Codice identificativo monumento: 9439
Il sig. Felice Genga avendo acquistato dal demanio un fabbricato fatiscente, posto a contatto della chiesa cattedrale di S. Lorenzo, incominciò a restaurarne le fondamenta. Vi scoprì una vasta area, lastricata con tavoloni di travertino (che credo essere l'area sacra del tempio di Ercole tiburtino), terminata a ponente da un muraglione di opera quadrata, e dalla via pubblica, selciata con pentagoni di straordinario volume, e terminata a mezzogiorno da una parete di reticolato, interrotta da pilastri o speroni di travertino, fasciati di marmo.
Nell'angolo formato da detta parete reticolata con l’ultimo sperone o pilastro, sta ancora in piedi ed intatta una mensa marmorea, sostenuta da tre trapezofori. Questi sono rettangoli e lisci, salvo che nella fronte, ossia nella costa, dove sono scolpiti due tirsi ed una clava entro cornice. Sono alti met. 0,37, larghi met. 0,68; la grossezza varia da met. 0,155 a met. 0,145, e 0,170.
Il lastrone che forma mensa è lungo met. 1,98, largo met. 0,68, erosso met. 0,15. Reca inciso sulla costa a caratteri aurei, alti 48 mill. l’iscrizione, nella quale iscrizione è notevole la forma del primo gentilizio:
M VARENVS DET M LARTIDI L'DIPHILVS MAG HERCVL DE SVA PEC F C
Quale fosse l’opera fatta a cura di Vareno Difilo, era manifesto a chiunque leggeva l’epigrafe. Ma quello che agli antichi Tiburtini era manifesto, non così facilmente può essere definito da noi.
La mensa è divisa in due scomparti, ossia in due casse o specchi scorniciati. Ciascheduno degli specchi è traforato a tutta grossezza da due fori rotondi, le pareti dei quali sono tagliate a sghembo, a imbuto, a tronco di cono rovescio. I diametri dei fori non sono uniformi; il primo a sinistra misura 0,285; gli altri 0,850; 0,315; 0,380.
In ciascuno di essi era. collocato un oggetto di metallo (un vaso od una misura), assicurato ‘con perni impiombati. Nel primo foro a sinistra si veggono due casse d’impiombatura; negli altri se ne vedono tre, corrispondenti coi vertici di un triangolo isoscele. Gli oggetti di metallo, qualunque essi fossero, erano anche impiombati tutto attorno l'orlo dei fori, essendosi ritrovato un pezzo di piombo, che si adatterebbe al foro dal diametro di 0,350. Io credo che M. Vareno Difilo, maestro o di vico o di collegio, abbia dedicata ad Ercole una mensa ponderaria.
Il sig. Genga ha ritrovato i seguenti oggetti, scavando appena sei metri: a) Pezzo di maschera di squisito lavoro, mancante di'un terzo. È di marmo pario diafano, grande oltre il vero, e rappresenta il volto di una Baccante, o di un'Ariadne, o forse anche di un Dioniso con tenia sulla fronte, e corona ederacea. b) Plinto, piedi e sostegno di elegantissima statuetta di marmo greco. c) Piedino di altra statuetta. d) Billico di porta di giallo antico, il che prova un lusso eccezionale di fabbrica. e) Capitello del pilastrino marmoreo, che fascia il pilastro di travertino. f) Marmi e frantumi di ogni specie.
Rodolfo Lanciani.
Essendo stati ripigliati gli sterri nella casa ani dal sig. Felice Genga, presso la cattedrale di s. Lorenzo in Tivoli, nell’area sacra del tempio di Ercole tiburtino (cfr. Notizie 1883, p. 85), vi si scoprì una nuova mensa ponderaria, addossata alla parete di reticolato, e distante dalla prima met. 0,66.
È lunga met. 1,12, larga met. 0,68. Nei pilastri che la sostengono sono scolpiti a rilievo un tirso ed una clava. Vi sì legge l'iscrizione stessa, che vedesi nella prima che fu scoperta, la quale iscrizione è distribuita in due versi nel modo che segue: M VARENVS ET M LARTIDI L DIPHILVS MAG HERCVL D S P F C
La mensa ha due fori. Uno minore a sin. di met. 0,20 di diam. è tutto fasciato di piombo. Quello a destra ha il diam. di met. 0,255. Attorno il labbro di ambedue i fori, stanno ancora impernati i sostegni delle misure di bronzo, disposti come i piedi di un tripode. Accanto alla lettera M, sul principio dell’iscrizione, vedesi un perno di ferro, al quale forse era assicurata una catenella.
La mensa ponderaria è intatta. Il pilastro contro cui è addossata, ha l’ossatura di tufi e di travertini, ricoperta con lastre di marmo, con base e capitello elegantissimi. Sulla fronte del pilastro doveva essere affisso un brano di lapide incisa, in giallo brecciato, che il sig. Genga ha ritrovato fra le terre.
Vi si legge: MIL LARIB PHILOMYS AMPHIO LATER EROS TVRRANIAI SL HERCVL REFIC COER
La larghezza della lapide, misurata nell'ultima linea, corrisponde colla larghezza della fronte del pilastro. Dall’altra banda del pilastro dr si comincia a scoprire una tavola scorniciata di marmo, e quivi pure si è trovato fuori di posto lo spigolo, forse della tavola medesima, lungo met. 0,130, alto met. 0,048, con il principio della leggenda VARENA
Rodolfo Lanciani.