, col taglio inferiore lasciato di gradina, sì osserva nel pan. neggio, all'angolo interno dal ginocchio sinistro; probabilmente per l’ inserzione di un pezzo che manca. Alcune dita del piede sinistro sono tagliate con le superficie d piano (tassellate?). Altre insignificanti scheggiature si osservano nel. panneggio. Lay statua è alta, dal plinto alla testa, m. 1,36; e fino all'angolo del gomito destro, a m. 1,49.
Rappresenta una Niobide, la quale, nell'atto concitato di sfuggire al certo pericolo della vendetta divina, cade ripiegando sul ginocchio sinistro, colpita alle spalle da un dardo mortale. Con naturalissimo gesto di dolore, essa comprime il dorso della mano sinistra sul punto della ferita (indicato precisamente da un foro, in cui doveva essere infissa una freccia di bronzo), verso la quale accosta un lembo del- l'ampia diploide, che, nell'atto della caduta, è scivolata dalle spalle, lasciando nudo quasi tutto il corpo giovanile. Il braccio destro, innalzato e ripiegato ad angolo oltre l'altezza della testa, corre istintivamente, con la mano, a tentar di strappare il dardo, e l'avambraccio serve intanto di appoggio alla testa fortemente reclinata indietro. La faccia, dalla bocca socchiusa, dagli occhi rivolti in su, è atteggiata ad espressione di dolore.
Giulio Emanuele Rizzo.
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Villino Trewhella
1907 villini
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Albergo Londra
1907 edifici
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Villino Zeffiro Rossellini
1901 villini
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Studio Spithoever
1884 edifici
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Contrafforti delle mura serviane agli Horti di Sallusti
fortificazioni
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Villino Rosselli
villini
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Horti Sallustiani domus