Codice identificativo monumento: 15000
Viene costruito il Tempio di Saturno al Foro Romano.
Viene costruito il Tempio dei Castori al Foro Romano.
Per commemorare la riconciliazione tra patrizi e plebei, Lucio Furio Camillo (figlio del dittatore) realizza il Tempio della Concordia al Foro Romano.
in occasione del trionfo del console Gaio Duilio al Foro Romano, che aveva condotto con successo la battaglia di Milazzo contro la flotta cartaginese, viene realizzata una colonna celebrativa utilizzando i rostri delle navi nemiche.
Incendio intorno al Foro in più punti. La Regia viene danneggiata.
Un incendio distrugge il tempio di Cibele sul Palatino. Probabile danni anche ai Templi nell'area sacra del Campo Marzio, dove il piano del calpestio venne sopraelevato di circa 1,40 con un pavimento unico di tufo.
Inaugurazione della Basilica Giulia.
Lucio Munazio Planco ricostruisce il tempio di Saturno le cui colonne del proano sono ancora innalzate al foro romano.
Inaugurazione della nuova Basilica al Foro romano. In seguito alla ricostruzione effettuata da Lucio Emilio Lepido Paolo, prende il nome di Basilica Paulli. La basilica riprende la precedente Basilica Fulvia ma accorciata alle due estremità, e con una seconda navata aperta sul lato di fondo al posto del portico posteriore.
Al foro romano viene dedicato un tempio in onore a Giulio Cesare.
Consacrazione del Tempio di Apollo Palatino, costruito nel luogo in cui era caduto un fulmine all'interno delle proprietà di Augusto sul Palatino.
Un incendio distrugge le Basiliche Giulia ed Emilia al Foro romano.
Un incendio distrugge per la seconda volta il tempio di Cibele sul Palatino.
Viene costruito il tempio di Antonio e Faustina al foro romano.
Un incendio distrugge il Tempio di Apollo Palatino.
Papa Gregorio III avvia la ricostruzione della Diaconia di San Sergio e Bacco. Il campanile della nuova chiesa si installa sopra l'Arco di Settimio Severo.
Terremoto provoca vari crolli dalla collina del palatino. Danneggiando irrimediabilmente la cappella di Santa Maria antiqua. Crolla il tetto dell'Auditorium di Adriano. Cede quel che resta del fronte meridionale dell'Anfiteatro Flavio, generando una montagna di travertini, chiamata coxa.
Il cardinale Adriano Castellesi da Corneto, ottiene facoltà di estrarre marmi nel cortile dell'Ospedale delle Grazie, situato nei pressi del foro romano, per la fabbrica del suo nuovo palazzo in costruzione a Borgo.
Durante degli scavi nel Campo Vaccino, sono rinvenute le rovine del Tempio di Vesta.
Narra Fra Giocondo: reperta sunt in ruinis templi Vestae, quod erat ante templum S. Cosmae et Damiani sola via mediante in quodam harundineto, dodici piedistalli di statue erette ad onore di alcune vergini vestali massime.
In vista della visita a Roma dell'imperatore Carlo V, il Papa Paolo III incarica Antonio da Sangallo di predispone una via trionfale da Porta San Sebastiano fino al Foro Romano. La porta viene trasformata in un vero e proprio arco di trionfo, ornandola di statue, colonne e fregi. Ai lati sono erette due statue (una del Cristo, l'altra di San Pietro). Le due gnandi torri sono decorate con scene che ricordano il trionfo degli Scipioni e la sconfitta di Annibale. L'itinerario prevedeva la realizzazione di due rettifili, dalla porta San Sebastiano a San Sisto Vecchio e di qui (attraverso la vigna dei Benzoni, tra porta San Paolo e Santa Sabina e la vigna di Gennato Msffei) fino all'arco di Costantino, il secondo dalí'arco di Tito dhttamente ali'arco di Settimio Severo. Per migliorare il percorso del corte, viene demolita la chiesa di San Sergio e Bacco, adddossata all'Arco di Settimio Severo. Viene restaurata la chiesa di San Lorenzo in Miranda, ripristinando le forme originarie del tempio inglobato e rimuovendo le cappelle laterali e altre aggiunte. Alle falde del Palatino, vengono eseguiti complessi lavori, &cando, dopo imponenti opere di sostegno e temtzzamento.
Campagna di scavi e spoliazione al Campo Vaccino.
Nello spazio di dieci anni appena si distrussero: la gradinata del tempio di di Antonino e Faustina, quella del tempio dei Castori, tutto l’altissimo basamento marmoreo del tempio di Cesare, coi fasti che rimanevano ancora nel proprio loro luogo; si sfondò la volta della cloaca massima; si disfece l'arco fabiano ed il tempio di Vesta; si ridussero ad altri usi le colonne, i fregi, i cornicioni, le soglie, gli altari dei varî tempî, e si fece calce di quanto per la viltà della materia o pel volume non meritava d'essere trasferito altrove.
Rodolfo Lanciani.
Durante lo scavo di una fornace per la cottura della calce, nella parte orientale del Foro fra i templi di Faustina e dei castori, vengono scoperte casualmente i primi frammenti dei fasti capitolini, "et finito di spiantare infra giorni 30". Presumibilmente provenienti dai fornici dell'Arco di Augusto, sotto la direzione di Michelangelo vengono ricomposti sulle pareti del cortile del palazzo dei Conservatori.
Nel corso dei lavori di ricostruzione del palazzo Zambeccari, sono trovate cinque gigantesche teste di animali provenienti dal foro di Traiano: un ariete, un cammello e un cavallo, un toro e un bue. Sono utilizzate dal cardinale Bonelli per ornare il suo palazzo, integrandole con una testa di elefante e di rinoceronte.
Durante scavo all'Arco di Settimio Severo, viene scoperto un cippo (ora ai Museo Vaticano)
Il primo scavo con scopi puramente scientifici al foro romano eseguito dall'ambasciatore svedese tra il tempio dei Dioscuri e la colonna di Foca.
L'ambasciatore svedese in Roma, C.F. Fredenheim, avvia i primi scavi della Basilica Giulia.
Papa Pio VII avvia una campagnia di scavi al Foro Romano. Sono abbattute le strutture che gli si addossavano. Viene scoperta la base di una grande porzione del Miliare aureo, centro di tutte le strade dell'impero.
L'Arco di Settimio Severo e Costantino vengono scavati fino alle basi e circondato di mura.
Per l'occasione, presso l'Arco di Settimio Severo, viene posta una targa celebrativa (ora a villa Centurini) con scritto: PIUS VII P M RUDERIBUS CIRCUM EGESTIS ARCUM RESTITUENDUM ET MURUM SEPIENDUM CURAVIT AN MDCCCIII.
Primi scavi a Veio effettuati da Andrea Giorgi in località Macchiagrande. Nell'area del foro romano, sono ritrovate 12 colonne ioniche (che saranno utilizzate nel 1838 ad ornamento del portico del Palazzo delle Poste a Piazza Colonna), e 12 colonne di marmo bigio (riutilizzate nel 1835 nella cappella di San Benedetto nella basilica di San Paolo).
Decreto Imperiale che istituisce “una passeggiata sulla periferia del Foro, del Colosseo e del Monte Palatino” che prenderà il nome di Giardino del Campidoglio.
Scavi ai fori portano alla luce i resti dell'abside di Santi Sergio e Bacco al Foro Romano
La Commissione dei monumenti e delle fabbriche urbane nel Dipartimento di Roma, approva il progetto di Louis Martin Berthault per il nuovo giardino del Campidoglio.
Il commissario delle Antichità Carlo Fea riprende lo scavo del tempio dei Dioscuri, iniziato sotto i Francesi, mettendone a nudo i gradini e risolvendo una volta per tutte la questione della sua pianta (ottastilo, con undici colonne su entrainbi i lati) e dell'attribuzione (precedentemente detti di Giove Stator).
Il commissario delle Antichità Carlo Fea collabora con l'ambasciatore di Portogallo, conte D.A. de Sousa Continho Funchal negli scavi nella zona sottostante il Campidoglio, che portarono alla scoperta del clivo capitolino e del vero tempio della Concordia. Da ciò ha inizio una polemica molto accesa con Stefano Piale sull'identificazione del tempio di Saturno (allora detto della Concordia e ribattezzato dal Fea con il nome di Juno Moneta) e di quello di Vespasiano (a quel tempo detto di Giove Tonante).
Papa Pio VII, visita i lavori di scavo al Foro romano.
L'archeologo Antonio Nibby, identifica come Basilica di Costantino, i resti nel foro romano fino ad allora considerati come il Tempio della Pace.
Alla morte di Raffaele Stern, Giuseppe Valadier assume la direzione per completare i restauri e gli scavi presso l'Arco di Tito.
Si concludono i restauri all'Arco di Tito. Viene posta una iscrizione sul lato ovest dell'attico, per ricordare il Papa Pio VII committente e gli architetti che si sono occupati del restauro. Raffaele Stern e Giuseppe Valadier.
Papa Leone XII innaugura la ripresa degli scavi nel foro Romano, con l'obiettivo di riportare l'intera area al livello esistente nell'età romana. I lavori, progettati dal Valadier e diretti dal Nibby, hanno inizio al Colosseo, con costo enorme, nel tentativo di trovare gli antichi canali di scolo.
Duranti sterri nei pressi dell'Arco di Settimio Severo, sono ritrovati colossali frammenti delle statue che lo decoravano.
Giovanni Battista de Rossi dirige i lavori di scavo alla Basilica Giulia. Vengono restaurati alcuni pilastri in mattoni.
Scavi ad est della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, riportano alla luce un portale in travertino nella sala della Forma urbis, insieme a nuovi frammenti della pianta marmorea.
Pietro Rosa Scopre la cosidetta Casa di Livia sul Palatino, una delle abitazioni repubblicane conservatesi sul colle Palatino.
Inizio dei lavori per l'isolamento del tempio dei Castori.
Scavi nel Foro effettuati dall'architetto e topografo Pietro Rosa, portatono alla luce il tracciato della Cloaca Massima tra la Via della Salara Vecchia e la Marrana di San Giorgio. Il condotto viene in parte ripulito dal fango e dalle macerie che lo ingombravano.
Conclusione dello scavo della basilica Giulia.
Rinvenimento dei Plutei di Traiano nella piazza del foro romano.
Scavo della parte centrale del foro per permettere la definitiva liberazione della base della colonna di Foca. Durante gli scavi, vengono scoperti i Plutei di Traiano, delle balaustre marmoree istoriate che orbnavano la tribuna dei Comizi.
Gli scavi nel foro romano portono alla scoperta dei resti del Tempio di Vesta.
Faustino Anderloni, direttore tecnico della Banca italo-germanica (subentrata alla società di Credito), presenta domanda al sindaco per la licenza edilizia per la costruzione di una palazzina a Piazza Indipendenza.
Innanzi al Tempio di Antonino e Faustina, ove per conto del Governo sì eseguono scavi a fine di ricongiungere quell'edifizio al resto del Foro, disgombrando la terra che ne occupa l'interstizio, vennero fuori avanzi di mura di tarda epoca imperiale, appartenute ad un fabbricato che ha tutto il carattere di destinazione a pubblico uso.
Ivi fra i materiali di costruzione s'intravidero basamenti onorari, e grandi pezzi di marmo tolti da altri pubblici monumenti, fra i quali si notò parte di una iscrizione che fa ricordo di Antonino Pio e di M. Aurelio, la quale non potendo essere ricollocata al suo posto perchè ignoto, fu trasportata nel nuovo Museo lapidario dell’ex Collegio Romano.
Il frammento dice: ...MA... | ...MP XI... | ...NINO P...
Giuseppe Fiorelli.
Nel Foro romano continuandosi a sgombrare la terra interposta fra il tempio di Giulio Cesare e quello di Antonino e Faustina, cominciarono ad apparire i gradini che davano accesso al pronao di quest'ultimo edifizio, spogliati però dei loro rivestimenti marmorei che furon tolti in altra epoca; in vicinanza de’ quali tornarono a luce due di quei basamenti onorari accennati nella relazione dello scorso mese.
Entrambi portano la medesima epigrafe, disposta però in modo. diverso, relativa a statue d'insigni artefici fatte rialzare da quel Gabinio Vettio Probiano, prefetto di Roma nel 377 o 416 dell’e. v., il quale altre ne aveva pure fatte collocare presso la basilica Giulia.
I titoli dicono: GABINIVS VETTIVS PROBIANVS VC PRAEF VRB STATVAM FATALI NECESSITATE CONLABSAM CELEBERRI MO VRBIS LOCO ADHI BITA DILIGENTIA REPARAVIT
Si tolse dal medesimo sito un masso parallelepipedo di marmo, che faceva parte dell'angolo interno di qualche recinto, portante incisa nel modo che segue una pagina dei Fasti consolari, rispondente agli anni 755-760 di Roma, a cui si connette il frammento XXXVI. del Museo Capitolino.
Un'altra base si trasse pure dal medesimo scavo, appartenuta a qualche statua imperiale, il cui titolo essendo stato abraso, non serba che i nomi dei dedicanti in una delle sue facce laterali: VALERIO TITO SPR AVRELIO CATVLLINO PP CVR COH CVRA AGENTE P IVLIO IVSTINO.
Giuseppe Fiorelli.
Innanzi al tempio di Antonino e Faustina tornò a luce una parte della via, che rasentando il lato orientale del Foro, erasi rialzata in tempi diversi con due strati di selci l’uno all’altro sovrapposto, nel secondo dei quali si trovò adoperato per materiale un torso di statua di grandi proporzioni: questa via di cui apparvero avanzi anche negli scavi del 1811, si dirige verso il tempio di Romolo figliuolo di Massenzio, e passa innanzi la basilica di Costantino.
Ai piedi della facciata del tempio comparve il nucleo della gradinata marmorea, che era fiancheggiata da piedistalli sormontati di statue, ad una delle quali sembra appartenesse il torso in parola, che poi dovette esser posto nella strada, allorchè venne eretta l’antica chiesa di S. Lorenzo, le cui vestigia dovranno forse riconoscersi in quelle fabbriche medioevali, scoperte a sin. dal pronao del tempio di Antonino fino dal principiare di questi nuovi lavori.
In vicinanza delle scale stesse fu raccolto un importante frammento di ara marmorea con figure a rilievo nell’intorno, tra le quali si notano Nettuno col delfino in una mano e l’altra poggiata nel fianco, Giunone (?) con lo scettro, Vulcano col malleo poggiato alla spalla, afferrando un lembo della veste di Minerva galeata, che coperta dell’egida corre innanzi a lui: nel terzo lato, essendo il quarto distrutto, vedesi Venere in atto di stendere la mano a Mercurio, di cui resta il petaso ed un braccio involto nella clamide. Inoltre s’incontrò fra le terre una soglia di marmo, con le lettere rozze EROS PRIM, nonchè un pezzo di testa muliebre velata avente le trecce raccolte sulla sommità del capo, del medesimo tipo di quella rinvenuta in altra epoca fra le rovine del bagno esistente a dritta dell’arco di Tito.
Giuseppe Fiorelli.
Negli scavi del Foro Romano presso il tempio di Antonino e Faustina, condotti nel punto più prossimo alla scala del tempio, ove si erano fatte ricerche nei secoli anteriori ed al cominciare di questo, si trovò parte di un cornicione in marmo con intagli e fogliami; ed in mezzo alle terre di scarico due pezzetti marmorei con qualche avanzo di lettere.
Giuseppe Fiorelli.
Nelle ultime opere eseguite presso il Tempio di Antonino e Faustina al Foro Romano, nel taglio verso la chiesa di s. Maria Liberatrice, si raccolse una lastra di marmo, larga m. 0.40 alta m. 0.30, col seguente frammento epigrafico in greco: ..IIAGALI N I APO THE… | ..ICMO EKTONIDION..... Vi sì trovò pure un frammentino marmoreo proveniente dagli scarichi, largo met. 0.09, alto met. 0.08, co’ residui delle lettere AVG P...AD; una testina di statuetta muliebre di mediocre stile; una grande mensola di travertino, alta met. 0.80, larga met. 0.60, che l’egregio sig. Pellegrini reputa facesse parte dell’ antico arco Fabiano; un torsetto acefalo marmoreo, alto met. 0.32, ritraente forse un simulacro votivo; parte di un cornicione dorico con dentelli, lungo met. 1.28, alto met. 0.53; e due tronchi di colonne in marmo scannellati, del diametro di met. 0.45.
Fu eziandio rimesso a luce altro tratto dell'antica via con lastrico a poligoni di selce, e si continuò a scoprire di fianco il podio marmoreo del tempio, raccogliendosi nelle terre pochi frammenti di epigrafi di nessun valore, per la loro piccolezza e per la scarsezza delle lettere; pezzi di vetro e di terrecotte comuni; ed una parte di mattone con bollo, simile ad altro edito dal Fabretti a pag. 520. n. 333: OPVS DOLIARE EX PRAEDIS AVGG NN FIG C TERTIT
Giuseppe Fiorelli.
Scavi al Foro romano portano alla scoperta del basolato della Via Sacra e all'identificazione del Tempio di Vesta.
Le grandi escavazioni nella valle del Foro romano, sospese nel mese di agosto a causa dei forti calori, e proseguite alacremente nell'ultimo bimestre, incominciano a produrre quei risultamenti che da luogo sì nobile, benché già frugato, era dato aspettare.
Le formalità legali per la espropriazione dei fondi limitrofi, hanno impedito fino ad ora di profilare lo scavo sul lato orientale, giungendo fino al piede dei monumenti, i quali da questo lato prospettano sulla via sacra, fra cui il più importante è il tempio del divo Romolo, trasformato in vestibolo della chiesa dei ss. Cosma e Damiano. Ma il pavimento della celebre strada è già scoperto, in tutto il tratto compreso fra il sito dell'arco fabiano, ed il dinao di Adriano. Sull'antico pavimento (assai malconcio e pieno di lacune) è disteso un secondo, più alto di circa met. 1,10, al cui livello corrispondono avanzi di edifici dei tempi di mezzo.« La via misura in alcuni punti una larghezza di 12 metri.
Dalla parte occidentale, cioè verso i confini della regione X, incomincia ad apparire la fronte perfettamente rettilinea di un grande edificio in opera laterizia, le cui pareti si intersecano tutte ad angolo retto. I bolli di mattoni, letti nel vivo dei muri, spettano alla seconda metà del secondo secolo. Nei punti ove le pareti si intersecano, l'edificio era rafforzato con pilastri di grandi massi di travertino, dei quali rimangono le sole impronte; essendo evidentemente stati rimossi in epoca ignota. La fronte dell'edificio, distando circa 12 metri dal margine della via sacra, lascia una striscia di suolo libera, la quale sembra sia stata occupata da monumenti di modeste proporzioni, ed indipendenti 1' uno dall'altro. Il più ragguardevole è un emiciclo di opera laterizia propria del secolo IV, il cui pavimento, commesso di lastrami diversi ed anche di frantumi di titoli sepolcrali, si innalza met. 1,35 sul piano della strada.
Nel corso delle ricerche fin qui accennate sono stati rinvenuti questi monumenti. Frammento dei fasti consolari, trovato il giorno 10 ottobre sul piano della via, presso il sito dell'arco fabiano. Si connette al frammento capitolino segnato col n. XXVII nel Corpus Inscr. Lat. vol. V, p. 439.
Frammento dei fasti trionfali, trovato nell'istesso luogo il giorno ! 5 ottobre. Fa seguito al frammento capitolino segnato coi num. XXIV. XXV nel Corpus vol. I, p. 460.
Piedistallo di marmo, alto met. 1,30 x 0,67 x 0,62, trovato il giorno 23 ottobre innanzi il tempio di Romolo. FABIVS TITIANVS VO CONSVI PRAEF VEBI CVRAVIT
Piedistallo di marmo alto met. 1,17, largo met. 0,68, grosso met. 0,56. Sosteneva una statua di bronzo. TOTO ORBE VICTORI D N CONSTANTIO MAX TRIVMFATORI SEMPER AVG FL LEONTIVS VC PRAEF VRBI ITERVM VICE SACRATVDICANS D NMQ EIVS
Due massi di marmo parallelepipedi, con trabeazione intagliata nella costa, e cassettoni intagliati nella superficie inferiore. Nel fregio era scritto con lettere di metallo, alte met. 0,17
Base e cimasa di un piedistallo, forse di statua equestre, lungo met. 3,42. largo met. 1,60. In un frammento del zoccolo rimangono le sigle ...INV. ...
Rodolfo Lanciani.
Nel palazzo de' Cesari prosegue la scoperta dello stadio, che divide le fabbriche augustée dalle settimiane. Continuano ad apparire i pilastri e le mezze colonne laterizie dell'ordine inferiore del portico, con avanzi .dell' impellicciatura di marmi colorati. Abbondano inoltre pure i frammenti delle basi, colonne, capitelli, delle transenne, della trabeazione ecc. dell'ordine superiore.
Rodolfo Lanciani.
Inizio degli scavi nella Casa delle Vestali.
Nel mese di gennaio è stato compiuto lo sterro della parte meridionale della valle del Foro, fra la Basilica di Costantino e la somma Sacra Via. In questo spazio si è ritrovato il basamento di una fontana fatta, probabilmente in forma di meta, e rivestita nel giro esteriore con lastroni di marmo. Nel centro del nucleo si vede il foro pel condotto portatore, e questo foro è in comunicazione con un cunicolo coperto a capanna.
Fra il margine occidentale della Sacra Via e la estremità dello scavo, sotto il muraglione degli orti farnesiani sono stati scoperti alcuni muri laterizi, costruiti contemporaneamente alle taberne, descritte nei rapporti antecedenti. Le ordinate dei pavimenti di queste fabbriche, determinate sia per mezzo degli avanzi dei pavimenti stessi, sia per mezzo delle riseghe delle pareti di perimetro, dimostrano che i piani salivano regolarmente, a partire dall'ordinata della Sacra Via, seguendo la pendice del Palatino: onde detta via trovavasi nel fondo di una gola.
Nell'eseguire un cavo per condottura di acqua sotto il muraglione degli orti farnesiani, fra il portone del Vignola e l'arco di Tito, si è riconosciuto che i muri laterizi proseguono anche al di sotto del terrapieno della strada, che mantiene provvisoriamente la comunicazione fra le valli del Foro e del Colosseo.
Essendosi poi compiuta la demolizione della casa già Beccari e dell'attiguo granaio, si è riconosciuta la esistenza di grandiose costruzioni laterizie, connesse con la Basilica di Costantino e ad essa contemporanee, la natura e la disposizione delle quali potrà meglio determinarsi dopo che sarà rimosso il terrapieno moderno, che ne ricopre la base.
Rodolfo Lanciani.
Gli scavi nella valle del Foro, fra la via sacra e gli orti farnesiani, hanno dato luogo alla scoperta di molte altre camere dell'edificio laterizio incerto, descritto antecedentemente. Una camera ha il pavimento pensile sulla fornace, e il basso delle pareti foderato di tubi caloriferi. Un' altra cella sembra fosse destinata ad uso di cucina, con annesso sterquilinio. Vi sono inoltre traccie di due scale per ascendere ai piani superiori. Quasi tutte le camere conservano qualche brano dei pavimenti, alcuni di lastra di marmi colorati, altri di mosaico a chiaroscuro. L'epoca della costruzione di questo vasto edificio è confermata dai seguenti bolli, esistenti in opera.
O DOL EX PR DPFLVCPAALEX NIGROE CAMER COS; EX FIG TVRSEI... SERV1ANO III ET COS; APR ET PAET COS EX PR T CLAND MAXIMI ISIACI; IMP CAE TROAVGEX fig. MARC DOLI C CAL FAYORIS; NICOMACHI DOMITI TVLLI; FALERNI... DOMITIOrwm LVCANI ET Tulli; Q OPPI VERECVNDI; CN DOMITI EVIARESTI; CN DOMITI CLEMENTIS; BBVTTmwA LVPI; L ANTONR... SYMFILO. Quest'ultimo dà indizio di restauri eseguiti nel secolo quarto: OFF SRF DOM
Nelle terre di scarico furono ritrovati : Una statuina di Esculapio di buona maniera, acefala. Testa, che sembra ritrarre i lineamenti di Nerone. Masso informe di marmo, in un lato del quale è graffi ta a grandi lettere: VIC S IVL
Negli ultimi giorni di febbraio, sotto il piano delle risegli delle pareti di una camera, lungo la via sacra, è stato ritrovato un frammento di piano di musaico a chiaroscuro, il quale offre la singolarità di una orientazione affatto diversa con l'asse del fabbricato. Ciò fa supporre che si tratti di un edificio anteriore, distrutto per ignota causa nel secondo secolo.
Rodolfo Lanciani.
Importanti sono i trovamenti avvenuti negli scavi della valle del Foro. Sotto le riseghe di fondamento dell'edifizio laterizio del secolo secondo, già descritto altra volta, si è riconosciuta la esistenza di un edificio anteriore appartenente al periodo republicano, e risarcito nei primi tempi dell'impero. La costruzione primitiva era in opera quadrata: i restauri sono parte in reticolato, parte in mattoni. Tutte le camere hanno pavimenti a musaico monocromo, o a chiaroscuro, o a colori, ed il loro livello non è uniforme. Due stanze hanno ornamento di colonne, delle quali rimangono le basi di travertino, intonacate di stucco. Siccome la descrizione esatta di questo vetusto edificio, e delle sue sovrapposizioni più recenti, riuscirebbe confusa e poco intelligibile senza il corredo di una pianta, così gioverà attendere il compimento delle ricerche per divulgarla.
Rodolfo Lanciani.
La escavazione della zona compresa fra il tempio di Antonino e Faustina e l'arco di Tito, fra la basilica di Costantino e gli orti Farnesiani, è stata condotta a termine.
Le notizie già pubblicate intorno le scoperte avvenute in questa zona, e quelle intorno ai trovamenti più recenti, sono illustrate in una tavola topografica, nella quale la tinta più leggera indica gli edifici appartenenti agli ultimi tempi della repubblica, ovvero ai primi dell'impero: la tinta più scura quelli fabbricati dopo la fine del primo secolo dell'e. v.
Nel decorso mese di aprile, continuandosi lo sterro sul margine occidentale della via Sacra, sono tornati in luce questi monumenti:
a) piedistallo di marmo, scorniciato nei quattro lati, di met. 0,70 x 0,50 x 0,50, ridotto ad altro uso nel secolo IV o V. L'iscrizione, troncata nell' estremo lembo a destra, dice: T CAESAE A ...| VESPASIANO IM ...| TRIB POTEST CC ...| CENSORI DESI ...| COLLEGIORV ...| OMNIVM SACER
b) parte di piedistallo di marmo, assai più lungo che alto.
c) piedistallo di marmo, di met. 0,95 x 0,59 x 0,51. rustico nella superficie posteriore, con pilastrini agli angoli, patera a destra, urceo a sinistra, fastìgio nei tre lati. Nella fronte ha scritto: LARIBVS AVG SACEVM
d) frammento di lastrone di marmo, ridotto ad uso di gradino.
e) scaglione di base rozzissima di marmo, rescritta: SIVS | S..| VS... la sigla S incisa sulla cornice spetta al titolo abraso.
f) lastra di marmo, rozzamente granita: tVLLEXTVS SE
Tutti questi monumenti furono trovati dinnanzi alla chiesa dei ss. Cosma e Damiano.
Rodolfo Lanciani.
Giunti a termine gli scavi sul lato occidentale della Via Sacra, si è posto mano a liberare dalle terre e dalle sopraedificazioni moderne quel portichetto laterizio medioevale, che trovasi sul margine orientale della via, tra il tempio del divo Romulo e la Basilica nova.
Sembra che quel portico racchiudesse per tre lati un cortile, chiuso nel quarto lato dal muro di fianco della Basilica, Nel cortile rimane un pozzo di acqua potabile, non molto profondo. Sono stati trovati negli sterri, frammenti di architetture assai malconci, e tolti a più vetusti edifici; uno stipite finamente intagliato, sullo stile del secolo XIII, con una striscia di musaico del genere messo in voga dai Cosimati; od un tegolo da tetto, sul quale sono tracciate a carbone queste cifre: ...LVII | ...CXX | ...DC XXII LXXXXV CCCLL
Rodolfo Lanciani.
Demolendosi i granai costruiti da gran tempo dentro ed attorno l'abside della basilica di Costantino, sono stati trovati nel nucleo delle loro pareti parecchi bolli, dei quali è utile conservare memoria.
METTIO RVFO COS; ET POMP MATER; ANICETVS DOMITIAE PF LVCILLAE; EX PRAEDFAVSTOPDOLIARACA PET CRESCEINTE QV R TA; ATIL COS SVL HERP; OPV DOL EPAGATHVCLAVDI QVINQVASER; COS AMB SVL; TRAIAN AVG G D; CN DOMITl II VALEAT QV; CREI lANVARIEXFCDO V Q F; SPACCIORV; NONI CLEMEN... IGL TVNIN PR PED QVIN; EXO... RVF... COS; EX OFICINA M C C II RVFO ET MATERNO COS; PRISCI GAVI AMXL... ABNET...; DAEDALVS DD LVCETTVLLI; ...RILIS ...OMITITILI; CN DO ...VOENI VALEAT QVI PECTT; RIAI COS ANI II CAEP; L VALE... SEVER...; CLONI CAESARIS; OPDOLEX... APRO...; LVRI
Vi sono moltissimi altri frammenti dei bolli delle fornaci dei due Domizi Lucano e Tulio, delle due Lucilie, delle sulpiciane e delle salarle. I bolli che seguono possono credersi appartenenti alla fabbrica, ovvero ai restauri della basilica.
Dalla stessa demolizione proviene questo frammento di titolo sepolcrale: D... | LICIN... | HlLARVS... | PIENTISSIM... | SITVS EST VIX ... | ...M IIII D
Alla estremità, opposta della basilica, nell'angolo che confina con gli orti già del cardinal Pio di Carpi, in seguito di una frana di terra, è stata scoperta la parte media della scala a chiocciola, che conduce dal piano del portico al tetto della navata orientale.
Questa scala, per mezzo di un vano arcuato, comunica con le vaste gallerie, criptoportici, sale ecc. di incerto edifizio, il quale si estende per largo spazio sotto gli orti carpensi, ed ancora conserva avanzi di belle pitture murali.
Nel fianco della basilica, rivolto verso questo edificio, è stato scoperto un cornicione laterizio, ad un'altezza corrispondente a quella dell'imposta delle volte interne. Questo cornicione è difeso da un tetto composto di tegoloni e canali, lunghi circa un metro.
Hanno avuto principio i grandi lavori di sterro, destinati a congiungere la Via Sacra con il Foro della Pace, ed a scoprire quella parte del detto Foro, sulla quale è caduta l'antica pianta marmorea della città.
Gli scavi seguono l'andamento della strada, che divide la basilica di Costantino dal tempio di Romulo, e dagli altri vetusti monumenti incorporati nella chiesa ed ex-convento dei ss. Cosma e Damiano. Benché il taglio delle terre sia ancora poco profondo, pure sono state già riconosciute tre particolarità, assai importanti per la storia architettonica della basilica di Costantino.
La prima consiste nel fatto, che parte del lato di tramontana è innestato a fabbriche laterizie, di molto anteriori ai tempi costantiniani: la seconda, che l'abside lia un sotterraneo, chiuso da muri perimetrali, in parte contemporanei in parte anteriori all'abside stessa: la terza, che a sinistra di chi guarda l'abside, nel piano della basilica s'apre una porta che ora mette nel vuoto, ma che in origine dovea dare comunicazione ad una sala annessa alla basilica, della quale si troveranno certamente i muri perimetrali con l'abbassamento delle terre.
Rodolfo Lanciani.
Gli scavi lungo la Via Sacra, portano alla liberazione della facciata del Tempio di Romolo.
È stato condotto a termine lo scavo e lo isolamento del tempio del divo Romulo, trasformato da Felice IV, in vestibolo della chiesa dei ss. Cosma e Damiano. La disposizione architettonica dell'edificio, e del suo prospetto sulla Sacra Via. è conforme in tutto ai disegni conservati nelle schede vaticane del Panvinio. Delle quattro colonne corintie di cipollino, che ornavano le ali rettilinee della facciata, due stanno ancora diritte sui piedistalli di marmo: della terza, a sinistra della porta, rimane il solo piedistallo : della quarta, pure a sinistra, non è rimasto vestigio. In una delle nicchie, che ornano la parte curvilinea del prospetto, si veggono avanzi di dipinti cristiani.
Da ultimo si è incominciato il lavoro di restituzione della porta di bronzo, al sito che occupava prima delle alterazioni di Urbano Vili. È incerto, se le due colonne di porfido e la trabeazione spettino alla fabbrica primitiva; in ogni caso, quei massi di marmo furono già impiegati altrove, essendo modinati e profilati anche nel lato che aderisce al muro.
Rodolfo Lanciani.
Frammenti di iscrizioni trovati nei muri di fondamento costruiti sotto Urbano VIII, a sostegno della porta dei SS. Cosma e Damiano, alzata da quel pontefice al livello del Campo Vaccino, ed ora collocata di nuovo al piano della Via Sacra.
Rodolfo Lanciani.
Scoperta assai pregevole e rara è quella, di una delle trentaquattro edicole compitali della regione ottava. Consta di un basamento rettangolo, col nucleo di opera laterizia, costituente un cubo di m. 3,11X2,57X1,35, appoggiato ad una parete di fondo.
Il basamento era rivestito di lastroni marmorei, grossi m. 0,14, trattenuti da spranghe di metallo, con cornice di base e di coronamento. Sta ancora nel proprio luogo, sul sinistro lato del dado, un pezzo della cornice inferiore, lungo m. 2,26. Sul basamento sorgeva un ordine, con la trabeazione rettangola (e frontone) sostenuta da due colonne isolate, e da due mezze colonne appoggiate alla parete di fondo. Le colonne di marmo bianco misurano all’imoscapo m. 0,43 di diametro, e contano ventiquattro scanalature.
Della trabeazione rimangono due soli pezzi, il fianco sinistro, e la fronte. L’architrave è intagliato con fusarole, gola, e lacunare; il fregio è liscio. Sul fregio della fronte è incisa la seguente iscrizione, a lettere se non dei tempi augustei, certamente del primo secolo:
SENATVS POPVLVSQOVE ROMANVS PECVNIA PVBLICA FACIENDAM CVRAVIT
Condotta a termine nell'anno 1879 la escavazione della sacra via, fra il tempio di Romulo e l'arco di Tito, gli antichi edifici che fiancheggiano quella strada erano rimasti divisi in due gruppi, distinti ed indipendenti, a cagione di quell’argine di terra, largo 20 metri alto 10, che s’era dovuto mantenere a guisa di ponte attraverso l’area scavata, fra le chiese di s. Lorenzo in Miranda e di S. Maria Liberatrice.
La demolizione di questo terrapieno, il quale, oltre a dimezzare spiacevolmente gli scavi, ne impediva il regolare ordinamento, e lasciava non risolute controversie topografiche di molta gravità, fu decretata da S.E.il Ministro dell’ istruzione pubblica il giorno 4 febbraio 1882. I lavori di sterro, incominciati il giorno 6 di detto mese, furono felicemente condotti a termine nel giorno anniversario delle Palilie. In così breve spazio di tempo sono stati scavati, caricati sui carri, e condotti ai lontani luoghi di scarico, diecimila duecento metri cubi di terra; sono stati scoperti duemila ottocento metri quadrati dell’antico suolo: sono state ritrovate ventisei iscrizioni, e restituite alla luce lince topografiche e vestigia di monumenti, di non comune importanza; sono stati finalmente congiunti gli scavi del 1879 a quelli precedenti, di modo che oggi, per la prima volta dopo la caduta dell’ impero, ci è dato di poter percorrere l’intera linea della sacra via, dal suo caput .... ab Streniae sacello, fino al suo termine sulla vetta del Campidoglio. Me He
L'area scoperta costituisce un rettangolo, terminato verso oriente, dai tempî del divo Pio e del divo Romulo; verso occidente dal tempio di Vesta, e dallo sperone settentrionale del Palatino. Dal secolo XVI in poi era stata frugata e devastata più volte, cosicchè se v'era speranza da un lato, di risolvere alcuni problemi topografici connessi con l'andamento della sacra via, col sito dell'arco fabiano, della regia etc., si aveva certezza quasi assoluta dall'altro lato, di non ritrovare monumenti scritti o scolpiti, proprii delle terre ancor vergini di ricerche.
Rodolfo Lanciani.
Negli scavi del Foro romano, demolendosi le fondamenta di alcuni granari (già abbattuti al piano del suolo nei primi anni di questo secolo), a. poca distanza dalla colonna di Foca, sono stati ritrovati diversi pregevoli brani di iscrizione, tra cui un lastrone di marmo, grosso met. 0,09: lettere alte mill. 21, con scritto:
DI PRO PR PROVIN
GALLICI PRAEF VRB
SENATVS AVCTOR
ASIANO FRATRE
SVIT VADIMON
SA DILATIS CENSVIT STA
AVGVST
Rodolfo Lanciani.
Le escavazioni intraprese fino dal giugno sull'angolo del Palatino rivolto al Foro romano, benchè progrediscano lentamente, a cagione della considerevole profondità delle terre di scarico (la quale rende necessario il taglio e trasporto di 15 met. cubi per ogni met. quadrato d’avanzamento), pure hanno già dato luogo a scoperte di non comune importanza.
La soprappozizione, l'incrociamento dei muri, di ogni epoca e di ogni specie, genera a prima vista una straordinaria confusione: per scioglier la quale è necessario, prima di ogni altra cosa, stabilire nettamente le linee topografiche direttrici di quel gruppo di fabbriche.
La linea fondamentale è quella tracciata dalla Via Nova, la quale dalla sommità del giogo della Velia, presso l'arco di Tito, scende al vico Tusco passando dietro al tempio dei Castori. La Via Nova è già scoperta per un tratto rettilineo di circa 80 metri. Essa segna il confine orientale delle fabbriche palatine di Caligola, le quali si conservano in questo tratto per un’ altezza media di 12 metri.
Il piano terreno è occupato da una serie di taberne: il piano superiore conta varie celle (con pavimenti di mosaico e pitture murali), cui si accede per mezzo di scale con gradini di travertino, assai ben conservate. Sugli inizî del secolo III dell'e. v., tutta la fronte del fabbricato minacciando rovina, sia per vetustà sia per vizio del suolo, furono costruiti arconi di sostegno attraverso la Via Nova, a doppio ordine, e sostenuti da pilastri grossi met. 1,45. Questa serie di fornici si appoggia, da un lato contro le fabbriche di Caligola, dall'altro contro le fabbriche connesse con le taberne margaritarie.
Lo scavo non ha, fino ad ora, restituito alcun monumento scritto o scolpito, ad eccezione di un solo brano di lapide imperiale che dice: IVL IMP VIII
Rodolfo Lanciani.
Il pavimento del vico Iugario è stato scoperto fra il lato minore nord della basilica Giulia, ed il lato maggiore sud del tempio di Saturno. Il pavimento non è antico, ma del secolo VII incirca: è irregolare e stritolato e avvallato in più luoghi, forse per la caduta dei grandi membri architettonici dei due edifizi vicini.
Uno di questi pezzi è stato scoperto sul margine destro del vico: appartiene al cornicione del tempio di Saturno, ed in buona condizione. È stata pure scoperta la cloaca del medesimo vico Jugario, con le sponde di mattoni triangolari ed il fondo di tegoloni.
Rodolfo Lanciani.
Nel terrapieno che ricopre il selciato del vico Iugario, fra la Basilica Giulia ed il tempio di Saturno nel Foro Romano, è stato ritrovato un pezzo di pluteo, con riquadri e rosoni, ove leggesi il frammento epigrafico. BVSV CESQOVI
Nel punto poi, dove gli scavi del vico Iugario si sono arrestati, cioè presso l'imbocco di via della Consolazione , scoprii io stesso il 5 febbraio un cippo di marmo, la cui iscrizione restava ancora coperta da un sottile strato di terra.
Il cippo o piedistallo, è alto met. 1,20, largo met. 0,70, grosso met. 0,70, ed è scorniciato alla maniera del secolo quarto. L'iscrizione, incisa come d'ordinario sulla scancellatura di un'altro titolo più antico, dice:
GABINIVS VETII VS PROBIANVS VC praefurB STATVAMQVAE BASILICAE IVLIAE a SE NOViter REPARATAE ornamento eSSET ADIECIT
Questo piedistallo non può certo confondersi con altri esemplari dello stesso monumento già noti agli epigrafisti, ma deve credersi scoperto ora per la prima volta.
Nemmeno può confondersi con l’esemplare 1658 d, perchè questo contiene soltanto porzione delle ultime tre linee dell’ epigrafe. Il sito preciso della scoperta del nuovo piedistallo cade, fra il 5° ed il 6° pilone del prospetto della basilica sul vico Iugario.
Lungo questa linea rimangono pregevoli avanzi dell'architettura dell'edificio. Nel restauro eseguito l’anno 1873, la mezza colonna dorica dell'ordine inferiore si è fatta sorgere dal suolo senza base. Questo errore può ora correggersi, in seguito della scoperta di una delle mezze colonne, nel suo proprio luogo.
Rodolfo Lanciani.
Demolendosi le costruzioni del secolo VIII, appoggiate alla fronte della Basilica Giulia sul vico Iugario, sono stati ritrovati i seguenti pezzi di iscrizione, abbastanza importanti: Scaglione di piedistallo marmoreo; Lastra marm. grossa 0,05, lett. sec. III; Frammento di lastrone: NORBAN.
Rodolfo Lanciani.
Per ordine di S. E. il Ministro della Istruzione sono incominciati i grandi lavori di sterro e di demolizione, destinati a congiungere gli scavi ed i monumenti del Palatino con gli scavi ed i monumenti del Foro.
Tutta la fronte dei giardini farnesiani è stata abbattuta, come pure alcune delle fabbriche costruite dai Farnesi sui ruderi del palazzo imperiale.
In questo primo periodo dei grandiosi lavori, sì ha in mira in mira la scoperta degli edificî posti fra la Sacra via e là via Nuova. Benchè spogliati d’ogni adornamento, i muri si mantengono in piedi fino a grande altezza, e presentano il tipo architettonico della seconda metà del secondo secolo.
Non v'ha dubbio che i lavori, condotti con somma alacrità e con grande forza di uomini e di carri, non abbiano a dar luogo a scoperte topografiche di primo ordine, ed alla risoluzione di problemi controversi da lungo tempo.
(Il portale viene smontato e portato in deposito per una possibile ricostruzione)
Rodolfo Lanciani.
Nella zona compresa fra la Sacra e la Nova via, sotto l’angolo del Palatino che guarda il Foro, è stato rimesso in luce l'edificio nobilissimo che fu la sede delle Vergini Vestali. Intorno alla quale scoperta, ch'è della più alta importanza per lo studio della topografia urbana e della storia, mi riserbo di presentare un particolareggiato rapporto, non appena sarà compiuto il disterro.
Rodolfo Lanciani.
L'Ufficio Tecnico per gli Scavi di Antichità di Roma diventa Ufficio Tecnico speciale per le Antichità e i Monumenti di Roma e Suburbio, articolato in tre sezioni: per i monumenti all’interno delle mura; per i monumenti del suburbio e le scoperte di antichità; per Foro Romano, Palatino e Tevere.
Negli scavi intrapresi dal Ministero, fra la estremità meridionale dell'atrio di Vesta e la somma Sacra Via, si è già ottenuto un risultamento notevole, quale è quello della scoperta di tutto il percorso della Nova Via, fino alla sua origine sulla somma Velia.
Salendo il pendio della strada, si hanno a sinistra costruzioni simili a quelle dell'Atrio delle Vestali, con grandi taberne, le cui pareti divisorie riposano in parte sopra macigni squadrati di travertino.
A destra continuano le fabbriche palatine dei tempi Severiani, ridotte in istato completo di rovina. Vi sono state ritrovate traccie di una scala, larga oltre ai 5 metri, la quale non può, in ogni caso, ritenersi come una delle scale nobili della residenza imperiale, perchè sbocca direttamente sull'angusta Nova Via, senza vestibolo, e perchè non conduce al palazzo propriamente detto, ma a quella appendice che si estende fra la Nova Via ed il clivo della Vittoria.
Nei due mesi decorsi dal principio dei lavori, nulla s'è ritrovato all'infuori dei più volgari bolli di mattone. Sul finire di maggio poi, sterrandosi una camera posta sull'angolo della Nova Via e la strada che conduce alla casa dei Flavii, sono stati ritrovati i seguenti oggetti:
Peso rettangolo di bronzo crocesegnato, del periodo bizantino; Scaglione di piedistallo scorniciato; Pezzo di lastrone, con le lettere di buona forma; Metà superiore di grande colonna marmorea scanalata; Orciuolo a vernice smaltata; Eipostigiio di pili centinaia di monetine del basso impero.
Rodolfo Lanciani.
Sistemandosi la scarpata dell'argine nel lato destro orientale del Foro Romano, e precisamente tra le chiese de' SS. Cosma e Damiano e S. Adriano, è stato ritrovato un frammento della famosa pianta marmorea capitolina. Il frammento, misura m. 0,40 di lunghezza e 0,29 di larghezza.
Disgraziatamente il frammento non si ricongiunge con alcuno dei pezzi, conosciuti e pubblicati per ultimo dal ch. Jordan. Vi si scorge il peristilio di un tempio con due ingressi, e parte del muro della cella.
Rodolfo Lanciani.
È incominciata la demolizione dei granai, che occupano l'area del vasto edilìzio dietro S. M. Liberatrice, fino a qui sconosciuto, e che ora si crede fosse stato il Templum divi Augusti.
Nel sistemare la scarpata del lato orientale del Foro, si è poi trovata una bella base attica di colonna, di m. 0,70 di diametro.
Luigi Borsari.
Proseguendosi la demolizione del granaio addossato alle antiche costruzioni , dietro s. Maria liberatrice nel Foro Komano, si è trovato un frammento di bassorilievo alto m. 0,17, largo m. 0,15, con traccia di figura femminile. Il mazzo di spighe, che la donna tiene nella mano destra, farebbe pensare alla dea Cerere.
Rodolfo Lanciani
Continuandosi la scoperta della strada, che congiungeva il Foro romano al Foro transitorio, e che divideva la Curia Senatoria dalla basilica Emilia, sono stati trovati questi due frammenti epigrafici: masso di marmo, lungo m. 1,20, alto 0,30, forse appartenente ad una gradinata ; porta scritto in sulla costa a lettere quasi palmari. La lacuna fra la R e la B deriva da qualche ostacolo che ha impedita l'incisione continua, quale potrebbe essere l'aggetto di un pilastrino: essendo evidente che si tratta di un praefeCTO VRBI VICe sacra iudicanti; masso quadrilatero di marmo assai corroso; porta nel mezzo una sola linea con lettere.
Rodolfo Lanciani
Facendosi un cavo nell'interno di quel grande edifizio addossato alla casa di Caligola, creduto tempio del divo Augusto, alle radici del Palatino dietro S. Maria Liberatrice, sono avvenute le seguenti importanti scoperte.
Alla profondità di m. 5,50 sotto l'odierno piano stradale, si è riconosciuto un passaggio tagliato nella parete meridionale dell'antica fabbrica, passaggio praticato nel VII od VIII secolo per congiungere quest'aula con l'antica chiesa di sancta Maria de inferno.
Tale varco, eguale per lunghezza allo spessore della parete, vale a dire m. 2,45, è ornato di affreschi posteriori all'ottavo secolo, che rappresentano santi monaci orientali ed occidentali. Le pitture sono in un discreto stato di conservazione, e tutte le figure portano il nome sopra il capo. Le iscrizioni sono assai deperite a cagione dell'umidità e dell'ingombro delle terre, tuttavia leggonsi i nomi dei santi Biasio, Basilio, Cristofaro e Benedetto.
Anche la parete antica nella quale è tagliato il passaggio, conserva traccia di affreschi. Pare che il luogo ove tali pitture sonosi rinvenute, sia stato come una sacristia o sala del monastero, immediatamente annessa alla chiesa sopra nominata, e che trovasi sotto l'attuale chiesa di S. Maria Liberatrice. Giova qui ricordare, che nel 1702 nell'orto attiguo a s. Maria Liberatrice si scopri un'abside con affreschi, tra i quali l'immagine di papa Paolo I (757-758).
Rodolfo Lanciani
Riordinandosi i marmi dell'Atrio di Vesta, nei magazzini locali sono stati ritrovati i seguenti brani di epigrafi:
Scaglione di piedistallo onorario di Vestale Massima: contiene la sola data della dedicazione
COL V ID
IVN DD NN IMP DECIO
AVG III ET DECIO
AVO COS
Plinto di statuina marmorea.
È stata poi ritrovata la testa della statua virile consolare del secolo IV, che supponevasi rappresentare Vezzio Agorio Pretestato.
Le fratture alla base del collo combaciano esattissimamente. Il volto è d'uomo d'età matura, con barba riportata e con la vitta che circonda la fronte. I capelli sono cortissimi.
Finalmente si è completato un busto di Vestale Massima, col ritrovamento della testa ad esso appartenente.
Rodolfo Lanciani
Eseguendosi due cavi di sottofondazione al muro clie regge la via Mauriua, sul lato sinistro settentrionale del tempio del Divo Pio, si è ritrovata la platea del sacro recinto, lastricata con tavoloni di marmo bianco, come nel lato opposto scoperto nell'anno 1880.
Sul pavimento marmoreo giaceva il torso di una statua colossale muliebre, di eccellente artificio, ma seriamente danneggiata prima dal fuoco e poi dall'umidità.
Rodolfo Lanciani
Primi scavi nella Regia al Foro romano, ad opera dell'archeologo e filologo tedesco Heinrich Jordan.
Sotto il portico degli Dei Consenti, furono raccolti i seguenti oggetti, probabilmente trafugati e quindi nascosti tra le rovine di quella parte del Foro: Lucernetta fittile a vernice nera lucida, con metà del corpo decorato a strie. Tra il piede ed il beccuccio è incavato il segno X; lo stesso segno è riprodotto sotto il beccuccio. Altra lucernetta fittile monolicne, semplice, frantumata. Frammento di lastrone marmoreo sul quale rimangono poche lettere.
Giuseppe Gatti e Luigi Borsari.
Per secondare i desiderî espressi dal ch. prof. O. Richter, il Ministero fece eseguire nel luogo indicato dal prof. predetto, e sotto la direzione di lui, alcuni scavi nel Foro Romano fra il tempio del Divo Cesare ed il tempio dei Castori, scavi che portarono a riconoscere in quel sito le fondamenta dell'Arco di Augusto (cfr. Notizie 1882, p. 225).
Si potè determinare che il detto arco aveva tre aperture, una maggiore nel centro, e due minori laterali, ed era posto sulla strada tra i due templi sopradetti.
Scavi al Foro di Nerva riportano alla luce il primo tratto della Cloca Massima.
Il giorno 16 marzo S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione, on. prof. Pasquale Villari, annunziò all’illimo sig. sindaco di Roma, aver dato ordine d'iniziare gli scavi nell'orto dell’ex-convento dei ss. Cosma e Damiano al Foro Romano, ove, secondo il parere di persone autorevoli, altri avanzi della celebre pianta marmorea di Roma si aveva speranza di recuperare. Preponeva ai lavori il prof. Gatti e l'ing. Marchetti, prescrivendo le norme per evitare i pericoli, che si erano incontrati nei precedenti tentativi di scavo in quell'area.
Dopo i lavori preliminari che occorsero per il trasporto dei numerosi massi marmorei, che ingombravano il terreno da esplorare, per la muratura delle porte che davano accesso alle cantine dall'esterno dell’edificio, e per la sistemazione delle condotture d'acqua , che traversavano l’area del giardino, fu incominciato lo sterro nel giorno 30 di marzo. L'escavazione fu da principio diretta a riconoscere lo stato di solidità della vetusta parete laterizia, per poterla mettere allo scoperto, senza pericolo veruno, fino al piano dell’antico foro della Pace.
Lo sterro fu intrapreso dall'angolo nord-est della parete ai piedi di essa, per uno spazio lungo m. 8,60 X 4,10 di larghezza. Alla profondità di m. 2,90 dal suolo s incontrò la risega del muro, sulla quale doveva poggiare, chiusa entro grandiosa cornice, la celebre pianta marmorea dalla città. L'aggetto della risega è di m. 0,37.
Approfondato lo scavo, il giorno 8 di aprile fu scoperto l'antico piano, alla profondità di m. 7,00 sotto il livello del giardino. Su di esso si rinvennero due grandi blocchi rettangolari di tufa, spettanti alla prima costruzione dell'angolo orientale dell’edificio; ed un masso di costruzione a mattoni, caduto dall'alto della prossima basilica di Costantino.
Lo sterro di questa prima zona fu compiuto il giorno 11; e si riconobbe che tutta la parte inferiore del muro laterizio è in buono stato di conservazione. Il muro sorge dal piano sopra uno zoccolo alto m. 0,75, sporgente m. 0,15 dalla risega; e mantiene ancora alcune parti dell'intonaco e piccoli brani del rivestimento marmoreo.
Fra le terre rimosse furono ricuperati i seguenti oggetti: Pezzo di lastrone marmoreo, con parte di figura graffita, servito per copertura di sepolcro su pavimento, del secolo XVI. Vasetto di vetro policromo, di forma svelta ed elegante, rotto poco sopra il collo e mancante delle anse e di parte del piede: è alto m. 0,12 col diametro massimo di m. 0,09. Frammento di grande lastra marmorea, con cornice, che serviva di soglia alla porta moderna della cantina: vi si legge: ...VS C F PAL | ...CVS | ...SIBI ET | ...PRIMO PAR | ...RTABVSQ | ...QVE EORV | ...GNATO MEO; Moneta di bronzo d'Alessandro Severo, Piccolo perno di bronzo, servito per fermare sul muro le lastre di rivestimento: alcuni altri ne rimangono tuttora al posto. Lucerna fittile comune, in parte rotta. Ago crinale d'osso. Piccolo balsamario e varî frammenti di vasetti di vetro.
Furono pure raccolti quattro pezzi di antichi mattoni, improntati coi seguent bolli di fabbrica: OPVS DOL EX FIGLIN DOMIT MAIOR FVLVIAE SVABILLAE (C.I.L. XV 167); OP DOL EX PR DO m. augg. nn. dOMIT LANI ortunati (C.I.L. XV 159); R S P OF DO S II (C.I.L. XV 1566b); OFF S R MARCI (C.I.L. XV 1615a).
Nel giorno 13 dello stesso mese di aprile fu proseguita l'escavazione lungo il muro laterizio fino alla sua estremità, cioè fino all'angolo nord-ovest dell'edificio. Quivi apparvero manifeste le tracce di recenti esplorazioni; ed a poca profondità furono raccolte varie monete papali: cioè una moneta d'argento da 20 baiocchi (papetto) di Benedetto XIV; un pezzo da due baiocchi, di Pio IX, dell'anno 1849; due monete d’argento da 20 baiocchi, dello stesso pontefice, dell'anno 1865; un mezzo-soldo, pure di Pio IX, dell'anno 1867; e due quattrini, l'uno di Pio VII, l'altro incerto.
Il giorno 25 fu compiuto lo sterro, anche in questa zona, fino al piano antico; e si trovò il termine della risega, che stabilisce la lunghezza totale del muro, ove era affissa la pianta marmorea, in m. 17,85, corrispondente a 60 piedi romani. Al di là del muro si videro i parallelepipedi di tufa, che costituiscono il lato occidentale dell'antico edificio, e che saranno esplorati a tempo opportuno. Fra le terre furono recuperati soltanto uno spillo d’osso ed un ardiglione di fibula in bronzo: sul piano antico si rinvennero tre piccoli frammenti della marmorea icnografia severiana.
La parete laterizia anche qui nella parte inferiore è ben conservata, con qualche residuo d’intonaco e delle lastre di marmo che la rivestivano.
Al di sopra però dell’accennata risega, e nello spazio compreso fra questa ed il piano del giardino, il muro si rinvenne assai manomesso per larghi tagli apertivi a fine di costruire le feritoie di ventilazione per le retroposte cantine. Si riconobbe quindi necessario di chiudere siffatte aperture, riempiendole di solida muratura, per ottenere quella consistenza della parete, che potesse permettere con ogni sicurezza il suo isolamento e lo sterro definitivo dell’area.
Questo sterro fu intrapreso il giorno 27 di aprile, a cielo aperto, dal lato che guarda la basilica costantiniana. A poca profondità si è incontrato un enorme masso, di circa 90 metri cubi, caduto dall'alto della basilica predetta, il quale nella parte finora scoperta conserva nove gradini di una scala rettilinea, costruita a mattoni ed intonacata, e nel lato opposto un avanzo di quella scala a chiocciola, ch'è tuttora visibile nell'alto del rudere della basilica. Togliendo la terra attorno a questo masso, che sembra poggiare sull'antico piano, e cadde forse per i violenti terremoti che fecero rovinare tante fabbriche in Roma dalla metà del secolo V ai primi anni del VI, il giorno 29 si rinvennero due altri piccoli frammenti della pianta marmorea di Roma; e nei giorni 1 e 2 maggio, altri otto, giorni 1 e 2 maggio, altri otto.
La grandezza media dei tredici pezzi fino ad ora recuperati, sui quali restano appena poche tracce delle linee icnografiche, è dai 5 ai 15 centimetri per lato. La grossezza delle pietre ed il taglio dell'incisione in questi frammenti è assai vario. La maggior parte delle lastre marmoree sono levigate nella superficie posteriore ; qualcuna è soltanto sbozzata e lasciata grezza.
Per riconoscere i dati di fatto e proporrre i modi che sembrassero più convenienti per l'andamento dell’escavazione, fu nominata il 15 di aprile da S. E. il Ministro una Commissione, la quale recatasi sul luogo dello scavo il giorno 17 del mese stesso, approvò il procedimento dei lavori iniziati, e fu unanime nel riconoscere la necessità di esplorare intieramente quell'area, per raccogliere tutto il frutto archeologico che da queste indagini si può sperare.
Giuseppe Gatti
Continuata l’escavazione nell'area adiacente all’ex-convento dei ss. Cosma e Damiano, di cui fu data una prima relazione nelle Notizie dello scorso mese (p. 124), fra le terre che circondavano il grande masso caduto dalla basilica di Costantino, ed a circa due metri al di sopra del piano antico, sono stati raccolti dal giorno 4 al 22 maggio, altri dodici piccoli frammenti della pianta marmorea di Roma, e parecchi pezzi di mattoni improntati coi sigilli seguenti: a) BRVTIA Na LVPi (C.I.L XV 29b); b) c. liciniMONTAni ex f. DOM (C.I.L XV 148); c) opuS DOL DE PRAED AVG Nex figl. | veT CAECILIA AMAnda (C.I.L XV 193); d) myr TILVS DOM LVCILL DE LICIN | PAETIN ET APRON | COS (C.I.L XV 270)
Si è pure rinvenuto un frammento di lastra marmorea, che servì per copertura di sepolero nel pavimento di una chiesa, e conserva: ...NO DNI MCCCC QUSAI I PACE
Nel rimuovere le terre a piedi dello sperone che sostiene l'angolo nord-ovest della basilica di Costantino, è stata osservata un'antica lesione in quel muro, che si è creduto opportuno di riparare prima di proseguire lo scavo. Questo perciò è stato temporaneamente sospeso; e sarà continuato appena compiuti i lavori di consolidamento del predetto muro.
Giuseppe Gatti
Lungo il lato occidentale dell'atrio delle Vestali, facendosi i lavori di nettezza, si rimise a luce un piedistallo marmoreo al proprio posto, e posato sopra uno zoccolo di travertino alto m. 0,20. Manca la metà superiore. N ello stato attuale è alto m. 0,70, largo m. 0,605, ed è spesso m. 0,67. Vi si legge:
...NTIS VITAE | PVDICITIAE CASTITATIS | IVXTA LEGEM | DIVINITVS DATAM | DECRETO PONTIFICVM
Felice Bernabei
Presso l'arco di Tito, eseguendosi alcuni lavori per incanalare le acque provenienti dalla vigna attigua, si è riconosciuta un'antica chiavica costruita in laterizio.
In uno dei tegoloni, ond' era coperta, si è letto il bollo C. I. Z. XV, 890. Fra le terre si è raccolto un frammento di lapide inscritta (m. 0,40X 0,30), le cuì lettere sono alte m. 0,10: PIO IN ...|... FRO...
Giuseppe Gatti.
Per ordine di S. E. il Ministro della pubblica Istruzione on. prof. Ferdinando Martini, sono stati ripresi i lavori, interrotti fin dal 1878, per liberare dalle terre l'area dello Stadio Palatino. Si è incominciato dal compiere lo sterro del porticato occidentale, lungo il muro di confine colla villa Mills. Sono stati scoperti vari avanzi dei pilastri isolati, che correvano lungo la fronte del portico, ed erano decorati di mezze colonne laterizie rivestite di marmi colorati. In una di queste colonne si è trovato ancora ben conservato il rivestimento marmoreo, formato di lastroni di porta-santa a scanalatura piena.
Due dei detti piedritti, spettanti all'ordine inferiore del portico, conservano dal lato interno lo zoccolo marmoreo modinato. Si è pure rinvenuto, in ottime condizioni, un tratto del pavimento lastricato a lastroni di marmo, che dal piano del portico scende con forte pendenza, e non mediante gradini, al canale marmoreo che raccoglieva lo stillicidio del portico. Anche di questo canale è stato quivi stesso scoperto un notevole tratto, nel piano dell'arena.
Il muro perimetrale dello Stadio apparisce aver avuto in origine varie aperture regolari, arcuate, di m. 3,00, che mettevano in comunicazione quell'edificio con la domus Augustana. Questi fornici furono chiusi per i nuovi lavori di Adriano e di di Settimio Severo.
Di uno però si è trovata in parte demolita tale chiusura; e si vede tutto il piedritto dell'antica porta. Il proseguimento degli scavi farà conoscere la relazione di siffatte aperture con quella parte delle fabbriche augustee, sulle quali si trova fondato il casino della villa Mills.
Molti frammenti di tegole e mattoni, improntati con sigillo di fabbrica, sono stati raccolti nello sterro. Rappresentano tutti bolli già noti, e possono essere cronologicamente classificati nel modo seguente:
a) dell'età dei Flavii, cioè degli ultimi decennî del secolo I: C.I.L. XV, 635a, 664a, 1096c (quattro esemplari e due frammenti), 1097d, 1312, 1449a (tre esemplari). b) dell'età di Adriano: C. /. LZ. XV, 50, 817, 319, 549, 562, 565a, 565n (due esemplari), 578a, 5832, 593b, 600d, 637, 647, 846, 1035, 1075, 1076, 1115a, 1347. c) della seconda metà del secolo II, e dell'età di Severo: C.I.L. XV, 134, 155, 202, 407, 725, 1368. d) posteriori a Diocleziano: C.I.L. XV, 1547.
Un piccolo frammento di lastrone marmoreo conserva, in belli caratteri: ...AVG | DIV...
Oltre copiosi frammenti di marmi trasmarini, sono stati recuperati nello sterro: rocchi di colonne in granito, in cipollino, ed in marmo bigio; una colonna quasi intiera, di cipollino ; pezzi di capitelli, di basi, di fregi, di cornici, di transenne; frammenti di pavimento battuto a grossi ed irregolari pezzi di marmo; un frammento di grande tazza di porfido ; varî avanzi di sculture, tra i quali alcuni spettano ad una statua, che era appoggiata ad un tronco d'albero ornato di grappoli e viticci. Sono stati egualmente raccolti: un bassorilievo che rappresenta un grifo alato, mancante della testa e dell’estremità delle ali; una mezza testa giovanile, in marmo bianco; un frammento di musaico a cubetti di smalto colorato ed in parte dorato; due lucerne fittili, communi; varî pezzi di piombo, i quali, fusi per incendio, colarono nelle baccellature delle colonne e ne portano l'impronta. Simili tracce di fuoco assai violento veggonsi pure in quasi tutti gli avanzi marmorei tornati all'aperto.
Giuseppe Gatti.
Lo sgombro dalle terre dello Stadio Palatino è stato continuato verso il lato settentrionale, per quivi scoprire tutto il porticato, di cui soltanto una piccola parte era stata precedentemente scoperta nei saggi di scavo che vi furono eseguiti sotto il bar. P. E. Visconti.
Nel mezzo dell’arena, a distanza di m. 12,90 dalle colonne del detto portico, è comparsa una fontana semicircolare, appartenente alle costruzioni di bassa età, la quale fa esatto riscontro all’altra scoperta presso il lato opposto, e presenta la medesima forma e costruzione.
Sì è ritrovata una colonna di granito, intiera, lunga m. 4,68, col diametro di m. 0,57, giacente a m. 1,40 sul piano dello Stadio. Al livello poi dell'arena si sono rinvenuti tre grandi frammenti di trabeazione in marmo, i quali hanno la particolarità di essere stati in parte impellicciati con lastrine di africano.
I mattoni con bollo di fabbrica raccolti tra le terre sono i seguenti: C.I.L. XV, 259 e 1094 e, della fine del primo secolo; 495, 550 a, 565 (tre esemplari), 593 (due esemplari) dell'età di Adriano; e quest'altro, che sembra dell'epoca di Domiziano: ...ASIRITOGEN...
Giuseppe Gatti.
Continuato lo sterro dello Stadio Palatino, e sgombrata tutta l'area lungo il lato occidentale ed il settentrionale, sono stati rimessi in luce i pilastri e e le colonne laterizie rivestite di portasanta, che ne decoravano il porticato.
Molti frammenti architettonici, capitelli, basi e trabeazioni, come pure molti avanzi di marmi scolpiti e di statue, sono stati ritrovati fra le terre. Fra questi sono i più notevoli: Una statua muliebre, seminuda, mancante della testa, dell'avambraccio destro e della mano sinistra: è alta m. 1,65 e la figura sta seduta su di una roccia. Metà inferiore di testa giovanile, scolpita con arte e finezza eccellente. Testa di fanciullo, alta m. 0,24 con capelli ricciuti, di buon lavoro e di assai gradevole espressione. Si è pure rinvenuto un piccolo toro in bronzo (alt. m. 0,10), di età arcaica, e forse decorazione di vaso.
Un frammento di lastrone marmoreo (m. 0,50, X 0,52) porta da un lato, in lettere alte m. 0,16, il seguente avanzo d'iscrizione, del principio del secolo III: ...TE PRAECI.. | ...CATIS FASTIGiis. Dal lato opposto, rimane parte di un'epigrafe imperiale del secolo IV, incisa con caratteri alti m. 0,19: cLEMENtissmo
Un altro frammento di lastra marmorea, di m. 0,24 X 0,07, conserva soltanto le lettere: ...VNAI... Nella parte grezza di un capitello spettante alle mezze colonne dell'ordine inferiore del portico, si legge l'iscrizione incisa come marca di cava; TERTVIIO SEVNDLV. L'iscrizione è intiera, e fu già inesattamente edita dal ch. Bruzza, (Marmi grezzi n.020).
I bolli di mattone, trovati nel vivo delle volte cadute del portico, riproducono quelli editi nel C.I.L. vol. XV n. 685a, 847, 928a, 1035, 1115a. Fra le terre poi ne sono stati raccolti 46, i quali possono essere così classificati: — Della fine del secolo I: C.I.L. XV n. 635b, 792, 1096 c, 1449 a (2 esempl.); della prima metà del secolo II: (did. n. 153, 277, 319, 327, 368, 550 b, 565 n (4 esempl.), 583 b (2 esempl.), 593 (4 esempl.), 596c (tre esempl.), 1029 c, 1035, 1065, 1073 (2 esempl.), 1075a (tre esempl.), 1076 (2 esempl.), 1097d, 1174a, ed il seguente inedito: ex F DOM LVC CN domini CARpi. Del principio del secolo III: ibid. n. 192, 220, 382, 767. Di età posteriore: ibid. n. 1547 (3 esempl.), 1569a (2 esempl.).
Giuseppe Gatti.
Nel rimuovere le terre, che ingombrano una parte dell'area della Casa d'Augusto, adiacente allo Stadio Palatino, oltre varî pezzi della decorazione architettonica dell’edificio e moltissimi frammenti di lastrine di marmi colorati che appartenevano a pavimenti ed al rivestimento delle pareti, sono stati recuperati i seguenti avanzi marmorei: Mano destra di statua, poco minore del vero, di eccellente lavoro; piccolo delfino spettante a gruppo o statuetta, lungo m. 0,16, mancante della coda e di parte della testa; frammento di tronco d'albero, sul quale posa una pelle leonina, alt. m. 0,48; frammento di fregio, o pluteo, con parte di candeliera e mostro alato; rocchio di colonna d'alabastro, lungo m. 0,36 col diametro di m. 0,21; frammento di lastrone marmoreo (m. 0,30 X 0,23) sul quale restano poche lettere di una iscrizione del secolo quarto, alte m. 0,10: NIO... IAV. Sono stati inoltre raccolti varî pezzi di tegole e mattoni, che portano impressi i bolli C.I.L. XV, n. 118a, 999g, 1096g, 1102a degli ultimi decennii del primo secolo, e i n. 474, 1346c, 13812 degli inizi del secolo secondo.
Giuseppe Gatti.
Nella parte occidentale del tempio di Venere e Roma, il Ministero della Pubblica Istruzione ha fatto rimuovere le terre, che formavano il giardino annesso alle moderne fabbriche dell'ex-convento di s. Francesca Romana. Alla profondità di m. 2,80 si è trovato il pavimento dell'antica cella, una parte del quale è ancora lastricata di porfido e di pavonazzetto.
Nello sterro si sono trovati molti frammenti di bellissime colonne di porfido, di diverso diametro. Alcuni di questi rocchi appartengono all'ordine inferiore della decorazione interna del tempio ; ed uno di essi misura m. 2,40 di lunghezza e m. 0,86 di diametro. Altri spettano all'ordine superiore, ed hanno il diametro di m. 0,36. I rocchi maggiori sono similissimi a quelli che furono posti, alcuni anni or sono, lungo il lato esterno della basilica di Costantino, ed evidentemente provengono dal dmao adrianeo dedicato a Venere e Roma.
Sono itati pure recuperati frammenti di capitelli marmorei, d'ordine corinzio; pezzi di cornici intagliate, e mattoni con bollo di fabbrica. Uno di questi è dell'anno 123 e delle figuline di Claudio Liviano (C.I.L. XV, 932); due portano il bollo, del secolo quarto (ib. 1620); ed altri tre sono improntati col noto sigillo delle officine Domiziane (ib. 1569 «), anch'esse del quarto secolo. Ciò indica che la prima costruzione di Adriano nei primordii del quarto secolo fu in gran parte risarcita e rinnovata.
Giuseppe Gatti.
Sono state continuate le escavazioni nella cella del tempio di Venere e Roma, delle quali fu data notizia nello scorso mese di febbraio. Fra le terre si sono trovati altri frammenti delle colonne di porfido che ornavano quel santuario; una base, parimente di porfido, del diametro di m. 1,03; e vari frammenti di fregi e di capitelli marmorei.
Giuseppe Gatti.
Restaurata l'antica scala, che dal portico orientale dello Stadio Palatino ascende al piano superiore ed a livello della grande loggia semicircolare severiana, si è trovata una grande condottura di piombo, grossa m. 0,03, che corre per tutta la lunghezza della scala ed è posta immediatamente sotto il ciglio dei gradini.
Ne sono stati scoperti per intiero quattro pezzi, della lunghezza di m. 1,76 ciascuno, cioè di sei piedi romani, saldati fortemente l'uno coll'altro, ed aventi il diametro maggiore esterno di m. 0,17, l' interno di m. 0,14.
In uno è impresso a rilievo un grande ramo di palma e il segno numerale V ; un altro porta due volte il sigillo: IMP DOMITIANI AVGGER SVB CVRA EPAGATH IAVG L PROC FEO MARTIALIS ET ALEXANDER SER
Sul terzo e sul quarto tubo è ripetuta la medesima leggenda ; ed inoltre in uno è aggiunto il numero V, nell'altro il numero ...III.
Questa condottura discendeva fino all'antico piano della scala e dello Stadio, che è stato riconosciuto essere circa mezzo metro sotto il piano attuale. È quindi manifesto che nelle grandi rinnovazioni fatte da Adriano e da Settimio Severo nello Stadio di Domiziano, ne fu notabilmente rialzato il livello.
Altre fistule acquarle col nome di Domiziano, il quale distribuì in questa parte del palazzo l'acqua Claudia derivante dall'acquedotto Celimontano, sono state quivi trovate in altri tempi. Portano però i nomi dei procuratori M. Arricinio Clemente e di Euticho; mentre quello di Epagato si legge soltanto sopra un tubo trovato presso piazza di Spagna.
Una sola iscrizione simile a quelle testé rinvenute, e portante gli stessi nomi del procuratore Epagato e dei plumbarii Marziale ed Alessandro, trovasi registrata nelle schede dell'Amati, senza veruna indicazione del luogo onde il tubo proveniva.
Spianandosi poi il terreno in prossimità dei ruderi del palazzo Severiano, sul lato volto ad oriente e dietro la grande essedra dello Stadio, sono stati scoperti avanzi di una casa privata del primo secolo, la quale sorgeva su quell'ultimo lembo del Palatino. Ne rimangono soltanto alcune parti delle mura laterizie, ed un frammento di pavimento a musaico finissimo, tutto bianco, con larga fascia nera. Il piano di queste stanze trovasi circa m. 12 sotto il piano del palazzo di Severo.
Fra le terre si sono racolti alcuni frammenti d'intonaco finissimo, di vivace colore rosso, ed altri piccoli pezzi di colore giallo con liste rosse.
Giuseppe Gatti.
Nello spurgare una stanza terrena delle fabbriche di Caligola, a livello del clivo della Vittoria sul Palatino, sono state raccolte fra la terra cinque piccole lucerne fìttili, di rozzo lavoro e di bassa età, ornate all'ingiro dei consueti globetti. Fu pure recuperato uu frammento di mano, spettante a statua marmorea; due pezzi di mattoni improntati coi noti sigilli delle figline Cepioniane di Curiatio Cosano (C.I.L. XV, 97 e) e di quelle di Oppio Prisco (ib. 1347); e due manichi di anfore coi bolli: CAC; EX PRO MAVRETAN CAES TVB. Di questo secondo sigillo, spettante ad una fabbrica che era nella colonia di Tubusuctu nell'Africa, si trovò un altro esemplare al Monte della Giustizia (cfr. Ann. d. Istit. 1878 p. 134).
Giuseppe Gatti.
Facendosi la nettezza al Foro romano, è stato trovato, presso il tempio di Romulo, un franmieuto di lastra marmorea, alto m. 0,24 X 0,14. È stato pure raccolto un pezzo di fregio in terracotta, nel quale riniane la parte superiore di una Vittoria alata, volta a sin., che col braccio destro levato in alto teneva forse una corona od altro simile emblema.
Giuseppe Gatti.
Fra le terre rimosse da una delle stanze terrene della domus Tiberiana al Palatino, sono stati raccolti parecchi pezzi di tegoloni improntati col bollo di fabbrica. Uno di questi bolli, spettante alle officine Brutiane, porta il nome di M. Rutilio Lupo ed i nomi dei consoli dell'anno 115 (C.I.L. XV, 22): un altro è delle officine Caniuiane di T. Greio lanuario (ib. 119 a); un terzo ricorda le officine Quinziane di Plotina Augusta (ib. 442). Sette altri bolli portano il solo nome di Gneo Domizio Amando (ib. 1097); un altro, quello di T. Flavio Ermete (ib. 1152); un altro, quello di L. Sestilio Rufo (ib. 1449 a). Nuovo è il bollo circolare. L MVNATI... STI CRESCENTI Leggasi: Munati (Fatus)ti, dol(iare) Crescenti(s)
Dallo stesso luogo provengono tre manichi di grosse anfore fittili, che recano i bolli rettangolari: a) DIATRICI b) T GERN... c) SAEMENES
Giuseppe Gatti.
Mentre il giovinetto sig. Stefano Bliss, unitamente al padre scendeva la scala che dagli avanzi delle fabbriche severiane mette nello Stadio Palatino, riconobbe un oggetto di oro in un angolo, dove era rimasto scoperto dopo le ultime piogge. Era una meravigliosa fibula della forma detta « cruciforme a cerniera », di tipo romano provinciale, che fu in uso dopo il IV secolo dell'impero. Misura mm. 77 in lunghezza, e pesa 32 grammi. Ha la staffa decorata con incisioni rappresentanti meandri ed uccelli, intramezzati da una croce come vedesi nella figura che qui se ne offre tratta da una fotografia. Deve riferirsi al periodo in cui il palazzo imperiale, e precisamente quella parte della casa severiana, fu abitata dal Duca bizantino, rappresentante l'imperatore di Oriente. ll giovinetto sig. Bliss consegnò questo raro oggetto; e S. E. il Ministro ordinò che fosse divulgato l'atto nobilissimo, e la fibula fosse subito esposta nel Museo Nazionale romano.
Giuseppe Gatti.
Facendosi alcuni risarcimenti al portico aggiunto alla fronte sud-
ovest della domus Tiberiana sul Palatino, sono stati riconosciuti nella costruzione originaria alcuni tegoloni bipedali, con bollo di fabbrica, tutti spettanti all' età dei Flavii.
Nove di essi hanno il bollo già noto di Rosciano, servo di Cn. Domizio Agatobulo (C.I.L. XV, 276); un altro reca il nome di Cn. Domizio Evaristo (ibid. 1097 f.); e due portano il bollo inedito; di forma circolare assai falcata:
L LVRIVS MYRINVS FEC IN FIG VIC IVI R.
Delle figline Tonneiane-Vicciane esercitate da L. Giulio Rufo nell' età di Vespasiano, erano già conosciuti altri bolli figulini (C. I. L. XV, 633, 663, 664); come pure il nome del figulo L. Lurio Mirino ricorre in altre tegole (ib. 1252; Notizie 1892, p. 313, 348). Ma nuova è l' indicazione data dal riferito bollo, che cioè Mirino lavorò in fig(linis) Vic(cianis) Juli Ru(fi).
Giuseppe Gatti.
Nel sistemare alcuni cumuli di pietre, i quali in altri tempi erano stati addossati al lato meridionale della casa di Domiziano, sul Palatino, si è rinvenuto fra essi un frammento di plinto marmoreo, alto m. 0,07, lungo m. 0,23, che conserva una parte dell' iscrizione votiva, che vi era incisa: M I ET ATTIS ET AELIA D
La congiunzione et avanti al nome Aelia.... rende manifesto, che un'altra persona doveva essere nominata prima di quella, e che entrambe unitamente offrirono il donario posto su questa base. Laonde la frase precedente, che presenta non un nome proprio, ma quelli di divinità, si avrà da intendere per un ufficio o sacerdozio che
esercitava il donante; e l'epigrafe potrà restituirsi: .... sacerdos, o archigallus, od altro ministerio [M(atris) D(eum)] M(agnae) I(dacae) et Attis. Per il genetivo Attis, in luogo di Atidis, cfr. il titolo C. I. ZL. VI, 2188; de-Vit, Onomast. s. v. Atys Sd.
Giuseppe Gatti.
Secondando le premure fatte dal ch. prof. Richter, il quale desiderava studiare gli avanzi, tuttora interrati, della fronte del tempio dei Castori al Foro romano, specialmente per riconoscere se oltre le scale laterali, potesse realmente ammettersi l'esistenza di una scala centrale, il Ministero della pubblica Istruzione ha fatto eseguire gli sterri opportuni.
I lavori hanno pienamente risoluto la questione; poichè tolta la terra e la muratura, che copriva il basamento del tempio, questo basamento si è ritrovato continuo su tutta la linea frontale, e costruito in blocchi squadrati di tufa, senza alcuna traccia di scala. All'incontro le rampe laterali non solo sono state rimesse allo scoperto, ma di quella rivolta ad oriente sono stati anche ritrovati alcuni gradini marmorei, i quali vennero ricollocati al proprio luogo.
Giuseppe Gatti.
Nella sommità del Palatino, sistemandosi l'area ove sorgono gli avanzi delle antichissime costruzioni in blocchi di tufa, fra il tempio della Magna Mater e la casa detta di Livia, è stato scoperto un pozzo circolare, o conserva d'acqua, spettante alle opere primitive degli abitatori della Roma quadrata.
Il pozzo è costruito in piccoli massi rettangolari di tufo, ed in origine fu circondato all'esterno da un grosso strato di creta rossastra; più tardi fu intonacato all'interno. Esso fu tagliato a mezzo verticalmente ed in parte demolito quando si ricostruì in maggiori proporzioni un muraglione di grandi parallelepipedi di tufi, che faceva parte della sostruzione di un vetustissimo edificio. In questo edificio, che trovavasi posto nel supercilium scalarum Caci ed apparisce essere stato religiosamente conservato anche nell'età imperiale, con somma probabilità deve riconoscersi l'aedes Romuli contenente la tradizionale capanna.
Fra la terra rimossa per spianare il terreno adiacente all'edificio testè ricordato, sono stati recuperati varî frammenti di terrecotte ornamentali, d'arte antichissima, alcuni dei quali conservano figure in rilievo e disegni geometrici colorati. Sono stati pure raccolti numerosi frammenti di vasi fittili d'età remota, e parecchi pezzi di stoviglie aretine, con rilievi e bolli di fabbrica.
Di tali scoperte si darà piena relazione tosto che i lavori di sterro saranno compiuti.
Giuseppe Gatti.
Facendosi alcuni lavori di sistemazione in quella parte del Palatino, che dallo Stadio si estende fino alla via di s. Gregorio e che costituiva l'antica vigna Cavalieri, si è trovato un pezzo di basamento marmoreo, alto m. 0,55 X 0,30 X 0,25, che conserva questo avanzo d' iscrizione posta ad onore di Caracalla: imp. caes. m. antoninO AVGPlOFELICI trib. potest imp. caes. l. s EPTIMI SEVERi pii pertNACIS AVG. La quinta potestà tribunicia ed il primo consolato di Caracalla fissano la data della dedicazione all' anno 202.
Si è pure ritrovata per i lavori medesimi una lastra di marmo, di m. 0,53 X 0,15, sulla quale è incisa a caratteri rubricati l'iscrizione: C CLODIO C VALENTI VICANI GREBIAE
La forma dei caratteri, la omissione della lettera F in fine del primo verso, ed i punti segnati in basso, secondo 1' uso moderno, fanno subito riconoscere che la iscrizione è opera di un falsario. Di fatti il titolo originale, che fu malamente ripetuto su questo marmo, appartiene a Cividale in Val Camonica, e trovasi pubblicato nel C.I.L. V, n. 4962.
Giuseppe Gatti.
Per i lavori di manutenzione e di nettezza al Palatino, sono stati recuperati due frammenti di antiche lapidi inscritte. Il primo sembra un pezzo di epistilio, lungo ra. 0,27 X 0,12 X 0,12, e si è rinvenuto nel giardino che sorge sui ruderi della casa liberiana. Vi si legge: pro salute iMP CAESTAeli Hadriani Antonini aug. Pii.... MQVUE EIVS VOTO Suspepto...
L' altro è un frammento d'iscrizione sepolcrale, alto m. 0,18 X 0,11, che conserva: ...LIBE... RISQVE ... MINE EXI ... IAE COIV ...VLA DVO DEX ...QVE... Vi si riconosce la formola consueta : feeU . . . et suis liberlis libertabusque posterisque eorum... ne de nomine exiat.
Giuseppe Gatti.
L'Arco di Settimio Severo viene completamente liberato dai sedimenti.
Scavi al Foro romano: liberazione della facciata del Tempio del Divo Giulio; conclusione degli scavi nella Regia; restauro dell'edicola della Casa delle Vestali.
Il ministro Guido Baccelli, affida all'archeologo Giacomo Boni, la direzione degli scavi nel Foro Romano.
Per ordine di S. E. il Ministero della pubblica Istruzione sono stati intrapresi nel Foro romano i lavori necessari per la conservazione ed il ristauro dei grandiosi resti monumentali e pel riordinamento dei materiali decorativi, che in tutta l'area del Foro si trovano da lungo tempo accumulati. Si è ricostruita l'edicola di Vesta coi frammenti architettonici, che furono scoperti nel 1882; e sono stati ricollocati sul proprio basamento i pezzi di una delle colonne onorarie, erette nel secolo quarto presso la Sacra via, di fronte alla basilica Giulia.
Si è pure posto mano a raccogliere insieme i marmi, che appartengono al celeberrimo tempio rotondo, ove ardeva il fuoco sacro, per studiarne la ricomposizione nel miglior modo possibile. Ed a tale scopo, essendo stato liberato dalla terra il basamento del tempio, che si era creduto intieramente fabbricato di solida costruzione, è stata scoperta sotto il piano della cella una piccola camera quadrilatera, di buon laterizio, che si potrebbe supporre quel locus intimus in aede Vestae, ove sì custodivano il Palladio e le reliquie più sacre dell'impero, alle quali si dicevano legati i fatali destini di Roma.
Un'altra importante scoperta è stata fatta dinanzi al tempio del divo Giulio, edificato nel luogo stesso ove fu bruciato il cadavere dell'ucciso dittatore. Rimossa la terra che era addossata all'emiciclo, di cui appariva soltanto la parte superiore nel basamento della fronte del tempio, si è riconosciuto che nella prima costruzione dell'edificio quella forma semicircolare era stata imposta dal rispetto che si volle avere ad una specie di base rotonda, la quale era stata costruita sulle lastre di travertino, che formano l'antico pavimento del Foro.
Di questo basamento, che in origine fu rivestito di lastre marmoree, è stato scoperto il nucleo costruito in massiccio: e con tutta probabilità deve in esso riconoscersi l'ara che eretta dalla plebe nel sito ove arse il rogo di Cesare, e poco dopo distrutta da Dolahella, dovette poi essere riedificata e religiosamente mantenuta al proprio luogo, quando Augusto innalzò il tempio sacro al culto del suo padre adottivo.
In seguito poi agli sterri praticati nell'area a nord dei Rostri, si è riconosciuto che questo insigne monumento fu da quel lato ingrandito con una costruzione laterizia certamente non anteriore al secolo quinto, nella quale furono infissi muovi rostri a somiglianza di quelli che ornavano la più antica tribuna ivi trasportata da Giulio Cesare. E poichè a questo prolungamento dei vecchi Rostri assai bene si adatta, come ha già dimostrato il ch. prof. Hilsen (Bull. d. Istit. 1895, p. 62), l'epistilio marmoreo che porta scritto il nome di Ulpio Giunio Valentino prefetto della città nell'anno 472, così se ne deduce, che tale memoria deve mettersi in relazione con le barbariche incursioni dei Vandali, e che perciò ì rostri aggiunti a quelli delle navi Anziati ci rappresentano una vittoria navale ottenuta dai Romani sulle orde Vandaliche, le quali infestavano audacemente tutte le coste del Mediterraneo.
Finalmente togliendo la terra, che copriva ancora un tratto del lastricato del Foro dinanzi all'arco di Settimio Severo, si è ritrovato in gran parte l'antico pavimento in lastroni di travertino.
In un sito però più prossimo al Comizio il lastricato è di marmo nero; e l'area coperta da queste pietre nere, la quale misura dodici piedi romani di lato si vede essere stata in origine recinta con lastre marmoree, le quali furono anche rinnovate in tarda età.
Era questo dunque un locus religiosus, che doveva essere lasciato scoperto, e dove non doveva camminarsi nè costruirsi alcun edificio, siccome erano quelli che erano stati toccati dal fulmine. Taluni però opinano che vi sì possa riconoscere il niger lapis, che era nel Comizio, e di cui Festo ricorda la leggendaria tradizione che fosse stato destinato per la sepoltura di Romolo.
Giuseppe Gatti.
Continuandosi i lavori per la sistemazione del Foro Romano, è stata liberata dalla terra una parte dell'area del Comizio, presso l'arco di Severo. È tornato in luce un tratto dell'antico pavimento lastricato in travertino; e fra la terra si sono trovati varî pezzi di grosse lastre, parimenti in travertino, con le quali quel pavimento era stato posteriormente ristaurato.
Alcuni di tali pezzi, che si ricongiungono nel modo qui appresso indicato, conservano parte di una lunga iscrizione, la quale doveva essere incisa su parecchie tavole, ed è da riferirsi alla metà in circa del secolo settimo di Roma.
L'iscrizione conteneva un capitolato per l'appalto di lavori da farsi lungo varie strade nell'interno della città; e ciascun tratto di questi lavori era designato con l'indicazione precisa dei luoghi e degli edifici, fra i quali esso era compreso. Non è improbabile che nel seguito degli sterri sia recuperato qualche altro pezzo di così importante documento per la topografia della città; ed allora potrà esserne studiato e supplito il testo con miglior fondamento.
Frattanto si può accennare una sagace osservazione fatta dal ch. cav. Borsari; che cioè trattandosi di opera locata per determinate lunghezze di strade, e ad un prezzo abbastanza elevato per ogni piede di lavoro, l'iscrizione non può riferirsi a selciatura, per la quale sarebbe stato necessario indicare la superficie e non la sola lunghezza, ma pare doversi certamente riferire a costruzione di cloache.
Ed infatti lo stesso cav. Borsari ha notato, che per testimonianza di Livio (XXXIX, 44) L. Valerio Flacco e M. Porcio Catone, censori nell'anno 570 di R., dopo avere compiuto nella città altri lavori edilizi, « opera facienda ea pecunia in cam rem decreta, lacus sternendos lapide, detergendasque qua opus esset cloacas; în Aventino, et în aliis partibus, qua nondum erant, faciendas locaverunt ». La menzione certa, che si legge nei frammenti ora recuperati, dell'Aventino e di altre parti della città, ove furono dati in appalto i lavori, ha un riscontro certamente non fortuito con la notizia registrata da Livio; e assai probabilmente si riferisce ad opere compiute in ampliamento di quelle ch'erano state eseguite nel secolo precedente.
A piccola distanza poi dal lastricato in pietra nera, di cui fu detto nel mese decorso, tagliando il massiccio che sosteneva il piano di travertini del Comizio, è stato scoperto un pozzo circolare, scavato nel medio evo. Esso è profondo circa metri 5, ed internamente è rivestito di rottami di marmi diversi, alcuni dei quali conservano resti di decorazioni dell'età imperiale, altri sono rottami di transenne marmoree del secolo IX.
In fondo al pozzo sono stati raccolti nove vasi fittili, in forma di boccale, riferibili in circa al secolo XI o XII, verniciati e decorati con file verticali di piccoli bottoni in terracotta.
Giuseppe Gatti.
L'archeologo Giacomo Boni, durante una campagna di scavi presso la zona del comizio al Foro Romano, scopre i resti del Lapis niger. "Il 10 gennajo corrente (gli archeologi ne hanno notata la data come memoranda) si è scoperta sulla Via Sacra un’arca di pochi metri-quadrati, lastricata di massi di pietra nera ben diversa dalle selci, provenendo essa dal capo Tanaro (ora Matapan) nella Grecia. Secondo Varrone, il luogo dove fu sepolto Romolo era lastricato di pietra nera; e bastò questa scoperta di pietre nere perchè i cronisti telegrafassero ai quattro venti che era stata trovata la tomba di Romolo!"
Dinanzi la fronte del tempio di Saturno sono stati liberati dalla terra i resti dell'antica costruzione, che sosteneva la gradinata esterna dell'edificio. Raggiunto l'antico piano, che era lastricato in travertino, si è incontrata sotto di esso una cloaca di età remotissima, costruita a piccoli blocchi squadrati di tufa cinereo, con volta arcuata e composta del medesimo materiale. La parete su cui poggia la volticella dal lato nord, e che sporge notabilmente nell’ interno della cloaca, apparisce di costruzione più antica; e dall'onorevole architetto conte Sacconi è stata riconosciuta per un avanzo del basamento di un'ara o di altro simile monumento sacro, costruito sul declivio del colle capitolino nei tempi primitivi della città. Il materiale, di cui era composto questo monumento, fu poi adoperato nel costruire la cloaca, ad eccezione di quella parte del basamento, la quale fu utilizzata nella nuova costruzione senza alterarne la forma.
Fra l'area ove sorgeva la Regia e l'atrio delle Vestali, sono stati scoperti gli avanzi di una casa privata, che può riferirsi agli ultimi tempi dell'impero. Ne è sufficientemente conservata la parte che contiene l'apparecchio di riscaldamento, cioè la fornace ed i tubi tittili, per i quali si diffondeva il calore.
A ridosso poi del tempio di Vesta si è incontrata, alla profondità di circa un metro; una chiavica antica parte costruita in opera reticolata di tufo, e parte in laterizio, la quale accenna ad inoltrarsi sotto l'atrio della casa delle Vestali. Il pavimento di questa chiavica è formato da tegoloni bipedali, che portano impresso il bollo rettangolare: M FVLVIVS SOSIMVS F
Questo bollo è inedito, ed appartiene al primo secolo dell'impero. Coi nomi di altri M. Fulvii, e di loro servi, sono improntate opere fittili trovate in Roma (C.I.L. XV, 1161, 1164, 1358, 2448, Notizie 1891, p. 317) ed in Pompei (C.I.L. X, 8047, 15).
Giuseppe Gatti.
Di fronte al tempio di Faustina e Antonino, scavato il terreno fino all'antico livello della Sacra via, sono stati rimessi allo scoperto tre gradini del tempio medesimo, costruiti a cortina laterizia; e dal lato opposto della via sono stati pure scoperti tre gradini della Regia, formati da lastroni di travertino.
Proseguito lo scavo in direzione del clivo, si sono trovati, insieme a gran numero di selci nella terra di riempimento, frammenti marmorei scolpiti ed epigrafici dell'età imperiale ed anche del secolo nono. Tra i frammenti scritti è notevole un pezzo di basamento onorario, dedicato all’ imperatore Adriano: imp. CAESARI divi traiani | paRTHICI FILIO divi nervae | nEPOTI Tratano | hADRAIANO aug pontifici | mAXIMO bunic potest... | cOS III MAXIMO... |sa NCTISSIMO PO...
Sotto la Sacra via si è riconosciuta un'ampia cloaca, che ha le pareti costruite in opera reticolata di tufo.
Presso l'arco di Settimio Severo è stato vuotato il pozzo medioevale, di cui fu riferito nelle Notizie del corr. anno 1899, p. 11, ed è stata fatta la terebrazione del terreno fino a m. 23 di profondità dal piano del Comizio, attraverso a marne sabbiose. Fra la terra rimossa accanto al suddetto pozzo, ed a m. 1,76 di profondità, si è rinvenuta una figurina arcaica in bronzo, ben conservata, alta mm. 76, del peso di 105 grammi. Rappresenta un uomo nudo, che con le mani supine tiene un bastone ricurvo, ed è in atteggiamento di guardare in alto. Le braccia della figura sono staccate dal corpo, mentre le gambe stanno riunite fra loro.
Giuseppe Gatti.
Procedendo i lavori di esplorazione nel Foro Romano, è ritornato all'aperto il muro sud della Regia, costruito a massi squadrati di tufo e scavato due volte nell'ultimo ventennio. Alla distanza media di m. 4 dal detto muro è stata scoperta la recinzione del locus Vestae, a tre corsi di tufo, perfettamente squadrati, alti m. 0,55, grossi m. 0,51, e lunghi da m. 1,06 a m. 1,57. Ivi presso restano gli avanzi di un muricciolo formato da piccoli blocchi di tufo, che serviva probabilmente di sponda ad un canale di scolo per le acque.
Fra il muro della Regia e quello del sacrato di Vesta è stato rimesso in luce un antichissimo pozzo, del diametro interno di m. 0,71. È rivestito di anelli di tufo a cinque segmenti, alti m. 0,72, le cui commettiture verticali stanno in prolungamento l'una sull'altra; vi sono incavate, in due lati, quattordici pedarole per la discesa. Il rivestimento di tufo finisce a m. 4,65 di profondità, ove sì trova un grosso strato di ghiaia, dalla quale scaturisce una copiosa sorgente.
Il pozzo era ripieno di terriccio mescolato a carbone; e, vuotato intieramente, vi si trovarono molti frammenti fittili, ossa-bovine, ovine e suine, e scheletri di mustela. Nello spazio compreso fra la prima e la quinta pedarola, oltre a frammenti di vasi di tecnica diversa, si rinvennero alcuni pesi di terracotta, a forma tronca leggermente piramidata, ed una sottilissima patera verniciata nera.
Fra la quinta e la settima pedarola si trovarono alcune lucerne fittili d'età repubblicana: ed alla ottava pedarola, un'arula di rozza argilla raffigurante Tetide seduta su di un delfino; una piccola spatola di bronzo; qualche pezzo di stilo in osso; una testina in terracotta e tre monete di bronzo repubblicane.
Fra la nona e la decima pedarola fu raccolto un pezzo di antefissa con la figura di una Venere nuda, egregiamente modellata in altorilievo, e con panneggio colorito di rosso. Ivi pure si trovarono frammenti architettonici fittili, policromati, ed un pezzo del margine del puteale e rottami di tufo.
Fra la decima e la duodecima pedarola si rinvennero due tazze etrusco-campane; e più in fondo, un vaso ansato coperto di vernice nera, con palmette dipinte in bianco, e qualche frammento di bucchero. Misti al terriccio si trovarono anche frammenti di grandi vasi grezzi in terracotta, di dolî o di anfore vinarie, di tegole, e di intonachi dipinti; piccoli boli di color celeste e rossi; astragali, e qualche osso segato di traverso e cominciato a tornire.
Addossato al lato ovest della Regia si è riconosciuto un vano, di forma trapezoidale, formato dal prolungamento del lato sud e dall'avanzo di un muro in opera reticolata di tufo. Vi rimangono tracce del pavimento in musaico bianco: e quando il luogo fu trasformato e destinato ad altro uso nel medio evo, vi fu murato un pezzo di architrave marmoreo con cornice, nel quale è incisa l'iscrizione: kalatORES PONTIFICVM ET FLAMINVM
Un cippo marmoreo fu trovato in questo medesimo luogo nell'anno 1788, su due lati del quale sono scritti i nomi dei Lalatores pontificum et flaminum, che pare avessero in tal luogo la loro residenza (cfr. C.I.L. VI, 2184).
Giuseppe Gatti.
Continuandosi gli sterri fra il tempio di Faustina ed Antonino e quello di Romolo, per scoprire l'antico livello della via Sacra, si è rinvenuto un pezzo di piedistallo marmoreo, che ho riconosciuto ricongiungersi esattamente con un altro, trovato circa il medesimo luogo negli scavi del 1882 e pubblicato al n. 3748 del C. I. L. vol. VI. I due frammenti riuniti danno il seguente titolo onorario di Gaio Cesare, figlio adottivo di Augusto:
c. CAESARI AV gusti f. divi n. | PRINCIPI Iuventutis | PONTIFIC i. cos. des. | sen ATVS ET POPV lus romanus | hiC PRIMVS OMnium annos | natus XIIII Cos. creatus est
Di un simile titolo dedicato all'altro figliuolo di Augusto, Lucio Cesare, è stato recuperato nello stesso luogo un piccolo pezzo; ed un altro, tuttora inedito, giaceva da alcuni anni tra i varî marmi accumulati nel Foro. A questi due frammenti aggiun- gendone un terzo, d' ignota provenienza edito nel C.I.L. VI, n. 901, si ricompone una buona parte dell'iscrizione nel modo che segue:
L CAESARI AVGVSTi f. divi n. | prinCIPIIVVENTVTIS | cos. des. au GVRI | senatus et populus romanus etc.
Giuseppe Gatti.
Intrapreso lo sterro del terrapieno, ove debbono trovarsi sepolti gli avanzi della basilica Emilia, si sono rinvenuti altri frammenti architettonici spettanti al tempio di Giulio Cesare.
Inoltre è stato recuperato un piedistallo marmoreo, alto m. 1.45 X 0,67 X 0,56, ornato di cornice e zoccolo rozzamente intagliati Sulla fronte vi è incisa l'epigrafe: FABIVS TITIANVS VC CONSVL PRAEF VRBI CVRAVIT
Sul lato destro del cippo si veggono alcune leggiere concavità, rotonde e qua- drate, le quali servirono per qualche giuoco, quando la pietra era già caduta a terra e quel lafo si trovava in piano orizzontale. Nel mezzo poi vi è graffita a grandi lettere la parola: BONO cui forse doveva seguire l'altra: ROMAE.
Sono già conosciuti altri quattro simili piedistalli, trovati circa il medesimo luogo, cioè lungo la via Sacra e presso il tempio di Faustina ed Antonino, sui quali Fabio Tiziano, prefetto di Roma per la prima volta negli anni 339-341, eresse statue a pub- blico ornamento del Foro (cfr. C.I.L. VI, 1653; Notizie 1878 p. 343, 1882 p. 221).
Giuseppe Gatti.
Prime ascensioni e riprese realizzate su un pallone frenato della Brigata Specialisti ad altezze variabili fra 300 e 500 metri, sulla cui navicella di vimini, l'archeologo Giacomo Boni (direttore degli scavi) era accompagnato da due uffi ciali del Genio. Le attività erano finalizzate a documentare la situazione degli scavi in corso nell'area centrale della città, in particolar modo nella zona del Comizio. In una lettera indirizzata al suo amico St. Clair Baddeley, il Boni scriveva: «Ho fatto tre ascensioni nel pallone del genio militare a 400 metri sopra il Palatino e il Foro Romano, e ho preso qualche dozzina di fotografi e delle piante dei monumenti e delle vedute panoramiche".
Relazione di Giacomo Boni sull'Esplorazioni compiute nell'area della Regia, fra la casa delle Vestali ed il tempio di Antonino e Faustina:
La pianta della Regia è un trapezoide, il cui lato minore, vôlto a oriente, conserva i ruderi della scalea d'accesso; il lato meridionale, a tre corsi regolari di tufo con sovrapposta massicciata in pozzolana, guarda il réuevos di Vesta. Il lato occidentale svolta con muro a massi squadrati di travertino, che sale dall'area più bassa, pur trapezoidale, dell'attiguo ufficio dei Kalatores pontificum et flaminum, a fine mosaico bianco listato di nero.
Quest'ambiente finisce contro un muro d'opus reticulatum, avente in origine una porta d'ingresso, oltrepassato il quale, il muro di perimetro è costruito di massi squadrati di tufo, come quelli etruschi del temenos. Due metri distante da questo lato della Regia tornò in luce il fondamento postico dell'Heroon di Giulio Cesare, la cui cella aveva proporzioni più normali di quelle finora attribuitele.
Il lato settentrionale della Regia, prospicente la Sacra Via, fu riconosciuto abbassando quest'ultima al suo livello imperiale, scoprendo i gradini infimi della scalea del tempio di Antonino e Faustina (che venne a riacquistare la maestà sua primitiva), e i gradini della Regia, formanti crepidine sulla via Sacra, pei quali si saliva a un portico a colonne di cipollino, con basi di granito rosso di bassa età.
I travertini di fondazione della facciata settentrionale furono rinvenuti a m. 1,30 di profondità dietro ai gradini; alla distanza media di m. 1 dai medesimi rimane sotterra il muro di tufo e nello spazio interposto, vicino all'angolo nord-ovest fu riconosciuto ed espurgato un pozzo repubblicano, del diametro di m. 0,69, foderato ad anelli di lastre di tufo in cinque segmenti, alti in media m. 0,66, con 35 pedarole in due ordini alternati, che scendono alla profondità di m. 14,13 dal lastricato marmoreo.
Il pozzo, ricoperto alla meglio con rottami di tufo, e con un tegolone che porta tracce di una greca dipinta a rilievo, con colori azzurro, giallo, verde, grigio, rosso e nero, con filettature bianche, era vuoto per qualche metro, colle pareti annerite dal fuoco, e conteneva pezzi di tufo portanti tracce d'incendio, poi terre di scarico, in basso alcuni avanzi di un coperchio di legno circolare, fatto a più pezzi commessi tra loro, ridotti quasi a poltiglia nera. In fondo del pozzo giacevano sei pesi di terracotta e frammenti di ciotole e vasi etrusco-campani a vernice nera, con bolli a rosette. Il rivestimento del pozzo posa sull'argilla, sopra la quale fu steso uno strato di ghiaia, alto m. 0,30.
La esplorazione entro il perimetro della Regia, già avanzata ma non compiuta, presenta difficoltà eccezionali e richiede attenzione grandissima, trattandosi di un monumento che va considerato come un palinsesto architettonico a quindici secoli di stratificazione, un monumento che servì a notare e tramandare ai posteri il ricordo dei fatti più salienti di Roma regale, repubblicana e imperiale. In un solo pozzo non antico, del quale fu approfondito lo scavo per giungere alla statificazione geologica si attraversarono m. 2,78 di sopraelevazioni imperiali e di murature repubblicane di tufo, e m. 8,35 di terreno di scarico prima di trovare sedimenti alluvionali.
La Regia era rivolta a oriente, e della porta d'ingresso rimanevano vestigia nella troncatura degli stipiti a livello col lastricato marmoreo, a m. 4 di distanza dal lato orientale. Qui doveva sorgere il vestibolo della Regia, fiancheggiato dal prolungamento delle pareti a bugnato di marmo.
Togliendo le terre di scarico furono rimessi in luce due gradini marmorei scendenti dall'ingresso, e logorati allo spigolo dall'attrito di piedi, nonchè una parte del lastricato del vestibolo che posa su una platea di tufo del suo livello più antico. Dalla porta si entrava in un ambiente, e da questo in un'altro confinante col muro occidentale di perimetro, addossato all'ufficio dei Xalatores. A destra di questi ambienti ne sorgevano altri, limitati da un muro alquanto in recesso da quello che porta la gradinata, di tarda epoca, che scendeva alla Via sacra.
I muri perimetrali e divisorii di questi ambienti sono d'opera quadrata di tufo, simile a quella del lato prospiciente il femeros di Vesta; sembrano d'età repubblicana e presentano una sopraelevazione sporgente a massicciata di pozzolana rossa, che segna probabilmente il livello da cui è cominciata, vivente Cesare, la ricostruzione di Domizio Calvino.
Nel secondo ambiente, di fronte alla porta d'ingresso, fu messa in luce una spianata a lastroni di tufo giallo, grossi m. 0,20, che vanno a stringersi contro la troncatura d'un manufatto rotondo, a massi di tufo bigio, leggermente conica e del diametro di m. 2,53. I lastroni della spianata sono logori dall'attrito, tutto in giro alla struttura rotonda, i segmenti della quale, appena oltrepassato lo spessore dei lastroni, posano su terreno misto a rottami di tufo e a frammenti fittili assai rozzi, insieme ai quali furono rinvenute una fuseruola, una ciotoletta di terracotta, e una moneta (as) repubblicana, di bronzo, col Giano bifronte.
Nell'ambiente laterale fu rinvenuto un pozzo repubblicano, del diametro di m. 0,60, rivestito a lastre di tufo, con pedarole alternate, già manomesso. Addossato al muro occidentale della Regia fu riconosciuta una piccola costruzione quadrata, a blocchi di tufo, che portano inciso superiormente un risalto circolare del diametro di m. 0,89; ivi presso fu rinvenuto un frammento di peperino lavorato a superficie cilindrica, corrispondente al risalto circolare, con incise le seguenti lettere rubricate: A COVRI
Si rinvennero anche gli avanzi dei massi di tufo che formavano il lastricato di questi ambienti e di canaletti di scolo, essi pure di tufo. Ma la scoperta più importante fu quella d'una conserva in forma di tholos, della profondità di m. 4,36 e del diametro massimo interno di m. 3,02, cilindrica per l'altezza di m. 2,25, conica nella parte troncata sovrastante del diametro di m. 1,20, portante la imboccatura d'un canaletto a gronda, di tufo, a incassatura rettangolare larga m. 0,13, profonda m. 0,08.
Ha parete di tufo bigio, grossa m. 0,23, in corsi regolari alti da m. 9,35 a 0,42 con posa orizzontale, bene commessi e lavorati a superficie curvilinea, intonacati nell'interno; più rozzamente lavorati nell'estradosso, che è rivestito con argilla rossigna, tolta dagli interstizii delle cave di selce sull'Appia, calcata nelle commettiture allargate dei tufi; lo strato d'argilla, dello spessore di m. 0,50, è alla sua volta foderato da tufi grossi m. 0,15.
Il fondo del tholos è di coccio pesto (opus signinum) bene steso a superficie concava, della saetta di m. 0,05, con risalto a cordone, grosso m. 0,06, girante al piede della parete verticale. La troncatura della parte conica sta m. 1,33 sotto il livello del lastricato marmoreo della Regia e corrisponde all'altezza del piano di posa delle lastre di tufo del pavimento repubblicano, il prolungamento delle quali doveva ricoprire l'orlo del tholos e portare i gradini sui quali sorgeva un puteale.
Il tholos era pieno di terra, mista ad ossa di animali domestici ed a frammenti
di vasi medioevali, fino circa metà altezza; più sotto mista a fittili, di età imperiale, tra cui un'anfora alta m. 0,52, un vaso a una sola ansa, alto m. 0,20, con iscrizione dipinta in nero: P GABINI SEL, altro vaso congenere, alto m. 0,26, con iscrizione dipinta in rosso: PHILIPPVS; un fondo di tazza aretina col bollo: C SERI OCEL; più tre lucerne e tre balsamarii.
Oltre i vasi fittili si sono trovati nove frammenti d'un puteale rotondo di calcare bianco conchiglifero e cristallino, di forma leggermente conica, avente l'apertura alla bocca di m. 0,31, sagomato con guscio, gola e tondino alla base, con tondino, guscio, gocciolatoio e gola alla sommità, che porta incisa sull'orlo, in lettere repubblicane alte mm. 57, la iscrizione: REGIA.
In fondo al tholos giacevano settantotto stili d'osso, di varia forma e lunghezza, alcuni tozzi e grevi, altri sottili ed eleganti, a punta accuminatissima; tutti lavorati al tornio, pochi spezzati e con la punta rifatta a coltello. Insieme agli stili fu trovata una tavoletta di quercia, alquanto annerita, della superficie di m. 0,102 X 0,045, Fr grossa un millimetro e accuratamente spianata su ambo le facce; mostra d'esser stata spesse volte raschiata e porta leggere graffiature, ma indecifrabili.
Continuata l'esplorazione della via Sacra dinanzi alla basilica di Costantino, è stato restituito alla luce un altro tratto della via medesima, in buono stato di conservazione, che segue la direzione già riconosciuta lungo il lato meridionale del Foro.
Fra la terra si sono rinvenuti vari frammenti marmorei di architettura; fra i quali è notevole un pezzo di epistilio curvilineo, con cornice intagliata, il quale conserva l'estremità destra di una grande iscrizione monumentale, che aveva le lettere in metallo: ...TONTAVS | ...MP II |...SSIIENTIT
Questo titolo non può riferirsi che ad Antonino Pio, od a Marco Aurelio. Ma se si suppliscono i nomi di M. Aurelio: imp. caes. m. aurelius anTONINVS aug. pont. max. trib. pot.... IMP II cos. iii. p. p. rESTITVIT, non si ha nei primi due versi tale numero di lettere, che dia lo spazio necessario a reintegrare convenientemente l’ultima linea. Onde sembra più probabile, che l'iscrizione sia da attribuire ad Antonino Pio, e debba essere supplita nel modo che segue: imp. caes t aelius hadrianus anTONINVS aug. pius. pont max trib pot.... IMP II COS ....pp (incendio consumptam) rESTITVIT
Antonino Pio avendo avuto la seconda salutazione imperatoria nell'anno 143, l'epigrafe e la restituzione, da lui fatta, di un monumento nelle adiacenze del Foro, dovranno collocarsi fra il predetto anno 148 ed il 161, nel quale Pio morì.
Giuseppe Gatti.
Nello scorso mese di giugno fu iniziato lo scavo della Sacra Via di fronte alla basilica di Costantino, dove il selciato antico si trova a due metri sotto quello della strada de papa, fatta con vecchi selci, ridotti a mazza, rotondeggianti, logori, solcati sconciamente in diverse direzioni, mal connessi e invadenti il terreno che ricopre antichi ruderi.
Il clivo finora scavato (Clivus Sacrae Viae, da non confondersi col Clivus Sacer), ha la pendenza di un decimo, la direzione a sinistra dell'arco di Tito e la larghezza di circa 6 m., confacente alla via imperiale costretta a passare sotto un arco repubblicano, quello di Fabio Massimo Allobrogico, largo m. 4,58. Della crepidine di sinistra, per chi sale il clivo, rimangono vestigia dell' allineamento dei selci; di quella a destra rimangono alcuni lastroni di travertino, riposanti su altra cordonata della stessa pietra.
A destra di chi sale il clivo, e quasi dirimpetto alla gradinata medioevale della basilica costantiniana, fu messa in luce una scaletta di peperino che scende entro un fabbricato a pareti di tufo, con arcuazioni a stretti cunei e soprapposto opus incertum, simile a quello del Porticus Aemilia alla Marmorata. Sotto la Sacra Via fu rimessa in luce ed espurgata una cloaca, larga m. 0,94, profonda m. 1,63, con pareti d'opus reticulatum di tufo, a elementi di m. 0,07 di lato, volta a botte, grossa m. 0,45 e platea di selci.
Caratteristiche principali della Sacra Via sono la lava basaltina (silex) cinereoazzurrognola delle cave di Capo di Bove sull'Appia antica; la forma poligonale di ciascun selce, a cinque o sei lati rettilinei; la spianatura ottenuta direttamente dal clivaggio, o corretta a punta; la lavorazione a scalpello nelle facce di contatto; l'accurato combaciamento, disturbato solo da parziali cedimenti dovuti a frane o a lavorio dell'acqua del sottosuolo; la quasi impercettibile solcatura di ruote.
Taluni selci hanno straordinaria dimensione, raggiungendo la lunghezza di m. 1,53 e la larghezza di m. 1,28; i loro angoli più acuti sono smussati e riempiti con selci di piccola misura. In qualche tratto la via Sacra era sfondata, ma dopo risarcita la volta della sottostante cloaca, fu facile estrarre i poligoni sepolti e restituirli nella loro posizione originaria, servendosi d' una verga flessibile di piombo, quella che Aristotile chiamò il regolo dei dorici.
Tra i frammenti marmorei che stavano buttati sul selciato del clivo sono notevoli: un cornicione adrianeo, riccamente intagliato, e un epistilio curvilineo appartenente a un edificio antoniniano, del diametro di m. 3,86 circa, con architrave e fregio sul quale sta scolpita una figurina muliebre a panneggio svolazzante. L'architrave e il fregio sono riuniti in una tabella incorniciata che porta le incassature di lettere di bronzo, alte m. 0,11, salvo alcune che hanno una parte dell' incassatura rifatta per modo da raggiungere l'altezza di m. 0,14.
L'iscrizione, reintegrata dal ch. prof. Gatti, fu edita nel precedente fascicolo di giugno p. 223.
Lo scavo della via Sacra ha offerto l'occasione di prendere in esame, ripulendoli dai moderni imbratti, i due selci affissi al muro della crocera a destra nella chiesa di s. Francesca Romana, venerati come quelli ubi cecidit Simon Magus iuxta templum Romuli, e intorno ai quali il compianto De Rossi (Bull. d' arch. crist., 1867-70) diceva doversi aspettare dal tempo e dai progressi delle scoperte archeologiche e critiche, qualche nuovo raggio di luce.
Senza presumere di trattare a fondo una questione che esce dal mio ordine di studi, osservo, che se il regesto di Innocenzo IV, e un altro documento medioevale, dicono in silice la chiesa dei ss. Cosma e Damiano, e se il papa Paolo I consacrò sulla via Sacra, circa l'anno 760, una chiesa agli apostoli Pietro e Paolo, dinanzi al sito detto in silice, questa non è come congettura l’Armellini (Chiese di Roma, pag. 148), quella le cui vestigia trovansi nella basilica costantiniana. Potrebbe essere invece la cappella, coperta a volta, addossata al muro esterno di un excubditorium imperiale, sulla via Sacra, di fronte al tempio di Romolo.
D'altra parte, il codice vaticano n. 4265 ricorda all’ anno 1375 (pag. 213) una pietra segnata dalle ginocchia di s. Pietro, allora già trasferita nella chiesa di s. Maria Nuova (s. Francesca Romana), mentre i selci ivi venerati sono due e scheggiati agli orli in guisa da far credere che venissero così ridotti colla mazza per facilitarne il trasporto. Ciascun selce presenta una cavità simile a quelle prodotte dalla macinazione dello smeriglio, cavità che si riscontrano anche in altri selci medioevali sulla strada di fronte alla basilica Giulia. Per poco che i selci di s. Francesca Romana siano stati ridotti di superficie, le loro cavità dovevano trovarsi alla distanza di almeno m. 0,80 una dall’ altra.
Giacomo Boni.
Fra la terra rimossa dall'area sopra descritta (della Sacra Via di fronte alla basilica di Costantino) si è rinvenuto un frammento di lastra marmorea, di m. 0,22 X 0,18 X 0,04, che appartiene alla serie dei celebri Atti dei fratelli Arvali. Esso si ricongiunge, senza alcun dubbio, con un altro frammento già noto e pubblicato nel C.I.L. VI, 2109
Dal terrapieno medesimo provengono pure questi frammenti epigrafici:
a) piccola base marmorea di m. 0,32 X 0,18 x 0,18, con dedicazione a Giulia
Domna madre di Caracalla:
IVLIAE AVG. p.f. MATRI CASTRORum IMPERATORIS et senatus et patriae
etc.
b) frammento di lastra marmorea, di m. 0,30 x 0,20: M ...|... L B ELPIDEPH ...|... GRIPPINE COII ...|... POST MVLTA ...|... ENITOR IVCV ...|... VE MATERSVSC ...|... RENTES VIXITA ...|... INVIDIACAR ...|... TVS HAEC MELI ...|... VRAE QVIET ...|... AHITVR ...|... ITA
c) frammento di stele sepolcrale, di m. 0,50 X 0,40: ...VIII SI NE VLLA QVERELLA B M PHOEBVS CONS
Giuseppe Gatti.
Sono stati continuati gli scavi al Foro Romano, diretti principalmente a liberarne dalle terre tutto il lato settentrionale dalla Curia al tempio di Antonino e Faustina, per esplorare l’area ove sorse la basilica Emilia.
In una cantina delle case Fiori si è trovata, in un muro di fondazione, adoperata come materiale e capovolta, una base di marmo, con cornice e zoccolo intagliati, alta m. 0,62X0,56X 0,50. Vi si legge l'epigrafe: NVMINI DEAE VIENNAE EX D D M NIGIDIVS PATERNVS II VIRAL PON CVR
La divinità, cui M. Nigidio Paterno dedicò questo monumento, è affatto ignota ed ora apparisce per la prima volta. Trattasi certamente di una di quelle divinità topiche, che portano lo stesso nome dei luoghi posti sotto la loro tutela, e non sono rare nell’ epigrafia, specialmente delle Gallie. Così in una tabella di bronzo, dottamente illustrata dalla contessa Ersilia Caetani Lovatelli (Bull. comun. 1891, p. 245), si legge il nome di Araussi, cui fu dedicato il donario, come a genio tutelare della omonima città nella Gallia Narbonese; e giustamente la illustre scrittrice rammenta le deità Nemauso, Vasio, Auzio, Nemetone ed altre, ricordate nelle antiche epigrafi ed omonime delle città e dei luoghi, di cui esse erano i geni tutelari.
Fra la terra rimossa nell’escavazione di questo lato del Foro sono stati recuperati parecchi frammenti architettonici ed i seguenti monumenti epigrafici:
1. Base di marmo, alta m. 0,26 X0,44X 0,44: VESTAE DONVM PRo salute IMP M ANTONINI PII AV pont. max. TRIB POTEST XVI COS III p. p. EVTYCHES:LIB FICTOR CVM FILI is VOTO SVSCEPTO. Dalla nota della decimasesta potestà tribunicia di Caracalla risulta, che questo donario fu posto nell'anno 213, anno nel quale l’imperatore intraprese e compiè con successo la spedizione per limitem Raetiae, ad hostes eatirpandos, e riportò contro gli Alamanni la vittoria, dalla quale prese il nome di Germanieus. Una simile base di donario offerto a Vesta dallo stesso Eutyches fictor, cum filiis, voto suscepto, fu trovata nell’anno 1858, parimenti nel Foro, all'estremità meridionale della basilica Giulia (C.I.L. VI, 786). La basetta è ora conservata nel museo Laterano, e porta le stesse formole di quella ora ricuperata; salvo che invece di nominare l'imperatore, indica essere stato promesso ed offerto l'altro donativo, pro salute Juliae Aug(ustae), matris M. Antonini Aug. nostri) p(ontificis) m(aximi).
2. Piedistallo di marmo con cornice e zoccolo, rozzamente intagliato, alto m. 1,76 × 0,96 × 0,55: PETRONIVS MAXIMVS VC ITERVM PRAEF VRB CVRAVIT. Le lettere sono tutte abrase, ed appena se ne riconoscono le tracce, ma la lettura è certa. Il cippo sostenne una di quelle statue di artefici insigni, che per cura dei prefetti della città, nei secoli quarto e quinto, furono tolte dai templi pagani, profanati e collocate ad ornamento della città.
3. Frammento di lastra marmorea, di m. 0,23 X 0,24, che conteneva i nomi ed i titoli di un imperatore: ...AVG ... MAX …; 4. Frammento di lastra marmorea, alto m. 0,52 X 0,36: SIM... DEDICAN te...?; 5. Frammento di piccolo architrave in marmo, lungo m. 0,16 x 0,11; 6. Frammento di lastrone marmoreo, alto m. 050 X 0,27: CC... RC… Le lettere della prima riga sono di bellissima forma classica, ed attribuibili al primo secolo dell' impero; le altre sono rozze e grossolanamente incise non prima del secolo quinto o sesto; 7. Lastra marmorea, di m. 0,28 × 0,29: D M C IVLIVS ENNY CHVS IVLIAE PRIMAE COMIV GI SAN CTIS con due manichi SIME BENE MERE NTI ET POSTERISQVE MEQRVM; 8. Lastra marmorea, mancante di tutta la parte superiore, alta m. 0,20 X 0,26: CAZONEI HECEMONIAS FILIO PIISSimo V A XVII M D XI. Questo titolo sepolcrale, dopo i nomi del figliuolo defunto, portava quelli dei genitori di lui: ... gazon et Hegemonias;
È stata pure continuata l'esplorazione della Regia, e se ne è riconosciuto l'intiero perimetro. Fra la terra è stato raccolto un frammento di blocco di peperino, alto m. 0,25 X 0,36, sulla cui superficie, leggermente convessa, si legge, con bellissime lettere d'età repubblicana, il nome: COVRI
Proseguito lo scoprimento della via Sacra dinanzi la basilica di Costantino, si è rinvenuta la parte inferiore di una statuetta muliebre, vestita di lungo chitone, poggiante sopra un plinto leggermente sgusciato, ove si legge la dedicazione: ICMHNOC IWHNOY YIOC TIBEPIEYC TH CTATIW NI. Il frammento, compreso il plinto, è alto m. 0,15 x 0,12.
Giuseppe Gatti.
Continuando lo sterramento dell'area posta fra il tempio di Antonino e Faustina e la Curia, è stato ritrovato un grande piedistallo marmoreo, scheggiato nell'angolo superiore destro, ed alto m. 1,20 X 0,70 X 0,60. Sulla fronte si legge la seguente epigrafe onoraria: DOMINO NOSTE0 FL VALENTI P f TOTO ORBE VICTORi AC TRIVMFATORI SEMPER AVGVSTO PLACIDVS SEVERVS V C A PRAEF PRAET D N M Q EIVS. Il dedicante, Placido Severo, che sosteneva l'ufficio di a(gerns) v(ices) praef(ecti) praet(orio), è un personaggio del tutto sconosciuto.
Nel fianco destro del piedistallo è scolpita la consueta patera rituale: nel fianco sinistro, ove doveva essere scolpito l'urceo, la superficie del marmo venne abbassata, e vi fu incisa l iscrizione: PETRONIVS MAXIMVS V C ITERVM PRAEF VRB CVRAVIT
Petronio Massimo fu prefetto di Roma per la prima volta negli anni 420-421, ed ebbe il consolato nell'anno 483. Non si sa quando egli esercitasse la prefettura urbana per la seconda volta; ma trovandosi questa ricordata nelle iscrizioni senza il consolato di lui, dovè essere anteriore al predetto anno 433. Ora il piedistallo testè scoperto ci insegna, che dopo essere stata dedicata una statua all'imperatore Valente fra gli anni 364 e 378, Petronio Massimo, trascorsi appena sessanta anni, la tolse di mezzo, e si servì del piedistallo per incidervi il proprio nome a ricordo di una opera pubblica da lui compiuta nel Foro Romano.
Un altro basamento, col nome di Petronio Massimo abraso, si rinvenne circa lo stesso sito nello scorso mese (cfr. Notizie 1899 pag. 291); ed in questi ultimi giorni ne è tornato in luce un'terzo, alto m. 1,76 X 0,92 X 0,73, che è egualmente importante per la storia e le vicende dei monumenti del Foro nell'alto medio evo.
Questo cippo è in tutto simile agli altri trovati precedentemente e, come il primo
rinvenuto, porta l'iscrizione totalmente cancellata, ma leggibile: PETRONIVS MAXIMVS V C ITERVM PRAEF VRBI CVRAVIT
Il piedistallo, al pari di quello dedicato all' imperatore Valente, aveva già servito ad altro uso onorario, quando Petronio Massimo vi segnò il proprio nome. L'antica iscrizione fu fatta scomparire, abbassando il piano ove essa era incisa; ma nei due lati del cippo rimane ancora la memoria scritta della primitiva dedicazione. Sul fianco sinistro si ha la data dell'anno 242: DEDIC X... CVETTIO GRATO ATTICO SABINIANO C ASINIO LEPIDO. PRAETEXTATO COS. E sul fianco destro si legge: CVRANTIBVS HERMEN ET GELASINO ADIVTT PROC ITEM CRESCENTE ADIVT TABVL PAR T S C
Risulta dunque manifestamente, che Petronio Massimo, per i lavori fatti nel Foro durante la seconda sua prefettura urbana, prese i materiali dai monumenti ivi preesistenti, e ne sono certi testimoni questo basamento, che era stato posto non sap- piamo ad onore di chi, nell'anno 242, e l'altro della statua dell'imperatore Valente dedicata nella seconda metà del secolo quarto. La data consolare testè riferita leggevasi anche nella base, ora perduta, della Vestale Massima Flavia Mamilia (C.I.L. VI, 2133), ove era scritto: COLLOCATA XII KAL APRIL C VETTIO ATTICO ET CASINIO PRAETEXTATO COS
Tutti i nomi di C. Vettio Attico, quali sono dati dal piedistallo ora scoperto, conoscevansi soltanto per una iscrizione africana (C.I.L. VIII, 823), in cui egli è ricordato ancora fanciullo, con l'appellativo di c(larissimus) p(uer). Di C. Asinio Pretestato poi, impariamo ora per la prima volta che portasse anche il cognome di Lepido.
Dagli sterri medesimi proviene un pezzo di lastrone marmoreo, alto m. 0,16 0,08,
su cui leggesi: ... ENSIS ... ENTIVSTAB ... DESICININO ... AELIOGRATE ... SECVNDENSF ... TIBVRTINS ... DANVBI ...
Questo frammento è parte di un editto emanato da Tarracio Basso, prefetto di Roma poco dopo l'anno 368, contro taluni esercenti arti ed industrie private, i quali avevano commesso frodi ed abusi a proprio vantaggio contra disciplinam romanam. 1 nomi di tali esercenti, con la indicazione del luogo ove essi avevano dimora, furono per ordine del ricordato prefetto incisi su lastre di marmo, e queste vennero affisse in diverse parti della città. Un esemplare dell'editto fu esposto al pubblico nel Foro Romano; 6 già varî frammenti ne sono stati ritrovati, in tempi diversi, i negli scavi del Foro (v. Bull. archeol. comun. 1891, pag. 345 segg.).
Alla stessa tavola spetta certamente il frammento testè recuperato; nel quale è notevole la inicazione topografica de Sicinino, che segna la regione adiacente alla odierna basilica di s. Maria Maggiore. Anche l'appellativo Secunderse(s) è topografico, e deve riferirsi ad una regione che probabilmente non era molto discosta dal Szeininum. Nel v. 2 al nome [Lau]rentius è aggiunta la menzione del mestiere di tab(ernari) da lui esercitato.
E stata pure raccolta fra la terra una lastra di marmo, lunga m. 0,47 X 0,27, È che conserva il titolo sepolcrale: D M C CASSIVS DIADVMENVS FECIT SECVNDO LIB ET SIBI ET LIBERTABVSQ POSTERISQ EORVM
Davanti alla basilica di Costantino, continuandosi lo sterro della via Sacra, si è rinvenuta la seguente iscrizione sepolcrale: ...D | C JVLIVS FACV... | LIA CHRYSOP C... |TIVO CONIVGI... | Q VA XL ETSIBIF... | ET SVISETLIB LIE... | TERISQ EORVM... | TAM BENE RELIQVIAS N HOC VI... | NMANIBVS AEDIS ERIT QVAM BEN... | CHERRIMVSILLECLARIFICAT MAN. La pietra è mancante di circa la metà nella parte destra, e misura m. 0,29 × 0,24.
Giuseppe Gatti.
Nell'abbassare all'antico livello il pavimento del vico Tusco, è stato trovato presso l'angolo nord-est della basilica Giulia un blocco di marmo, di m. 0,55 X 0,66 X 0,72 già spettante ad un basamento, e ridotto quasi informe. In un lato rimane parte delle ultime due righe della epigrafe che vi era incisa, dedicata ad un imperatore, a nome di un curatore del Tevere e delle cloache urbane: cur. a VEI TIB ET CLOA CARVm urbis d. N M Q SEMPER EIVS. Nel fianco destro poi si legge: ELIVS NI...S...M ... ERIVS SIT ...
Giuseppe Gatti.
Gli sterri, che per l'energico e sapiente impulso dell'on. ministro Baccelli alacremente procedono nella parte settentrionale del Foro Romano, hanno rimesso alla luce molti avanzi di cospicue fabbriche, erette nei secoli V e VI sull'area dell'antica basilica Emilia.
Questi edificî erano ornati con colonne di granito rosso, parecchie delle quali sono state ritrovate unitamente ai loro basamenti marmorei. Una stanza, che misura m. 7,10 X 5,25, e le cui pareti sono abbastanza bene conservate, ha il pavimento ad opera tessellata, di marmi di vario colore, disposti a regolari figure geometriche. La porta di un'altra stanza ha la soglia marmorea, sovrapposta ad altra più antica; e questa soglia consiste in un lastrone lungo m. 1,88 X 0,65 X 0,25, il quale nel battente conserva un frammento dei fasti consolari dell'antica Roma.
Tutto il lastrone, che fu tolto dal rivestimento della Regia, era scritto; ma nell'adattarlo a soglia di porta, ne fu abbassata quasi totalmente la superficie, distruggendo la preziosa memoria, che vi era incisa, dei magistrati che furono a capo della repubblica per una certa serie di anni. Le poche linee rimaste sul solo battente ed in molta parte consunte per lungo attrito, sono scritte su due diverse colonne.
Nella prima colonna si hanno i nomi dei tribuni militari dell'anno 374 di Roma, e quello del dittatore T. Quinzio Cincinnato, che in quell'anno medesimo fu creato per la guerra contro i Prenestini, i quali audacemente si erano spinti fino alla porta Collina (cf. Liv., VI, 47). Nella seconda colonna poi si hanno i nomi dei magistrati per gli anni 423 e 424 di Roma. La prima riga superstite, di cui è scritta soltanto la parte destra, quasi tutta consunta, è stata letta dal ch. prof. Hilsen; si ha in essa il predicato onorifico di Sp. Postumio Albino, che nell'anno precedente il consolato di C. Valerio Potito e a M. Claudio Marcello, cioè nel 422, fu censore insieme con Q. Poblilio Filone 9 (cf. Liv., VIII, 17).
Considerata la misura della tavola marmorea, essa nella sua integrità doveva contenere nella prima colonna i fasti dall'anno 374 al 378 di Roma; poichè i frammenti capitolini dall'anno 379 in poi, si veggono scritti sopra un'altra tavola, che presenta intiero il margine superiore. Nell’altra colonna poì si contenevano i fasti consolari dall'anno 422 al 483, incominciando col 434 quelli di cui si hanno i resti nella serie capitolina.
Fra la terra asportata nell’escavazione sono stati recuperati i seguenti frammenti epigrafici: 1. Frammento della parte superiore di una piccola colonna di marmo, votiva, di alto m. 0,36 X 0,15: ...VS IV ...ESPHO ...M COLVM ...DEC XI ...D D; 2. Quattro frammenti di una grande iscrizione dedicata agli imperatori Severo e Caracalla, che possono in circa reintegrarsi nel modo che segue: imp. caes. . septi MIO SEVE ro pio pertinaci aug. arabico adiabenico parthico maximo forti SSIMO FELICISS imo pont. max. trib. pot... imp... cos... procos. p. p. divi m. antonini pii g/ERM SARM FIL Ti commodi fratri divi antonini pii nep. divi hadrian pr ONEP DIVI TRAIANI parthici abnep. divi nervae adnep. et imp. caes. m. aur ELIO ANTONINO PIO felici aug. trib. pot st... cos.... procos imp. caes.l.septimi severi pii pRTINA CIS AVG ARAB A diab. parth. mAXIM i fortissimi felicissimi fil. divi m. antonini pii germ. sarm. nEFOTD ivi TONINI pii pronep. divi hadriani abnep. divi traiani parth. et divi nervae adn. ...IAN; 3. Architrave marmoreo, rotto in due pezzi, lungo m. 1,60, alto m. 0,32: incise lettere in greco; 4. Parte di piccola lastra marmorea, di m. 0,20 X 0,16, con cornice e zoccolo intagliato: ...triuMPHAVIT in CONSVLA t u... NOS 5. Frammento di lastroni in travertino, di m. 0,40 × 0,25: ARCI ... E POS ... OS ...; 6. Grande lastra di marmo, di m. 0,85 X 0,59, con iscrizione di sepolcro cri-
stiano, assai consunta:SEP ... IAN ... LIBV ... NPAC ... IIX ... SIN PAC ... IIX ... IIII DEPOSITI V X KALS ... Vi sono menzionati due defunti, il primo dei quali nominato Septimianus. Di ciascuno di essi è indicata l'età; essi morirono quasi contemporaneamente, dicendosi che furono deposti ambedue quinto decimo Kal. Se(ptembres).
Giuseppe Gatti.
Gli scavi nel Foro Romano hanno continuato in prossimità della chiesa di s. Adriano, ed è stata liberata dalla terra quasi tutta la fronte dell'edificio dell'antica Curia. A circa sei metri sotto il piano stradale si sono incontrati numerosi sepolcri del medio evo e depositi di ossa umane.
Alcune arche fittili, contenenti i resti di parecchi cadaveri e coperte con lastre di marmo, erano state collocate nell’area adiacente alla chiesa, quando essa trovavasi a circa due metri sopra il piano del Foro; altre giacevano sotto il livello di quell'area medesima. Fu quivi trovato anche un sarcofago marmoreo, di età romana, adoperato come ossario, e con la fronte addossata al muro dell'antica chiesa.
Una delle pietre, che servirono di copertura. a questo sarcofago, ha la cornice intagliata; è larga m. 0,52x0,60 e porta incisa la iscrizione: D M S A CORNELIVS PVMIDIVS MAGNVS FECIT PVMI DIAE ATTICAE NVTRICI SVAE MVLIERI OPTIMAE ET SIBI ET SVIS ET LIBERO LIBERTABVSQ POSTERISQ EORVM SE BIBO FECIT
Un altro lastrone di marmo, di m. 1,27 x 0,83, che parimenti fu adoperato per chiudere nello stesso luogo un deposito di ossami, reca questo titolo onorario, mutilo da ambo i lati: (prima colonna) iuLIAE AVG mATRI AVGG ET cASTRORVM; (seconda colonna) IMP CAESSLS SEPTIMIO SEVERO PIO PERTINACI AVG ARAB ADIAB PART MAX PONTIF MAX P P KALATORES BON CURANTE EVTYCHETE
Nel 2° verso della prima colonna fu cancellata la seconda G, dopo la uccisione di Geta. Assai probabilmente questa pietra portava a destra la dedicazione a Caracalla ed a Geta, essendo ciò indicato non solo dal contesto dell’ epigrafe, ma anche dalla lunghezza della penultima riga, che ricordando i KALATORES PONtificum et flaminum si estendeva al di là del titolo onorario di Settimio Severo. Fra la terra rimossa davanti alla chiesa di s. Adriano è stato raccolto un frammento di capitello di pilastro, lungo m. 0,50, alto m. 0,25, e sul lato liscio di esso leggonsi i nomi: ...CLODII OCTAVIA…
Un Clodius Octavianus, personaggio dell'ordine senatorio, poco dopo la metà del secolo quarto fu vicario di Roma. Ivi stesso si è rinvenuto un pezzo di cornice marmorea di m. 0,32 x 0,27, sul quale rimane: ...aTTICO V c...
Dai medesimi sterri si ebbero pure due lastre di marmo con iscrizioni cristiane, le quali evidentemente provengono da alcuno dei cimiteri suburbani. La prima, lunga m. 0,49, alta m. 0,29, dice: IOBINA VIBAS IN DEO. Sull'altra, lunga m. 0,75 x 0,49, rotta a destra, leggesi: PRIDIE NONAS FEBRAR... DECESSIT SABASSANVS A N... QUI BIXITAN P M XXXI I... CONOXORE
Una piccola base marmorea, alta m. 0,57 x 0,40 x 0,35, con cornice rozzamente intagliata, si è rinvenuta fra la terra, in mezzo ai ruderi medievali scoperti sotto la pubblica via, a lato della chiesa di s. Adriano: Vi si legge: CVRANTE CHETE CIO PELACIO VIRO PRAEFECTISSIMO CVRATORAEDIVM SACRARVM. Ignoto è cotesto Cetegio (o Cetego) Pelagio, che apparteneva all' ordine equestre, come rivela il predicato di vir perfectissimus. Questo secondo vocabolo fu dal lapicida stranamente mutato in praefectissimus. Errati sono pure il nome Chetecio per Cethegio, ed il vocabolo curator invece di curatore. L'iscrizione è da attribuire alla prima metà del secolo quarto.
Alla distanza poi di m. 13,60 dalla fronte della Curia, e posto ancora al suo luogo sull'antico pavimento del Foro, si è scoperto un grande piedistallo marmoreo, con cornice e zoccolo sagomati, alto m. 1,24 X 0,81 X 0,85. Nella fronte, cioè nel lato volto verso i Rostri, porta l'iscrizione: MARTI INVICTO PATRI ET AETERNAE VRBIS SVAE CONDITORIBVS DOMINVS NOSTER IMP MAXENTIVS P FINVICTVS AVG. Il nome di Massenzio è scarpellato, ma vi restano sufficienti tracce delle singole lettere per poterlo leggere con sicurezza. Sul fianco destro del basamento è incisa la memoria della dedicazione. DEDICATA DIE XI KAL MAIAS PER FVRIVM OCTAVIANVM V C CVR V AED SACR
Ponendo mente alla dedicazione fatta da Massenzio il giorno 21 di aprile, che è il giorno natale di Roma, e considerando le divinità, che egli volle onorare in quella data memoranda, si è facilmente indotti ad attribuire all'anno 308 questo insigne monumento… Furio Ottaviano, che come curator aedium sacrarum dedicò il monumento, è personaggio sconosciuto. Ma probabilmente è figlio di quel C. Furio Ottaviano, che fu console suffetto e pontefice sotto Elagabalo o so‘to Severo Alessandro (C./. L. VI, 1423), e che fin dall'anno 223 è ricordato come vir clarissimus fra i patroni del municipio di Canosa (C.I.L. IX, 358; cf. Borghesi, Oewvres III, p. 121).
Il piedistallo ora descritto, che Massenzio dedicò, nel luogo più insigne del Foro, Marti invicto patri et aeternae urbis suae conditoribus, non fu allora appositamente tagliato e messo in opera, ma fu tolto ad un monumento preesistente, ed era scritto su tutte e quattro le facce. L'epigrafe incisa sulla fronte, che doveva essere un titolo onorario, fu totalmente cancellata, abbassando la superficie del marmo, per sostituirvi quella di Massenzio. L'iscrizione del lato destro fu pure quasi totalmente abrasa, per segnarvi la data della nuova dedicazione. Ne rimane però la prima linea, appena leggibile: MAGISTRI QVINQ C... FABR TI... Questa intitolazione era seguita dai nomi dei magistri e degli altri officiali del collegio dei fabri, probabilmente tignarii; la quale lista di nomi continuava poi nel lato sinistro del piedistallo, che rimase inalterato quando Massenzio se ne servì. Quivi in fatti leggonsi numerosi nomi. Anche il quarto lato del basamento, quello cioè che è opposto all'iscrizionededicatoria, non fu toccato nel secolo quarto; e vi rimane incisa la data, in cui il monumento venne eretto la prima volta, che fu il 1° agosto dell' anno 154: DEDICATA K AVG L AELIO AVRELIO COMMODO T SEXTIO LATERANO COS. Onde è probabile, che in origine il basamento avesse sostenuta una statua dell'imperatore Antonino Pio, eretta dal collegio dei fabri tignarit, simile a quella che lo stesso collegio dedicò più tardi in onore di Caracalla (C.I.L. VI, 1060).
Continuandosi lo sterro verso la sommità della Sacra via, sono stati recuperati due frammenti di lastre marmoree inscritte. Il primo, di m. 0,55 X 0,39, conserva parte di un titolo greco. L'altro frammento misura m. 0,48 X 0,54, e vi rimane: ...AXIM... Le lettere sono alte m. 0,20 ed appartengono ad una grande epigrafe monumentale.
Giuseppe Gatti.
Il mio rapporto corredato di piante, sezioni e vedute prospettiche del niger lapis e dei monumenti ch'esso ricopre, era già pronto, quando S. E. il Ministro Baccelli potè ottenere dal Municipio di Roma la remozione del binario a trazione elettrica, che percorreva il terrapieno addossato alla chiesa di S. Adriano. Diventa così possibile la esumazione dell'area frapposta tra il niger lapis e la Curia imperiale, nonchè la esplorazione di strati coevi ai monumenti in esame.
Queste indagini permetteranno certamente di raccogliere nuovi dati per la conoscenza dei problemi che solo in parte ho finora potuto risolvere, analizzando le stratificazioni sopra cui sorgono i basamenti dei piedistalli, il cono, il cippo e la muratura dei rostri repubblicani. Il rapporto riuscirà così più completo, ma dovrà trovar posto in un volume dei Monumenti antichi, anzichè nelle Notizie, sembrandomi opportuno di pubblicare anche le molte tavole che illustrano la stipe votiva, e non ridurre di troppo la proporzione delle iconografie e dei rilievi topografici, ora estensibili ad una parte del Comizio.
Giacomo Boni.
In prossimità della Regia è stato raccolto fra la terra un frammento di lastra marmorea, alto m. 0,16X 0,20, che conserva questo piccolo brano dei fasti degli auguri: ... ARIOS ... exauVRAT ... DECVRia ... LENTVLCOS CMARCIVS CF RVTILVS ooptatuo ... aNX ... M VALERIO MF CORVINO, q. caedicis q. f. noctua cos. OST R C AN CC clxiiii ... c. mamiLIVSQFTVRRINYS cooptatus ... p. cornELIO P SCpione, p. licinio p. f. crasso cos. ... post r. c. an. dxlviii
Sono noti due altri piccoli frammenti dello stesso albo, trovati parimenti circa lo stesso luogo, uno nel 1811 (C.I.L. VI, 1976), l'altro nel 1884 (Bull. comun. 1884, p.6 n.703). Nella prima colonna non si può determinare esattamente la data del sacerdote exauguratus, essendo proprio di molti consoli della gente Cornelia il cognome Lentulus.
Ma trovandosi questo console nominato in secondo luogo, potrebbe intendersi per L. Cornelio Lentulo Caudino, che ebbe i fasci nell’anno di R. 479. ella seconda colonna, ove è segnata la lista degli auguri di un'altra decuria, è registrata la cooptatio di C. Marcio Rutilo, avvenuta sotto il consolato di M. Valerio Corvino e Q. Cedicio Noctua, post R(omam) clonditam) an(no) cec(elatiti), che è il 465 secondo il computo Varroniano; e quella di C. Mamilio Turrino, avvenuta nell’anno 549, essendo consoli P. Cornelio Scipione Africano e P. Licinio Crasso. C. Marcio Rutilo era stato console nel 444, nominato pontefice nel 454 e console nel 460. C. Mamilio Turrino ebbe il consolato nell’anno 515.
In questo nuovo frammento si ha un piccolo avanzo del titolo, che era premesso ai fasti degli auguri; ma ne rimangono troppo poche lettere per poterne tentare una ragionevole reintegrazione.
Giacomo Boni.
Liberandosi dalla terra, fino al piano di fondazione, il fianco settentrionale del tempio di Cesare, si è rinvenuto un piccolo frammento di un masso di travertino, ornato superiormente da una cornice a dentelli. Vi si legge, in lettere d'età repubblicana: VMVS ... VIT ... OBI.
Considerata la qualità della pietra, la forma delle lettere ed il luogo del rinvenimento, non è improbabile che questo pezzo appartenga al celebre arco Fabiano, che fu risarcito da Q. Fabio Massimo, nepote dell'Allobrogico, edile curule, e poi console nell'anno 709 di Roma.
Nel secolo XVI, circa il luogo medesimo, si trovarono altri frammenti epigrafici spettanti a quell' arco, ed incisi su piccoli massi di travertino, alcuni dei quali portavano scritto: Q. Fabius Q. f. Maxsumus aeid. cur. rest.. Le prime due linee del frammento ora scoperto converrebbero alla stessa
formola, che certamente era più volte ripetuta sul monumento, e potrebbero reintegrarsi: Q. fabius Q. f. maxs VMVS aeid. cur. restit VIT
Giacomo Boni.
Dinanzi alla chiesa di s. Adriano è stato compiuto lo sterro sino all'antico piano del Foro e del Comizio. In un avanzo di costruzione medievale sono stati trovati messi in opera alcuni cippi marmorei, tre dei quali portano iscrizioni onorarie. Il primo, tutto consunto nel lato inscritto, è alto m. 1,06 X 0,60 X 0,54, e porta una dedicazione all' imperatore Massimiano: PROPAGATORI ROMANi imp. OMniVM VIRTVTVM ... D N M AVREL valeriO MAXIMIANO pio. fel.invicto SE mper. aug. ...DEVOTI N M Q EIVS
Un altro piedistallo, alto m. 1,23 x 0,70 X 0,58, fu dedicato ad onore di Costantino Magno: DOMINO NOSTRO CONSTANTINO PIO FELICI INVICTO ET BEATISSIMO SEMPER AVGVSTO FILIO DIVI PII CONSTANTI AVGVSTIAPPIVS PRIMIANVS VP RAT SVMMAE PRIVAT NVMINI M Q EIVS DICATVS. Nel fianco sinistro era incisa, in quattro linee, la data di una dedicazione, che fu abrasa, e soltanto nell’ ultimo verso si può leggere: PROMAGG. Sul terzo basamento, alto m. 1,48 X 0,70 X 0,34, si legge: EX TINCTORI TYRANNORVM AC PVBLICAE SECVRITATI AVCTORI D N THEODOSIO PERPETVO ACFELICI SEMPER AVGVSTO CEIONIVS RVFIVS ALBINVS V C PRAE VRBI ITERVM VICE SACRA IVDICANS D N M Q EIVS.
Questo monumento fu dedicato da Ceionio Rufo Albino nell’anno 389, dopo la disfatta del tiranno Magno Massimo, che aveva cacciato d'Italia l'imperatore Valentiniano II. Sono conosciuti due altri simili piedistalli, dedicati dallo stesso Albino agli altri due imperatori che regnavano allora insieme con Teodosio, cioè Arcadio e Valentiniano (C. Z. Z. VI, 3791, 8): onde apparisce, che per celebrare la vittoria riportata da Teodosio su Massimo, il nominato prefetto di Roma eresse nel Foro un monumento con le tre statue degli imperatori, ripetendo sotto ognuna di esse la medesima iscrizione onoraria.
Dal muro con cui fu chiusa l'antica porta della chiesa di s. Adriano, quando per l'interramento del Foro fu rialzato il livello dell’edificio ed aperto un nuovo ingresso, provengono molti frammenti marmorei, alcuni dei quali portano avanzi di sculture ornamentali d'età classica, altri spettano a decorazioni del secolo ottavo e nono. Quivi si trovarono pure pezzi di marmi scritti in greco; tre dei quali spettano ad un grande lastrone marmoreo.
In un altro frammento di lastra marmorea, di m. 0,28 x 0,30, si legge: ... INC ... ISSIMO ... NIANO TR ... R AVGVSTO …; In un simile frammento, di marmo di m. 0,14X 0,14: … RARVM … RENIT …; Un altro pezzo di marmo, dim. 0,25 X 0,08 conserva: ... NIVS RVFIVS V …; Sulla calce, con cui quest'ultimo frammento fu murato, riman della scrittura, ed in fine della prima linea si veggono impresse onde è agevole restituire il nome: c. ceioNIVS RVFIVS VOLusianus v. c. prAEFE VRbi .... Di questo personaggio, che fu prefetto di Roma nell' anno 365, sono già note parecchie iscrizioni onorarie, poste agli imperatori Valentiniano e Valente (C.I.L. VI,1171-1174).
Giuseppe Gatti.
L'inglese Mr Philips, amante della storia romana, acquist a sue spese le case tra Sant'Adriano e San Lorenzo in Miranda, e le mette a disposizione del Ministero per demolirle e proseguire lo scavo del Foro Romano.
Fra la terra, che era accumulata presso la chiesa di s. Adriano, si sono trovati due titoletti sepolcrali.
Il primo è una lastra marmorea, di m. 0,30 X 0,40, con cornice, e vi si legge: D M A MARCIO HERMETI ANINIA TRANQOVILLA CONIVGI BENE MERENTI FECIT. Il lapicida aveva prima scritto, per errore, nel v. 3 ANNIA e nel v. 4 CONIGI; poi queste due parole furono da lui corrette.
L'altro consiste nella metà di una lastrina da colombario, di m. 0,125 X 0,115, che conserva questa parte dell'iscrizione: ...ES L PARIS ...XXVI ...SVPER OSSA ...IVAE MERVIT RAESTAT HONORE ...SVPEROS. Nei v. 3-4 facilmente si riconosce il noto esametro: [te lapis obtestor leviter ] super ossa [residas].
Giuseppe Gatti.
Demolita in parte la muratura, con cui nel medio evo fu chiusa, la vetusta porta della Curia, che il papa Onorio avea trasformato in chiesa cristiana circa l'anno 630, sono stati trovati nella massicciata varî frammenti di marmi, scritti e scolpiti, i quali appartennero a circostanti monumenti di più antica età.
Un pezzo di lastrone marmoreo, spettante ad un architrave, venne coperto di leggiero intonaco, quando fu messo in opera nel tempio cristiano; e sull'intonaco a fondo bianco, fra due fascioni di colore giallo, fu dipinta in rosso una iscrizione, della quale soltanto resta la parola: ASPICE
Distaccato con ogni cura l'intonaco, si è riconosciuto che l'antico architrave portava un'epigrafe, in buone lettere, forse del secolo quarto o dei primi anni del quinto, relativa a lavori eseguiti da qualche pubblico personaggio nella Curia. Vi si legge infatti: ...MPER ANI nVERATIVS IV cVRIAM SENatus
Di un'altra lastra marmorea, che parimenti era posta nella sede del Senato, sono stati ritrovati cinque frammenti, sui quali è scritto: ..:ET MAGNIFIC... RIO PATRIS MEI R... SENATVS AMpLISSIMi ...VBVRbis AETERNae
Sembra esservi ricordate opere compiute con splendore e magnificenza (sub impe)rio patris mei; e l'ultimo verso richiama alla memoria l'epigrafe incisa da Massenzio sul piedistallo dedicato Marti invieto patri et aeternae urbis suae conditoribus (cfr. Notizie 1899, p. 433). Onde potrebbe supporsi che anche questa lapide debba riferirsi a Massenzio, ed a nuovi ornamenti da lui aggiunti alla Curia.
Sopra un frammento di grande base marmorea, alto m. 0,18 X 0,21, trovato nello sterro di fianco alla chiesa di s. Adriano, si legge questo resto d'iscrizione onoraria: CONSTANTINO MA... | ...STATVAM CIVILI... | ... EX AERARIO INS...
Finalmente, un pezzo di lastrone di marmo, alto m. 0,74, largo nella parte superiore m. 0,90, raccolto pure negli sterri presso s. Adriano, porta inciso, a grandi lettere, questo avanzo epigrafico: ...PERATORIBVS A... | ...MTYRANNC... | ...GNITATIS... | ...S NOS...
Giuseppe Gatti.
Prosegue la campagnia di scavi di Giacomo Boni al foro romano: viene dissotterrata la facciata della Curia; scoperto il Sacello di Venere Cloacina; demolizione della chiesa di Santa Maria Liberatrice; nuovi scavi nella casa delle Vestali; rimozione delle fasi imperiali del basolato all'altezza dell'arco di Tito:
"Ma non era soltanto una esigenza estetica quella che ha determinato la demolizione di Santa Maria Liberatrice. Come in tutte le opere d'interesse archeologico compiute dal ministro Baccelli in Roma, così pure questa, Ja più grandiosa di tutte, degli scavi del Foro è informata a due principii, che spesso vengono fraintesi e raramente vengono applicati di conserva: i resti dell'antichità servono all'indagine scientifica e all'arte e quindi l'uno dei principiî non deve sopraffare od escludere l’altro.
La demolizione di Santa Maria Liberatrice serve dunque anche alla scienza e noi ci attendiamo dalle sue fondamenta qualche nuova conquista per la topografia di Roma e per la storia delle chiese primitive. Essa occupava infatti il posto dell'antica Via nova, che scoperta in parte negli scavi del ministro Baccelli nel 1882, tornerà ora completamente in luce per mostrarci come, secondo dice Varrone, essa comunicasse col Velabro e come dal Foro si salisse al Palatino per la porta Romanula; è questo un punto molto oscuro della topografia del Foro.
Più fondate sono le speranze nel ritrovamento degli avanzi di un’antichissima chiesa cristiana che si debbono nascondere nelle fondamenta di Santa Maria Liberatrice e di ciò saranno lieti coloro che nella demolizione di una chiesa moderna han visto una specie di sconsacrazione dell'antica Roma e noi che in questo monumento primitivo del cristianesimo uscito dalle viscere delia terra all'aria libera, vediamo una pagina della storia della civiltà un saggio di quell'arte tornata bambina per rivivere una seconda volta nella città eterna.
E anche a proposito di questa antica chiesetta c'è controversia tra gli studiosi: alcuni credono che sia S. Maria antiqua, o S. Maria de inferno, la più vetusta delle chiese di Roma dedicata alla Vergine Maria, nel luogo stesso sacro alla Vergine dea pagana, a Vesta; la costruzione di essa risale a papa Silvestro nel primo quarto del IV secolo, altri che tale chiesa fosse ove sorse poi Santa Francesca Romana e perciò anche a risolvere questo problema della topografia di Roma cristiana sono utili gli scavi del Foro e la demolizione di Santa Maria Liberatrice."
In occasione del Natale di Roma, Re Umberto e la regina Margherita, visitano gli scavi al Foro Romano, accompagnati dall'onorevole Baccelli, il prof. Boni direttore degli scavi e il sindaco Colonna.
Primo rilievo eseguito dalla R. Scuola d'applicazione degli ingegneri di Roma, nell’area compresa fra il Colosseo e i Tabulario.
Quarantasei alunni del secondo corso della Scuola d'applicazione degli ingegneri della R. Università di Roma, divisi in cinque squadre, sotto la direzione del prof. Reina, coadiuvato dagli ingegneri Revessi, Ciappi, Chiera, Paniconi e Zino, assistenti della Scuola.
I disegni parziali eseguiti in matita dalle singole squadre e che presentano maggiori garanzie di esattezza furono ceduti alla Direzione Generale per le Antichità, cui serviranno per l'aggiornamento degli scavi. La qui unita tavola riproduce il grafico generale risultante dalla connessione dei predetti disegni eseguito a penna nella scala di 1:500, completato colla nomenclatura dei principali monumenti e ridotto fotograficamente.
Le fotografie, che portano segnato il livello sul mare della sommità dei principali monumenti rilevati, e documentano le condizioni del Foro Romano nella primavera del 1899, furono prese dal tenente Rodinger, dal capitano Moris e da me, ‘ad altezze variabili fra 800 e 500 metri, servendoci di un pallone del Genio Militare procuratomi dalla cortesia del generale De La Penne.
O Marucchi.
Al Foro Romano, nella esplorazione del sacrario di Juturnam si sono rinvenuti dentro il fonte due frammenti di lastra marmorea, grossa m 0,11 delle dimensioni di m. 1,30 X 0,97 e m. 0,58 X 0,49, che portano uso in i caratteri alti da m. 0,12 a m. 0,07, l'iscrizione seguente: POTEST XVIII COLONIA IVlia TERTIA DECIMa EX TITHINA EX INDVLGENTIA EIVS AVCTA
Intorno alla colonia Iulia tertia decima Uthina qui ricordata, che fu una delle più antiche colonie militari, dedotta da Cesare nell' Africa proconsolare, la egregia signorina Lorenzina Cesano ha scritto alcune note erudite, le quali sono state pub- blicate nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei.
In quanto al nome dell'imperatore, al quale il monumento fu dedicato dalla colonia di Uthina, per attestargli la riconoscenza di essere stata indulgentia eius aucta, a me non è dubbio che debba restituirsi quello di Augusto, all' età del quale i caratteri dell'iscrizione possono essere benissimo attribuiti. In fatti deve considerarsi che i titoli imperiali erano qui scritti con tale ordine, da essere registrata in ultimo luogo la potestà tribunicia.
Ora quest'ordine è unicamente proprio delle iscrizioni che portano il nome di Augusto; mentre in quelle di tutti gli altri principi che usano i prenomi di IMP CAES la potestà tribunicia è indicata subito dopo il pontificato massimo, e precede sempre la menzione delle salutazioni imperatorie e del consolato. Nel primo verso del frammento maggiore manca una sola lettera, e non può aggiun- gervisi altro supplemento che quello di una unità. Abbiamo quindi l'indicazione della XVIIII potestà tribunicia di Augusto, la quale ci permette di reintegrare tutta la prima parte dell' epigrafe nel modo seguente: IMp. caesari divi f. august pontif. max. cos.xii imp. xiiii. tribunic POTEST XVIIIi
L'iscrizione adunque fu dedicata fra il 27 giugno dell'anno 749 e il 27 giugno del 750.
Giuseppe Gatti.
Scavo della chiesa di Santa Maria Antiqua e dei vicini edifici domizianei.
Rinvenimento di un frammento della Forma urbis rappresentante una settore delle Terme di Agrippa: "Nei giorni scorsi è stato rinvenuto al Foro Romano, durante i lavori di scavo diretti dall'ingegner Boni, un frammento dell’antica Pianta di Roma, sul quale sta incisa una parte della regione dove sorgevano le terme di Agrippa. Di questo frammento il prof. Gatti, nell'ultima seduta dell'Accademia dei Lincei, fece una dotta illustrazione, dando interessanti notizie relative non solo al frammento testò tornato in luce, ma riguardanti anche la Pianta in generale. Il nuovo frammento, che apporta elementi preziosi per la topografia di Roma antica, serviva di copertura ad una chiavica, la cui costruzione non rimonta che alla metà del secolo scorso; è sembra strano che nessuno abbia osservato i disegni della pietra quando fu messa in opera.
Il nuovo frammento contiene il disegno di edifici dei quali oggi non rimangono che poche rovine; e siccome il Peruzzi riferisce che la sala rotonda aveva un diametro corrispondente a 24 metri, si è trovato che nel frammento tale misura è esattamente rappresentata. Sì sapeva d'altronde che il rapporto dell'antica Pianta di Roma è quello di 1 a 250; e oggi siffatto rapporto viene confermato nelle misure del frammento. Finalmente, come fu già detto, quest'ultimo contiene una parte del contorno (A-B) della lastra di cui faceva parte, contorno che disposto orizzontale ci dà gli edifici perfettamente orientati, col sud in alto."
Relazione di O. Marucchi su un importante sarcofago cristiano viene rinvenuto nella chiesa di s. Maria Antiqua, nel Foro romano:
Molte e gradite sorprese ci hanno dato gli scavi eseguiti sotto l'area della demolita chiesa di s. Maria Liberatrice, ove si riconobbe con assoluta certezza la celebre chiesa di s. Maria Antiqua, chiamata così nel catalogo delle chiese di Roma fino dal settimo secolo e poi nell'itinerario di Einsiedeln (8° secolo).
A me spetta oggi il compito più modesto di descrivere uno solo di questi monumenti che inaspettatamente è ivi tornato in luce; cioè un raro campione di antica scultura cristiana, trasportato probabilmente da uno dei cimiteri suburbani e adoperato poi per uso di una nuova sepoltura nella chiesa del Foro.
Il sarcofago in marmo, che qui si riproduce, ha le testate curvilinee ed è adorno di figure a rilievo tanto nella fronte quanto nelle testate medesime, mentre la parte posteriore è interamente liscia. Lo, stile delle sculture non può dirsi assai buono, ma non è certo rozzo quale riscontrasi nella maggior parte dei sarcofagi cristiani; e qualche figura, come ad esempio quella giacente a sinistra e l'altra dell'orante nel mezzo, offrono una evidente reminiscenza delle buone tradizioni dell’arte classica.
Per tali ragioni e per il confronto con altri simili monumenti, giudico che il nostro sarcofago sia stato eseguito, al più tardi, nei primi tempi della pace costantiniana. Cominciando ad osservare le scene dalla parte destra del riguardante, si vede sulla testata un gruppo di due figure ignude, con i fianchi cinti da un perizoma, che sono occupate intorno ad una rete fra le maglie della quale si scorgono alcune teste di pesci; evidentemente due pescatori che stanno raccogliendo la loro preda. Segue un personaggio barbato, vestito di solo pallio, che impone la mano sulla testa di un fanciullo ritto in piedi nell'acqua, mentre al disopra sta librata a volo una colomba.
Quest'ultimo gruppo rappresenta senza dubbio una scena di battesimo e precisamente il battesimo di Cristo nel Giordano; come indicano la figura barbata e di tipo austero, propria del precursore, e l'aggiunta del simbolico animale che discende sul capo del battezzato....
Scavi consistenti all'Arco di Tito per abbassare il livello stradale e mettere in luce le fondazioni.
Scavi nei presso il tempio di Antonino e Faustina, portano alla scoperta del sepolcreto dell'Età del Ferro.
L'archeologo Giacomo Boni scopre una sepoltura arcaica durante gli scavi al Foro:
"Sterrando nell'angolo sud-est del Tempio di Antonino e Faustina, a quattro metri di profondità dal piano della Sacra Via, e a metri 1.15 dalla platea di fondazione del Tempio stesso, si rinvenne una tomba primitiva a cremazione. La tomba è composta di un dolium, in terracotta rossastra, coperto da un coperchio di tufo cinerino, doglio che era accomodato in un cavo del terreno è stretto, alla bocca, con una macera di pezzi di tufo della stessa lità.
Contiene nove vasi: un olla o cinerario, quasi interamente riempito coi resti del cadavere che aveva subito una completa cremazione tanto che le ossa sono ridotte a minuti frammenti e fuso lo smalto dei denti. Vi sono due vasi, con rilievi imitanti lo corde e le legature di cuoio dei vasi primitivi, una coppa, a forma di olla, una tazza ansata, tre ciotole ed una ciotoletta. Il cinerario ha il coperchio in forma di tetto di capanna laziale, con l'imitazione, a rilievo, della ossatura a travi, come era l'uso degli abitanti primitivi del Lazio.
Un folla di curiosi è tutto il giorno sul posto degli scavi; tutto il giorno è un pellegrinaggio di stranieri, di autorità. Anche S. M, il Re, accompagnato dal ministro Nasi, si è recato per la seconda volta al Foro Romano, interessandosi vivissimamente alle scoperte colà avvenuto specialmente a questa ultima."
Sterrandosi in prossimità del clivo Palatino, si è rinvenuta, sotto alcuni avanzi di antiche fabbriche laterizie, una fogna costruita con massi di tufo, le cui sponde furono in parte risarcite nei bassi tempi. In questo risarcimento si trovò messa in opera una grande lastra di marmo, su cui si legge la metà di una iscrizione onoraria, che può esser supplita nel modo che segue: thermantiaE sanctissimae AC NOBILISSIMAE memoriae femiNAE CONIVGI DIVI theodosi in lustRIS COMITIS VTRIVS que militiae mATRI DN. THE ODOSI perpetui augustiAVIAE DD N N arcadi fortissIMI PRINCIPIS et honori piisSIMI IVVENIS praestantia indo LIS SVAE augenti divinam PROSA PIAM ceionius rufivs ALBINVS VC praefectus urbi IVDEX ITER VM sacrarum Co GNITIONVM D C
Questa epigrafe, posta dal prefetto di Roma Ceionio Rufio Albino nell’ anno 389, è la prima e sola memoria che ricorda la madre di Teodosio il Grande. Di lei era finora appena conosciuto il nome, per la menzione fattane da Aur. Vittore nella £p:tome de vita et moribus impp. Romanorum.
Giuseppe Gatti.
L'archeologo Giacomo Boni, durante una campagna di scavi al Foro, scopre il Lucus Curtius.
Grande banchetto popolare al palatino: "Nello stadio del Palatino, per la festa del Corpus Domini viene organizzato un banchetto per 500 partecipanti. Era stato tutto ordinato con un bel concetto artistico lassù, nello stadio del Palatino, il celebre colle dei palazzi un tempo dei Cesari; le tavole, adorne di piante e di fiori, si allineavano per oltre la metà del vasto recinto. L'on. Santini, capo del Comitato, salutò per primo, e col consueto entusiasmo il sindaco Colonna, fedele e squisito interprete dell’anima e del pensiero della Capitale. Sorse don Prospero Colonna, e allora gli applausi serosciarono più gagliardi dell'acquazzone; applausi cordiali, unanimi. Il sindaco cominciò con frasi troppo modeste sul proprio operato; e seguì tracciando a volo tutto un programma di innovatore a pro di Roma. Disse: “ Grandissimi problemi finanziari, edilizi, sociali, dalla cni sollecita soluzione dipendono la bellezza di Roma, il suo ‘avvenire, il benessere della generosa sun popolazione, s'impongono imperiosi, e gravissima è la
Del vapore sommerso si vedono le punte dei pennoni.
ILLUSTRATE.
sy la prodotto vivissima impregsione in , in Italia, quanto la distruzione di una valorosa banda combattente per la causa bulgara-macedone. La catastrofe, come è noto, avvenne il 7 giugno, ad un'ora dal porto di Marsiglia. Il Livan uno dei migliori vapori della compagnia Freissinet, che disimpegna il servizio postale fra Ja Francia e la Corsica, fu investito ad est dell’isolotto detto dei Due Fratelli dall’ /nsulaire della stessa compagnia, filante rapidamente sul Ziban, che rimase squarciato e colò a fondo in dieci minuti. Pare che i due capitani non abbiano rispettivamente avvertito l’imminenza del disastro. che forse potevasi evitare. Pende su questo un'inchiesta. Del Liban che aveva a bordo 200 persone, in prevalenza fanciulli italiani di sangue, mandati dalla Corsica a Marsiglia, inabissò seco nel mare cento vittime. Le nostre incisioni mostrano il desolante spettacolo del poco che resta, fuori dalle acque del Mediterraneo, del
Liban affondato, davanti a Marsiglia; e l’Insulaire con la ‘prora squarciata, presso l'isola Maire.
Gli avvenimenti di Salonicco vengono ora subito dopo la tragedia reale serba, fra i gravi fatti che emozionano il mondo e fanno rivolgere tutti gli
sguardi alla penisola balcanica. Una nostra incisione rappresenta i cadaveri dei enduti il 1° giugno nel combattimento accanito di Gradabor, ad un quindici chilometri da Salonicco, dove i turchi hanno distrutta la banda Athanas, una delle più terribilmente operose nella resistenza bulgara contro i turchi. La banda era composta di diciassette insorti, capo Athanas, di Gradabor, che mancava dal paese da sei anni; suo luogotenente Aristi, di Gradabor, che ne neava da sei mesi. Non è rimasto vivo della banda che un terzo bulgaro, di Gradabor egli pure, tutti gli altri sedici sono caduti.
Con altre due incisioni illustriamo ln partenza da Salonicco dei battelli di pesca italiani ed austriaci; e un'altra incisione rappresenta i tre dinamitardi che fecero saltare con la dinamite la Banca Ottomana, tradotti davanti alla Corte Marziale, che li condannò a morte, ed un centinaio circa furono condannati alla deportazione.
Il banchetto popolare al sindaco di Roma. Da quando l’Italia è fatta e.... non compiuta, non s'era avuto un banchetto simile: e i destini vollero che avesse luogo nella capitale, sotto un acquazzone numero uno.
Il luogo: nello stadio del Palatino. Il giorno: giovedì 11 giugno, festa del
Jorpus Domini. Banchettanti: numero 500.
Era stato tutto ordinato con un bel concetto artistico lassù, nello stadio del Palatino, il celebre colle dei palazzi un tempo dei Cesari; le tavole, adorne di piante e di fiori, si allineavano per oltre la metà del vasto recinto: Di fronte, sopra una predella, a cui si saliva per alcuni gradini coperti da un tappeto, sorgeva in semicerchio la tavola d'onore, alla quale facevano corona rami di palme. Intervennero società con bandiere, deputati, consiglieri comunali, commercianti ed esercenti romani... tutti ammiratori del sindaco don Prospero Colonna; il quale, assai migliore del suo omonimo antenato conquistatore di Napoli con Carlo VIII, conquistò a Roma tutti i cuori, tutte le simpatie... tranne quelle delle nuvole, a quanto pare, perchè sa rono il festeggiato e i festeggianti con una pioggia torrenziale, che, anzichè fugare. accrebbe il buon umore. Tutti, a tavola, aprirono gli ombrelli; e fu un banchetto ben curioso quello sotto le nere cupole gocciolanti, come quella dell’Olimpio di Emilio Praga. Il solo Comitato esecutivo, allestitore delle onoranze, rideva forse un po’ verde; ma tutti gli altri a ridere di cuore: un inerocio di frizzi, di saluti premurosi, di rallegramenti, d’augurii. Venne la volta dei brindisi. Molti brindisi. Naturalmente pioveva.
L'on. Santini, capo del Comitato, salutò per primo, e col consueto entusiasmo il sindaco Colonna, fedele e squisito interprete dell’anima e del pensiero della Capitale. Il Palatino e i suoi ricordi impennarono gli estri del geniale oratore, che trasse dal loco, i migliori auspici per l'avvenire di Roma. Fu applauditissimo. Seguì il comm. Armellini; ma la sua voce si perdette fra il fracasso della pioggia, che voleva avere essa sola la parola.
Sorse don Prospero Colonna, e allora gli applausi serosciarono più gagliardi dell'acquazzone; applausi cordiali, unanimi. Il sindaco cominciò con frasi troppo modeste sul proprio operato; e seguì tracciando a volo tutto un programma di innovatore a pro di Roma. Disse: “ Grandissimi problemi finanziari, edilizi, sociali, dalla cni sollecita soluzione dipendono la bellezza di Roma, il suo ‘avvenire, il benessere della generosa sun popolazione, s'impongono imperiosi, e gravissima è la responsabilità che, incombe su chi è dalla fiducia vostra chiamato a risolverli. E qui fra queste vestigia auguste dell'antica grandezza dell’Urbe, innanzi a tanta dimostrazione di fiducia e di affetto, quel sentimento si ingigantisce e diviene pauroso. Ma al superbo ideale di una Roma non soltanto evocatrice di grandezza nelle memorie del passato, ma degna di sfolgorare fra le capitali del mondo, come esponente radioso della grandezza d'Italia, io dedicherò tutta l'attività del mio spirito, e l'opera immane affronterò con sicura coscienza e con instancabile costanza, sorretto dalla vostra stima, ed ispirandomi ai nobilissimi esempi che mi stanno dinanzi."
Sono cinque anni che durano le esplorazioni del Foro Romano, e non meno di altrettanto tempo occorrerà per completare lo scavo e la sistemazione della Basilica Emilia, della Cloaca Massima, del Vicus Tuscus, del tempio dei Dioscuri, dell'Aedes Vestae etc. e per liberare dalle fabbriche più recenti l'Aula dell'antico Senato, ove potrebbe venire sistemata una raccolta epigrafica, e la cella del tempio di Antonino e Faustina, nella quale verrebbero custoditi i calchi, i modelli e i frammenti architettonici e scultori.
Seguendo il programma di rintracciare i capisaldi della storia e della topografia del Foro, sono giunto alla ricerca delle sostruzioni dell'equus Domitiani e del lacus Curtius. Ho continuato nello studio delle inaugurazioni Cesaree, e dell'armamentarium per gli spettacoli gladiatorii, riuscendo a liberare quasi completamente le gallerie a quadruplice stella, con dodici camere per gli argani, e intelaiature lignee dei dodici ascensori che funzionavano simultaneamente mediante l'aiuto di portavoce tabulari correnti sotto la platea del Foro; gallerie analoghe, per struttura, ai Rostri ad arcatine in forma di navalia, e ai quali si mostrano contemporanee.
Ho continuato nella esplorazione delle fosse augurali cesaree, in parte troncate dalla substructio dell'arco di Tiberio, e allineate sull'asse della Sacra Via, costeggiante la basilica Giulia. Altre due serie di fosse rituali sono tornate in luce di fronte alla tribuna dei Rostri, e che sembrano ricordare le nuove inaugurazioni del templum della potestà tribunicia, conferita ad Augusto e ai suoi successori; inaugurazioni corrispondenti alla duplice ricostruzione dei rostri imperiali (Rostra Augusti e Rostra Flavia), di cui ho rimesso in luce le traccie.
Queste ed altre ricerche, documentate con fotografie, disegni e diligenti e ripetute analisi stratigrafiche, saranno tema di speciali Rapporti, già tutti in compilazione, e che verranno pubblicati dopo quelli riguardanti la esplorazione del sepolcreto, cui va data la precedenza.
Giacomo Boni.
Conclusione dei lavori di scavo per isolare il Tempio dei Dioscuri.
Sterro della basilica Emilia: un frammento di quattro righe, indicatomi dal prof. Hiilsen, m. 0,175 X 0,075, scheggiato da ogni parte, meno che alla estremità destra, dove la testata verticale del masso conserva traccia della lavorazione piuttosto grossolana, a martellina dentata.
L'anno 165, assegnato dal frammento in esame al trionfo sugli Etruschi, gioverà quindi a completare, con qualche approssimazione, la data del trionfo precedente . sui Latini, e quella del trionfo susseguente sui Sabini.
L TARQVINIVS DAMA PATIE AN CLVI PRISCVS REX DE LATINEIS K QVINCT L TARQVINIVS DAMARATI F AN CLXV PRISCVS REX.II DE ETRVSCEIS KARR
L TARQVINIVS DAMARATI F ANN CLXX PRISCVS REX III DE SABINE IS IDIB SEXT
Giacomo Boni.
Scavo della Via Sacra, fra la Regia e il tempio di Antonino e Faustina. Un frammento di tre righe (m. 0,093 X 0,046), scheggiato tutto all’ingiro; contiene soltanto la desinenza di due nomi, ma sarà possibile di identificarli tenendo conto dell'ordine di successione delle sigle patronimiche. ...CF CN... VS CN F CN N... SC N F...
Giacomo Boni.
Esplorazione in corso dell'area compresa fra l'arco di Augusto e il sacrario i di Vesta. Un frammento di otto righe (m. 0,205 x 0,162), scheggiato all'ingiro, meno il piano di posa orizzontale, ch'è lavorato assai più finamente del piano di combaciamento verticale del frammento n. 1, perchè la lavorazione della martellina fu susseguita da arrotatura per ottener il combaciamento perfetto, quale sì prestava all'incisione di caratteri minuti che passano sopra alle commessure dei blocchi.
Comprende le magistrature degli anni 434-435 e corregge, in parte, i supplementi del Corpus. Questo frammento stava assieme a qualche scheggione di colonna scanalata e di altri avanzi di distruzione medioevale, dentro una fossa di forma irregolare, scavata forse dai cercatori del Rinascimento e che scende, per oltre un metro, negli strati repubblicani.
Rilievo planimetrico e altimetrico del Palatino eseguito dagli Allievi della Scuola d'Applicazione per gli Ingegneri in Roma:
Ottenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione il permesso di accedere al Palatino cogli Allievi della Scuola, per eseguirne il rilievo topografico, si iniziarono le operazioni al principio di dicembre 1902, conducendole a termine nella prima settimana di giugno 1903. L'orario della Scuola stabiliva le ore pomeridiane del lunedì, mercoledì e venerdì per le esercitazioni topografiche. Ripartiti gli allievi in sei squadre di otto giovani ciascuna, queste si alternarono nel lavoro, tempo permettendo, in ciascuno dei giorni sopra indicati.
III giornata del presidente Loubet a Roma:
"la giornata comincia con la rivista militare in piazza d'armi ai Prati di Castello; presenti tre divisioni di truppe a piedi, una divisione di cavalleria, tutte al comando del tenente generale Besozzi, comandante del corpo d'armata di Roma. Nel pomeriggio, nonostante una leggiera pioggia, il re e Loubet recaronsi a visitare i monumenti e gli scavi archeologici, al Foro Romano; poi la sera al Quirinale vi fu un gran pranzo militare.
Dopo il banchetto il re, il presidente, la regina, i seguiti recaronsi al solenne ricevimento in Campidoglio, ed assistettero alla fantastica illuminazione del Foro Romano e del Colosseo.
La Direzione delle Antichità e Belle Arti acquisisce Villa Mills al Palatino: "Un avvenimento notevole per l'archeologia romana, s'è compiuto in questi ultimi giorni: Ja Direzione delle Antichità e Belle Arti è finalmente entrata in possesso della famosa villa Mills che, occupando con le sue costruzioni e coi suoi giardini la più alta vetta del Palatino, impedì finora che in questa parte del monte, fosse mai fatto dal Governo nemmeno un principio di scavo."
Scavi nel settore meridionale del palatino, portano alla scoperta di alcune tombe arcaiche e di un tratto di un muro di cinta:
"Lo scavo fu iniziato sul lato meridionale del colle Cermalo, una delle tre vette del colle Palatino, dove la roccia scende in declivio, alle così dette Scale di Caco.
I risultati furono immediati, si scoprirono delle tombe in discreto numero, a fossa ed a pozzo, constatandosi quindi che la necropoli del Cermalo sorgeva già a metà del colle e che quindi l'acropoli, la rocca, la città primitiva non ne oocupava che il cocuzzolo.
Per la storia fu d'importanza capitale la scoperta di una cinta della città, che attraversa la necropoli e che subito apparve di costruzione recente. E la conferma se n'ebbe esplicita: questo muro di cinta copre in parte una tomba a fossa, nella quale era conservato ancora un vaso del quarto secolo avanti C., trascurato, siccome di poco prezzo, da quelli che avevano depredato la tomba, sollevandone il coperchio.
Ne risultò anzitutto che nel quarto secolo si seppelliva ancora sul Palatino: poichè i Romani non seppellivano in città, quella parte del. colle era ancora fuori dell’imbito urbano.
Proseguendo lo scavo della necropoli è tornata poi ora in luce una grande tomba a camera, in origine certamente coperta da un tumulo di terra, cui più tardi (quando il terreno fu livellato) stituì una capanna di semplice tessuto di canne, della quale nel terreno si conservano le impronte.
Questa tomba a camera per le sue dimensioni e per la forma dovette certamente essere destinata ad un grande personaggio, probabilmente un re. E non sarà meraviglia, se dimenticato l'originario sepolcro, la capanna divenne nella tradizione popolare la casa Romuli, la capanna dove il leggendario fondatore della città aveva vissuto la sua vita semplice di pastore. Questa capanna di Romolo, è noto, si conservò fin nel IV secolo a.C."
A villa Mills sono stati rinvenuti i frammenti di parecchi bolli di i CIL XV, 1185, 158, 163, 271, 565, [2es.], 565, 578, 581, 593, 792 [2 es.], 933.2, 990, 9927, 904e, 999e9, 10004, 1026, 1076, 1097, 1247, 1346, 1569 a, 1627 o 1628, NVCLAVD SERV, APR EXFCL.. e un manico d'anfora (C.I.L.. XV, 3090).
Dante Vaglieri.
Dopo lunghe pratiche relative all'espropriazione (delle case acquisite da Mr. Philips), e lo scavo del terrapieno, si completa lo sterro completo della Basilica Emilia.
Nel demolire un muro in via di s. Bonaventura, presso la chiesa di s. Sebastianello, si è trovato un frammento di grossa lastra marmorea (m. 0,36 X 0,18 X 0,08) che da una parte, oltre ad essere scorniciata, ha il principio di un'iscrizione imperiale con le lettere IMP; ed al di sopra, in piano, si legge: COH X VRBAN ANTONINIAN | C (invertita) POMPONIANI | CANNAEVS L F CAM PVLCHER TIB | BVRRENVS C F POLL MAXIMVS MVT | FANNIVS C F POM RVFINVS VOL. È un frammento di latercolo militare che recava i nomi dei componenti la centuria di Pomponianus della X coorte urbana. Questa era la prima delle quattro coorti urbane di stanza in Roma nel Forum Suarium, computandosene il numero come continuazione delle nove coorti pretoriane. Esse furono composte al principio, come le coorti pretoriane, di soldati reclutati in Italia (Bormann, Eph. epigr. IV, pag. 318); ma poi, nella seconda metà del III sec., si finì con l'ammettervi anche i provinciali (Mommsen, Eph. epigr. V, pag. 119; cfr. Bohn, Ueber die Heimat der Praetorianer, app. 2). Le coorti urbane furono riordinate da Caracalla che diede loro l'epiteto di Antoninianae (v. il diploma militare di Faventia dell'anno 216, esi- stente al museo Kircheriano. C.I.L. III, D.XLIX, pag. 891): quindi il nostro latercolo deve appartenere al principio del sec. III, contemporaneo cioè o di poco posteriore a Caracalla, del periodo di tempo in cui i militi delle coorti urbane erano ancora reclutati in Italia, come ne fa fede la patria dei tre tramandatici dal frammento, rispettivamente Tibur, Mutina e Volsinii. Venne anche in luce il seguente frammento di iscrizione marmorea (m. 0,25 X 0,14 X 0,05): vi CXIT | ...ATA...
Angiolo Pasqui.
Scavo degli Horrea Agrippiana.
VII° relazione di Giacomo Boni sull'Esplorazione del sepolcreto del Foro Romano.
Illustrate le tombe A-Y, rimanevano da esplorare le altre sedici, AA-PP, comprese fra le precedenti ed il Carcer, nel terreno declive a sud, verso la Via Sacra, dalla quota 12,66 sul mare alla 10,33. È interrotto da due conche artificiali; una verso nord, di m. 6,50X3,00, clie asportò la parte superiore delle fosse BB, CG, DD e distrusse quasi interamente la JJ; l'altra a sud-ovest, di m. 4X3, in parte colmata da un pilone a cinque file orizzontali di grossi blocchi tufacei.
Forano questo tratto di terreno il pozzo pre-repubblicano XII a nord, i repubblicani Vili verso occidente e XI a sud-est, tagliato dal pozzo XIII che, a sua volta, intercide le fosse delle tombe PP ed OO. Quest'ultimo medioevale, a canna rozzamente cilindrica di rottami marmorei. Le tombe esplorate sono divisibili in cinque gruppi, secondo la posizione reciproca e l'ordine di scavo:
I. Tombe AA, BB, CC, DD, JJ a nord.
II. Tombe EE, FF a sud-ovest.
III. Tombe GG, II, HH verso est al limite del Carcer.
IV. Tombe KK, LL, MM più a sud.
V. Tombe PP, 00, NN.
I. Gruppo
AA) Tomba a fossa leggermente trapezoide, lunga m. 1,90, larga m. 0,94 col fondo alla quota di m. 10,12, e l'asse principale da nord-ovest a sud-est. La parete nord-ovest della fossa è alta m. 1,80; quella sud-est, tagliata dalla conca maggiore, circa m. 0,90. Alle due testate parecchi scheggioni di tufo coprivano il feretro, addossato al lato nord-est, ed i vasi ad esso opposti.
Il feretro, incavato con ascia da tronco di rovere di m. 0,40 di diametro, spaccato a metà in modo da formar cassa e coperchio. La cassa, con la testata volta ad oriente staccata dal resto, ha la lunghezza complessiva di m. 0,97; conteneva pochi avanzi scheletrici. Da questi, indicanti compiuta la dentizione di latte e imminente la definitiva, dall'aspetto e dal volume delle porzioni petroso-mastoidee, il prof. Koncali arguisce che l'inumato non superasse i sette anni di età.
Fra la terra contenuta nel feretro si rinvennero. Arco di piccola fibula bronzea a navicella, costolato al centro e con denti di lupo incisi alla estremità. Altro frammento di fibula, pure in bronzo con arco a castone circolare. Amuleto, e frammento di amuleto a foglie cuoriformi e frammentino cilindrico in ferro assai corroso dalla ruggine. A sinistra del feretro, presso la testata orientale, stava un'armilla di avorio elefantino, sfaldatosi per umidità e successivo disseccamento. Un'armilla simile si rinvenne all'altezza dell'omero sinistro nella tomba I.
Nella fossa i seguenti vasi: 1. Lekythos argivo a corpo sferico; 2. Coppa in terracotta rossiccia; 3. Anforetta in terracotta giallo-bruno; 4. Cantharos in terracotta rossiccia; 5. Cantharos a tronco di cono rovescio, alto collo cilindrico, due anse doppie opposte, impostate sul limite inferiore del collo e sull'orlo; 6. Olla in terracotta rossiccia lavorata al torni; 7. Cantbaros; 8-9. Holkio; 10. Bassa coppa ansata.
BB) Tomba a fossa orientata come la precedente. Ne rimane solo una parte lunga m. 0,70 e larga m. 0,60 circa, con la quota più bassa a m. 11,06. Conteneva avanzi scheletrici, avviluppati da scheggioni di tufo; cranio brachicefalo, grande; metà sinistra della faccia e mascellare inferiore con tutti i denti forti e sani; clavicola destra e due terzi superiori dell'omero sinistro; molti frammenti di vertebre, costole e scapole; l'epistrofeo integro, è voluminosissimo. Secondo il prof. Sgambati lo scheletro deve essere stato di nn individuo maschile di dimensioni e robustezza ragguardevoli.
CC) La fossa, rasa fino al fondo dalla conca maggiore, fra le due suddette è orientata nello stesso modo; lunga m. 2, larga m. 0,65 alla testata nordovest e m. 0,40 all'opposta; sta alla quota di m. 11,10.
Parecchi scheggioni tufacei della volta di protezione erano attorno a residui scheletrici, abbondanti ma in massima parte fratturati. Notevole il piccolo sviluppo dell'omero sinistro in contrasto con lo spessore e la robustezza delle protuberanze corrispondenti alle inserzioni muscolari. Tutto ciò fa pensare al dott. Sgambati che lo scheletro appartenesse ad individuo maschile, fra i 30 ed i 50 anni, con segni di rachitide.
DD) Tomba a cremazione con pozzo superiore, tangente all'orlo della fossa ce, d'un metro di diametro e col fondo alla quota 11,05; nel centro del pozzetto inferiore il dolio -ossuario, contenente i resti cremati e due vasi. Le ossa, commiste a terra ed a ceneri e carboni del rogo, appaiono calcinato completamente; molto frammentate, screpolate, friabilissime, ed alcune annerite dal fumo. Riconoscibili i frammenti del cranio, dei femori e dei corpi vertebrali; gli altri appartengono alle ossa lunghe e piatte. Dallo spessore e dalla dimensione dei frammenti il prof. Roncali desume che il cremato fosse adulto, ma è impossibile riconoscerne il sesso.
Questa poverissima tomba conteneva: 1. Dolio ovoidale di terra impura; 2. Tazza; 3. Ciotola. Nella terra della ciotola vertebre e resti di carne muscolare, forse di sus, lentamente carbonizzata; nella tazza pochissimi cicchi di grano conservati dalla carbonizzazione.
JJ) Tomba a fossa con alcuni scheggioni di tufo, tracce del corredo ed avanzi scheletrici, tra cui la metà inferiore del perone, un frammento di femore ed uno di una costola d'adulto.
Dei vasi, in gran parte ricostituibile, una ciotola del solito tipo a tronco di cono rovesciato con ansa orizzontale; alt. m. 0,053, diam. esterno alla bocca di ni. 0.115. Duo frammenti di olla in terra rossastra, disugualmente cotta, qua e là annerita ulla superficie, con orlo sporgente all' infuori. Fsarola esagonale di terracotta rossiccia, affumicata esternaraeute; alt. m. 0,031 e diam. massimo in. 0,037; simile a quella rinvenuta nella tomba V
2° Gruppo.
Lo compongono le tombe EE, FF, addossate luna all'altra, con gli assi maggiori da nord-ovest a sud-est.
EE) Fossa quasi ovoidale, con l'orlo verso sud distrutto; è luuga m. 1,25 e larga in alto m. 0,65, in basso m. 0,50; col fondo alla quota 11,16.
Nella fossa sparsi rottami dei seguenti vasi, in parte ricostituibili: 1.Dolio di terra rossiccia, impura, ad alto orlo infuori, di forma ovoidale; 2.Rozzissima ciotola a cono tronco rovesciato, mancante dell'ansa orizzontale; 3. Tazza di tipo laziale ad ansa bifora, in terracotta rosso-bruna, annerita alla superficie; 4. Frammento di vasetto conico a labbro rientrante.
Mescolate alla terra ed ai frammenti fttili, le ossa, appartenenti a porzione petroso-mastoidea di nn temporale, ad uno dei processi condiloidei del mascellare inferiore, sette frammenti del cranio, forse parietali, frontali, squame dei temporali ; tre frammenti dell'osso occipitale, uno della branca orizzontale destra del mascellare inferiore con due premolari non definitivi ed un molare non ancora fuoruscito, probabilmente l'interno che spunta al settimo anno di età; quattro premolari, due canini ed un incisivo da latte; quattro germi incisivi, due canini ed un molare della dentatura definitiva. Il prof. Roncali conclude che l'inumato, di sesso non determinabile, aveva cinque o sei anni.
FF) Fossa rettangolare, lunga m. 1,30 e larga ra. 0,80, col fondo alla quota di m. 10,48; quattro scheggioni di tufo erano disposti due a ridosso del lato occidentale, e due parallelamente ai primi presso il lato sud.
1. Dolio frammentato, ricostituito in parte; 2. Sopra uno scheggione al lato occidentale posava una tazza ad ansa bifora, con impressioni elissoidi verso l'interno del vaso; 3. Frammento di tazza ed ansa bifora in terracotta rossiccia, a superficie nera lucidata; 4. quattro fibule in bronzo.
3° Gruppo
Le tre tombe sono disposte in modo che il centro della tomba a cremazione GG trovasi quasi sull'asse della fossa HH, diretta da nord-ovest a sud-est, mentre l'asse, della fossa II, che separa le altre due, è quasi perpendicolare a quello della HH.
GG) Il pozzo cilindrico, del diam. di m. 0,90 circa, dalla quota 12,26 alla 11,82, riempito di scheggioni di tufo, uno dei quali, più voluminoso ed arrotondato, e di m. 0,50 circa di diametro, formava coperchio al dolio, posto entro un pozzetto più piccolo, scavato nel fondo della fossa. Conteneva: 1. Dolio; 2. Urna-capanna di terracotta rossastra.
HH) Tomba a fossa, in piccola parte tagliata dalla II, nella rimanente lunga m. 2,16 e larga m. 0,80; il fondo alla quota di m. 11.77 e l'asse principale da sud-est a nord-ovest. Per circa un terzo della lunghezza all' estremità sud-est si prolunga sotto il muro di cinta del Career. Quivi notasi un segmento di cerchio di terreno più molle, forse del perimetro d'un' altra fossa.
Ninna traccia di volta tufacea. Lo scheletro ha il capo a sud-est, e presso i piedi i vasi seguenti: 1) Orciuolo nella forma del vaso di Villanova, ma ad ansa verticale; 2) Ciotola a tronco di cono, orlo rientrante, della solita terra argillosa grosso lana a superficie male annerita; 3) Ai piedi della fossa, caduta sopra la terra della tomba seguente, giaceva una tazza ad ansa bifora con base a cono tronco, corpo rigonfio, alto collo, orlo infuori.
II) Tomba ad inumazione lunga m. 1,90, larga superiormente m. 1 e sul fondo m. 0,80, alta m. 0,90, con l'asse da nord-est a sud-ovest. La volta di protezione, in scheggioni tufacei, era quasi completa ma avvallata; gli scheggioni d'imposta poggiavano su un rialzo di terra alto m. 0,20 circa e lai-go altrettanto. La quota più bassa è a m. 11,35 (fig. 23).
Lo scheletro, rannicchiato, aveva la testa volta a nord-est, presso la quale erano due vasi, mentre gli altri si rinvennero al disotto. I vasi contenuti nella tomba erano i seguenti: 1) Anfora di terra impura, rossiccia, lavorata a mano, annerita alla superficie; 2) Orciuolo di tipo Villanova; 3) Tazza ad ansa bifora; 4) Ciotola umbilicata; 5) Ciotola a cono tronco; 6) Anforetta.
Mescolati alla terra avviluppante le ossa, specialmente verso le spalle, numerosi grani di ambra bruna, bastevoli per una collana, in maggioranza tondeggianti, alcuni a forma bipiramidale schiacciata ad angoli smussati e vertici tronchi, ed altri oliviformi. Tre pendagli in osso, per forma e decorazione simili a quelli della tomba 66, completavano probabilmente il monile.
4° Gruppo.
Circa m. 3 a sud-ovest del precedente, è costituito da una tomba ad inumazione, e da due d' infanti sepolti entro dolii.
KK) Tomba a fossa situata per metà dentro il Career, orientata da sudest a nordovest come la tomba HH ; lunga m. 3,20 circa e larga verso sud-est m. 0,90 e alla parte opposta m. 1,10; la quota del piano inferiore è di m. 11,12 e l'altezza della fossa m. 0,66 in media.
La volta di protezione fu trovata assai incompleta. Otto vasi formavano il corredo funebre, tre intorno alla testa volta a sud-est, uno presso il femore sinistro e gli altri all' estremità inferiore. Dello scheletro poche ossa in cattivo stato, e cioè otto vertebre, la rocca del temporale destro, un frammento di volta cranica, il corpo del mascellare inferiore, una parte della branca montante di sinistra.
Il corredo funebre era costituito dai seguenti fittili: 1. Ciotola di terracotta rossicci; 2. Ciotola; 3. Frammenti di vaso; 4. Ciotola a tronco di cono; 5. Grande anfora di terra grigiastra impura; 6. Tazza ad ansa bifora; 7) Olla a cono tronco; 8) Attingitoio.
LL) Tomba a dolio, con l'asse maggiore da nord a sud e la bocca a nord, chiusa da una tegola rettangolare, di m. 0,51 X 0,41, in rozza terracotta rossiccia, grossa m. 0,019, con bordi rialzati, alti m. 0,025, ai lati lunghi, dentati ad una estremità essendone stata asportata una piccola parte prima della cottura. Una simile tegola copriva il dolio della tomba F (').
Il dolio, o meglio doliolum, di terracotta rossa ordinaria, con macchie nerastre alla superficie, ha forma ovoidale, fondo piatto ed orlo rovesciato infuori, e la bocca alquanto schiacciata. È lavorato a mano, come provano le asimmetrie del corpo, alto m. 0,42, con diain. esterno della bocca m. 0,32, del fondo m. 0,16. I resti scheletrici inumati, appartenevano ad individuo nato forse al settimo od ottavo mese di vita intrauterina.
MM) Dolio alla quota di m. 11,90, con l'asse normale al precedente e con la bocca rivolta verso ovest. Delle ossa quivi sepolte riconoscibili alcuni frammenti petroso-mastoidei, di costole ed ossa lunghe, di un infante che non superava i due anni di età.
Il dolio, ovoide, lavorato a mano, fondo piatto ed orlo sporgente in fuori, in terracotta impura, rossiccia, con tracce di affumicamento. Dappresso una tazzetta ad ansa bifora, ventre ingrossato, decorato di tre bugne, a collo piuttosto alto e diritto, lavorata a mano, lustrata a stecca ed annerita irregolarmente.
5° Gruppo
NN) Doliolo con l'asse da nord-est a sud-ovest e bocca a nord-est, coperto da tegola. Poggiava sul terreno alla stessa quota della MM e al di sopra dell'estremità sud-est della tomba susseguente 00. La tegola, identica per forma e tecnica a quella della LL. Il doliolo, ovoidale, è in terracotta rossiccia, a largo orlo rovesciato in fuori e lavorato al tornio.
Fra le ossa, frammiste ai resti di altri vertebrati {bos molto giovane ed ovis), due frammenti della porzione petroso-mastoidea di ambo i lati, appartenenti a giovanissimo individuo, forse neonato.
OO) Di questa tomba ad inumazione resta una parte lunga m. 2,00, larga in alto m. 0,90 ed in basso m. 0,80; fossa alla quota di m. 11, alta m. 0,70: diretta da sud-est a nord-ovest e tagliata all'angolo nord dal pozzo repubblicano IX e dal medioevale XIII. Lungo le pareti pochi scheggioni di tufo allineati, probabilmente volta di protezione, e nel mezzo, molte ossa umane alla rinfusa.
PP) Tomba ad inumazione, lunga m. 2,40, larga in alto m. 0,90 ed in basso m. 0,80, con l'asse piuttosto curvilineo diretto da nord-ovest a sud-est: il lato nord-ovest ad arco acuto, quello a sudest fu distrutto dal pozzo medioevale XIII; il piano della fossa è alla quota di m. 10,80 e la sua altezza e di m. 1 circa. Verso la metà dell'orlo sud-ovest una fossetta ovoide larga m. 0,25, lunga m. 0,40, profonda m. 0,50 circa, col fondo alla quota di m. 11,47 e l'asse maggiore quasi ad angolo retto con quello della tomba PP.
Sull'orlo nordest, dirimpetto alla suddetta fossetta, alcuni seheggioni di tufo entro un'incavatura del terreno, probabilmente residui d'altra sepoltura. Ricoprivano la tomba PP grossi seheggioni di tufo, mentre schegge più piccole ne formavano l'imposta. Nella parte centrale della fossa giaceva uno scheletro con la testa volta a nord-ovest, ed otto vasi.
Il cranio, schiacciato lateralmente, che sporge per la parte superiore sinistra, è di piccole dimensioDi, con la regione sopraorbitale sinistra totalmente spianata. Si scorgono le ossa dell'avambraccio sinistro, l'omero di destra per la prima metà inferiore, i femori e le due tibie discretamente conservati, esili, ma armonicamente sviluppati e che fanno pensare ad un adolescente, forse di sesso femminile.
I vasi, due presso il capo, gli altri lungo la destra, sono: 1) Tazza ad ansa bifora; 2) Ciotola umbilicata; 3) Vaso globoso schiacciato; 4) Ciotola leggermente conica; 5) Grossa coppa conica; 6) Anfora a largo corpo globoso; 7) Anfora simile alla precedente; 8) Ciotola laziale.
Giacomo Boni
Alle 23, una motrice SRTO 310 in servizio sulla linea 12, dopo la fermata alla torre dei Capocci in via Giovanni Lanza, acquista nella discesa di via Cavour verso piazza delle Carrette una velocità eccessiva, deragliando nella curva di via della Salara Vecchia e cadendo da sette metri di altezza nel sottostante Foro, infrangendo un blocco di marmo presso la Cloaca Massima. Il bilancio dell'incidente è di 18 feriti.
Scavi per la liberazione dell'esedra dei Mercati di Traiano.
Scavi che rimettono in luce la metà del complesso del Foro di Cesare verso il Campidoglio, dove riemerge il basolato del clivius argentarius e i resti di un ninfeo absidato.
Scavo del settore nord della Basilica Emilia.
Inizio dei lavori per la rimozione degli arredi della chiesa barocca di Sant'Adriano e l'isolamento delle strutture della Curia romana.
Parziale Ricostruzione del Saerario di Vesta.
Gandhi, insieme all'ex console italiano in India commendator Scarpa, visita le Palestre delle Avanguardisti dell'Opera Nazionale Balilla (al Celio e Via Sannio) e la Legione Caio Duilio dei marinaretti. Poi visita la Garbatella (il Nido dei Bimbi e la casa degli Sfrattati nell'Albergo Bianco). Nel pomeriggio si reca al Palatino, al Colosseo, al Foro Romano e alle Terme di Caracalla. Partecipa allo stadio della Rondinella alla partita di rugby tra Roma e Napoli. A sera viene organizzato un concerto in suo onore a Villa Torlonia. Alle 22.40 riparte dalla Stazione Termini per Brindisi.
Il Duce Mussolini inaugura l'apertura al pubblico del Foro di Cesare. Una statua in bronzo dedicata a Cesare viene posizionata tra gli scavi.
Vengono ricostruite tre colonne del tempio di Venere Genitrice al foro di Cesare.
Adunata nazionale dei volontari di guerra. Al Foro romano, il Duce Mussolini con Starace passa in rassegna i ai 10.000 volontari a cui fa un discorso su un piccolo palco.
In occasione del Natale di Roma ed a conclusione degli scavi e restauri di innalsamento delle colonne, il Duce Mussolini visita la nuova sistemazione del Tempio di Venere e Roma.
Avvio di scavi della Basilica Emilia, nei quali vengono messi in luce tutto il lato nord e l'angolo nord-ovest.
Riprendono i lavori di restauro della Curia Iulia.
Il Duce Mussolini e il ministro dell'Educazione Giuseppe Bottai, visitano i nuovi scavi al Palatino ed a Ostia Antica.
Saggi di scavo nella navata centrale e lungo il lato ovest della Basilica Emilia, dove vengono alla luce resti delle fasi edilizie più antiche.
Nella piazza del foro viene scoperta una iscrizione a lettere di bronzo (reintegrata in parte) su pavimentazione in travertino, realizzata in epoca augustea dal pretore urbano Lucio Nevio Surdino (Lucius Naevius Surdinus) in ricordo della nuova pavimentazione dell'area dove si trovava un vecchio anfiteatro adibito ai giochi gladiatorii.
Avvio di saggi stratigrafici all'interno della Basilica Giulia, che portano alla scoperta di parte della precedente basilica Sempronia e di una casa più antica.
Festa popolare al Palatino a beneficio della causa Slava dei Serbi:
"Il palazzo dei Cesari ha avuto una festa popolare a benefizio della causa slava.
Fra le varie parti della festa, l'illuminazione a bengala dei monumenti, riusci splendidamente. Quei colossali Ruderi di monumenti giganti illuminati dalle diverse Lucì dei bengala, rappresentavano un colpo d'occhio Sorprendente.
Quando fu illuminata la Summa Via, il tempio di Giove Statore, dove il proprietario della trattoria del Il Falcone aveva disposto moltissime tavole, restò illuminato anehe asso. La gente mangiava allegramente e non si trovava posto a quelle tavole.
Infatti sì deve provare doppio piacere a mangiare un piatto di spaghetti alla napoletana sotto le volte del tempio di Jovîs Statoris rischiarate dal bengala, e a bere un bicchiere di birra di Vienna alla sommità del clinus victoriae.
Cirea 4000 persone intervennero alla festa, per cui al Contitato, tolte le spese, resterà una buona somma."
Ignoti rubano la Testa di divinità femminile romana, di una statua posta all'ingresso del Foro Romano. Il repoerto sarà ritrovato nel 2020 dai carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale.
Aperto il congiungimento sotterraneo tra Foro romano e Foro di Nerva attraverso la cloaca risorgimentale.
Durante scavi presso via dei Fori Imperiali, sono riscoperti altri 53 frammenti della Forma Urbis.
Nuovi scavi al Foro di Cesare che rimettono in luce la parte del complesso verso il lato di ingresso.
Scavi nel settore Sud del Foro della Pace, ampliando il confine dell'Area archeologica del Foro Romano.
Inaugurazione della ricostruzione, tramite la tecnica dell'anastilosi con i pezzi originali, di 7 colonne del Foro della Pace.
Riapre al pubblico dopo i restauri le Uccelliere degli Horti Farnesiani sul colle Palatino.
Riparte la campagnia di scavi presso i resti di via Alessandrina. Gli scavi, iniziati già nel 2016, si era subito bloccati per la presenza di cavi elettrici.
Firmato un protocollo d'intesa tra il ministro per i Beni Culturali Albero Bonisoli e la sindaca Virginia Raggi, per riunificare nelle visite al pubblico, l'area statale e comunale dei Fori (attraverso un percorso nei tunnel sotto la via dei Fori Imperiali).
Nella bella cornice dei Mercati di Traiano, alla presenza del ministro alla Cultura, Gennaro Sangiuliano, del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e del Sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce, viene presentato il progetto vincitore del bando internazionale della nuova passeggiata archeologica, collegherà l'intera area centrale della città - dai Fori, al Colosseo, al Celio, al Palatino, alle Terme di Caracalla, al Circo Massimo, fino al Campidoglio. L’obiettivo del concorso, per il quale sono pervenute 23 proposte progettuali, è la realizzazione di un grande anello pedonale che riprende l’idea della passeggiata di fine Ottocento del ministro Baccelli. Una passeggiata unica al mondo che congiungerà via dei Fori Imperiali con gli altri percorsi intorno al Colle Palatino, intercettando l'itinerario ciclo-pedonale di via di San Gregorio, di via dei Cerchi, di via di S. Teodoro e delle salite e discese del Colle Capitolino, e che sarà caratterizzata da un incremento dei servizi dell’area, tra cui spazi pedonali, aree verdi, balconate, percorsi sopraelevati e percorrenze ciclo-pedonali. Il costo stimato per la realizzazione delle opere è di euro 18 milioni e 800 mila euro.
Papa Francesco in visita al Campidoglio. Entra a palazzo Senatorio dal corridoio del tabularium dove si affacciano sui Fori romani isieme al sindaco Gualtieri.
1920
Pianta della Regia
Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma
1918
Scavi al Clivio Palatino
1911
Plan of the Palatine
The topography and monuments of ancient Rome
1911
Plan of the Comitium
The topography and monuments of ancient Rome
1911
Plan of the Imperial Fora
The topography and monuments of ancient Rome
1911
Plan of Area of the Forum
The topography and monuments of ancient Rome
1910
Pianta del Lacus Curtius
1910
Necropoli del Foro romano
1909
Dante Paolocci
La Passeggiata archeologica
L'Illustrazione Italiana 1909
1907
Scavo della necropoli del Cermalo
Notizie degli scavi di antichità
1907
Scavo della necropoli del Cermalo
Notizie degli scavi di antichità
1907
Scavi della necropoli del Cermalo
Notizie degli scavi di antichità
1907
Scavi della grande Capanna del Palatino
Notizie degli scavi di antichità
1904
Pianta della basilica Emilia
Das Forum romanum
1904
Curia e Secretanum
Das Forum romanum
1904
Pianta del Comizio
Das Forum romanum
1904
Lacus Juturnae e Oratorio dei Quaranta Martiri
Das Forum romanum
1904
Piante del Niger lapis
Das Forum romanum
1904
Pianta della Regia
Das Forum romanum
1904
Pianta del Tempio di Vesta
Das Forum romanum
1904
Spaccato ricostruttivo della Casa delle Vestali
Das Forum romanum
1904
Pianta della Casa delle Vestali
Das Forum romanum
1904
Pianta di S. Maria Antiqua
Das Forum romanum
1903
Pianta degli scavi del Sacrario di Giuturna
Gli scavi recenti nel Foro Romano
1903
Pianta di S. Maria Antiqua
Gli scavi recenti nel Foro Romano
1903
Area del Foro
Gli scavi recenti nel Foro Romano
1903
Pianta della Via Sacra
Gli scavi recenti nel Foro Romano
1903
Pianta del Sepolcreto del Septimontium preromuleo
Notizie degli scavi di antichità
1901
Rilievo generale dello stato del Foro Romano
1901
Dante Paolocci
Scoperta della Cloaca di Cesare al Foro Romano
L'Illustrazione Italiana 1901
1901
Pianta dei rinvenimenti nel Sacrario di Juturna
1900
Dante Paolocci
I Sovrani visitano il Foro Romano
L'Illustrazione Italiana 1900
1900
Pianta degli Scavi al Foro Romano
Notizie degli scavi di antichità
1900
Area del Comizio al Foro Romano
Notizie degli scavi di antichità
1900
Sezione dell'area del Comizio
Notizie degli scavi di antichità
1900
Esplorazione stratigrafica del Comizio
Notizie degli scavi di antichità
1899
Dante Paolocci
Erezioni delle Colonne Giacenti al Foro romano
L'Illustrazione Italiana 1899
1899
Dante Paolocci
La Presunta Tomba di Romolo al Foro
L'Illustrazione Italiana 1899
1897
Scoperta dei Frammenti dei Plutei
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta del Portico Margaritaria
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta dell'Area presso l'Arco di Tito
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta del Palazzo di Domiziano
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta della Domus Tiberiana e della Domus Gaiana
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta della Domus Augustana
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta dell'Augusteum
Rovine e scavi di Roma antica
1897
Pianta del Vicus Tuscus e Victoriae
Rovine e scavi di Roma antica
1893
Foro romano
Corpus Inscriptionum Latinarum
1888
Pianta dell'area della Curia
L'antica Roma
1888
Pianta della Casa delle Vestali
L'antica Roma
1885
Dante Paolocci
Sistemazione dell'Atrium Vestae
L'Illustrazione Italiana 1885
1883
Dante Paolocci
Scoperta del Locus Vestae
L'Illustrazione Italiana 1883
1883
John Henry Parker
Plan of Forum Romanum and Via Sacra
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Plan of the church of Santa Maria Antiqua
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
The Ruins of via Sacræ excavated in 1882
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of the Church of Ss. Cosma and Damian
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of Clivus Sacer as excavated in 1881
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of Basilica of Costantine
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Porticus Liviae and Colossus of Nero
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Substructures opposite the Colosseum
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of the Caput Viæ Sacræ
The Archeology of Rome
1883
John Henry Parker
Section of the Caput Viæ Sacræ
The Archeology of Rome
1882
Dante Paolocci
L'Esposizioni di belle Arti del 1883
L'Illustrazione Italiana 1882
1882
Pianta degli scavi nel Foro del 1882
1879
Pianta degli sterri del 1879 al Foro Romano
1851
Tempio di Giove Statore
Principali monumenti di Roma e sue vicinanze
1851
Foro Romano
Principali monumenti di Roma e sue vicinanze
1850
Luigi Rossini
Vista del Foro verso il Campidoglio
I principali Fori di Roma Antica
1848
Luigi Canina
Veduta dello stato attuale del Foro Romano
Gli edifizj di Roma antica - Volume II
1848
Luigi Canina
Veduta dello stato attuale del Foro Romano
Gli edifizj di Roma antica - Volume II
1823
Luigi Rossini
Scavo della Colonna di Foca
Raccolta delle più interessanti vedute di Roma antica
1813
Progetto del Giardino del Campidoglio
Album Gabrielli
1799
Giovanni Battista Cipriani
Pianta dell'Arco di Settimio Severo
Vedute principali e più interessanti di Roma
1744
Tempio di Antonio e Faustina, Romalo e della Pace
Le vestigia e rarità di Roma antica
1666
Foro romano
Roma antica
1638
Giovanni Maggi
Vestigia Porticvs Iovis Statoris
Roma vetus ac recens
1615
Aloisio Giovannoli
Templum Heliogabalo
Vedute degli antichi vestigj di Roma