Codice identificativo monumento: 2402
Relazione di M.E. Cannizzaro sul'antica chiesa di S.Saba sull'Aventino.
La chiesa e il convento di s. Saba sono situati sul falso Aventino, nel mezzo dell’area sporgente verso la campagna, racchiusa dalle mura serviane, tra le antiche porte Raudusculana e Naevia. La tradizione collega questa chiesa alla memoria di santa Silvia madre di s. Gregorio, e dice che fosse costruita dove esisteva la casa della santa, nel luogo del suo oratorio. Una lapide trovata sul posto dal De Rossi fa credere che in quelle adiacenze esistesse la caserma della IV coorte dei vigili, la qual cosa troverebbe conferma da altri ricordi. Chiesa ® convento furono dei monaci greci basiliani acemeti. Nell’abbazia, papa Lucio JI installò i cluniacensi; Giulio Il i cistercensi; Gregorio XIII diede tutto al collegio germanico.
La chiesa e il convento non presentavano al principio degli studî nostri nessuna traccia di costruzione anteriore al 1205; epoca nella quale il maestro Giacomo, come risulta dalla iscrizione che si legge sulla porta maggiore, la fabbricò per i monaci cluniacensi da poco stabilitivi. Il Collegio germanico ha permesso all'Associazione dei cultori di architettura di fare in detto edifizio delle ricerche per procedere ad un razionale progetto di restauro, e ricondurre la basilica molto danneggiata — pur conservando quanto di epoca posteriore meritasse conto — allo stato primitivo, ossia alla costruzione del 1205. Il Collegio stesso non ha soltanto permesso che si facessero gli studî a tal uopo, ma ne ha anche fatto generosamente le spese, ed ha ora provveduto ad assicurare l'edificio da immediata rovina, facendovi notevoli lavori di consolidamento, i quali sono stati diretti dall'architetto del Collegio, ing. Piacentini, presidente della commissione della nostra associazione.
Nel procedere alle ricerche per determinare la forma dell'edificio cosmatesco, la commissione della Società degli Architetti, ed io per essa, quale incaricato della direzione di detti studî, ho ritrovato notevoli tracce, non solo dell'edifizio cosmatesco e dei successivi cambiamenti, ma anche dell'edifizio medievale preesistente, ossia della basilica e del convento dei monaci greci, come pure ho riconosciuto tracce di edifizî anteriori a questo, e resti notevoli di costruzioni della buona epoca romana.
Lo scopo del Collegio germanico non poteva essere quello di fare ricerche archeologiche, e perciò gli scavi non sono stati estesi regolarmente su tutta la superficie, nè si poterono condurre in modo sistematico. È già molto se, grazie alla generosa compiacenza dei preposti al collegio germanico, si sono potuti allargare, molto al di là di quanto premeva per lo scopo principale dei lavori, i varî scavi di ricerche, ritrovandosi così cose di gran valore e che ne fanno supporre ancora altre maggiori, ove si potessero ulteriormente estendere gli scavi.
Per incarico dell'Associazione io ho tenuto regolarmente conto di tutti i ritrovamenti in un giornale depositato all'Associazione, e ho raccolto tutto il materiale scavato in un magazzino, nel locale stesso. I lavori continuano, e altre cose potranno venire in luce e maggiori schiarimenti si avranno su quanto fin'ora è stato ritrovato: così pure dalle ricerche, che io ho intrapreso negli archivî e nelle biblioteche, vanno venendo fuori altri elementi illustrativi di una parte delle storia dell’ edifizio. Il rev. padre Grisar, che con tanta competenza si occupa della storia e dei monumenti di Roma medievale, ha preso interesse vivissimo agli scavi, e dai suoi studî molto dobbiamo attenderci. Perciò mi limiterò a dare un conto sommario delle cose di maggiore importanza finora ritrovate.
L'edifizio cosmatesco del 1205 consisteva in un recinto esterno, nella chiesa basilicale e nel convento. Una porta ornata di mosaico dava accesso al recinto esterno. In faccia a questo ingresso era la fronte dell'edifizio con un portico sul quale si apriva la principale porta della basilica. Essa era di tre navi, della lunghezza, non comprese le absidi, di m. 23,35.
La navata centrale è larga 10 m. circa, le laterali 5 m.; sette colonne per parte dividono la navata centrale dalle navatelle. Navata e navatelle finiscono con absidi. Alla chiesa si accedeva, oltre che dalla porta centrale frontale, da una porta laterale sulla navata sinistra. A questa navata era addossato una specie di oratorio separato dalla navatella con quattro archi a sesto ribassato, con tre colonne e due pilastri terminali.
Questo oratorio apriva all'esterno con delle finestre binate, una in corrispondenza di ogni arco. Però questo oratorio, che era coperto a volte a crociera, è opera anteriore alla cosmatesca, e il maestro Giacomo non fece che incorporarlo nella chiesa chiudendo gli archi esterni colle finestre binate con colonnina centrale. La porta laterale aveva sulla fronte due colonne con sopra l’ arco e il tetto a doppie falde. Essa sporgeva oltre la linea del muro esterno dell’oratorio il quale proseguiva dall'altra parte dell’ ingresso fino alla linea frontale della chiesa, per la lunghezza di una sola altra crociera che doveva essere, credo, aperta all’esterno a mo' di loggia. Il convento era alla dritta della chiesa e consisteva in un chiostro, di cui tre lati avevano soltanto il piano terreno, un ambulacro aperto sul cortile con finestre binate con doppie colonnine centrali, e un terzo lato a due piani, in corrispondenza della linea degli archi. Di questo poche tracce rimangono.
La piccolezza del convento è spiegata dal fatto che i monaci cluniacensi, mandati da Pietro il venerabile, in seguito a domanda di papa Celestino II a S. Bernardo, erano in tutto quindici: « .... disposwi et tum dictis tredecim duos, qui genere romani suni, pro suplemento adjunaxi....» oltre un certo « Magistro Mario qui hactenus eidem loco praefuerat ». dà
Il braccio più lungo del chiostro ha nel mezzo una porticina con arco scemo, che apparve al Lanciani un resto di costruzione romana e come tale è da lui segnato nella Norma urbis, foglio 41. L'esame minuto fatto da me del medesimo, la constatazione della natura dei pilastri che lo sopportano e delle loro fondazioni, mi assicurano invece che è opera cosmatesca, come tutto il resto del piano del chiostro.
Non mi occupo di accennare alle asgiunte posteriori, quali il secondo piano nel chiostro, la chiusura dell'oratorio, il rialzamento del tetto, la casetta a sinistra dell'oratorio, ecc., opere di varî tempi; parlo solo di quanto ho ritrovato di più antico. La chiesa cosmatesca fu fatta prolungando una chiesa preesistente, e aggiungendovi le navatelle e rialzando il pavimento.
Questa chiesa precedente è quella dei monaci greci, che la ebbero dal 600 al 1100 circa. Essa è larga quanto la navata centrale; lunga 13 m. e mezzo oltre l'abside, e m. 1,50 circa sottostante al piano dell’attuale basilica. I muri di essa sono a ricorsi di mattoni e tufelli. La più gran parte dei muri laterali e della callotta dell'abside sono rovesciati nell’ interno dell’area della chiesa.
I muri di essa erano interamente rivestiti di pitture e iserizioni dipinte; notevolissime alcune, altre più scadenti, che in parte sono attaccate al muri ancora in piedi o rovesciati, in parte si devono racimolare in mezzo ai resti d'intonaco sparsi fra le macerie. La loro importanza è grandissima per la storia dell'arte, specialmento in questo momento in cui altrove, specialmente in s. Maria Antiqua, ritornano in luce simili pitture sacre. Non esito ad affermare che le pitture dell'abside e le teste grandi, messe insieme fra i detriti del calcinaccio, appartengono al VI secolo.
Altre pitture, tra le quali sono notevoli Gesù Cristo che solleva s. Pietro dalle acque e Lazzaro che porta il suo letto, e che non mi è stato possibile di fotografare nè esaminare attentamente, sono però posteriori. Ho pure messo insieme, in vicinanza di una parete nella quale vi sono alcune iscrizioni sibilline e la figura acefala di un monaco Martinus, maestro degli ultimi lavori di restauro fatti nella vecchia chiesetta, pezzi d'intonaco che rappresentano un'aquila che può ritenersi il segno di decorazioni fatte fare nella chiesa forse da uno degli Ottoni. L'intera vecchia chiesa si sta ora sgombrando di tutti i resti; le pitture si raccoglieranno, ma il lavoro è difficilissimo e parecchio tempo passerà prima che si possano comodamente vedere.
Il convento antico doveva essere a sinistra della basilica ed era probabilmente ricavato in un edificio della bassa latinità, del quale il così detto oratorio faceva parte. L'edifizio da questo lato, in fondo al giardino, che non ho potuto ancora però esaminare, dovrebbe essere parte dello stesso. Chi sa che questo edifizio non sia, come la tradizione vorrebbe, la casa abitata da s. Silvia, divenuta poi convento (Cellae novae). Da questo lato era l'antica cisterna e un pozzo, la cui acqua ha goduto fama di medicale, in tempi molto andati.
Alla dritta della basilica era l'area cemeteriale, nella quale le tombe sono costituite per buona parte da sarcofagi d'epoca anteriore, di terra cotta, di travertino, di marmo, lisci, intagliati e scolpiti, ricoperti da pezzi di lastre connesse.
Sotto il così detto oratorio, nell’ estremità verso le absidi, ho accertata la esistenza di una platea romana e nella navatella muri d'opera reticolata. I muri di fondazione cosmatesca sono fatti in gran parte con enormi blocchi di travertino in grandissimo numero, evidentemente provenienti da un grandioso edifizio romano. À coprire le tombe e sparse nella terra ho ritrovato gran numero di grandi tegole di marmo, coi loro numeri incisi, resti di importante monumento classico.
Alcuni dei capitelli della basilica sono della più bella epoca greco-romana e nella fondazione di una appendice al chiostro, fu adoperato come masso, un intero capitello bellissimo. Pezzi innumerevoli di fregi intagliati trovansi ovunque si scavi; l'architrave della porta principale ha dal lato murato resti di cassettonato d'opera romana. Molti di questi pezzi, malgrado che gli scavi fin'ora fatti siano molto limitati, ho potuto riunire insieme. Un bellissimo angolo di fregio scolpito ne è venuto fuori, e due intere cimase di porte: altri pezzi lavorati appartengono evidentemente allo stesso edifizio, altri ad altro d'epoca un poco più antica. Agli stessi dovevano pure appartenere i blocchi squadrati di travertino e le tegole di marmo.
Sono certo che procedendo dal resto di platea apparso, ritroveremmo, se si potessero proseguire gli scavi, molto per illustrare l'antica topografia di questa parte dell'antica Roma così poco nota e che pure conteneva editizi importanti.