Informazioni storiche

Informazioni storiche artistiche sul monumento

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Codice identificativo monumento: 5889

Cronologia

11/1875

Relazione di Enrico Stevenson sugli scavi a Vigna Silvestrelli:

Il ch. sig. Lorenzo Fortunati, il cui nome va congiunto colle più belle scoperte fatte finora sulla via Latina, ha voluto nella scorsa primavera intraprendervi nuovi scavi, in continuazione di quelli del 1857-1859 (cf. Bull. d. Inst. 1857 p. 177, 58 p. 17, 59 p. 99). Lo sterro principiato presso alla basilica di S. Stefano, là dove era stato interrotto, presto fu quivi tralasciato per la povertà del luogo, e ripreso quasi un chilometro più innanzi, nella vigna Silvestrelli, circa 3 miglia e mezzo distante dal recinto Serviano.

Il lavoro, sospeso dopo pochi dì per i calori estivi, dovea esser ripreso, tosto che questi fossero cessati. Speriamo quindi, che la nuova stagione sarà feconda di scoperte; limitiamoci per ora a divulgare i trovamenti avvenuti.

Lo scavo, praticato presso al casale rustico della vigna suddetta, ha fatto scoprire alla profondità di circa un metro il margine sinistro della via Latina.

Da quel lato si sono trovate varie stanze sepolcrali, il cui pavimento era ad un livello alquanto inferiore a quello dell'antica via.

Nell'estremità settentrionale della piccola area scavata è apparsa, situata normalmente alla crepidine, la scala di un ipogeo, il quale fu eseguito nel tufo, ma ab antiquo non venne mai terminato. Il metodo tenuto di riempire colle nuove terre i luoghi già sterrati, mi ha tolto il mezzo di esaminare accuratamente tutte le costruzioni.

Niuna però delle camere avea un carattere di speciale importanza. I muri, distrutti fino ad un metro o poco più dal pavimento, presentavano soltanto un intonaco piuttosto fino, dipinto a fondi di colori vivaci, ma senza traccia di figure o di stucchi qualsiansi.

Talchè possiamo affermare non essere quivi nobili sepolcri. D'interesse non molto maggiore sono le iscrizioni, niuna delle quali fu trovata al posto; tutte giacevano disperse fra le terre e le rovine. La seguente però porge alcune particolarità che meritano d'esser accennate brevemente: BO MEMAE NAE MARCVS AVRELIVS DARDA LIVS ET AVRELIA DOMNA ET MARCVS AVRELIVS MARCVS SE VIVI FECERVNT ET SIBI SVISQVE. ITEM LIBERTIS LIBERTABVSQ POSTERISQ EORVM HVIC MONVMENTO TABERNA ET AEDIFICIVM ET AREA MACERIA CIRCVMCLVSA TVTELAE SEPVLTVRAEQVE MONVMENTI CAVSA FACTA SVNT QVAE HEREDEM NON SEQVETVR

E incisa sulla superficie superiore di un antico enorme capitello di pilastro ed è cinta di cornice. Le linee segnate di puntini indicano ivi il marmo esser stato abraso e poi rescritto con caratteri minori e più trascurati. La paleo grafia accenna al secolo III.

Nella prima linea si legge bonae memoriae, ma l'iscrizione primitivamente cominciava colla sola parola memoriae, solenne nell' epigrafia sepolcrale, la quale non so dire se si trovasse isolata, o congiunta, caso più ovvio, a sacrum etc. Poscia la me- desima mano, od una diversa, cancellò la lapide fino a vivi escl., lasciando memoriae, ma aggiungendovi bonae, per euritmia scritta una sillaba per lato, e rescrisse l'iscrizione.

Le persone che si fecero in vita la sepoltura, ebbero tutti e tre commune il nome Aurelius. Il terzo fra costoro, M. Aurelius Marcus, ebbe per cognome, con esempio abbastanza raro, il proprio prenome. Questo fatto trova, parmi, un opportuno confronto colla nota iscrizione: MARCORVM ora nel palazzo Massimo alle colonne, rinvenuta negli scavi anteriori (Fortunati Relaz. gen. p. 6). La quale sembrando naturalmente il prenome, fu giudicato dal ch. sig. Henzen dovesse completarsi per mezzo di due altri quadretti simili portanti il gentilizio ed il cognome (Bull. d. Inst. 1857 p. 182; cf. Fortunati B. cenni sulla bas. di S. Stef. p. 6). Circa le formole che si leggono nel fine della lapide è inutile lo spender parole; essendo esse notissime per tanti esempi (Bull. d. Inst 1875 p. 207) e spesso illustrate.

Tra le iscrizioni, intere o rotte, trovate colla prece- dente, stimo degna di esser registrata solo la seguente: ... in fr.. P. XII IN AGR (?) P XX

Essa è incisa con paleografia arcaica sopra una stela o cippo di peperino, rotto nell'estremità superiore, rinvenuto però non colle suddette iscrizioni, ma trovato ancora infisso al posto non lungi dalla crepidine sinistra della via Latina, nel fare un tasto di circa 100 passi più prossimo alla città.

Fra vari massi di travertino e di marmo merita pure di esser notato uno di questi ultimi estratto da un pavimento, ove serviva di gradino. Tutte le facce, salvo una consunta dall'attrito, sono grezze; sopra una di esse è scolpito il numero di cava: XXVIII.

Taccio di molti altri oggetti di poco momento, come cinerari, frantumi numerosi di arche sepolcrali ecc. Ma non va preterito un enorme sarcofago, di buona scoltura, rimarchevole per la rappresentanza che vi si vede scolpita. Alcuni pezzi soltanto si sono rinvenuti, coi quali si è potuto ricomporre tutto l'angolo destro. Il sarcofago è baccellato; nell'estremità rimasta scorgesi una intera figura muliebre ritta su di una specie di basamento.

L'attitudine di essa è rimarchevole, poichè ha il braccio destro alzato in atto di preghiera; il sinistro parmi pure che lo fosse, ma alquanto meno, benchè per la frattura del marmo ciò non si possa verificare esattamente. Sopra questa figura svolazzano due uccelli rivolti in lati opposti; un encarpio retto pel becco sembra li riunisse.

Nella faccia laterale è scolpita la solita chimera, le cui ale distese sono ancora marginate da sottile striscia di color rosso. L'attitudine della figura femminile risveglia subito l'idea dell'espressione di una religiosa pietà. Tal maniera di precazione consistente nel protendere le braccia e tenere supine le mani troviamo pure nell'antica arte greca...

Fonte: Bullettino dell'Instituto di corrispondenza archeologica

4/1876

Stampe antiche

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